venerdì 20 agosto 2010

§>>> Yeats William Butler - * * * I RACCONTI DI HANRAHAN IL ROSSO * * * - BIOGRAFIA <<<§

Yeats William Butler (Sandymouth, Dublino, 1865 - Roquebrune-St. Martin, Francia, 1939) poeta irlandese.




LA FORMAZIONE E II PRIMO INTERESSE PER L'OCCULTISMO.






La famiglia era angloirlandese e protestanti. Il padre, John, dopo aver studiato legge, aveva preferito dedicarsi alla pittura, in particolare al ritratto. La madre, Susan Pollexfen, proveniva da una famiglia di benestanti commercianti di Sligo, sulla costa occidentale irlandese. Nel 1867 gli Yeats si trasferirono a Londra dove il padre non riuscì a ottenere quel successo anche modesto, che sarebbe occorso a mantenere decorosamente la famiglia, e nel 1880 tornarono a Dublino. Y. si iscrisse nel 1885 alla Metropolitan School of Art e pubblicò nello stesso anno alcune liriche, le prime sulla «Dublin University Review».






Nello stesso periodo cominciò a interessarsi di occultismo e magia. Quando fece ritorno a Londra, nel 1887, si iscrisse alla Società teosofica e iniziò lo studio dei «libri profetici» di W. Blake, insieme a testi del neoplatonismo, ai libri di Swedenborg e della tradizione alchemica. Del 1889 è la sua prima raccolta poetica, I vagabondaggi di Oisin (The wanderings of Oisin), tipica della sua prima maniera, mitizzante e sognante, su temi e leggende irlandesi. Nello stesso anno incontrò l'affascinante e brillante nazionalista irlandese Maud Gonne, che divenne più tardi interprete dei suoi primi drammi in versi e l'ispiratrice di molte sue poesie: anche se Maud, da lui amata per moltissimi anni, non gli concesse altro che una lunga amicizia. Nel 1891, a Londra, fondò, insieme ad altri, il Rhymer's Club; l'anno seguente, a Dublino, la Società letteraria irlandese.






CONTRIBUTO AL RINASCIMENTO IRLANDESE.




In Inghilterra si aggiornò sul decadentismo e il simbolismo, mentre in Irlanda prese contatto con le proprie radici. La sua poesia di questo primo periodo ha risultati splendidi, ma non mostra grandi possibilità di evoluzione: ancor oggi alcune liriche di Incroci (Crossways, 1889), II vento fra le canne (The wind among the reeds, 1899), Nei sette boschi (In the seven woods, 1904) hanno un grande incanto, che tuttavia non fa prevedere lo straordinario sviluppo della poesia della maturità e della vecchiaia. In tutti questi anni, specie per merito dell'incontro con il commediografo J.M. Synge e con lady Augusta Gregory, Y. si dedicò fervidamente a quel teatro irlandese che sembrava preannunciare la liberazione e l'autonomia dell'Irlanda. Fra i suoi drammi ricordiamo La contessa Cathleen (The countess Cathken, 1892), Il paese del desiderio del cuore (The land of heart's desire, 1894), Deirdre (1907). Ma Y. non si impegnò mai troppo nell'azione pratica, anche perché nemico di ogni violenza e, in fondo, legato all'Inghilterra e alla sua cultura non meno che all'Irlanda.






II PERIODO PIÙ FECONDO.



Le raccolte poetiche L'elmo verde (The green helmet, 1910), Responsabilità (Remponsibilities, 1914), I cigni selvatici a Gioie (The wild swans at Coole, 1919) e Michael Robartes e la ballerina (Michael Robartes and the dancer, 1921), uscite nel decennio che vide il suo matrimonio (1917) con la studiosa di dottrine misteriosofiche Georgie Hyde-Lees, mostrano già l'evoluzione di Y. verso una mirabile concretezza di linguaggio, una nuova fermezza ed essenzialità; allo stesso tempo emerge una capacità visionaria che si nutre, oltre che del grande esempio di W. Blake, dei frutti dei suoi studi occultistici. Più tardi diede ordine ai risultati dell'inquieta ricerca spirituale che lo aveva spinto a frequentare la Società teosofica di Madame Blavatsky e gli «Herrnetic students of the golden down», nel trattato, suggestivo quanto enigmatico, intitolato Una visione (A vision, 1925). Nel 1928 pubblicò una delle sue raccolte maggiori, La torre (The tower). Seguirono, altrettanto splendide: La scala a chiocciola (The winding stair, 1933), Luna piena di marzo (Full moon in march, 1935) e le Ultime poesie (Last poems, 1936-39), dove sono alcuni dei suoi esiti più sorprendenti, quasi vertiginosi, come la celeberrima poesia Viaggiando verso Bisanzio (Sailing to Byzantium). Y. era ormai famoso, ed era divenuto quasi il simbolo dell'Irlanda: nel 1923 ricevette il premio Nobel e fu nominato membro del senato d'Irlanda. Trascorse gli ultimi anni, per la malferma salute che non tollerava più gli umidi inverni irlandesi, quasi per intero in Italia e in Francia. Circa dieci anni dopo la sua morte, la repubblica irlandese mandò una sua nave da guerra a riprenderne il corpo che oggi è sepolto, per volontà del poeta, ai piedi della montagna di Ben Bulben (Ai piedi di Ben Bulben, Under Ben Bulben, è una delle sue ultime poesie, pubblicata pochi giorni dopo la sua morte).






LA FORTUNA CRITICA.






Sono specialmente le liriche della Torre, dove le idee filosofico-mistiche di Y. si incarnano in immagini e si svolgono in ritmi indimenticabili, che lo fanno considerare non solo la figura di maggior spicco nella poesia inglese di questo secolo, sia, in assoluto, uno dei maggiori poeti inglesi. Y. assimilò tutto quanto era possibile assimilare, tutti gli spunti, i motivi, le invenzioni, le tradizioni che si offrivano alla sua epoca (si cimentò anche nel teatro con risultati di indubbia originalità), e riuscì a fondere gli elementi assimilati in un linguaggio del tutto personale, potente, affascinante. Straordinaria è inoltre la durata della sua attività creativa: anche nel tempo estremo della sua vita Y. fu meravigliosamente produttivo. Le ultime poesie, in gran parte molto brevi, esprimono in uno stile concettoso e stringato gli umori di una vecchiaia che non cede all'amarezza, mostra anzi ancora una grande forza vitale e una sensualità, che si risolve talora in accenti di sardonica ribellione. Le opere della maturità e della vecchiaia rappresentano un vertice poetico che agli occhi della critica ha oscurato la produzione giovanile. Pure anche questa, letta senza pregiudizi, rivela una grande forza suggestiva, confermando la coerenza straordinaria di un poeta in continua crescita.

William Butler Yeats















I RACCONTI






DI






HANRAHAN IL ROSSO


































Hanrahan, il maestro della scuola all'aperto, un giovane alto, forte, dai capelli rossi, entrò nel granaio, dove sedevano alcuni uomini del villaggio la vigilia di Samhain. Era stato un'abitazione e, quando il proprietario ne aveva costruita una migliore, aveva unito le due camere, tenendolo come locale per ammassarvi provviste di ogni tipo.






C'era una fiamma nel vecchio focolare, e c'erano candele di sego conficcate nelle bottiglie, e c'era una bottiglia nera da un quarto su delle assi che erano state messe tra due barili per formare un tavolo.






La maggior parte degli uomini stava seduta vicino al fuoco, e uno di loro cantava una lunga cantilena su un uomo di Munster e un uomo di Connacht che litigavano sulle loro due regioni.






Hanrahan andò dal padrone di casa e gli disse: - Ho ricevuto il tuo messaggio -. Ma, detto questo si fermò, perché un vecchio montanaro che aveva una camicia e dei calzoni di flanella grezza, e che se ne stava seduto da solo vicino alla porta, lo guardava facendo girare un vecchio mazzo di carte tra le mani, e mormorava. - Non fategli caso - disse il padrone di casa -, è solo un forestiero venuto qui da poco, e gli abbiamo dato il benvenuto perché è la notte di Samhain, ma credo che sia un po' fuori di testa. Mettetevi ad ascoltarlo e sentirete quello che va dicendo. Allora si misero in ascolto, e poterono sentire il vecchio che mormorava fra sé, girando le carte: - Picche e Quadri, Coraggio e Potere; Fiori e Cuori, Conoscenza e Piacere.






- Con questa specie di chiacchiere sta andando avanti da un'ora- disse il padrone di casa, e Hanrahan distolse gli occhi dal vecchio come se si annoiasse a guardarlo.






- Ho ricevuto il tuo messaggio - disse allora Hanrahan -. Si trova nel granaio con i suoi tre cugini primi di Kilchriest - ha detto il messaggero -, e con loro ci sono alcuni vicini.






- E' mio cugino laggiù che vuole vederti - disse il padrone di casa, e chiamò un giovane vestito di panno di lana, che ascoltava la canzone, e disse: - E' questo Hanrahan il Rosso, per il quale hai il messaggio.






- E' un messaggio proprio gentile - disse il giovane -, perché viene dalla tua innamorata Mary Lavelle.






- E come mai avresti un suo messaggio, e cosa sai di lei?






- Per la verità non la conosco, ma ieri ero a Loughrea, e un suo vicino, con il quale ho dei rapporti, mi diceva che lei lo aveva pregato, se avesse incontrato al mercato qualcuno di queste parti, di farti sapere che le è morta la madre e, se tu hai ancora intenzione di unirti a lei, è disposta a mantenere la parola che ti ha dato.






- Andrò da lei, infatti - disse Hanrahan.






- E ti prega di non aspettare, perché, se non ha un uomo in casa prima della fine del mese, è probabile che quel pezzetto di terra verrà dato a un altro.






Quando Hanrahan sentì questo, si alzò dalla panca dove stava seduto.






- Infatti non aspetterò - disse, - c'è la luna piena, e se raggiungo Kilchriest questa notte, arriverò da lei domani, prima del tramonto.






Quando gli altri sentirono queste parole, cominciarono a ridere di lui perché aveva tanta fretta di andare dalla sua innamorata, e uno gli chiese se avrebbe lasciato la scuola nel vecchio forno della calce, dove impartiva ai bambini tanti buoni insegnamenti. Ma lui disse che i bambini sarebbero stati ben contenti di trovare quella mattina il posto vuoto e nessuno a tenerli a bada; e quanto alla scuola poteva rimetterla su in qualsiasi posto, avendo, come aveva, il suo piccolo calamaio appeso al collo con una catena, e il grosso Virgilio e il sillabario nella falda della giacca.






Alcuni lo invitarono a bere un bicchiere prima di andarsene, e un giovanotto lo prese per la giacca, e gli disse che non doveva lasciarli senza cantare la canzone che aveva composto in onore di Venere e di Mary Lavelle. Lui bevve un bicchiere di whisky, ma disse che non si sarebbe fermato, si voleva mettere in viaggio.






- C'è tempo, Rosso Hanrahan - disse il padrone di casa -. Avrai tutto il tempo di abbandonare i divertimenti dopo il matrimonio, e potrebbe passare molto tempo prima che ci si veda ancora.






- Non voglio fermarmi - disse Hanrahan -, la mia testa sarebbe continuamente per la strada, portandomi verso la donna che mi ha mandato a chiamare, che è sola e sta spiando il mio arrivo.






Alcuni gli si fecero intorno, insistendo che era stato una così piacevole compagnia, tutto canti, scherzi e buffonerie di ogni tipo, e che non doveva lasciarli prima che fosse passata la notte, ma lui rifiutò e se li tolse di torno, avviandosi alla porta. Ma, come mise il piede sulla soglia, lo strano vecchio si alzò, posò la propria mano, che era scarna e vizza come l'artiglio di un uccello, sulla mano di Hanrahan e disse: - Non è da Hanrahan, l'uomo dotto e il grande poeta, andarsene da una compagnia come questo, la notte di Samhain.






Fermati, dunque- disse - e fatti una mano con me; ecco qui un vecchio mazzo di carte che ha compiuto il suo dovere molte notti prima di questa e, vecchio com'è, molte ricchezze del mondo sono state vinte e perse su di lui.






Disse uno dei giovani: - Vecchio, non molte ricchezze del mondo si sono fermate presso di te - e guardò i piedi nudi del vecchio e risero tutti. Ma Hanrahan non rise, sedette con grande tranquillità senza una parola. A questo punto uno di loro disse:- Così ti fermerai con noi, dopotutto, Hanrahan -, e disse il vecchio: - Si fermerà, infatti; non mi avete sentito chiederglielo?






Allora tutti guardarono il vecchio come se volessero sapere di dove venisse. - E' che vengo da lontano - disse -, attraverso la Francia sono venuto, attraverso la Spagna, lungo il lago Greine dalla sorgente nascosta, e nessuno mi ha mai negato nulla. E si fece poi silenzioso, nessuno osò interrogarlo e cominciarono a giocare. Sei uomini giocavano intorno al tavolo e gli altri li guardavano da dietro le spalle. Giocarono due o tre partite per niente, e poi il vecchio prese dalla tasca una monetina da quattro penny, sottile e levigata per l'uso, e invitò gli altri a puntare qualcosa. Tutti allora misero qualcosa sul tavolo, e per poco che fosse pareva molto, dal modo in cui passava dall'uno all'altro, dato che prima lo vinceva un uomo e poi il suo vicino. E a volte la fortuna girava le spalle a un tale che non aveva più niente da perdere, e allora l'uno o l'altro gli prestava qualcosa e lui glielo restituiva prendendolo dalla vincita, perché la buona e la cattiva sorte non si fermavano a lungo da nessuno. E una volta Hanrahan disse, come un uomo che parlasse in un sogno: - Per me è tempo di mettermi in cammino -, ma proprio allora gli venne una buona carta, e la giocò, e tutto il denaro prese ad andare da lui. E una volta pensò a Mary Lavelle, e sospirò; e quella volta la fortuna si allontanò da lui, e lui se la dimenticò di nuovo.






