sabato 12 maggio 2012

{4a Parte} R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A V E D I C A



   R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A  V E D I C A - Parabhakti Das - {4a Parte}





I Pilastri del Dharma o Principi di Libertà gennaio 2011

DharmaLe tradizioni dello yoga, analogamente a quelle delle religioni più diffuse, stabiliscono regole comportamentali (1), con la funzione di purificare la coscienza di chi pratica. Esse hanno lo scopo di predisporre l'individuo a ricevere gli insegnamenti spirituali e a capirne chiaramente il messaggio. In ogni tradizione i fedeli vengono invitati ad applicare regole precise nel loro quotidiano e mettendole a confronto è interessante notarne la comune origine, che si ritrova nei quattro principi del Dharma (religione): religiosità, legge, dovere e compiti prescritti.


        Nella cultura vedica questi comportamenti virtuosi sono indicati come fondamentali per la corretta impostazione della vita umana e del suo sviluppo armonioso. I pilastri che reggono il Dharma sono la misericordia, la purezza, l'austerità e la veridicità.


        L'enfatizzazione di uno o più di tali aspetti in una certa tradizione si spiega e si motiva analizzandone le radici culturali e il differente contesto sociale nei quali essa nasce e si sviluppa. Seguendo le regole del Dharma viene garantita ad ogni singolo individuo una vita sana ed equilibrata e si stabiliscono valori etici di cui tutta la società può beneficiare. Inoltre, ci si situa al livello della virtù, sattva, piattaforma dalla quale è possibile proseguire verso la pura
virtù, o suddha sattva, uno stato di coscienza nel quale la percezione della propria natura spirituale e l'interazione con il Divino si manifesta appieno.

I principi del Dharma necessitano di una pratica costante ed onesta, per non rimanere tanto profondi quanto astratti e a questo scopo gli antichi saggi hanno indicato, per ognuno di essi, delle precise regole da seguire.

Misericordia – Evitare il consumo di carne, pesce e uova.

Il primo passo per comprendere ed assimilare il concetto di misericordia inizia con l'astenersi da uccidere altri esseri viventi senza necessità. E' un dato incontestabile che in questo mondo ogni essere vivente diviene prima o poi cibo per un altro.

Ma mentre nel mondo animale questa legge segue unicamente criteri meccanici legati all'istinto, negli esseri umani l'atto di uccidere gli animali per cibarsene presenta motivazioni estranee ed inconciliabili con la stretta necessità di sopravvivenza. Chi si è avvicinato al vegetarianismo ha scoperto che, contrariamente a quanto pensava, il corpo umano non possiede le caratteristiche proprie del carnivoro e sebbene un'alimentazione in quel senso possa dare soddisfazione al palato e fornire proteine "nobili", le controindicazioni in termini salutisti sono maggiori dei benefici.

 Il cibo che assumiamo è inoltre permeato da elementi sottili, che influenzano la psiche e la coscienza. Cibarsi di animali morti, magari uccisi in modo violento e senza pietà, a livello sottile non può che ingenerare aggressività, frustrazione e creare confusione sulla propria identità spirituale.

In accordo agli insegnamenti vedici, il consumo di carne è una concausa diretta della degradazione della società, dei conflitti tra individui e nazioni e del diffuso disagio psichico, mali che continuano ad aumentare proporzionalmente all'aumento dell'uccisione degli animali e lo sfruttamento di essi.

La misericordia è l'attitudine a donare e donarsi incondizionatamente, a perdonare e ad essere empatici con il dolore altrui, quindi come la si può conciliare con uno stile di vita che direttamente o su commissione provoca atroci sofferenze ad esseri indifesi? Si può obiettare che anche il vegetariano uccide delle piante, a loro volta esseri viventi, sebbene questa sia un'eventualità rara, poiché generalmente della pianta si raccolgono i frutti, la si sfoltisce o la si raccoglie a fine ciclo.

Questa affermazione rimane comunque una verità e sebbene con conseguenze minori, anche il vegetariano si espone al giudizio delle leggi karmiche. Krishna, nome sanscrito di Dio, nella Bhagavad-Gita insegna che il cibo, per essere libero dalle conseguenze del peccato, Gli deve essere offerto con amore e devozione prima di essere consumato. Egli indica anche cosa gradisce:

Patram puspam phalam toyam
yo me bhaktya prayacchati
tad aham bhakty-upahritam
asnami prayatatmanah (BG 9-26)

“Se qualcuno Mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore un frutto o dell'acqua, accetterò la sua offerta.”

Il ricercatore spirituale trova nel vegetarismo motivazioni filosofiche e teologiche profonde ma anche ragioni salutiste, etiche ed economiche, gettando in questo modo le solide fondamenta della casa spirituale che sta edificando per se stesso e per tutti coloro che lo circondano.

