domenica 27 maggio 2012

A S P E T T I del S A C R O

<§*§> S C I A M A N E S I M O  S I B E R I A N O - L'ISOLA SACRA DI OLCHON (oppure OLKHON) NEL Lago Bajkal {.. http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_Bajkal ..}<§*§>


Esperienze di Fede:
ANALISI sull'apparizione della Madre Divina= http://spiritualmenteuno.blogspot.it/2012/05/esperienze-di-fede-interrogativi-ed.html

 

 

“Il bisogno di Sacro è una categoria della mente” (Rudolf Otto)

Nell’arco dei secoli si è cercato di dare una giusta connotazione al sacro identificandolo spesso e in maniera erronea con la religione. Malgrado i numerosi studi di antropologia, di filosofia e di storia delle religioni la sua definizione è ancora oggi sfuggente. In questa rubrica cercheremo attraverso articoli e riflessioni di dare un senso a quello che alcune popolazioni identificano come ‘sacro’ così come esso si manifesta nelle varie esperienze spirituali siano esse religiose e non. È interessante ricordare che è chiamato ‘sacro’ quell’osso posto al termine colonna vertebrale, una di quelle frazioni terminali che gli antichi greci sacrificavano agli dei, dopo averle asportate dalla vittima per la presunta presenza di energia spirituale. Alcune teorie intravedono nel ‘sacro’ un’esigenza creata dall’uomo per rispondere all’ignoto percepito come superiore a sé, che l’uomo stesso ha collocato in una regione ‘altra’, definita ‘sacralità’.

Partendo dall’animismo attraversando le religioni monoteiste, le dottrine orientali per poi approdare ai nuovi movimenti religiosi o pseudoreligiosi offriremo al lettore una varietà di argomenti volti alla conoscenza di quel ‘sacro’ che tutti sappiamo esistere ma spesso non sappiamo dove cercare.

L'animismo tra i Dayak del Borneo Gennaio 2012

di  Tiziana Ciavardini


Riflessioni sul SacroLe popolazioni autoctone dell'isola del Borneo si chiamano Dayak e la loro visione del mondo è espressa attraverso riti e cerimonie che servono al sostentamento ed alla promozione della vita. Sulla premessa che, nell’essere fisico la buona salute e la materiale prosperità hanno qualcosa a che fare con la sostanza spirituale e nel mantenere l’appropriata relazione tra quello che è umano e quello che è spirituale, molte cerimonie chiamiamole ‘religiose’ sono rivolte in questa direzione.



Non esiste purtroppo, una ricerca etno-storico-religiosa che investa tutto il complesso mondo sovrannaturale dei Dayak e che esamini le forme specifiche nelle quali presso queste popolazioni, prendono corpo i grandi temi mitologici e cultuali comuni a tutte le popolazioni dell’Indonesia. Sebbene vi siano continue conversioni alla religione cattolica i Dayak non hanno abbandonato le loro pratiche animistiche. Ancora oggi come un tempo si onorano e si temono gli spiriti poiché essi hanno un ruolo primario nella vita della comunità.

Ogni azione quotidiana è soggetta ad una serie di prescrizioni volte a compiacere e a non inimicarsi gli spiriti. I Dayak credono che i fiumi, le montagne, gli alberi siano abitati da spiriti benevoli e malevoli a seconda della circostanza. Proprio questa credenza di considerare la natura animata da esseri spirituali è quella che il noto scozzese E. B. Tylor (1867), etnologo e fondatore della scienza storico-religiosa chiamò animismo.

In questa credenza Tylor individuava la prima forma della religione, che si sarebbe sviluppata in seguito in organismi sempre più complessi. Alla base dell’animismo sarebbero le fisiologiche esperienze oniriche, da cui l’uomo ‘primitivo’ trarrebbe l’idea di anima, attribuita anche a oggetti inorganici e inanimati, poiché riconosciuti capaci di agire.