Ma la fortuna alla fine andò dal vecchio e rimase con lui: tutto quel che avevano finì nelle sue tasche, e lui iniziò a fare piccole risatine tra sé e a cantare ripetutamente, "Picche e Quadri, Coraggio e Potere", e così via, come se fosse il verso di una canzone.






Dopo un po', chiunque avesse guardato quegli uomini e avesse visto i loro corpi dondolare avanti e indietro - e il modo di tenere i loro occhi fissi sulle mani del vecchio - avrebbe creduto che fossero ubriachi e tutti i loro averi fossero puntati sulle carte; ma non era così, perché la bottiglia da un quarto non era stata aperta da quando era iniziato il gioco, e ancora era quasi piena, e tutta la puntata consisteva in qualche monetina da sei penny e qualche scellino e forse una manciata di spiccioli.






- Siete bravi a vincere e bravi a perdere - disse il vecchio , avete il gioco nel sangue -. Poi cominciò a mischiare e a confondere le carte con grande rapidità e abilita, finché alla fine non riuscirono a capire se erano proprio carte, ma si sarebbe potuto credere che facesse anelli di fuoco nell'aria come li farebbe un ragazzino roteando un bastoncino acceso; dopodiché sembrò loro che la camera fosse tutta al buio e non riuscirono a vedere altro che le sue mani e le carte.






E di colpo una lepre saltò fuori dalle mani del vecchio e nessuno capì se era stata una delle carte a prendere quella forma o se era stata creata dal nulla nel palmo delle sue mani, ma stava là che correva sul pavimento del granaio veloce come ogni lepre di questo mondo.






Alcuni guardavano la lepre, ma la maggior parte teneva gli occhi sul vecchio, e mentre lo guardavano un cane saltò fuori dalle sue mani, proprio come aveva fatto la lepre, e dopo di quello un altro cane e ancora un altro, finché ci fu tutta una muta al completo che inseguiva la lepre tutto intorno al granaio.






Adesso i giocatori erano tutti in piedi, con la schiena al tavolo, rattrappiti per evitare i cani, e quasi assordati dal rumore dei loro guaiti, ma per quanto fossero veloci i cani non riuscivano ad aver ragione della lepre, e quella continuava a girare fino a quando, finalmente, come se un colpo di vento spalancasse la porta, la lepre cambiò bruscamente direzione e scavalcò il tavolo dove gli uomini avevano giocato, uscì dalla porta e via di corsa nella notte e i cani oltre il tavolo e attraverso la porta, dietro a lei.






Allora il vecchio gridò: - Seguite i cani, seguite i cani, e sarà una grande caccia quella alla quale assisterete questa notte -, e uscì dietro di loro. Ma gli uomini, benché abituati ad andare a caccia delle lepri e pronti a ogni tipo di diversivo, avevano paura a uscire nella notte, e fu solo Hanrahan ad alzarsi e dire: - Li seguirò io, li seguirò io.






- Faresti meglio a fermarti qui, Hanrahan - disse il giovane che gli stava più vicino -, perché potresti andare incontro a qualche grave pericolo -. Ma Hanrahan disse: - Vedrò un gioco leale, vedrò un gioco leale -, e uscì dalla porta inciampando come un uomo che sogna, e la porta si richiuse dietro di lui non appena se ne fu andato.






Pensava di vedere il vecchio davanti a sé, e invece era solo la propria ombra che la luna piena proiettava sulla strada davanti a lui, ma poteva sentire i cani abbaiare dietro la lepre sui vasti campi verdi di Granagh; e li seguì a grande velocità, perché non c'era niente a fermarlo; e dopo un po' arrivò a dei campi più piccoli che intorno avevano dei muretti di pietre sconnesse, e buttò giù le pietre quando li oltrepassò, senza fermarsi a rimetterle a posto; e costeggiò quel posto dove il fiume va sottoterra a Ballyle e poteva sentire i cani che lo precedevano verso la sorgente del fiume. Presto si accorse che correre gli era più difficile, perché era su per una china che stava andando, nuvole coprivano la luna e gli fu difficile vedere la strada, e una volta lasciò il sentiero per prendere una scorciatoia, ma il piede scivolò in un pantano e dovette ritornare sul sentiero. Da quanto tempo stava camminando non lo sapeva, o per quale via andasse, ma alla fine si trovò sulla nuda montagna, con niente se non la ruvida erica intorno a lui, e non poté sentire i cani né altro. Ma il loro grido cominciò ad arrivargli di nuovo, prima lontano e poi più vicino; quando gli fu vicinissimo, si sentì di colpo nell'aria, e il suono della caccia risuonò sopra la sua testa; poi si diresse verso nord finché non riuscì a sentire più nulla. - Questo non è leale disse -, questo non è leale -. E non poté andare più avanti, ma si sedette sull'erica dove si trovava, nel cuore dello Slieve Echtge, perché le forze lo avevano abbandonato per la durezza del lungo viaggio che aveva fatto.






Dopo un po' si rese conto che c'era una porta vicino a lui, dalla quale filtrava una luce; si meravigliò che, essendogli così vicina, non l'avesse vista prima. Si alzò, e stanco com'era si diresse verso la porta, e sebbene di fuori fosse notte fu la luce del giorno che trovò all'interno. Immediatamente incontrò un uomo vecchio che stava raccogliendo timo estivo e gialli fiori di ireos, e sembrava che insieme a loro ci fossero tutti i soavi profumi dell'estate. E il vecchio disse: - Ce ne hai messo per venire da noi, Hanrahan, l'uomo dotto e grande poeta.






E con questo, lo portò in un enorme palazzo splendente, e tutte le cose grandiose delle quali Hanrahan aveva sentito parlare, e tutti i colori che aveva mai visto, stavano là dentro. All'estremità del palazzo c'era un posto elevato, e là su un alto seggio era seduta una donna, la più bella che il mondo avesse mai visto, con un lungo volto pallido e fiori intorno, ma aveva l'aspetto stanco di chi ha aspettato a lungo. E sul gradino sotto il suo seggio c'erano quattro vecchie grigie sedute, e una di loro teneva in grembo un grande calderone; e un'altra sulle ginocchia una grande pietra, che per quanto pesante le pareva leggera; e un'altra aveva una lunghissima lancia fatta di legno appuntito; e l'ultima aveva una spada che era senza fodero.






Hanrahan rimase a guardarle per molto tempo, ma nessuna gli rivolse una parola o lo guardò. Egli aveva in mente di chiedere chi fosse quella donna sul seggio, che somigliava a una regina, e che cosa stesse aspettando; ma per quanto avesse la lingua sciolta e non temesse nessuno, aveva paura adesso di parlare a una donna così bella, e in un posto così immenso. Allora pensò di chiedere cosa fossero le quattro cose che le quattro vecchie grigie tenevano come un grande tesoro, ma non gli riuscì di pensare le parole giuste per esprimersi.






Poi la prima vecchia si alzò, tenendo il calderone con le due mani, e disse: - Piacere -, e Hanrahan non disse parola. Poi si alzò la seconda vecchia con la pietra fra le mani, e disse: - Potere -; si alzò la terza vecchia con una lancia in mano, e disse: - Coraggio -; e si alzò l'ultima vecchia che teneva in mano la spada, e disse: - Conoscenza -. E ognuna, dopo aver parlato, rimase in attesa che Hanrahan la interrogasse, ma lui non disse nulla. Allora le quattro vecchie uscirono dalla porta, portando con loro i quattro tesori, e mentre uscivano una di loro disse: - Non ha da chiederci nessun desiderio -; e disse un'altra: - E' debole, è debole -; e disse un'altra: - Ha paura -; e disse l'ultima: - Le sue facoltà lo hanno abbandonato -. E poi dissero tutte: - Echtge, figlia di Mano d'Argento, deve continuare a dormire. E' un peccato, è un gran peccato.






Allora la donna che assomigliava a una regina emise un sospiro tristissimo, e sembrò a Hanrahan come se quel sospiro avesse il suono di ruscelli nascosti; e se il posto in cui si trovava fosse stato dieci volte più grande e più splendido di quel che era, non avrebbe potuto impedire al sonno di impadronirsi di lui; e barcollò come un ubriaco, sdraiandosi all'istante.






Quando Hanrahan si svegliò, il sole splendeva sul suo viso, ma c'era la candida brina sull'erba intorno a lui, e c'era il ghiaccio sulla sponda del ruscello vicino al quale giaceva, che corre attraverso Doire-caol e Drim-na-rod. Dalla forma delle colline e dallo splendore del lago Greine in lontananza, capì che si trovava su una delle colline dello Slieve Echtge, ma non sapeva come ci fosse arrivato; perché tutto quello che era successo nel granaio lo aveva abbandonato, e tutto del suo viaggio, tranne i piedi doloranti e la rigidità nelle ossa.






Un anno dopo, c'erano uomini del villaggio di Cappaghtagle seduti vicino al fuoco in una casa sul bordo della strada; Hanrahan il Rosso, che adesso era molto magro ed emaciato, e con i capelli lunghissimi e ispidi, si avvicinò alla mezzaporta e chiese il permesso di entrare a riposarsi; e loro gli diedero il benvenuto perché era la notte di Samhain. Sedette con loro, e quelli gli versarono un bicchiere di whisky da una bottiglia da un quarto; videro il piccolo calamaio che gli pendeva dal collo, capirono che era un erudito, e gli chiesero delle storie riguardo ai Greci.






Tirò fuori il Virgilio dalla grande tasca della giacca, ma la copertina era nerissima e gonfia per l'umidità, e quando l'aprì, la pagina era molto ingiallita, ma non se ne preoccupò molto perché la guardava come un uomo che non aveva mai imparato a leggere. Alcuni giovani che erano là cominciarono allora a ridere di lui, e a chiedergli perché portava un libro così pesante con sé dal momento che non era capace di leggerlo.






Sentire queste parole irritò Hanrahan; rimise il Virgilio in tasca e chiese se in mezzo a loro c'era un mazzo di carte. Quando tirarono fuori le carte le prese e cominciò a mescolarle; mentre le mescolava qualcosa sembrò venirgli in mente, posò le mani sul viso come uno che stia cercando di ricordare, e disse:- Sono mai stato qui prima, o dove sono stato in una notte come questa? -; poi all'improvviso si alzò e fece cadere le carte sul pavimento, e disse: - Chi fu a portarmi un messaggio da Mary Lavelle?






- Non ti abbiamo mai visto prima d'ora, e non abbiamo mai sentito parlare di Mary Lavelle - disse il padrone di casa -. E chi sarebbe - disse -, e di che stai parlando?






- Fu in questa stessa notte dell'anno scorso, mi trovavo in un granaio, c'erano dei giocatori di carte, sul tavolo c'era il denaro, e loro lo facevano passare qua e là dall'uno all'altro... io ebbi un messaggio, e me ne stavo andando a cercare la mia innamorata Mary Lavelle, che mi voleva -. Poi Hanrahan gridò con voce altissima: - Dove sono stato da allora? Dove sono stato per un anno intero?






- E' difficile dire dove puoi essere stato in questo tempo - disse l'uomo più vecchio -, o in quale parte del mondo puoi aver viaggiato, e probabilmente conservi sui tuoi piedi la polvere di molte strade, perché ce ne sono molti che vanno in giro e dimenticano a questo modo - disse -, una volta che hanno ricevuto l'impronta.






- Questo è vero - disse un altro -. Conoscevo una donna che andò vagabondando così per la durata di sette anni; dopo tornò indietro e disse ai suoi amici che spesso si era accontentata di mangiare il cibo che veniva messo nel truogolo dei maiali. Adesso la cosa migliore per te è andare dal prete - disse -, e farti togliere tutto quello che ti può essere stato gettato addosso.






- E' dalla mia innamorata che voglio andare, da Mary Lavelle - disse Hanrahan -, troppo a lungo ho aspettato, come faccio a sapere quello che le è successo nello spazio di un anno? Poi si preparò a uscire, ma gli dissero tutti che per lui sarebbe stato meglio fermarsi la notte e riprendere forza per il viaggio, e lui lo desiderava davvero, perché era molto debole; quando gli diedero del cibo lo mangiò come un uomo che non ha mai visto cibo prima, e uno di loro disse: - Mangia come se avesse calpestato l'erba riarsa -. Fu nella bianca luce del mattino che si mise in cammino, e il tempo per arrivare alla casa di Mary Lavelle gli sembrò lungo. Ma quando arrivò trovò la porta rotta, la paglia che veniva giù dal tetto, e non si vedeva anima viva. E quando chiese ai vicini cosa le fosse capitato, poterono soltanto dire che era stata messa fuori di casa, aveva sposato un manovale, ed erano andati a cercare lavoro a Londra o a Liverpool o in qualche altra grande città. E lui non seppe mai se lei avesse trovato un posto migliore o peggiore, ma ad ogni modo non la incontrò più né ebbe più sue notizie.






