Austerità – Non assumere droghe e altre sostanze psicoattive.

I danni provocati all'organismo dalle sostanze intossicanti quali il tabacco, l'alcool e la miriade di droghe esistenti sono note a tutti, come lo sono anche i giganteschi costi sociali che ne seguono il consumo, una cosa da ricordare prima di avventurarsi in acquisti tanto pericolosi e dannosi. La vita spirituale e queste sostanze sono incompatibili e fatto salvo l'uso di alcune droghe per inevitabile necessità medica, non esistono motivazioni intelligenti per un loro consumo.

Gli intossicanti sono un lenitivo psichico che dà la sensazione di allontanare, ma solo temporaneamente, il dolore esistenziale, le preoccupazioni e le frustrazioni quotidiane. La loro facile disponibilità e l'effetto immediato non contribuiscono certo a stimolare forme più evolute di ricerca di un benessere duraturo.

 Lo spiritualista autentico prende coscienza della potenza dei sensi, lavora per sfuggire alle loro continue richieste e comprende dall'inizio che droghe, alcoolici, sigarette e quant'altro sono deleteri, perché rallentano e impediscono questo processo. Le sostanze psicoattive non fanno altro che aumentare l'identificazione con il corpo fisico e psichico e mentre inizialmente possono procurare momenti piacevoli, con il tempo si mostreranno per quello che sono, padroni crudeli a cui rendere conto.


        Anche sostanze apparentemente innocue come il caffè o il tè, che i più considerano benefiche, possono creare una forte dipendenza, che a lungo andare lede la salute. Solo quando ci si libera dalla schiavitù e dall'offuscamento di qualunque sostanza nociva si possono realmente comprendere le dinamiche che regolano il mondo materiale e capire come sfuggirne. L'austerità è anche usare l'intelligenza per discriminare tra ciò che è propizio per il cammino spirituale e ciò che non lo è, evitando così scelte sbagliate di ordine materiale. Gli antichi testi insegnano che ciò che all'inizio pare un veleno, cioè l'austerità e la rinuncia, con il passare del tempo si trasforma in puro nettare, mentre ciò che concede piacere sensoriale immediato ma effimero, sebbene inizialmente sembri dolce come nettare, con il tempo si trasforma in un veleno letale per l'anima. Rinunciare ad un drink, ad una sigaretta, ad una pasticca non è quindi solo una questione salutista o etica, ma una scelta che guarda al futuro, che fa la differenza tra una vita superficiale, illusoria e infelice, addolcita da una qualche erba, liquido, polverina o sostanza chimica o il rimanere lucidi, inquisitivi e sereni per raggiungere livelli di felicità ineffabile e duratura.

Purezza – Il controllo dell'energia sessuale.

Lo scopo di tutti gli insegnamenti vedici è quello di permetterci di discriminare tra ciò che è reale e ciò che è illusorio e distinguere l'eterno dal temporaneo. La nostra vita attuale è solo un segmento di un percorso evolutivo molto più lungo ed articolato, che mira al rientro nella dimensione spirituale, dove temporaneità, ignoranza e paura sono del tutto assenti.


        Qualunque cosa ci leghi alla coscienza fisica e quindi al mondo materiale diventa un ostacolo nel processo di graduale distacco dalla materia. Ecco perché l'attività sessuale, l'espressione più intensa di godimento che si possa sperimentare in questo mondo, presenta come rovescio della medaglia il serrarsi del legame con esso, l'identificazione dell'anima con la materia, con il temporaneo e l'illusorio.

La potenza illusoria di questa energia è enorme ed è significativo come il richiamo al sesso presente in innumerevoli messaggi pubblicitari sia sufficiente a scatenare un turbinio emotivo nell'individuo, predisponendolo all'acquisto dell'oggetto abbinato a quel richiamo, a titolo di parziale compensazione.

Il massiccio coinvolgimento con le dinamiche della materia che l'energia sessuale incontrollata provoca, è la ragione principale che motiva gli spiritualisti a limitare al minimo la propria attività sessuale.


        Per le persone risolute nel cammino spirituale, l'attività sessuale è intesa solo per la procreazione e ad essa riservata, mentre il vero godimento viene ricercato nell'unione con il Divino. Il principio della purezza non è negoziabile, tuttavia è importante sottolineare che questo livello è spesso raggiunto solo gradualmente.

Gli sforzi per il controllo dell'energia sessuale sono certo indispensabili, ma spesso le forzature eccessive possono rivelarsi controproducenti. Come in tutti i processi legati allo yoga, il distacco deve sostituire progressivamente la rinuncia, ma lo si ottiene solo se subentra una gioia superiore a quella che si lascia. Altrimenti il desiderio per ciò che abbiamo forzatamente abbandonato diventerà una tortura, che rischia di deflagrare in azioni degradanti ed incontrollate.