Le esperienze del sonno, degli stati psicopatologici e della morte avrebbero fornito la nozione essenziale di anima. Sogno, allucinazioni, ecc., danno la sensazione che uno spirito-anima abbandoni il corpo in cui alberga, per vagare in regioni ignote, incontrarsi con altri spiriti e vivere, insomma, una vita diversa da quella normale: una vita superumana, e perciò contrassegnata dalla sacralità. La conferma, poi, dell'esistenza dello spirito-anima verrebbe dalla morte, quando cioè il corpo, abbandonato per sempre dal proprio spirito-anima, resta “inanimato”.

Ulteriori ricerche etnologiche hanno dimostrato che l’animismo non può essere veramente universale e che l’insieme dei fenomeni considerati da Tylor non esaurisce mai la totalità dell’orizzonte sacrale di una qualsiasi comunità primitiva. Il termine però, ancora è largamente usato per indicare la ‘religione dell’inaspettato’, o ‘dell’insospettato’, di quello, cioè, che proviene da agenti specificati, sia pure dotati di scarsissima personalità ed esercitanti un’attività assolutamente sporadica.

Questa carenza di personalità impedisce di annoverare gli spiriti dell’animismo tra le divinità, ma li inserisce piuttosto tra gli esseri predeistici (antenati, antenati totemici). La dimensione del ‘sacro’ ad esempio presso i Dayak, si realizza in personaggi mitici che corrispondono molto limitatamente all’ideologia occidentale monoteistica.

Tutti i gruppi riconoscono una divinità principale della creazione che è formata da due parti a volte nominate separatamente o due distinte divinità. Di fondamentale importanza è il principio di dualismo che struttura la concezione nativa del cosmo. Essa coinvolge l’unione dei due aspetti della divinità o delle due deità che rappresentano da una parte il mondo superiore, quello al di sopra del mondo umano, e dall'altra le acque primordiali terrestri identificate con il mondo sotterraneo.

La rappresentazione di questa dualità si raggiunge anche attraverso l’associazione simbolica del mondo superiore con il mondo degli uccelli generalmente con l’hornbill (buceros rhinoceros) o il falco e il mondo inferiore con il serpente o il mitico dragone. Questa concezione dualista del cosmo è anche espressa nell’associazione del cielo con la forza vitale maschile, dunque la caccia alle teste e quello della terra con la forza vitale femminile, l’agricoltura

Entrambi i riti del taglio della testa e le cerimonie agricole sono parte centrale di una religione che mira ad acquisire ed aumentare la fertilità o meglio quello che alcuni studiosi hanno chiamato la ‘forza vitale’. Non ne consegue però che la divinità creatrice sia onnipotente e giochi il ruolo centrale nella vita religiosa, infatti, la sua posizione può variare tra i diversi gruppi Dayak.

La divinità creatrice, per gli Iban (il più grande gruppo chiamato anche Dayak del Mare per la loro vicinanza alla costa) è chiamata Raja Intala, ma esiste anche un pantheon di divinità che ha un’estrema importanza nella vita quotidiana di questo gruppo. L'antenato delle tribù è Singalang Burong, dio della guerra, che si manifesta come falcone bianco e bruno, egli visse sulla terra come uomo, in suo onore si celebra la caccia alle teste.

Un’origine umana ha anche il dio della terra Pulang Gana, signore della raccolta del riso cui si dedica la festa delle semine ricordando inoltre che per i Dayak il riso anch’esso è considerato possedere uno spirito. Il formatore materiale degli uomini è Selampadai cui Petara poi darà l'anima. I Dayak riconoscono inoltre altri spiriti ancestrali le cui gesta sono generalmente raccontate in epopee e leggende.

 La tradizione orale dei Dayak, che include i miti della creazione, si riferisce ad un piano spirituale dell’esistenza il quale è intimamente correlato col mondo degli esseri umani, ma separato da esso. Questo regno spirituale collega gli esseri umani alle loro origini e all’inizio di tutti i tempi. Nonostante gli esseri sovrannaturali sono ora separati dagli esseri umani, ci fu un tempo in cui essi vivevano insieme.