La torcitura della fune






Una volta, alla fine del giorno, Hanrahan stava percorrendo le strade vicino a Kinvara, e sentì il suono di un violino proveniente da una casa un po' discosta dal ciglio della strada. Prese il sentiero che portava là, perché non era abituato a passare vicino a un luogo dove si facesse musica, si ballasse o ci fosse una piacevole compagnia, senza entrare. Il padrone di casa stava in piedi sulla porta, e quando Hanrahan si avvicinò lo riconobbe e disse: - Benvenuto a te, Hanrahan, ci sei mancato tutto questo tempo -. Ma la padrona di casa venne alla porta e disse al marito: - Sarei felice che non entrasse questa sera, perché adesso non gode di una buona fama presso i preti, o con le donne prudenti, e dalla sua andatura non mi meraviglierei che avesse bevuto un goccio -. Ma l'uomo disse: - Non manderò via Hanrahan dei poeti dalla mia porta -, e con questo lo pregò di entrare.






C'erano parecchi vicini riuniti nella casa, alcuni di loro ricordavano Hanrahan, ma alcuni dei più piccoli, che stavano negli angoli, avevano soltanto sentito parlare di lui, e si alzarono in piedi per vederlo; e uno di loro disse:






- Non è quell'Hanrahan che aveva la scuola, e che fu portato via da Loro? -. Ma la madre gli mise una mano sulla bocca e gli ordinò di stare zitto, e di non dire cose simili. - Perché Hanrahan è capace di diventare cattivo - disse -, se sente parlare di quella storia o se qualcuno si mette a fargli domande. L'uno o l'altro, allora, gridò per chiedergli una canzone, ma il padrone di casa disse che non era il caso di chiedergli una canzone prima che si fosse riposato, e gli diede un bicchiere di whisky; Hanrahan lo ringraziò e lo bevve d'un fiato alla sua salute.






Il violinista stava accordando il suo violino per un'altra danza, e il padrone di casa disse ai giovani che tutti loro avrebbero saputo cosa fosse danzare quando avessero visto la danza di Hanrahan, perché non si era mai visto niente di simile da quando era stato lì la volta precedente. Hanrahan disse che non voleva danzare, che sapeva fare miglior uso dei suoi piedi adesso, dato che era in viaggio attraverso le quattro regioni dell'Irlanda. Non appena ebbe detto questo, entrò dalla mezzaporta Oona, la figlia di casa, portando tra le braccia dei trucioli di abete di palude da Connemara per il fuoco. Li buttò nel camino e la fiamma si alzò, rivelando quanto fosse graziosa e sorridente, e due o tre giovani si alzarono e le chiesero di ballare.






Ma Hanrahan attraversò la stanza e scansò gli altri, e disse che era con lui che lei doveva danzare, dopo il lungo cammino percorso prima di giungere da lei. Ed è probabile che le dicesse dolci parole all'orecchio, perché lei non si oppose, andò in mezzo alla stanza con lui, e c'era del rossore nelle sue guance. Poi si alzarono le altre coppie, ma quando la danza stava per cominciare, capitò a Hanrahan di abbassare lo sguardo, e si rese conto che i suoi stivali erano consumati e rotti, e mostravano le logore calze grigie; disse irritato che era un pessimo pavimento, e che la musica non era una gran cosa, e si sedette in un angolo al buio vicino al focolare. Ma come lui si sedette, la ragazza sedette lì, insieme a lui.






La danza continuo, e quando fu finita ne venne richiesta un'altra, e nessuno fece molta attenzione a Oona e Hanrahan il Rosso per un po', nell'angolo dove stavano. Ma la madre cominciò a essere in ansia, e gridò a Oona di andare ad aiutarla ad apparecchiare la tavola nella stanza interna. Ma Oona, che prima non aveva mai disobbedito, disse che ci sarebbe andata presto, ma non allora, perché stava ascoltando tutte le cose che lui le diceva all'orecchio. La madre si fece ancora più ansiosa e si avvicinò a loro, facendo credere di dover attizzare la fiamma o spazzare il camino, e si mise in ascolto un minuto per sentire quello che il poeta diceva alla figlia. E una volta lo sentì raccontare di Deirdre dalla bianca mano, e di come portò alla morte i figli di Usna, e di come l'incarnato delle sue guance non fosse così rosso come il sangue dei figli di re che fu versato per lei, e come le sue pene non le erano mai uscite di mente; lui disse che era forse il ricordo di lei a rendere il grido del piviere sulla palude doloroso, alle orecchie dei poeti, come la nenia funebre dei giovani per un loro compagno. E disse che non sarebbe mai esistito il ricordo di lei, se non fosse per i poeti che avevano messo la sua bellezza nei loro canti. E la volta dopo lei non comprese bene quello che stava dicendo, ma per quanto poteva sentire aveva la cadenza della poesia sebbene senza rima, ed è questo quello che gli sentì dire: - Il sole e la luna sono l'uomo e la fanciulla, sono la mia vita e la tua vita, essi vanno e vanno per sempre attraverso i cieli come sotto un solo mantello. Fu Dio a crearli uno per l'altro. Lui creò la mia e la tua vita prima del principio del mondo, Lui le creò per farle andare su e giù per il mondo come i due più bravi danzatori che continuano a ballare su e giù per il lungo pavimento del granaio, freschi e ridenti, quando tutti gli altri sono stanchi e si appoggiano al muro.






Allora la vecchia andò dove il marito stava giocando a carte, ma egli non le badò, e allora andò da una donna del vicinato e disse: - Non c'è modo di separarli? -, e senza aspettare risposta disse a dei giovani che stavano parlando tra loro: - Che tipi siete se non potete convincere la più bella ragazza della casa a venire per danzare con voi? E ora andate tutti - disse, e vedete se vi riesce di allontanarla dalle chiacchiere del poeta -. Ma Oona non diede ascolto a nessuno di loro, e agitò una mano come per mandarli via. Allora si rivolsero a Hanrahan e dissero che avrebbe fatto meglio a danzare con la ragazza o a lasciarla danzare con uno di loro. Quando Hanrahan sentì quello che stavano dicendo disse: - E sia, danzerò con lei; non c'è nessun uomo nella casa che deve danzare con lei all'infuori di me.






Allora si alzò insieme a lei e la guidò tenendola per mano; alcuni giovani si stizzirono, e qualcuno prese a canzonarlo per la sua giacca rappezzata e gli stivali rotti. Ma lui non gli diede peso, e Oona non gli diede peso, ma si guardarono l'uno con l'altro come se tutto il mondo appartenesse soltanto a loro. Ma un'altra coppia che era rimasta seduta come fanno gli innamorati si mise nello stesso istante al centro del pavimento, tenendosi per mano e muovendo i piedi per tenere il tempo della musica. Ma Hanrahan gli voltò le spalle come fosse in collera, e invece di danzare cominciò a cantare; mentre cantava le teneva stretta la mano, la sua voce si faceva più forte; cessarono le beffe dei giovani, smise il violino, e non si sentì niente tranne la sua voce che aveva in sé il suono del vento. E quello che cantava era una canzone che aveva sentito o aveva composto un tempo nei suoi vagabondaggi sullo Slieve Echtge, e le sue parole, se si potessero tradurre, sarebbero più o meno così:






"O il vecchio dito ossuto della Morte Non ci troverà mai laggiù Nella terra di città alta nel vuoto Dove amore è dare e serbare; Dove i rami hanno frutti e gemme Tutte le stagioni dell'anno; Dove i fiumi straripano Birra bionda e bruna.






Un vecchio suona le cornamuse In un bosco d'oro e d'argento; Regine, dagli occhi blu come il ghiaccio, Danzano in coro."














E mentre cantava Oona gli si fece più vicina, il colore era sparito dalle sue guance, e adesso i suoi occhi non erano blu ma grigi per le lacrime che li riempivano; ognuno che l'avesse vista avrebbe pensato che era pronta a seguirlo subito da oriente a occidente del mondo.






Ma uno dei giovani gridò: - Dov'è quel paese di cui sta cantando?






Bada a te, Oona, è molto lontano, potresti camminare a lungo prima di raggiungerlo -. E disse un altro: - Non è nel Paese della Gioventù che tu andrai, se lo segui, ma a Mayo delle paludi -. Allora Oona lo guardò come volesse interrogarlo, ma lui sollevò la mano di lei nella propria, e a metà tra il canto e l'urlo annunciò: - Quel paese è vicinissimo a noi, sta da ogni parte, può essere sulla collina dietro di noi, o nel cuore del bosco -. E dichiarò con voce potente e chiara: - Nel cuore del bosco. Oh, la Morte non ci troverà mai nel cuore del bosco. E verrai con me laggiù, Oona? - disse.






Ma mentre diceva questo le due vecchie erano uscite, la madre di Oona stava piangendo, e disse: - Egli ha gettato un maleficio su Oona.






Non possiamo convincere gli uomini a buttarlo fuori di casa?






- Questa è una cosa che non si può fare - disse l'altra donna, perché è un poeta gaelico, e sai bene che se buttassi fuori di casa un poeta gaelico, lui getterebbe sopra di te una maledizione che inaridirebbe il frumento nei campi e seccherebbe il latte delle vacche, se dovesse rimaner sospesa nell'aria per sette anni.






- Che Dio ci aiuti! - disse la madre -. Perché mai gli ho permesso di entrare in casa, con la cattiva fama che ha!






- Non ci sarebbe stato proprio niente di male a tenerlo fuori, ma te ne verrebbe un gran danno se lo buttassi fuori con la forza. Ascolta il piano che ho per metterlo fuori di casa di sua iniziativa, senza che nessuno ce lo spinga.






Poco tempo dopo le due donne entrarono ancora, tenendo ognuna un fascio di fieno nel grembiule. Hanrahan adesso non cantava, ma stava parlando a Oona molto in fretta e dolcemente, e le diceva:- La casa è stretta, ma il mondo è ampio, e non esiste nessun innamorato vero che debba aver paura della notte o del mattino o del sole o delle stelle o delle ombre della sera, o di qualsiasi altra cosa terrena. - Hanrahan - disse allora la madre, battendogli sulla spalla -, vuoi darmi una mano per un minuto?- Fallo, Hanrahan - disse la donna del vicinato -, aiutaci a fare di questo fieno una fune, perché sei abile con le tue mani, e una raffica di vento ha sciolto la paglia sul fienile.






- Lo farò per te - disse lui; prese in mano un bastoncino, la madre cominciò a dargli fieno ed lui a torcerlo, ma aveva fretta di finirlo, ed essere di nuovo libero. Le donne continuavano a parlare e a dargli fieno, a incoraggiarlo, e a dirgli quale buon torcitore di fune egli fosse, migliore dei loro vicini o di chiunque altro conoscessero. E Hanrahan vide che Oona lo osservava, e cominciò a girare molto rapidamente, a testa alta, e a vantarsi della prontezza delle sue mani, della sapienza che aveva nella mente e della forza che aveva nelle braccia. E mentre si vantava, indietreggiava sempre torcendo la fune, finché arrivò alla porta che era aperta alle sue spalle, e senza pensarci oltrepassò la soglia e uscì in strada. Non appena fu lì la madre spiccò una corsa improvvisa, gli gettò dietro la fune, chiuse la porta e la mezzaporta e tirò il catenaccio.






Era molto contenta di averlo fatto, rideva ad alta voce, e le vicine ridevano e si congratulavano con lei. Ma lo sentirono bussare alla porta e pronunciare al di là di essa parole di maleficio; la madre ebbe appena il tempo di fermare Oona, che aveva la mano sul catenaccio per aprirla. Allora fece segno al violinista, lui attaccò un "reel", e uno dei giovani non chiese il permesso, afferrò Oona e la portò nel fitto della danza. Quando questa fu terminata il violinista si fermò, da fuori non arrivava nessun suono, la strada era tranquilla come prima.






Quanto a Hanrahan, quando capì di essere chiuso fuori e che quella notte per lui non ci sarebbero stati né rifugio né bevande, né orecchio di ragazza, la rabbia e il coraggio svanirono, e se ne andò dove le onde battevano la spiaggia.






Sedette su una grossa pietra e cominciò a muovere la mano destra e a cantare lentamente tra sé, come faceva sempre per darsi animo quando ogni altra cosa gli veniva meno. E se fu quella volta o un'altra volta che compose il canto che fino a oggi è chiamato "La torcitura della fune" e che inizia: "Qual era il gatto morto che mi mise in questo posto", non si sa.






Ma dopo un po' che cantava, foschia e ombre sembrarono avvolgerlo; a volte provenivano dal mare, a volte vi si spostavano sopra. Gli sembrò che una delle ombre fosse la donna-regina che aveva visto addormentata sullo Slieve Echtge; sveglia, adesso, ma beffarda, e vociante verso quelle che le stavano dietro: - Era debole, era debole, non aveva coraggio . E ancora sentì in mano i trefoli della fune, e continuo a torcerla, ma gli parve, mentre l'attorcigliava, che quella avesse in sé tutti i dolori del mondo. E allora gli sembrò come se la fune si fosse trasformata, nel sogno, in un grande verme d'acqua che usciva dal mare e gli si attorcigliava addosso, tenendolo sempre più stretto.






Poi riuscì a liberarsi e proseguì, tremante e malfermo, lungo il filo della spiaggia, e le grigie forme svolazzavano qua e là intorno a lui.






E gli dicevano: - E' un peccato per lui rifiutare il richiamo delle figlie di Sidhe, perché non troverà conforto nell'amore delle donne della terra fino alla fine della vita e del tempo, e il freddo della tomba sta nel suo cuore per sempre. Ha scelto la morte: che muoia, che muoia, che muoia.






























Hanrahan e Cathleen, la figlia di Houlihan






Una volta Hanrahan viaggiava verso nord, e ogni tanto dava una mano a un contadino nel momento più congestionato dell'anno, e andava raccontando le sue storie e contribuendo con le sue canzoni alle veglie funebri e ai matrimoni.