Lo yoga ricorda che l'equilibrio dei chakra acquisito a seguito di grandi sforzi dal praticante, viene alterato dai rapporti sessuali intimi incontrollati e il riequilibrio individuale e di coppia può essere ristabilito solo dopo molto tempo.

I cambi di partner sono decisamente sconsigliati e la fedeltà nella coppia rimane un primo passo concreto per lo spiritualista serio.

 Se non viene dispersa inutilmente, l'energia sessuale si trasforma in energia pura, indispensabile per proseguire con entusiasmo nel percorso spirituale.

La Mente e la Pace marzo 2011

La Mente e la PaceMolti sicuramente conoscono la differenza tra il corpo grossolano, fisico e visibile, quello mentale o sottile, invisibile ma percepibile e l'essere spirituale, da alcuni chiamato anima, da altri energia vitale, scintilla vitale o vero sé e alla cui scoperta e conoscenza gli spiritualisti di tutte le tradizioni dedicano la vita. Spostando la nostra osservazione sulla mente, ci accorgiamo presto di quanto essa sia complessa.

Sede delle emozioni, è il deposito di ricordi ed impressioni, che sono la struttura della personalità dell'essere incarnato, sempre ricordando che essa rimane ben distinta dall’anima, o persona spirituale. La personalità, a differenza della persona, è in continua trasformazione ed è determinata dalle esperienze maturate sia nella vita presente che in quelle passate.

Questa struttura psichica quindi non scompare con il corpo, fatto di materia grossolana che rimane aggregata in una certa forma solo per determinati periodi di tempo per poi inevitabilmente trasformarsi. Quando, per vari motivi, la forma materica del corpo diviene inservibile, la persona, ancora avvolta nella propria struttura mentale, si trasferisce in un’altro corpo o forma di vita.

I samskara, o impressioni che raccogliamo nel corso del nostro lungo cammino, generano vasaia, o tendenze, sulle quali si strutturerà il nostro prossimo progetto di vita e la nuova personalità verrà espressa sulla base delle tracce emozionali scolpite nel nostro inconscio.

Diventa così evidente quanto sia importante alimentare la mente con stimoli corretti, al fine di generare tendenze virtuose per il nostro futuro.
Una prima scelta importante è quella di non procurare sofferenze inutili ad altre entità viventi. Ecco che un'alimentazione vegetariana, ad esempio, oltre a garantire buona salute fisica, limita le afflizioni imposte ad altri esseri e dispone la nostra mente ad un sentimento di empatia e misericordia.


        L'utilizzo rispettoso delle energie che la natura ci mette a disposizione, renderà invece armonica la nostra relazione con il pianeta e con i suoi abitanti. I testi che trattano argomenti importanti come la realizzazione spirituale e la ricerca del sé costituiscono un adeguato nutrimento psichico, mentre la meditazione, le pratiche spirituali e la recitazione di mantra garantiranno quella serenità e quell’equilibrio necessari per relazionare consapevolmente con noi stessi e con gli altri.

Se il nostro modo di essere attuale è il risultato di azioni passate, logicamente quello futuro sarà la naturale conseguenza di ciò che compiamo oggi. Una mente equilibrata ci renderà positivi, felici, armonici e rispettosi, permettendoci di trasmettere agli altri serenità e pace. Al contrario, una mente insoddisfatta sarà causa di ansia, frustrazione, turbamento, stress e malessere esistenziale, con il risultato di produrre divisione, egocentrismo e conflittualità tutto intorno.

Così come una mente controllata è contagiosa in modo positivo, una mente instabile lo è altrettanto in modo negativo. Al lettore dare un nome ai maestri che in ogni cultura hanno lasciato insegnamenti virtuosi e indicato percorsi educativi eccelsi e su come si differenziano da coloro che seminano discordia, terrore ed odio.


Krishna, Dio, la Persona Suprema, nella Bhagavad-Gita ci ricorda che la mente è instabile, turbolenta e schiava dei sensi, affermando che cercare di controllarla è come cercare di controllare il vento. Nella Gita i sensi sono paragonati a cavalli che trainano un carro che trasporta il viaggiatore, l’anima, mentre la mente è paragonata alle briglie che hanno il potere di controllarli. Ma questo può avvenire solo se il conducente, l’intelligenza, è abbastanza esperto ed ha ben chiara la direzione verso la quale procedere. La felicità, l’equilibrio e l’armonia sono stabili solo quando l’individuo riscopre la sua relazione eterna con Dio e di conseguenza rivede la propria posizione nella creazione universale.


        Una mente calma e controllata ci darà la necessaria serenità per affrontare la vita e diffonderà nella società l’armonia indispensabile per un suo sviluppo sostenibile.