I Dayak identificano certe zone geografiche in cui credono vi siano residenti gli spiriti sia essa una particolare cima di una montagna o un fiume speciale associato alla terra dei defunti. Il gruppo Iban e il gruppo Maloh, narra il noto antropologo britannico V. King, venerano il fiume Mandai e il Butik Tilung nell’area del Kapuas, che è il luogo del loro aldilà, mentre il gruppo Kadazan rispetta il Monte Kinabalu nel Sabah come luogo sacro.

Possiamo affermare dunque in conclusione che quasi tutti i miti Dayak di origine cosmica e di fondazione culturale ripetono, in forme locali, una tematica che è riscontrabile in quasi tutte le culture indonesiane.


Quando il sacro è nel tessuto Febbraio 2012

ikat ibanEsistono in Indonesia popolazioni quali gli Iban che ancora oggi sono molto conosciuti per la creazione di tessuti lavorati a mano, utilizzati durante i rituali e in ogni pratica religiosa. Le popolazioni Iban credono che nel profondo delle trame di queste stoffe vi sia un potere spirituale in grado di attirare la benevolenza degli spiriti. Questi tessuti sono chiamati comunemente Ikat o anche ‘pua kumbu’.

La parola “ikat” è in sé un procedimento per la tintura dei filati e ci sono varie diatribe sul significato di questo termine: alcuni sostengono significhi “nuvola”, altri che significhi legare insieme. Pablo Picasso, fra i piú illustri conoscitori di quest'arte, la definí “una tecnica appassionante, trascendentale e di notevole importanza”.

L'ikat tecnicamente è una “tintura a riserva”, cioè un tipo di tintura dove parti dei filati vengono protette tramite una stretta legatura per non essere tinte, mentre le parti non legate si colorano. Con la parola ikat peró non si intende solo la tecnica, della tessitura ma anche i tessuti stessi fatti a mano, colorati con la stessa tecnica. L’ikat si distingue facilmente dalle imitazioni stampate, per la tipica compenetrazione e fusione dei colori nei punti di inizio e fine dei disegni.

Questo tipo di tessitura veniva generalmente riservata alle donne, mentre agli uomini veniva permesso di occuparsi della tintura di alcuni fili. Le fasi di tintura richiedevano la massima segretezza e spesso la zona dedicata a queste operazioni era all’interno delle longhouses (le case lunghe) ed era protetta da pareti divisorie. Gli intrusi venivano cacciati pubblicamente e per punizione costretti ad assaggiare il colore.

I fili dovevano venir montati sul telaio solo in un giorno propizio, altrimenti si sarebbero spezzati e in alcuni villaggi costieri erano necessarie la luna piena e l'alta marea. Se nel villaggio si verificava un caso di morte, le operazioni di tessitura venivano interrotte immediatamente, per evitare che lo spirito del defunto si vendicasse portando malattie ai tessitori e indebolendo i fili. I tessuti erano e sono tutt’ora considerati ‘sacri’.

Il prodotto finito veniva consacrato, e forse proprio per questo si riteneva che certi tessuti avessero poteri in grado di proteggere il tessitore e che la loro presenza fosse necessaria per l'esecuzione di magie e rituali nelle pratiche concernenti il ciclo vitale. Durante la caccia alle teste nei secoli scorsi, le donne accoglievano i guerrieri al ritorno da un combattimento, avvolgendo la testa tagliata del nemico in un ikat preparato appositamente per l’evento, il cui colore predominante era ed é sempre il rosso scuro.

Gli ikat rivestivano e tuttoggi rivestono un ruolo importante all’interno della società basti pensare al massimo status sociale della quale viene investita la tessitrice più competente. Ad oggi ci sono pochissimi studi pubblicati su questa arte, se ne possono trovare alcuni riguardanti la tecnica, i colori, i disegni, ma quasi nessuno che abbia mai trattato del vero significato e soprattutto dell’interpretazione dei simboli rappresentati.