Un giorno gli capitò di incontrare per la strada di Colooney una certa Margaret Rooney, una donna che conobbe in gioventù a Munster. Allora lei non godeva di buona fama, e alla fine fu il prete che la cacciò via dal paese. La riconobbe dall'andatura e dal colore degli occhi, e dal modo che aveva di scostarsi i capelli dal volto con la mano sinistra. Aveva vagabondato qua e là, gli disse, vendendo aringhe e roba simile, e adesso stava tornando a Sligo, il paese del Burrough dove viveva con un'altra donna, Mary Gillis, che aveva in gran parte la sua stessa storia. Sarebbe stata felice, disse, se lui fosse voluto andare nella casa insieme a loro e si fosse messo a cantare le sue canzoni ai "bocachs", ai ciechi e ai violinisti del Burrough. Lo ricordava bene, gli disse, e aveva desiderio di lui; quanto a Mary Gillis, conosceva alcune sue canzoni a memoria, così non doveva temere di non ricevere un buon trattamento, e tutti i "bocachs" e i poveretti che lo avessero sentito, gli avrebbero dato una parte dei loro guadagni per le sue storie e per le sue canzoni per tutto il tempo che fosse rimasto con loro, e avrebbero portato il suo nome in tutte le parrocchie d'Irlanda.






Egli fu ben felice di andare con lei, e di trovare una donna che ascoltasse la storia dei suoi affanni e lo confortasse. Era il momento del crepuscolo, quando ogni uomo può passare per bello e ogni donna per attraente. Lei lo cinse con il braccio quando le raccontò la disgrazia della torcitura della fune, e nella penombra lei poteva andare bene come un'altra.






Si trattennero in conversazione per tutta la strada fino a Burrough, e quanto a Mary Gillis, appena lo vide e sentì chi era stava per piangere al pensiero di avere in casa un uomo di così grande fama.






Hanrahan fu molto contento di sistemarsi con loro per un po', perché era stanco di vagabondare; e dal giorno in cui aveva trovato la piccola capanna crollata, e Mary Lavelle che se n'era andata, e sparsa la paglia del tetto, non aveva più chiesto di avere un posto tutto suo; e non si era mai fermato da nessuna parte quanto bastava per veder arrivare le foglie verdi dove aveva visto le foglie vecchie appassire, o per vedere il grano mietuto dove lo aveva visto seminato.






Era un buon cambiamento per lui avere un riparo dall'umidità, e un fuoco la sera, e la sua porzione di cibo messa sul tavolo senza doverla chiedere.






Compose un buon numero di canzoni mentre viveva là, così ben curato e così tranquillo. Per la maggior parte erano canzoni d'amore, ma alcune erano canzoni di pentimento, e altre erano canzoni sull'Irlanda e le sue pene, sotto un nome o un altro. Ogni sera i "bocachs", i mendicanti, i ciechi, e i violinisti si riunivano nella casa e ascoltavano le sue canzoni, e i suoi poemi e le sue storie sui tempi antichi dei Fianna, e li custodivano nella loro memoria che non fu mai sciupata dai libri; e così portarono il suo nome a ogni veglia funebre e a ogni matrimonio, e negli avvenimenti di tutta la contrada di Connacht. Non fu mai così ricco e considerato come allora.






Una sera di dicembre stava cantando una canzonetta, che disse di aver sentito dal verde piviere della montagna, sui ragazzi dai capelli biondi che avevano lasciato Limerick e che vagavano senza meta in tutte le parti del mondo. C'era un bel numero di persone nella stanza, quella notte, e due o tre ragazzini che si erano infilati là dentro e sedevano sul pavimento vicino al fuoco, ed erano troppo indaffarati con la tostatura di una patata nella cenere o cose di questo genere per dargli troppo retta; ma si ricordarono molto tempo dopo, quando la sua fama era cresciuta, il suono della sua voce, e il suo modo di muovere la mano, e il suo aspetto mentre sedeva sulla sponda del letto, con la sua ombra che cadeva sulla parete imbiancata dietro di lui, e mentre si muoveva salendo su fino al tetto di paglia.






Di colpo il suo canto cessò, e i suoi occhi si annebbiarono come se stesse guardando una cosa lontana.






Mary Gillis stava versando whisky in un gotto che era posato sul tavolo vicino a lui, smise di versare e disse: - Stai forse pensando di lasciarci? Margaret Rooney sentì quello che diceva e non capi perché lo diceva, prese le parole troppo sul serio e si avvicinò a lui, e nel suo cuore ebbe timore di essere sul punto di perdere un così buon compagno, e un uomo che era tanto considerato e che portava tante persone nella sua casa.






- Non vorrai lasciarci, cuore mio? - disse, prendendolo per la mano.






- Non è a quello che sto pensando - disse -, ma all'Irlanda e al peso di dolore che la opprime -. E appoggiò la testa sulla mano, cominciò a cantare queste parole, e il suono della sua voce era simile al vento in un posto deserto.






"I vecchi alberi bruni di biancospino si spezzano in due in alto sul Comillon Strannd.






Sotto un amaro vento nero che soffia dalla mano sinistra; Il nostro coraggio si spezza come un vecchio albero sotto un vento nero e muore, Ma abbiamo nascosta nei cuori la fiamma degli occhi Di Cathleen, la figlia di Houlihan.






Il vento ha ammassato le nubi in alto sul Knocknarea E ha scagliato il tuono sulle pietre contro tutto quello che Maeve può dire.






Furori che sono come nembi fragorosi hanno fatto battere i nostri cuori; Ma noi tutti ci siamo inchinati giù e giù abbiamo baciato i piedi fermi Di Cathleen, la figlia di Houlihan.






La palude limacciosa è tracimata in alto sul Cloothna-Bare, Perché gli umidi venti soffiano dall'aria vischiosa; Come pesanti acque straripate sono i nostri corpi e il nostro sangue; Ma più pura di un'alta candela davanti alla Santa Croce E' Cathleen, la figlia di Houlihan."














Mentre cantava la sua voce iniziò a incrinarsi, lacrime gli rotolarono sulle guance, e Margaret Rooney si mise il viso tra le mani e cominciò a piangere con lui. Allora un mendicante cieco vicino al fuoco scrollò i suoi stracci con un singhiozzo, e dopo non ci fu nessuno fra tutti loro che non versasse lacrime.






La maledizione di Hanrahan il Rosso.






Una bella mattina di maggio, molto tempo dopo che Hanrahan aveva lasciato la casa di Margaret Rooney, stava percorrendo la strada vicino a Coolooney, e il suono degli uccelli che cantavano nei cespugli fioriti di bianco lo faceva cantare mentre andava. Era diretto alla sua casetta, che non era più di una capanna, ma che gli piaceva tanto. Poiché era stanco di tanti anni di vagabondaggio di rifugio in rifugio in tutte le stagioni dell'anno, e anche se gli veniva raramente rifiutato il benvenuto e una parte di quello che c'era in casa, gli pareva a volte che la sua mente si stesse facendo rigida come le sue giunture, e non gli era più così facile come una volta passare la notte in scherzi e divertimenti, e far ridere tutti i ragazzi con le sue piacevoli chiacchiere, e attirare le donne con le sue canzoni. E qualche tempo prima, era entrato in una capanna che un pover'uomo aveva abbandonato per andare a mietere e non era più tornato. E quando ebbe sistemato il tetto di paglia e preparato un letto nell'angolo con pochi sacchi e giunchi, ed ebbe spazzato il pavimento, fu ben contento di avere un posticino per sé, dove andare e venire come voleva, e tenere la testa tra le mani per tutta la sera se l'opprimeva l'inquietudine e la malinconia per i vecchi tempi. Uno dopo l'altro i vicini cominciarono a mandare i loro bambini, per ricevere un po' di istruzione da lui, e con quello che loro portavano, qualche uovo o una focaccia di avena o un paio di zolle di torba, riusciva a vivere. E se andava ogni tanto al Burrough per un giorno e una notte di follie, nessuno diceva niente, sapendo che era un poeta, con un cuore vagabondo.






Era dal Burrough che veniva quella mattina di maggio, abbastanza spensierato, e al canto di qualche nuova canzone che gli era venuta.






Ma non passò molto tempo che una lepre attraversò di corsa il sentiero e sparì nei campi, attraverso le pietre sconnesse del muro. E lui sapeva che non era buon segno se una lepre tagliava il sentiero, e si ricordò della lepre che lo aveva portato sullo Slieve Echtge al tempo che Mary Lavelle lo stava aspettando, e come da allora non aveva mai più conosciuto felicità d'una certa durata. - E' probabile che mi stiano preparando qualcosa di brutto - disse. E dopo aver detto questo, sentì un suono di pianto nel campo vicino a lui, e guardò al di sopra del muro. E vide là una fanciulla seduta sotto un cespuglio di candido biancospino, piangente come se le si spezzasse il cuore. Il viso era nascosto tra le mani, ma i suoi capelli soffici e il suo collo bianco e il suo giovane aspetto gli fecero venire alla mente Bridget Purcell e Margaret Gillane e Maeve Connelan e Oona Curry e Celia Driscoll, e il resto delle ragazze per le quali aveva composto canzoni e delle quali aveva lusingato il cuore con le sue parole di adulazione.






Lei alzò gli occhi, e lui vide che era una ragazza dei dintorni, la figlia di un fattore. - Cosa ti angustia? - disse. - Niente da cui tu possa sollevarmi, Rosso Hanrahan. - Se ti affligge un dolore, sono proprio io che dovrei essere capace di aiutarti! - disse allora -, perché conosco la storia dei Greci, e so bene che cos'è il dolore e il distacco, e la durezza del mondo. E se non sarò capace di guarire te dalla tua pena - disse -, ce n'è più di una che ho guarito con il potere che sta nelle mie canzoni come stava nei canti dei poeti che furono prima di me dal principio del mondo. Ed è con gli altri poeti che mi siederò e parlerò in un posto lontano oltre il mondo, alla fine della vita - disse. La ragazza smise di piangere e disse: - Owen Hanrahan, ho sentito spesso che tu hai avuto dolori e persecuzioni, e che conosci tutte le pene del mondo da quando hai rifiutato il tuo amore alla donna-regina sullo Slieve Echtge, e che lei non ti ha mai lasciato in pace da allora. Ma quando è la gente di questa Terra che ti ha fatto del male, tu sai bene il modo di provvedere a tua volta al loro male. E adesso farai quel che ti chiedo, Owen Hanrahan? - disse lei. - Lo farò, infatti - disse lui.






- Sono mio padre e mia madre e i miei fratelli disse -, che mi maritano al vecchio Paddy Doe, perché ha una fattoria di cento acri ai piedi del monte. E ecco quello che puoi fare, Hanrahan - disse -, mettilo in rima proprio come facesti con il vecchio Peter Kilmartin quando eri giovane, che il dolore possa opprimerlo quando si alza e quando si corica, che lo costringa a pensare al cimitero di Colooney e non al matrimonio. E fallo senza indugio, perché è per domani che hanno fissato il matrimonio, e vorrei piuttosto veder sorgere il sole sul giorno della mia morte che su questo giorno.






- Lo metterò in una canzone che gli porterà vergogna e dolore; ma dimmi quanti anni ha, perché vorrei metterli nella canzone.






- Oh, ne ha di anni. E' vecchio come te, Rosso Hanrahan.






- Vecchio come me - disse Hanrahan, e la sua voce fu come se si spezzasse -, vecchio come me, ci sono vent'anni e più tra noi! E' davvero una brutta giornata per Owen Hanrahan quando una fanciulla con il fiore di maggio sulle guance crede che io sia un vecchio. Che tristezza! - disse -. Mi hai messo una spina nel cuore.






Si allontanò da lei allora e discese la strada finché arrivò a una pietra, e vi si sedette sopra, perché gli sembrava che tutto il peso degli anni gli fosse calato addosso in un minuto. E si ricordò che non era molti giorni prima che una donna in una casa aveva detto: - Tu adesso non sei Hanrahan il Rosso, ma Hanrahan il Giallo, perché i tuoi capelli sono diventati del colore di un mazzetto di stoppa -. E un'altra donna, alla quale aveva chiesto da bere, non gli aveva dato latte fresco ma latte acido, e a volte le ragazze bisbigliavano e ridevano con i giovanotti ignoranti mentre lui era tutto preso a recitare i suoi poemi o a conversare. E pensò alla rigidità delle sue giunture, quando si alzava al mattino, e alla sofferenza delle sue ginocchia dopo aver fatto un viaggio, e gli sembrò di essere diventato un uomo decrepito, con il gelo nelle spalle, con gli stinchi a chiazze, il fiato rotto e la vita sfiorita. E con questi pensieri gli venne una grande rabbia nei confronti della vecchiaia e di tutto quello che portava con sé. E proprio allora alzò gli occhi e vide una grande aquila maculata volare lentamente verso Ballygawley, e le strillò dietro: - Anche tu, aquila di Ballygawley, sei vecchia e le tue ali sono piene di vuoti, e io metterò te e i tuoi antichi compagni, il luccio del lago Dargan e il tasso dell'Erta degli Stranieri, nelle mie rime, affinché sia su di voi una maledizione eterna!






Alla sua sinistra c'era un cespuglio, fiorito come gli altri, e una piccola folata di vento soffiò i suoi bianchi fiori sulla sua giacca.






- Fiori di maggio - disse, raccogliendoli nel cavo della mano -, voi non conoscete mai la vecchiaia perché morite nel pieno della vostra bellezza, e io vi metterò nelle mie rime e vi darò la mia benedizione.






Si alzò allora e staccò un rametto dal cespuglio, e lo tenne in mano.






Ma arrivando a casa sembrava vecchio e deperito, quel giorno, con le spalle curve e il viso scuro.






Quando arrivò alla capanna non c'era nessuno, e andò a sdraiarsi sul letto per un po', come era abituato a fare quando voleva comporre una poesia, o una laude o un'invettiva.






E non gli ci volle molto a comporla questa volta, perché la potenza dei bardi fattucchieri era su di lui. E quando l'ebbe composta cercò nella sua mente il modo di farla circolare per tutta la contrada.






Allora cominciarono ad arrivare alcuni scolari, per sapere se quel giorno ci sarebbe stata scuola, e Hanrahan si alzò e si sedette sulla panca vicino al focolare, e loro restarono tutti in piedi intorno a lui.






Credevano che avrebbe tirato fuori il Virgilio o il messale o il sillabario, ma invece di questi sollevò il rametto di biancospino che ancora teneva in mano. - Bambini - disse -, questa è una lezione nuova che ho per voi oggi.






- Voi stessi e la bella gente del mondo assomigliate a questo fiore, e la vecchiaia è il vento che giunge e soffia via il fiore. E io ho composto un'invettiva sulla vecchiaia e sui vecchi, e adesso ascoltatela mentre la recito per voi -. E questo è quello che disse:






"Owen Hanrahan, il poeta, sotto un cespuglio di maggio, Fa scendere sul suo capo una maledizione perché grigio appassisce; Poi sull'aquila maschio screziata della collina di Ballygawley Perché è il più antico essere a conoscere malattia e affanno; E sul tasso che è sempre verde dal tempo dei tempi Sull'Erta degli Stranieri e la Breccia del Vento; E sul grande luccio grigio che si riproduce nel lago dì Castle Dargan, Che ha nel suo lungo corpo più d'un uncino e d'un dolore; Poi maledice il vecchio Paddy Bruen del Pozzo della Sposa Perché sulla testa non ha un capello e dentro l'intorpidimento.






Poi il vicino di Paddy, Peter Hart, e Michael Gill, suo amico, Perché le sue fantasticaggini non hanno mai fine.






E poi il vecchio Shemus Cullinan, pastore delle Terre Verdi, Perché tiene due grucce tra le mani deformi; Poi invoca una maledizione dal tenebroso Nord sul vecchio Paddy Doe, Che progetta di posare il suo capo avvizzito sopra un seno di neve, Che progetta di arrochire una voce argentina e spezzare un cuore felice; Prega che una maledizione incomba su di lui finché il respiro si partirà dal corpo, Ma egli invoca una benedizione sul fiore di maggio Perché viene in bellezza, e in bellezza svanisce."














La ripeté ai fanciulli verso dopo verso finché tutti riuscirono a dirne una parte, e i più svegli tutta.






- Per oggi basta - disse allora -. E quello che dovete fare adesso è andare fuori e cantare per un po' questa canzone, sul ritmo de "Il Verde Fascio di Giunchi", a ognuno che incontrerete, e agli stessi vecchi.






- Lo farò - disse uno dei ragazzi -, conosco bene il vecchio Paddy Doe. L'ultima vigilia di san Giovanni abbiamo buttato un topo giù nel suo camino, ma questo è meglio di un topo.






- Io andrò nella città di Sligo e la canterò nelle strade - disse un altro ragazzo. - Fallo - disse Hanrahan -, e va nel Burrough e dilla a Margaret Rooney e a Mary Gillis, e pregale di cantarla, e di farla cantare ai mendicanti ovunque vadano -. Allora i fanciulli corsero fuori, pieni di orgoglio e di malizia, urlando la canzone mentre correvano, e Hanrahan capì che non c'era pericolo che non fosse sentita.






La mattina dopo stava seduto fuori della porta, guardando i suoi scolari mentre arrivavano due o tre alla volta. Erano arrivati quasi tutti, e lui stava calcolando la posizione del sole nei cieli per sapere se era l'ora di cominciare, quando sentì un suono che somigliava al ronzio d'uno sciame di api nell'aria, o allo scrosciare di un fiume nascosto in tempo di inondazioni. Allora vide una folla che dalla strada si avviava alla capanna, e si rese conto che tutta la folla era composta di vecchi, e che i loro caporioni erano Paddy Bruen, Michael Gill e Paddy Doe, e non c'era nessuno nella folla che non avesse in mano un bastone di frassino o di prugnolo. Appena lo videro, i bastoni cominciarono a ondeggiare come rami in una tempesta, e i vecchi piedi a correre.






Non aspettò più oltre, ma se la diede a gambe su per la collina dietro la capanna finché si trovò fuori dalla loro vista.






Dopo un po' tornò indietro girando intorno alla collina, dove era protetto dal ginestrone che cresceva lungo un fosso. E quando giunse in vista della sua capanna vide che tutti i vecchi vi si erano radunati intorno, e uno di loro stava proprio allora buttando un rastrello con un ciuffo di paglia accesa sopra il tetto.






- Che rovina! - egli disse -. Ho aizzato la Vecchiaia, il Tempo, la Stanchezza e la Malattia contro di me, e devo andarmene in giro di nuovo. E, oh Santissima Regina del Cielo - disse -, proteggimi dall'aquila di Ballygawley, dall'albero di tasso sull'Erta degli Stranieri, dal luccio del lago di Castle Dargan, e dalla paglia accesa dei loro simili, i Vecchi!






















La visione di Hanrahan






Fu nel mese di giugno che Hanrahan si trovava sulla strada vicino a Sligo, ma non entrò nella città, girò per Ben Bulben, perché lo stavano prendendo pensieri dei vecchi tempi, e non aveva intenzione di incontrarsi con uomini comuni. E mentre camminava, cantava tra sé una canzone che gli era venuta una volta in sogno:






"Oh, il vecchio dito ossuto della Morte Non ci troverà mai laggiù Nella terra di città alta nel vuoto Dove amore è dare e serbare Dove i rami hanno frutti e fiori Tutte le stagioni dell'anno; Dove i fiumi straripano Di birra bionda e bruna.






Un vecchio suona le cornamuse In un bosco d'oro e d'argento Regine, dagli occhi blu come il cielo Danzano in coro.






La piccola volpe mormorò "Che importa del mondo la rovina?".






Il sole rideva dolcemente, La luna trainava le mie redini Ma la piccola volpe mormorò "Oh, non tirare le sue redini, Lui cavalca verso la città Che del mondo è la rovina".






Quando i loro cuori sono così eccitati Che verrebbero alle mani, Staccano le pesanti spade Dagli aurei e argentei rami; Ma tutti quelli che perirono in battaglia Son desti ancora alla vita.






Fortuna che la loro storia Ignota sia agli uomini, Perché, oh i coloni robusti Che lascerebbero cadere la vanga, I loro cuori sarebbero come una coppa Che fino all'ultima goccia qualcuno ha bevuto.






Michele staccherà la sua tromba Da un alto ramo, E lancerà un piccolo squillo Quando la cena sarà apprestata.






Gabriele verrà dal mare Con una coda di pesce e favellerà di meraviglie accadute Sulle strade bagnate, percorse dall'uomo, E solleverà un vecchio corno Martellato d'argento, e berrà Fino ad assopirsi Sotto il cielo stellato."














Hanrahan aveva cominciato a salire la montagna, e aveva smesso di cantare, perché era una salita lunga per lui, e ogni tanto doveva sedersi e riposare per un po'. E una volta che stava riposando vide un cespuglio di rose selvatiche, pieno di fiori, che cresceva vicino a un "rath", e gli fece venire in mente le rose selvatiche che portava di solito a Mary Lavelle e non portò a nessun'altra donna dopo di lei. E strappò un rametto dal cespuglio, che aveva boccioli e fiori, e continuò con il suo canto:






"La piccola volpe mormorò "Che importa del mondo la rovina?".






Il sole rideva dolcemente La luna trainava le mie redini Ma la piccola volpe mormorò:






"Oh, non tirare le sue redini, Lui cavalca verso la città Che del mondo è la rovina"."














E continuò ad arrampicarsi sulla montagna, e lasciò il "rath", e gli vennero in mente delle vecchie poesie che parlano di amanti buoni e cattivi, e di quelli che furono svegliati dal sonno della tomba dalla forza del reciproco amore, e portati via a vivere in un posto d'ombra dove sono in attesa del Giudizio, ed esiliati dal volto di Dio.






E finalmente, al morire del giorno, arrivò all'Erta degli Stranieri, e si sdraiò là lungo un pendìo roccioso e guardò nella valle, che era piena di nebbia grigia che si stendeva da una montagna all'altra.






E gli sembrò che, mentre guardava, quella nebbia prendesse le forme incerte di uomini e donne, e il suo cuore cominciò a battere per la paura e la gioia di quella vista. E le sue mani, che erano sempre irrequiete, cominciarono a strappare i petali delle rose sul rametto, e li guardò mentre se ne andavano fluttuanti giù nella valle in una piccola frotta svolazzante.






All'improvviso sentì una musica flebile, una musica che in sé aveva più risate e più lamenti che tutta la musica del mondo. E quando la sentì il suo cuore si riebbe, e lui cominciò a ridere a gola spiegata, perché sapeva che quella musica era composta da uno che aveva una bellezza e una grandezza che non appartenevano alle creature di questo mondo. E gli parve che i piccoli, lievi petali di rosa mentre fluttuavano giù nella valle cominciassero a cambiare la loro forma finché assomigliarono a un drappello di uomini e di donne lontani nella nebbia, con addosso il colore delle rose. E poi quel colore cambiò in molti colori, e quel che vide fu una lunga fila di bei giovani alti e di donne-regine, che non si allontanavano da lui ma venivano verso di lui e lo oltrepassavano, e i loro visi erano pieni di tenerezza nonostante il loro aspetto altero, ed erano pallidissimi ed emaciati, come se cercassero e cercassero sempre cose molto dolorose. E braccia nebulose si affacciavano fuori dalla nebbia come per afferrarli, ma non riuscivano a toccarli, perché la quiete che li circondava non poteva essere infranta. E davanti e dietro di loro, ma a una distanza come di rispetto, c'erano altre forme, che sprofondavano ed emergevano e andavano e venivano. E Hanrahan dal loro volo turbinante capì che erano i Sidhe, le antiche divinità sconfitte, e quelle braccia nebulose non si alzarono per afferrare i Sidhe, che sono di quelli che non possono né peccare né obbedire. E poi si rimpicciolirono nella distanza, e sembravano andare verso la bianca porta che sta nel fianco della montagna.






Adesso la nebbia si stendeva davanti a lui come un mare deserto che lavasse la montagna con lunghe onde grigie, ma mentre la guardava, la nebbia cominciò a riempirsi di nuovo di 'una vita fluida, incompleta, scialba che era una parte di se stessa, e braccia e pallide teste coperte da una capigliatura ondeggiante apparvero nel grigio. Si alzò sempre più alta finché fu al livello dell'orlo della roccia scoscesa, e allora le forme parvero quasi solide, e quella nuova processione quasi sperduta nella nebbia si mosse con passi lentissimi e ineguali, e nel mezzo di ogni ombra c'era qualcosa che brillava al chiarore delle stelle. Si avvicinarono sempre di più, e Hanrahan vide che anche loro erano amanti, e che avevano specchi a forma di cuore al posto dei cuori, e guardavano e guardavano sempre i loro volti gli uni negli specchi degli altri. Passavano inabissandosi mentre passavano, e altre forme nascevano al loro posto, ma queste non si tenevano vicine, ma si seguivano l'una dopo l'altra, tendendo le braccia e gesticolando in modo frenetico, e vide che quelle che erano seguite erano donne, e quanto alla loro testa superavano ogni bellezza, ma quanto ai loro corpi non erano che ombre senza vita, e la loro lunga chioma si agitava e fremeva intorno a loro, come se vivesse di una qualche terribile vita propria. E allora la nebbia di colpo si alzò e le nascose, e allora una lieve folata di vento le trascino verso nord- est, e nello stesso tempo ricoprì Hanrahan con una bianca ala di nuvole.






Si alzò in piedi tremante e stava per allontanarsi dalla valle, quando vide due sagome scure e seminascoste che stavano come nell'aria proprio oltre la roccia, e una di loro, che aveva gli occhi addolorati di un mendicante, gli disse con voce di donna: - Parlami, perché nessuno in questo mondo o in nessun altro mondo mi ha parlato da settecento anni.






- Dimmi chi sono quelli che sono passati - disse Hanrahan.






- Quelli che passarono per primi - disse la donna - sono gli amanti che ebbero la maggiore fama nel tempo antico, Blanaid e Deirdre e Grania e i loro cari compagni, e moltissimi che non sono ugualmente conosciuti ma sono altrettanto amati. E poiché non era solo il fiore della giovinezza che cercavano l'uno nell'altro, ma la bellezza che è duratura come la notte e le stelle, la notte e le stelle li conservano per sempre dalla guerra e dalla distruzione, nonostante la morte e l'amarezza che il loro amore ha portato nel mondo. E quelli che vennero dopo - disse -, e che ancora respirano la dolce aria e hanno gli specchi nei loro cuori, non sono messi nei canti dei poeti, perché hanno mirato solo a trionfare gli uni sugli altri, e a provare così la loro forza e la loro bellezza, e da questo crearono una specie di amore. E quanto alle donne con i corpi d'ombra, non hanno desiderato né di trionfare né di amare ma solo di essere amate, e non c'è sangue nei loro cuori o nei loro corpi finché non fluisce in loro attraverso un bacio, e la loro vita esiste solo per un attimo. Tutte queste sono infelici, ma io sono la più infelice di tutte, perché sono Dervorgilla, e questi è Diarmuid, e fu il nostro peccato che portò i Normanni in Irlanda. E su di noi sono le maledizioni di tutte le generazioni, e nessuno è punito come siamo puniti noi. Fu il fiore dell'uomo e della donna che amammo l'uno nell'altro, e così, quando morimmo non ci fu pace duratura intorno a noi, e l'amarezza delle battaglie che portammo in Irlanda si mutò nella nostra punizione. Noi andiamo vagando insieme per sempre, ma Diarmuil che fu il mio amante mi vede sempre come un corpo che è stato a lungo sottoterra, e io so che è così che mi vede. Chiedimi di più, chiedimi di più, perché tutti questi anni hanno lasciato la loro saggezza nel mio cuore, e nessuno mi ha ascoltata da settecento anni.