Gli ikat vengono utilizzati per la maggior parte dei rituali nella vita di ogni persona, dalla nascita alla morte e spesso vengono chiamati “sogni tessuti” poiché rappresentano la trasposizione dei sogni delle donne Iban. In generale, l’esperienza onirica e i sogni sono un importante mezzo di contatto con il mondo sovrannaturale, infatti c’è una comune credenza tra queste popolazioni secondo la quale l’anima umana può entrare o lasciare il corpo generalmente attraverso la fontanella del cranio.

È specialmente durante i sogni che l’anima dell’individuo abbandona il corpo e prova ogni genere di avventura e contatto con gli spiriti. Questa è la ragione per cui i sogni e la loro interpretazione sono ritenuti importanti nella vita quotidiana, anche per far sì che gli individui possano valutare se le loro imprese avranno successo o meno. I sogni sono anche un importante meccanismo d’innovazione religiosa e di cambiamento, poiché le esperienze oniriche possono produrre idee e pratiche completamente nuove.

I sogni sono parte integrante della pratica della tessitura ikat. Se durante il sonno, un’anima si allontana troppo o si perde, essa provoca una malattia perché il corpo è privato della sua essenza spirituale. Se l’anima non può essere recuperata la morte sarà inevitabile. Da madre a figlia tramandare l’arte dell’ikat é stato sempre un strumento per comunicare la propria identità.

Tramandare questa arte non implica solo la conoscenza della tecnica di filatura, ma vuol dire soprattutto tramandare il significato (i motifs) dei simboli e dei disegni in essi rappresentati. Dalla fine degli anni ottanta però la tecnica ikat ha perso terreno, gli ikat originali sono diventati difficili da trovare e i pochissimi e rarissimi esemplari vengono tenuti gelosamente quale eredità lasciata dai vecchi capi villaggio.

La situazione attuale purtroppo fa notare che le nuove generazioni e specialmente le giovani donne Iban non sembrano mostrare particolare interesse al significato e alla pratica di questa cultura materiale che sta via via scomparendo.

 Lo sciamano che è in noi Marzo 2012

 

Lo sciamano che è in noiLo sciamanismo o sciamanesimo è il metodo più antico di utilizzare uno stato alterato di coscienza per ottenere la guarigione e trovare soluzione ai problemi, potremmo definirlo quale diretta via di accesso tra l’uomo e il sacro. Il culto dello sciamanismo sopravvive ancora oggi in alcune parti dell'America, dell'Africa, del Nord Europa, della Siberia e del sud est asiatico che sono state meno influenzate dalla civiltà moderna.

Lo sciamano è la figura centrale del culto, l’origine della parola deriva dallo tsunguso di origine manciù e significa “colui che sa”. Questa figura si confonde col mago, lo stregone o il medicine-man. Pur essendo un guaritore ha tuttavia una funzione particolare nella società in cui vive: dotato di facoltà extrasensoriali e taumaturgiche, è una sorta di profeta-sacerdote, capace di entrare in contatto con l’aldilà, con gli antenati e con gli spiriti della natura.

Egli è essenzialmente una persona (uomo o donna) che padroneggia la tecnica dell'estasi. Lo sciamano è l'unico in grado di recarsi nell'aldilà, cioè nel mondo degli spiriti, per combatterli e ottenere dei benefici per i singoli o per la comunità. Le tecniche per far questo sono essenzialmente il sonno estatico e la trasformazione in animale del proprio spirito. Negli ultimi anni la parola sciamano é stata utilizzata in contesti molto disparati, facendo confondere il significato di questa parola con quello di "stregone". In realtà l'iconografia dello stregone ha causato secoli di confusione, suggerendo all'osservatore occidentale una visione distorta di una figura determinante all'interno della struttura sociale delle comunità indigene.

La parola "stregone" richiama alla mente un'immagine a volte grottesca, che possiede ben poche connessioni con la realtà dei fatti. Ciò è dovuto all'abitudine tipica dell'uomo occidentale di collegare ogni realtà a lui insolita con un mondo fantastico, privo di concreti legami con la storia. L'idea occidentale di "stregone" corrisponde solo in parte dunque alla figura più concreta dello sciamano: un personaggio carismatico e importantissimo, intorno al quale si sviluppa l'universo magico e spirituale di intere comunità.