Un grande terrore era calato su Hanrahan, e sollevando le braccia sopra la testa urlò a piena voce tre volte, e gli armenti nella valle alzarono le loro teste e muggirono, e gli uccelli nel bosco ai piedi della montagna si svegliarono dai loro sonni e svolazzarono tra le foglie tremanti. Ma un po' al di sotto della cresta della roccia, la massa dei petali di rosa fluttuava ancora nell'aria, perché la porta dell'Eternità si era aperta e di nuovo richiusa in un battito del cuore.






















La morte di Hanrahan






Hanrahan, poiché non era mai rimasto a lungo in un posto, ritornò ancora nei villaggi che stanno ai piedi dello Slieve Echtge, Illeton, Scalp e Ballylee, fermandosi ora in una casa ora nell'altra, e trovando ospitalità in ogni posto per amore dei vecchi tempi, della sua poesia e del suo insegnamento. C'era qualche moneta d'argento e di rame nella piccola sacca di pelle sotto la sua giacca. Ma raramente aveva bisogno di estrarne qualcosa, perché aveva bisogno di poco, e non c'era nessuno che avrebbe accettato di essere pagato da lui. La sua mano si era fatta pesante sul prugnolo al quale si appoggiava, e le sue guance erano scavate e smunte, ma per quanto riguardava il cibo, patate e latte e un pezzo di focaccia di avena, aveva tutto quello che desiderava, e non è al limitare di un posto così selvaggio e paludoso come Echtge che un goccio di acquavite sarebbe mancato, con dentro il gusto affumicato della torba. Era solito vagare nel grande bosco di Kinadife, o sedersi per molte ore della giornata tra i giunchi intorno al lago Belshragh, ascoltando i torrenti che scendono dalle colline, o guardando le ombre nei bruni laghetti paludosi, standosene tranquillo per non far trasalire il cervo che scende giù dalla macchia all'erba dei prati e ai campi coltivati sul fare della notte. Con il passare dei giorni pareva come se cominciasse a far parte di un mondo immaginario e nebuloso, che ha come sua prerogativa dei colori al di là di tutti gli altri colori; e i silenzi sono al di là di tutti i silenzi di questo mondo. E a volte udiva andare e venire nel bosco una musica che quando si fermava gli usciva dalla testa come un sogno, e una volta nell'immobilità del mezzogiorno sentì un suono come lo strepito di molte spade, che andò avanti per molto tempo senza intervallo. E al cadere della notte e al sorgere della luna il lago arrivava a essere come una cancellata d'argento e di pietre preziose, e veniva dal suo silenzio il suono debole di un lamento funebre e del riso terrorizzato rotto dal vento, e molte pallide mani gesticolanti.






Sedeva scrutando l'acqua, una sera, in tempo di raccolto, pensando a tutti i segreti che erano chiusi dentro i laghi e nelle montagne, quando sentì un grido proveniente da sud, molto debole all'inizio, ma che si faceva più forte e più chiaro man mano che l'ombra dei giunchi si allungava, finché poté sentire le parole: - Io sono bella, io sono bella. Gli uccelli nell'aria, le falene sotto le foglie, le mosche sull'acqua mi guardano, perché non hanno mai visto una bella come me. Io sono giovane, io sono giovane; guardatemi montagne; guardatemi boschi perituri, perché il mio corpo brillerà come le bianche acque quando voi sarete spazzati via. Voi e tutta la razza degli uomini, e la razza delle bestie, e la razza dei pesci, e la razza alata, cadrete come una candela che è prossima a estinguersi. Ma io rido a voce spiegata perché sono nella mia giovinezza -. Di tanto in tanto la voce si rompeva, come fosse stanca, e poi riprendeva di nuovo, gridando sempre le stesse parole: - Io sono bella, io sono bella -. Subito gli arbusti sul ciglio del piccolo lago tremarono per un momento, e una vecchissima donna si fece strada tra loro, e passò vicino a Hanrahan, camminando lentamente. La sua faccia aveva il colore della terra, e più rugosa della faccia di qualsiasi altra megera mai vista, e i capelli grigi le pendevano a ciuffi, e gli stracci che indossava non coprivano la sua pelle scura resa ruvida dalle intemperie. Gli passò accanto con gli occhi spalancati, e la testa alta, e le braccia penzolanti sui fianchi, e si inoltrò nell'ombra delle colline verso occidente.






Una specie di terrore invase Hanrahan quando la vide, perché sapeva che lei era una certa Winny Byrne delle Cross-Roads, che andava chiedendo l'elemosina di posto in posto gridando sempre lo stesso grido, e lui aveva sentito spesso che lei una volta possedeva tanta saggezza che tutte le donne del vicinato andavano da lei per chiedere consiglio, e che aveva una voce tanto bella che uomini e donne venivano da ogni parte per sentirla cantare a una veglia funebre o a un matrimonio; e che gli Altri, i grandi Sidhe, le avevano rubato il senno una notte di Samhain molti anni fa, quando si era addormentata sull'orlo di un "rath" e aveva visto nei suoi sogni i servi di Echtge delle colline.






E mentre si dileguava su per il pendio, sembrava come se il grido "Io sono bella, io sono bella" venisse di fra le stelle del cielo.






Un vento freddo strisciava tra i giunchi, e Hanrahan cominciò a rabbrividire, e si alzò per andare in qualche casa dove vi fosse una fiamma nel focolare. Ma invece di scendere dalla collina come faceva di solito, salì su una collina, lungo il piccolo solco che forse era una strada e forse il letto arido di un torrente. Era la stessa strada dove era andata Winny, e portava alla piccola capanna dove lei si fermava se mai si fermava in qualche posto. Lui camminò molto lentamente su per la collina come se avesse un gran peso sulle spalle, e finalmente vide una luce un po' verso sinistra, e penso che probabilmente brillava nella casa di Winny, e abbandonò il sentiero per andarci. Ma le nuvole erano arrivate nel cielo, e lui non poteva vedere bene la strada, e dopo che aveva percorso pochi passi gli scivolò il piede e cadde in un canale di drenaggio melmoso e sebbene si tirasse fuori di lì, aggrappandosi alle radici dell'erica, la caduta lo aveva scombussolato, e sentì che avrebbe fatto meglio a sdraiarsi che andare viaggiando. Ma aveva sempre un grande coraggio, e proseguì per la sua strada, passo dopo passo, finché alla fine arrivò alla capanna di Winny, che non aveva finestre, ma la luce filtrava dalla porta. Penso di entrare e riposarsi per un po', ma quando arrivò alla porta non vide Winny; ciò che vide furono quattro vecchie dai capelli grigi che giocavano a carte, ma Winny, lei, non era tra loro.






Hanrahan si sedette su un mucchio di torba vicino alla porta, perché era sfinito, e non aveva voglia di parlare né di giocare a carte, con le ossa e le giunture indolenzite com'erano. Poteva sentire le quattro donne parlare mentre giocavano e gridare la loro mano. E gli pareva che stessero dicendo, come lo strano uomo nel granaio tanto tempo fa:






- Picche e Quadri, Coraggio e Potere. Fiori e Cuori, Conoscenza e Piacere -. E lui andò ripetendosi queste parole più volte e, stesse o no sognando, il dolore che aveva nelle spalle non lo abbandonò mai. E dopo un po' le quattro donne nella capanna cominciarono a litigare, e ognuna diceva all'altra che non aveva giocato in modo onesto, e le loro voci diventarono sempre più forti, e le loro urla e le loro maledizioni, finché tutta l'aria intorno e sopra la casa alla fine fu piena del loro baccano, e Hanrahan, sentendolo tra il sonno e la veglia, disse: - Questo è il suono della lotta tra gli amici di un uomo che è vicino a morire e quelli che gli vogliono male. E mi domando - disse -, chi è l'uomo in questo posto solitario che è vicino alla morte.






Gli parve di aver dormito per lungo tempo, aprì gli occhi, e la faccia che vide su di lui era la vecchia faccia grinzosa di Winny delle Cross-Roads. Lo guardava fisso, come per accertarsi che non era morto, strofinò via il sangue che si era seccato sulla sua faccia con uno straccio, e, poco dopo, in parte lo sorresse in parte lo aiutò a entrare nella capanna, e lo fece distendere su quello che le serviva da letto. Gli diede un paio di patate da una pentola sul fuoco, e, cosa che gli giovò di più, un boccale di acqua di sorgente. Egli dormì un po' a intervalli, e ogni tanto la sentiva cantare tra sé mentre si muoveva nella casa, e così la notte passò. Quando il cielo cominciò a illuminarsi d'alba egli palpò la borsa dov'era la sua piccola scorta di denaro, e gliela diede, e lei prese una moneta di rame e una moneta d'argento, ma le lasciò subito ricadere come se per lei non fossero nulla, forse perché non era il denaro che voleva elemosinare, ma cibo e stracci, o forse perché il sorgere dell'alba la stava riempiendo di orgoglio e di nuova fiducia nella sua grande bellezza. Uscì e tagliò alcune bracciate di erica, le porto dentro e le accatastò sopra Hanrahan, dicendo qualcosa sul freddo della mattina, e mentre faceva questo egli si rese conto delle rughe sulla sua faccia, dei suoi capelli grigi, e dei denti rotti che erano neri e pieni di vuoti. E quando fu ben coperto con l'erica lei uscì e se ne andò in giro per il fianco della montagna, e poté sentire il lamento: - Io sono bella, io sono bella - che diminuiva mentre si allontanava, finché non si estinse del tutto. Hanrahan giacque là per la durata del giorno, con i suoi dolori e con la sua debolezza, e quando caddero le ombre della sera sentì di nuovo la voce di lei che risaliva la collina, e lei entrò e bollì le patate e le divise con lui allo stesso modo di come aveva fatto prima. E passò così un giorno dopo l'altro, e il peso della propria carne gli pesava addosso. Ma a poco a poco, mentre diventava più debole, si accorse che qualcuno più grande di lui stava nella camera insieme a lui, e che la casa cominciava a riempirsi; e gli sembrò che avessero nelle loro mani ogni potere, e che con un solo tocco della mano potevano demolire il muro che l'asprezza del dolore aveva innalzato intorno a lui, e potevano portarlo nel loro mondo. E a volte poteva sentire voci, molto flebili e gioiose, che gridavano dai travi o dalla fiamma del focolare, e altre volte tutta la casa era piena di musica che la attraversava come un vento. Dopo un po' la sua debolezza non lasciò spazio al dolore, e si fece intorno a lui un grande silenzio simile al silenzio nel cuore di un lago, e attraverso il silenzio, simili alla fiamma di uno stoppino, le flebili voci eternamente gioiose.






Una mattina sentì una musica provenire da qualche parte al di là della porta; mentre il giorno passava, si faceva sempre più forte finché sommerse le flebili voci gioiose, e al calare della sera perfino il grido di Winny sul pendio della collina. Intorno a mezzanotte, in un attimo, le pareti parvero dissolversi e lasciare il suo letto galleggiare su una pallida luce nebbiosa che splendeva da ogni parte fin dove l'occhio poteva vedere; e dopo il primo abbagliamento degli occhi vide che era piena di grandi sagome evanescenti che si precipitavano di qua e di là.






Nello stesso tempo la musica gli arrivò chiarissima, e lui capì che era solo l'ininterrotto strepito delle spade.






- Io sono oltre la mia morte - disse lui -, e nel cuore stesso della musica del Cielo. Oh, Cherubini e Serafini, accogliete la mia anima!






Al suo grido la luce che gli era più vicina si riempì di scintille ancora più luminose, e lui vide che queste erano le punte delle spade rivolte verso il suo cuore; e poi una fiamma improvvisa, luminosa e ardente come l'amore di Dio o l'odio di Dio, superò la luce e si spense, e lui fu nell'oscurità. All'inizio non riusciva a vedere niente, perché tutto era buio come se intorno a lui ci fosse la terra nera e paludosa, ma di colpo il fuoco divampò come se gli fosse stata gettata sopra una manciata di paglia. E mentre lo guardava, la luce si mise a brillare sulla grossa pentola che pendeva da un gancio, e sulla lastra di pietra dove Winny usava di tanto in tanto cuocere una focaccia, e sul lungo coltello arrugginito con il quale tagliava le radici dell'erica, e sul lungo bastone di prugnolo che aveva portato in casa lui stesso. E quando vide quelle quattro cose, arrivò alla mente di Hanrahan un ricordo, gli ritornò la forza, si alzò a sedere sul letto, e disse con voce molto forte e chiara:






- Il Calderone, la Pietra, la Spada, la Lancia. Che cosa sono? A chi appartengono? E ho fatto la domanda questa volta.






E poi ricadde, debole, e con il respiro che se ne andava da lui.






Winny Byme, che stava badando al fuoco, si avvicinò tenendo gli occhi fissi sul letto; e le flebili voci ridenti cominciarono a gridare di nuovo, e una pallida luce, grigia come un'onda, venne a insinuarsi nella stanza, e lui non capì da quale segreto mondo provenisse. Vide la faccia avvizzita di Winny e le sue braccia rinsecchite che erano grigie come terra sbriciolata, e debole com'era lui indietreggiò rannicchiandosi contro la parete. E allora uscirono, dagli stracci irrigiditi dal fango, braccia così bianche e così evanescenti come la schiuma di un ruscello, e si misero attorno al suo corpo, e una voce che poteva sentire bene ma che sembrava arrivare da molto lontano, gli disse in un sussurro: - Non andrai più a cercarmi sul seno delle donne.






- Chi sei? - disse allora.






- Io sono una della gente eterna, delle eterne Voci instancabili, che fisso la mia dimora in chi è spezzato e morente, e in chi ha perso il proprio senno; e sono venuta a cercarti, e tu sarai mio finché il mondo intero si sarà consumato come una candela che si è esaurita. E adesso alza gli occhi - lei disse -, perché le fiaccole di paglia per le nostre nozze sono accese.






Lui vide allora che la casa era piena di pallide mani evanescenti e che ogni mano teneva quello che per un verso era simile a una fiaccola di paglia accesa per un matrimonio, e per un altro a un lungo cero bianco dei morti.






Quando spuntò il sole, la mattina dopo, Winny delle Cross-Roads si alzò dal posto dove sedeva vicino al corpo, e cominciò il suo accattonaggio di paese in paese, cantando mentre camminava la medesima canzone: - Io sono bella, io sono bella. Gli uccelli nell'aria, le falene sotto le foglie, le mosche sull'acqua mi guardano. Io sono giovane: guardatemi montagne, guardatemi boschi perituri, perché il mio corpo continuerà a brillare come le acque bianche quando voi sarete spazzati via. Voi e tutta la razza degli uomini, e la razza delle bestie, e la razza dei pesci, e la razza alata, cadrete come una candela che è prossima a estinguersi Ma io rido a voce spiegata, perché sono nella mia giovinezza.






Lei non tornò quella notte o nessun'altra notte alla capanna, e non fu prima della fine di due giorni che i tagliatori di torba che andavano alla palude trovarono il corpo di Hanrahan il Rosso, e radunarono gli uomini per vegliarlo e le donne per piangerlo, e gli diedero una sepoltura degna di un così grande poeta.






















Un Visionario






L'altra sera un giovane mi venne a trovare nella mia abitazione, e iniziò a parlare del formarsi della terra e dei cieli e di molte altre cose. Gli chiesi della sua vita e di ciò che faceva. Aveva scritto molte poesie e dipinto molti disegni mistici dall'ultima volta che ci eravamo incontrati, ma ultimamente non aveva scritto né dipinto, perché si era impegnato di tutto cuore a rendere forte e sereno il suo carattere: la vita emotiva di un artista non gli giovava, temeva.






Comunque recitò le sue poesie senza farsi pregare. Le sapeva tutte a memoria. Alcune non erano mai neppure state scritte. D'improvviso mi sembrò che si scrutasse intorno con una certa inquietudine. - Vedi niente, X...? chiesi. - Una donna luminosa, alata, ricoperta dei suoi lunghi capelli, se ne sta in piedi vicino alla porta - rispose, o parole simili. - E' l'influenza di qualche persona vivente che pensa a noi e i cui pensieri ci appaiono in quella forma simbolica? - chiesi, forte della mia esperienza in fatto di visionari e dei loro modi di esprimersi. - No - replicò ; perché se fossero i pensieri di una persona vivente sentirei la sua viva influenza nel mio corpo vivo: mi batterebbe il cuore e mi verrebbe meno il respiro. E' uno spirito. E' qualcuno che è morto o non è mai vissuto.






Gli chiesi cosa facesse, e scoprii che era impiegato presso un grande negozio. In ogni modo il suo svago consisteva nell'andarsene in giro per le colline a chiacchierare con i contadini mezzi matti e visionari, o a convincere le persone strampalate e tormentate a confidargli i loro guai. Un'altra sera che ero con lui nella sua stessa abitazione, più di uno si presentò per discutere con lui delle sue credenze e delle sue incredulità al fine di vagliarle, per così dire, alla luce sottile della sua mente. A volte, come parla con loro, gli giungono delle visioni, e si vocifera che a diversa gente abbia detto cose vere di fatti del loro passato o di amici lontani, lasciandoli ammutoliti e reverenti di fronte a quel loro strano maestro, che sembra poco più di un ragazzo, e è tanto più acuto del più vecchio tra loro. La poesia che mi recitò era piena della sua natura e delle sue visioni. Ora raccontava di altre vite che egli crede di aver vissuto in altri secoli, ora di persone alle quali ha parlato rivelandole a loro stesse. Gli dissi che avrei scritto un articolo su di lui e sulla sua poesia, e mi venne risposto che avrei potuto farlo se non citavo il suo nome, poiché desiderava restare sempre "sconosciuto, oscuro, impersonale". Il giorno dopo mi arrivò un fascio delle sue poesie, e insieme ad esse una nota con queste parole:






"Ecco le copie dei versi che dicevi ti piacevano. Non credo che potrei mai più scrivere o dipingere. Mi preparo per un ciclo di altre attività in qualche altra vita. Renderò inflessibili i miei rami e le mie radici. Per me non è ancora tempo di mettere fiori e foglie".






Le poesie erano tutti tentativi di afferrare qualche alto, impalpabile stato dell'anima in una rete di immagini oscure. In tutte c'erano bei passi, incastonati tuttavia spesso in pensieri che hanno, a quanto sembra, uno speciale valore per la sua mente, ma per gli altri uomini sono monete di un conio sconosciuto. Altre volte la bellezza del pensiero era offuscata da una scrittura sciatta, come se di colpo gli fosse nato il dubbio che lo scrivere fosse una fatica priva di senso.






Spesso i suoi versi erano illustrati da disegni, nei quali un'imperfetta anatomia non offuscava completamente la bellezza del sentimento. Gli esseri soprannaturali in cui crede gli hanno offerto molti soggetti, tra i quali spicca Thomas di Ercildoune che siede immobile nel crepuscolo mentre una creatura giovane e bella si sporge leggera dall'ombra per sussurrare al suo orecchio. Si era compiaciuto soprattutto degli effetti intensi di colore: spiriti che hanno penne di pavone sulla testa al posto dei capelli; un fantasma che tende la mano da un turbine di fiamma verso una stella; uno spirito che passa con un globo di cristallo iridescente - simbolo dell'anima - mezzo nascosto dentro la mano. Ma sempre sotto questa abbondanza del colore si nascondeva un certo richiamo all'umana simpatia. Essa gli attira tutti quelli che, come lui stesso, desiderano l'illuminazione o piangono una gioia perduta. Uno di questi mi torna in mente in modo particolare. Un inverno o due fa egli passò gran parte della notte a camminare su e giù per la montagna conversando con un vecchio contadino che, muto con la maggior parte degli uomini, scioglieva di fronte a lui ogni reticenza, confidandogli i suoi crucci. Erano infelici entrambi: X... perché aveva deciso proprio allora che l'arte e la poesia non facevano per lui, e il vecchio contadino perché la vita gli sfuggiva senza più speranza di ottenere nulla. Il contadino vaneggiava per il dolore tanto a lungo trattenuto. Un momento esplodeva con: "Dio è padrone dei Cieli; Dio è padrone dei Cieli; eppure vuole il mondo"; un altro momento si lamentava che i suoi vecchi vicini se ne erano andati, e che lo avevano dimenticato tutti:






una volta mettevano sempre in ogni capanna una sedia per lui davanti al fuoco, e ora invece dicevano: "Chi è quel vecchio là?". "La malasorte è su di me", ripeteva e poi continuava a discutere ancora di Dio e del Cielo. Più di una volta disse anche, agitando il braccio verso la montagna: "Lo so solo io quello che è successo sotto il rovo quarant'anni fa"; e mentre lo diceva sulla sua faccia riverberavano le lacrime al lume della luna.






















I Fantasmi del Villaggio






I cartografi antichi scrivevano sulle regioni inesplorate "Hic sunt leones". Sui villaggi dei pescatori e degli zappaterra, così diversi da noi, possiamo scrivere una sola riga che sia degna di fede: "Qui stanno i fantasmi".






I miei fantasmi abitano nel villaggio di H... a Leinster. La storia non è stata in nessun modo gravata da questo villaggio antico, con i suoi sentieri sghembi, il cimitero della sua vecchia abbazia pieno di erba alta, il verde sfondo di abeti bassi, e il molo dove riposano pochi trabaccoli incatramati. Negli annali di entomologia è ben conosciuto. Perché a occidente si stende una piccola baia, dove chi se ne stesse a vegliare una notte dopo l'altra potrebbe avere la ventura di scoprire una certa rara falena svolazzare sull'orlo della marea, proprio al morire della sera e allo spuntare dell'alba. Venne portata qui dall'Italia un centinaio d'anni fa dai contrabbandieri in un carico di sete e merletti. Se il cacciatore di falene volesse buttare via la rete e andasse a caccia di storie di spiriti o di quei figli di Lilith che per noi sono gli esseri fatati, non avrebbe bisogno di tanta pazienza.






Per un uomo pauroso avvicinarsi di notte al villaggio sarà un'impresa strategica. Si sentì uno lamentarsi una volta: "Per la Croce di Gesù!






Dove passerò? Se passo dalla collina di Dunboy il vecchio capitano Burney potrebbe vedermi. Se faccio il giro lungo la marina e poi vado su per la gradinata, c'è quello senza testa, e un altro ce n'è sui moli, e uno nuovo sta sotto il muro del vecchio cimitero. Se invece prendo l'altra strada, la signora Stewart mi appare a Porta collina, e il Diavolo in persona è al vicolo dell'Ospedale".






Non ho mai saputo quale fantasma abbia affrontato, ma di sicuro so che non fu quello del vicolo dell'Ospedale. Ai tempi del colera vi era stata costruita una baracca per accogliere i malati. Quando l'emergenza passò venne demolita, ma da allora il terreno su cui era sistemata rigurgita di spiriti, dèmoni e esseri fatati. C'è un contadino a H..., di nome Paddy B., un uomo di gran vigore, e astemio; sua moglie e sua cognata, pensando a quella sua grande forza, si chiedono spesso cosa farebbe se bevesse. Una notte, mentre andava per il vicolo dell'ospedale, vide qualcosa che all'inizio gli sembrò un coniglio domestico; dopo un po' scoprì che era un gatto bianco. Quando gli passò vicino la creatura cominciò pian piano a gonfiarsi, sempre di più e, come quella cresceva, lui sentiva la sua forza scemare, ritirarsi, quasi gli venisse succhiata via. Girò sui tacchi e scappò di corsa.






Vicino al vicolo dell'Ospedale passa il "Sentiero delle fate". Ogni sera transitano dalla collina al mare, dal mare alla collina.






All'estremità del tragitto che dà sul mare, c'è una casetta. Una notte la signora Arbunathy, che vi abitava, lasciò la porta aperta, perché aspettava suo figlio. Il maritò dormiva vicino al fuoco; un uomo alto entrò e le sedette vicino. Era seduto da un bel po' quando la donna chiese: - In nome di Dio, chi siete? -. Quello allora prese su e uscì, dicendo: - Non lasciate mai la porta aperta a quest'ora, vi potrebbe capitare qualcosa di brutto. -. Lei svegliò il marito e glielo raccontò. - Uno della Buona gente è stato con noi - disse lui.






Probabilmente l'uomo affrontò la signora Stewart a Porta collina. In vita lei era stata la moglie del pastore protestante. "Non si è mai saputo che il suo spirito abbia fatto del male a qualcuno", dice la gente del villaggio; "sta solo scontando la sua penitenza sulla Terra". Non lontano da Porta collina, che lei visitava spesso, apparve per un breve periodo uno spirito molto più straordinario: luogo prescelto il borro, un sentiero erboso all'estremità ovest del villaggio. Lì, dove il borro incontrava il villaggio, vivevano in una casupola un imbianchino, Jim Montgomery, e sua moglie. Avevano diversi figli. Lui, che proveniva da un ceto sociale più alto di quello dei vicini, faceva un po' il damerino. Sua moglie era un donnone; ma lui, che era stato espulso dal coro del villaggio perché beveva, un giorno la bastonò di santa ragione. Quando lo venne a sapere la sorella di lei, accorse, staccò uno degli scuri delle finestre - Montgomery amava l'ordine nelle sue cose e aveva gli scuri all'esterno di ogni finestra - e lo colpì con quello, perché era grande e grossa come sua sorella. Lui minacciò di citarla in tribunale; lei rispose che se ci avesse provato gli avrebbe rotto le ossa. Ma da quel momento non rivolse più la parola alla sorella che si era fatta picchiare da un omarino simile. Jim Montgomery si incattivì sempre di più; già da un pezzo la moglie non aveva abbastanza da mangiare ma, orgogliosa com'era, non voleva dirlo a nessuno. Inoltre spesso, nelle notti fredde, non aveva fuoco. Se per caso entrava un vicino diceva che l'aveva lasciato spegnere perché stava proprio per andare a letto. E spesso la gente sentiva il marito picchiarla, ma lei non lo raccontò mai a nessuno. Si era ridotta pelle e ossa. Alla fine capitò che in casa un sabato non ci fu più niente da mangiare né per lei né per i figli. Allora non ne poté più, andò dal prete e gli chiese un po' di soldi. Questi le diede trenta scellini. Ma il marito la incontrò, le strappò i soldi e la picchiò. Il lunedì successivo cadde gravemente malata e mandò a chiamare una certa signora Kelly. La signora Kelly, non appena la vide, esclamò: - Brava donna, ma voi state morendo! - e mandò a chiamare il prete e il dottore. Morì nell'arco di un'ora.