Lo sciamano é una figura molto complessa si distingue dal resto della comunità per l’intensità dell’esperienza religiosa che culmina nell’estasi; questo fa sì che lo sciamano possa essere collocato nella categoria dei mistici anziché nell’ambito di ciò che, abitualmente, si designa come "religione". Gli sciamani hanno anche il compito di preservare la memoria dei loro popoli e di tramandarli attraverso canzoni, racconti, rappresentazioni drammatiche rituali.

 Sono il canale di comunicazione fra i membri della comunità e gli dei, i morti, gli spiriti e il resto del mondo appartenente alla mitologia. Allo sciamano sono anche attribuiti poteri magici e è considerato capace di controllare le forze della natura, di fermare le tempeste di neve o l'attacco di pericolosi animali selvaggi. In particolare lo sciamano attraverso stati alterati di coscienza, è in grado di “viaggiare” accedendo a “realtà non ordinarie” e di entrare in contatto con gli spiriti.

Gli sciamani non viaggiano da soli, ma sono in genere accompagnati da un certo numero di "spiriti aiutanti". Durante il viaggio lo sciamano o cade in catalessi e appare svenuto o, al contrario racconta al pubblico presente le sue visioni e le mille insidie della sua avventura nel mondo degli spiriti. Alcuni elementi particolari quali: determinati indumenti, l’uso d’amuleti che rappresentano parti del corpo degli animali, i sonagli metallici e il tamburo vengono utilizzati durante la sua performance.

Per provocare lo stato di trance lo sciamano canta, danza, declama invocazioni e suona il tamburo emettendo una musica fortemente ritmata che facilita il raggiungimento della trance stessa, finché la sua anima non si distacca dal corpo. Una delle caratteristiche più interessanti dello sciamano é proprio il suo rapporto con la musica.

Il tamburo dello sciamano é considerato sacro, é dipinto con molti simboli magici e cosmologici. Le fasi caratteristiche del "viaggio" sono oltre alla trance, la metamorfosi, in cui lo sciamano si trasforma (durante il viaggio, quindi in sogno) nell'animale che lo protegge e da cui deriva il proprio potere; il combattimento che compie durante il viaggio contro gli spiriti ed altri sciamani e infine il ritorno cioè lo sciamano "rientra" dal "viaggio" con la soluzione al problema.

Lo sciamano ha il divieto di ricevere compensi in denaro (pena la perdita del potere sciamanico). Egli è un "eletto" in quanto, uscendo dall’ordinarietà della vita, ha libero accesso a zone del sacro impenetrabili e, proprio per questo, esprime, attraverso l’esperienza estatica, un’ideologia che non sempre è in sintonia con la religione "ufficiale". Il reclutamento degli eletti può avvenire attraverso più canali: trasmissione ereditaria, chiamata, designazione da parte del clan, decisione personale, ecc. 

La "chiamata" avviene nel sogno, attraverso una rivelazione, nell’esperienza estatica, in una qualunque condizione che può definirsi estrema o nel corso di una grave malattia che, se accolta, segnala una vera e propria iniziazione. Lo sciamanismo o sciamanesimo sta attualmente vivendo una rinascita nel mondo contemporaneo, infatti nella ricerca delle radici perdute, di nuove vie alla guarigione e di un senso più profondo della vita, sempre più persone si rivolgono all'antica conoscenza degli sciamani.

Molti trovano nel legame primordiale con la natura e nella tradizionale visione dello sciamano una via d'uscita alla corsa insensata al successo e alla ricchezza, e soprattutto all'isolamento creato da una società materialistica e tecnologica; coloro che praticano oggigiorno queste tradizioni contribuiscono a mantenerle vive nel mondo moderno.