Dopo la sua morte, dato che Montgomery non si occupava dei figli, il padrone di casa li fece portare all'ospizio. Erano passate alcune notti da quando se ne erano andati quando alla signora Kelly che tornava a casa per il borro, apparve il fantasma della signora Montgomery, che la seguì. Non la lasciò finché non fu arrivata a casa sua. La donna raccontò il fatto al prete, padre S., un noto studioso di antichità, ma non riuscì a farsi credere. Qualche notte più tardi la signora Kelly incontrò il fantasma di nuovo nello stesso posto. Era troppo spaventata per farsi tutto il tragitto fino in fondo, si fermò a metà strada per bussare alla casa di un vicino, chiedendo che la facessero entrare. Le risposero che stavano andando a letto. Allora gridò - Nel nome di Dio fatemi entrare o forzo la porta! -.






Aprirono, e così poté sfuggire al fantasma. L'indomani raccontò di nuovo la cosa al prete. Questa volta le credette, e disse che il fantasma l'avrebbe seguita finché non gli avesse rivolto la parola.






Incontrò il fantasma una terza volta nel borro. Gli chiese che cosa gli impediva di aver pace. Lo spirito rispose che i suoi figli dovevano essere tolti dall'ospizio, perché nessuno dei suoi parenti c'era mai stato prima, e che si dovevano dire tre messe per il riposo della sua anima. - Se mio marito non ci crede - disse -, mostrategli questo -; e toccò con tre dita il polso della signora Kelly. I punti che aveva toccato diventarono gonfi e neri. Quindi sparì. Per un po' Montgomery non volle credere che sua moglie era apparsa. "Non si sarebbe mica mostrata alla signora Kelly", diceva; "avrebbe scelto persone rispettabili, alle quali apparire, lei". Si convinse con i tre segni e i bambini vennero tolti dall'ospizio. Il prete disse le messe e l'ombra deve aver trovato pace, perché da quella volta non è più apparsa. In seguito, dopo qualche tempo, Jim Montgomery morì all'ospizio, ridotto in gran miseria per il bere.






Conosco alcuni che credono di aver visto lo spirito senza testa sul molo, e uno che, quando di notte passa lungo il muro del vecchio cimitero, vede una donna con una cuffia dai bordi bianchi sgattaiolare fuori e seguirlo. L'apparizione lo lascia soltanto davanti alla porta di casa. La gente del villaggio immagina che lo segua per vendicare qualche torto. "Ti perseguiterò quando sarò morto", è la minaccia preferita. Sua moglie una volta per poco non morì dallo spavento per quello che considera un dèmone sotto forma di cane.






Questi sono alcuni degli spiriti all'aperto; i più domestici della loro tribù si riuniscono all'interno, fitti come le rondini sotto le grondaie volte a sud. Una notte una certa signora Nolan stava vegliando il proprio bambino morente in vicolo Fluddy. All'improvviso si sentì bussare alla porta. Lei non aprì, temendo che a bussare fosse qualcosa di non umano. Il bussare cessò. Poco dopo la porta d'ingresso e quella di dietro si spalancarono per richiudersi di colpo. Il marito corse a vedere cosa non andava. Trovò tutti e due gli usci sprangati.






Il bambino morì. Le porte si aprirono e si chiusero di nuovo come prima. Allora la signora Nolan si ricordò che aveva dimenticato di lasciare aperta, com'è d'abitudine, una porta o una finestra, per la dipartita dell'anima. Questi strani aprirsi e chiudersi e bussare erano avvertimenti e segnali degli spiriti che assistono il morente.






Il fantasma di casa è in genere una creatura innocua e benintenzionata. Lo si sopporta il più a lungo possibile. Porta fortuna a quelli che ci vivono insieme. Ricordo due bambine che dormivano con la madre, le sorelle e i fratelli in una stanzetta.






Nella camera c'era anche un fantasma. Vendevano aringhe per le strade di Dublino, e non facevano molto caso al fantasma, perché sapevano che avrebbero sempre venduto facilmente il loro pesce finché avessero dormito nella stanza "infestata".






Conosco qualcuno tra la gente dei villaggi dell'ovest che vede i fantasmi. I racconti del Connacht sono molto diversi da quelli di Leinster. Questi spiriti di H.. hanno nel loro modo di fare qualcosa di cupo e insieme di prosaico. Appaiono per annunciare una morte, per soddisfare qualche impegno, per riparare un torto, perfino per pagare i conti in sospeso - come ha fatto l'altro giorno la figlia di un pescatore - e poi si affrettano a ritirarsi nella quiete. Fanno tutto con ordine e discrezione. Sono i dèmoni e non i fantasmi a trasformarsi in gatti bianchi o cani neri. Quella che racconta le storie è povera gente, pescatori seri e posati che scoprono nelle imprese dei fantasmi il fascino della paura. C'è nelle storie dell'Ovest una grazia bizzarra, una curiosa stravaganza. La gente che le racconta vive nel più bello e selvaggio degli scenari, sotto un cielo continuamente carico di nuvole in fuga, fantastico. Sono agricoltori e operai che di ogni tanto vanno a pesca. Non temono gli spiriti fino al punto di non divertirsi alle loro imprese come per qualcosa di artistico e di spiritoso. I fantasmi stessi prendono parte alla loro ilarità. In una città occidentale, sul cui pontile deserto cresce l'erba, questi spiriti hanno tanta di quella carica, mi è stato detto, che quando un miscredente si avventurò a dormire in una casa frequentata da loro, lo scaraventarono giù dalla finestra, lui e il suo letto dietro. Nei villaggi del circondario adottano strani camuffamenti. Un vecchio gentiluomo defunto ruba i cavoli del proprio giardino sotto le vesti di un grosso coniglio. Un malvagio capitano di mare è rimasto nascosto per anni nell'intonaco di un muro di casa, sotto forma di beccaccino, facendo i rumori più orribili. Venne sloggiato solo quando fu abbattuto il muro; allora, una volta fuori dal solido intonaco, il beccaccino scappò via fischiando.






















Una Rimostranza contro gli scozzesi. Per avere inasprito l'indole dei loro Fantasmi e dei loro esseri soprannaturali.






Non solo in Irlanda si conserva la credenza negli esseri soprannaturali. Solo l'altro giorno ho sentito dire di un agricoltore scozzese che credeva che il lago di fronte a casa sua fosse frequentato da un cavallo d'acqua. Ne era intimorito, e fece scandagliare il lago con le reti, e poi provò a prosciugarlo con la pompa. Sarebbe stato un bel guaio per il cavallo d'acqua se l'avesse trovato. Un contadino irlandese sarebbe venuto da un bel pezzo a patti con la creatura. Perché in Irlanda c'è come una timida, affezionata intesa tra gli uomini e gli spiriti. Si trattano male solo se c'è una buona ragione per farlo; ognuno riconosce che l'altro possa avere dei sentimenti. Ci sono dei limiti oltre i quali nessuno dei due andrà.






Nessun contadino irlandese tratterebbe un essere fatato catturato come fece quell'uomo di cui racconta Campbell. Costui catturò una "kelpie" (spirito d'acqua) e l'assicurò dietro di sé sul suo cavallo. Lei era selvatica, e per tenerla buona lui le aveva infilato nella carne una lesina e un ago. Arrivarono a un fiume, e lei si fece estremamente inquieta, perché aveva paura ad attraversare l'acqua. Di nuovo la trafisse con ago e lesina. Lei gridò: "Forami pure con la lesina, ma tieni lontano da me quello schiavo sottile come un capello" (l'ago).






Arrivarono ad una locanda. Lui le puntò una lanterna addosso, per vederla dissolversi all'istante "come una stella cadente", e trasformarsi in un blocco di gelatina. Era morta. Né tratterebbero i folletti come viene trattato uno di loro in un antico poema degli altipiani. Un folletto amava una bambina che era solita tagliare la torba sul fianco di una collina fatata. Ogni giorno il folletto metteva fuori la mano dalla collina porgendo un coltello magico. La bambina tagliava la torba con quel coltello. Non impiegava tanto tempo, con quel coltello fatato. I suoi fratelli si chiedevano come mai facesse così presto. Alla fine decisero di stare a spiarla per scoprire chi la aiutava. Videro la manina uscire fuori dalla terra e la bambinetta che le prendeva il coltello. Quando la torba fu tutta tagliata, la videro bussare tre volte per terra con il manico. La manina venne fuori dalla terra. Preso il coltello alla bambina, essi tagliarono la mano con un solo colpo. Il folletto non fu visto mai più. Trascinò la mano sanguinante sottoterra, credendo, dice la storia, di aver perso la mano perché la bambina l'aveva tradito.






In Scozia voi siete troppo teologi, troppo tetri. Avete fatto diventare religioso perfino il Diavolo. "Dove abitate, buona maga, e com'è il ministro del culto?", disse lui alla strega quando la incontrò sulla strada maestra, come risultò dalle prove del processo.






Voi avete bruciato tutte le streghe. Noi in Irlanda le abbiamo lasciate stare. In verità, la "minoranza leale" cavò un occhio a una centrandolo con un torso di cavolo il 31 di marzo del 1711, nella città di Carrickfergus. Ma la "minoranza leale" è mezzo scozzese. Voi avete scoperto che gli esseri fatati sono pagani e malvagi. Vi sarebbe piaciuto portarli tutti davanti al giudice. In Irlanda dei mortali bellicosi sono andati in mezzo a loro, per aiutarli nelle loro battaglie, ed essi a loro volta hanno insegnato agli uomini i rimedi delle erbe, e a qualcuno hanno anche concesso il privilegio di ascoltare i loro canti. Carolan dormì su un terrapieno di esseri fatati. Dopo, le loro melodie gli affluivano alla mente, e lo fecero diventare quel grande musico che fu. In Scozia voi li avete denunciati dal pulpito. In Irlanda i preti hanno concesso di consultarli sullo stato dell'anima. Infelicemente i preti hanno stabilito poi che non la possiedono, e che si estingueranno come tanti vapori lucenti l'ultimo giorno: ma con più tristezza che astio. La religione cattolica ama mantenere buoni rapporti con i suoi vicini.






Questi due diversi modi di guardare alle cose hanno influenzato in ogni paese l'intero mondo dei folletti e dei coboldi. Per vedere le loro imprese gaie e garbate dovete andare in Irlanda; per i loro terrorizzanti misfatti in Scozia. I timori di noi irlandesi per gli esseri fatati hanno un non so che di artefatto. Quando un contadino si trova per caso all'interno di un tugurio incantato, e viene messo a girare un cadavere allo spiedo sul fuoco per tutta la notte, non ci sentiamo ansiosi; noi lo sappiamo che si sveglierà nel mezzo di un campo verde, con la rugiada sul suo vecchio cappotto. In Scozia è completamente diverso. Voi avete inacidito l'ottimo temperamento naturale di fantasmi e coboldi. Il suonatore di cornamusa M'Crimmon delle Ebridi mise sulle spalle la sua piva e marciò fin dentro una caverna marina, suonando a tutto spiano, seguito dal suo cane. A lungo la gente poté udire la cornamusa. Doveva essere avanzato per circa un miglio, quando sentirono un rumore di lotta. Allora lo zufolare cessò improvvisamente. Passò qualche tempo, ed ecco venne fuori il cane ridotto a uno straccio, troppo debole perfino per ululare. Nient'altro uscì mai dalla caverna. Infine c'è la storia dell'uomo che si tuffò dentro un lago dove si credeva ci fosse un tesoro. Vide un grande forziere di ferro e accovacciato vicino al forziere stava un mostro, che lo ammonì di tornare da dove era venuto. Risalì alla superficie, ma i presenti, quando sentirono che aveva visto il tesoro, lo convinsero a rituffarsi. Lui lo fece. Un attimo dopo il suo cuore e il suo fegato vennero a galla, tingendo l'acqua di vermiglio. Nessun uomo vide mai più il resto del suo corpo.






Questi folletti e questi mostri acquatici sono comuni nel folclore scozzese. Li abbiamo anche noi ma li consideriamo in un modo molto meno terrorizzante. Una buca nel fiume di Sligo è infestata da uno di questi mostri. Molti credono ardentemente in lui, ma questo non impedisce che tutti quelli dei dintorni scherzino con l'argomento, circondandolo di una deliberata fantasticheria. Un giorno, quando ero un ragazzino, pescavo i gronghi nella buca del mostro. Tornando a casa, con una grossa anguilla sulla spalla, la testa penzoloni sul davanti, la coda che scopava il terreno alle mie spalle, incontrai un pescatore di mia conoscenza. Incominciai a raccontargli la storia di un grongo immenso, tre volte più grosso di quello che trasportavo, che aveva rotto la mia lenza e era scappato. "Quello era lui", disse il pescatore. "Ti ho mai detto come ha fatto emigrare mio fratello? Mio fratello, come sai, era un palombaro che ripuliva i massi per la Murata del Porto. Un giorno viene su da lui la bestia e gli dice:






"Cosa cerchi mai?", "Pietre, signore", fa lui. "Non credi che sarebbe meglio per te se te ne andassi?". "Sissignore", dice lui. Ed ecco perché mio fratello è emigrato".

F I N E



                                                                          

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