Recentemente accanto alla persistenza dello sciamanesimo tradizionale, si assiste in Occidente allo sviluppo di un nuovo fenomeno chiamato il "neosciamanesimo" ad opera di antropologi americani che si propongono di sradicare i sistemi iniziatici e le tecniche di guarigione dei popoli indigeni per trasporle nella realtà urbanizzata delle metropoli: una sorta di imitazione del sistema di apprendimento sciamanico all'interno dello stile di vita moderno.

L’antropologo americano Michael Harner tra i maggiori studiosi della materia, con le sue ricerche e il suo insegnamento ha reso nuovamente attuale questo antico sistema di pratiche ed ha riproposto la pratica del viaggio sciamanico in Occidente, rendendolo accessibile alla mentalità e alle esigenze dell'uomo contemporaneo. Anche il movimento ‘New Age’ ha tentato una globalizzazione e una commercializzazione indiscriminata della cultura sciamanica.

In realtà la New Age è un fiorente mercato diffuso negli Stati Uniti e in buona parte in Nord Europa, con case editrici specializzate, riviste proprie, centri residenziali e in alcuni casi veri e propri insediamenti comunitari, la cui caratteristica fondamentale è quella di offrire delle proposte per un uso particolare del tempo libero, connesso in qualche maniera con il benessere fisico e l’evoluzione spirituale dei fruitori.

Lo sciamanesimo sta tornando in vita anche attraverso l’utilizzo della medicina dolce, adoperando le potenzialità delle erbe al posto delle medicine chimiche, permettendo così alle persone di tornare alla natura. Malgrado queste nuove forme di sciamanismo si siano adattate ai bisogni esistenziali dell’uomo non bisogna dimenticare che la funzione primaria dello sciamanismo è la ricerca di un contatto tra l'uomo e il mondo invisibile.

Dentro di noi ci sono paesaggi di una ricchezza insospettabile, ma non ne siamo consapevoli, oppure, anche se lo sappiamo, ne abbiamo timore, abbiamo paura di scoprire quello che tale esplorazione potrebbe rivelarci. Paradossalmente ci sentiamo molto più sicuri a visitare i luoghi più impervi della terra, piuttosto che la nostra interiorità ed è per questo che spesso, ci rinunciamo.

Dobbiamo aver coraggio, avventurarci in noi stessi e scoprire lo sciamano che è in noi perché è nel nostro mondo interiore che risiede la nostra vera natura e con essa la nostra possibilità di essere felici. Se non andremo a conoscerlo, vivremo solo a metà.


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Tiziana CiavardiniTiziana Ciavardini vive in Iran è una antropologa culturale ed ha trascorso gli ultimi vent’anni in Sud Est Asiatico in Estremo e Medio Oriente. Laureata presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, dal 2002 è ricercatrice presso il Dipartimento di Antropologia dell’Università Cinese di Hong Kong (CUHK). È Presidente dell’Associazione (non profit) Ancis Anthropology Forum, Centro Internazionale di Studi, con sede a Roma. Tra le varie indagini etnografiche ha intrapreso una inedita ricerca pubblicata in saggi accademici, della durata di otto anni inerente lo studio delle popolazioni Dayak del Borneo, con particolare riferimento al gruppo Kantù del Kalimantan Occidentale. Si è interessata a tematiche relative le credenze religiose, i rituali funerari, le feste tradizionali, le danze, la musica, la cultura materiale, lo sciamanismo e le cerimonie agricole. Ha collaborato con il centro ‘Dialogue Among Civilizations’ (dialogo tra le civiltà) promosso dell’ex presidente iraniano M. Khathami; ha organizzato convegni presso il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati di Roma con incontri dedicati al pluralismo religioso. Attualmente scrive per il quotidiano Italiasera. Ha partecipato a molteplici congressi nazionali ed internazionali sul dialogo interreligioso e interculturale; è autrice di articoli divulgativi volti alla conoscenza delle culture e delle religioni.


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<§*§> LUCE INFINITA DELL'AMORE, DELLA COMPASSIONE, DELLA VERITA'<§*§>

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