        La mancanza di pace è forse il malessere più profondo dei nostri giorni, ma la pace è però strettamente legata all’attitudine con cui ogni singolo essere vivente affronta le relazioni con gli altri. Manca la pace tra i popoli, nelle famiglie e anche quella con noi stessi. Nei paesi sottosviluppati, popoli sconvolti da guerre legate ad interessi economici internazionali lottano tra loro per la mera sopravvivenza, mentre etnie dominate da governanti dalla mentalità distorta, combattono per ottenere la dignità di esseri umani nel completo disinteresse di chi al potere è impegnato solo a soddisfare i propri interessi.

Anche nei nostri paesi, quelli del “benessere”, gruppi sempre più numerosi reclamano la necessità e l’urgenza di riappropriarsi di quella serenità mentale che il consumismo materialista ha sottratto con promesse di felicità tanto lusinghiere quanto irrealizzabili. Lo spiritualista può dare un contributo fondamentale alla pace mondiale praticando e diffondendo quei valori etici e morali che accomunano indipendentemente dalle tradizioni alle quali ognuno di noi appartiene.


        Valori essenziali quali la tolleranza, l’umiltà, la veridicità, la compassione, ci permettono di condividere delle solide basi sulle quali costruire una pace duratura. La vera pace non può essere imposta con le armi o fondata sulle convenienze, ma affonda le sue radici nella consapevolezza che l’individuo esiste al di là del colore della pelle, del posizionamento geopolitico e così via.

Anche quelle religiose, apparentemente diverse, sono designazioni che identificano strade e realtà temporanee che, prima o poi, convergono tutte nella stessa direzione, la realizzazione della Verità Assoluta. Dio, nella Sua infinita misericordia, ci offre percorsi diversi per raggiungerLo, percorsi compatibili con la personalità e comprensione che abbiamo attualmente.

Ecco che allora si fa magari conoscere come Krishna (in sanscrito significa “L’infinitamente Affascinante") oppure con moltissimi altri Suoi nomi e aspetti. Forme diverse della stessa Verità, che offre una gloriosa varietà di proposte affinché ogni essere vivente possa trovare la più congeniale al suo graduale sviluppo spirituale.

Il dialogo, lo scambio e la collaborazione, in quest’ottica divengono non solo opportuni ma addirittura fondamentali per la crescita dell'individuo e della società. L'essere vivente troverà la pace con gli altri solo mettendo nuovamente al centro di tutto Dio, la fonte originale dell’amore spirituale, amore che crea armonia, allieta i cuori ed espande la felicità.

Solo rimanendo spiritualmente uniti potremmo offrire al mondo esempio ed ispirazione affinché le genti di tutte le nazioni possano trovare finalmente la vera pace.

Veridicità – Non giocare d'azzardo o indulgere in speculazione.

Azzardo significa mettere a rischio qualche cosa di valore nell'illusione di ottenere in cambio molto di più, in modo facile e senza sforzo, ma anche senza nessuna garanzia di successo.

ll gioco d'azzardo, legale in molti paesi, è una delle peggiori piaghe della società, una vera e propria patologia che rovina non solo la vita di chi ne è vittima, ma anche quella di familiari ed amici.


        L'idea di ottenere a buon mercato e in modo veloce ciò che si desidera diventa rapidamente una compulsione, che giustifica i propri fallimenti, che prende il sopravvento sui propri doveri reali mentre il destino viene delegato al fato, su cui non si ha nessun controllo. Piuttosto che affrontare la realtà, il giocatore incallito vive l'illusione di ciò che sarebbe potuto o potrà accadere.

Vivere in maniera azzardata vuole anche dire impegnarsi senza motivo in attività pericolose per la propria incolumità, come accade in certe pratiche sportive o forme di divertimento estreme, in cui il partecipante mette a repentaglio la propria integrità psico-fisica. Azzardo è provocare la natura, distruggere l'ambiente, illudendosi di non subirne mai le conseguenze.

Anche la speculazione è un azzardo in tutte le sue forme, anche in quelle più sottili, come la manipolazione del sapere o della verità per ricavarne un guadagno. Ogni persona nasce con un dovere individuale prestabilito (in questo caso dharma nell'accezione di "dovere prescritto") da compiere ed onorare, sfuggendo il quale si rifugge la possibilità di progredire.

Quella umana è l'unica forma di vita che permette di uscire dal samsara, o ciclo di nascite e morti e sprecare questa opportunità è letteralmente un gioco d'azzardo, sapendo che le speranze di liberarsi altrimenti dal mondo materiale sono praticamente nulle.

Iniziazione, il segreto della relazione tra guru e discepolo Aprile 2011

Iniziazione, il segreto della relazione tra guru e discepoloDiversi anni fa, nel corso di una conferenza, A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, maestro spirituale fondatore del movimento Hare Krishna, rispose con queste parole ad una domanda centrata sulla reale importanza di un'iniziazione spirituale formale: “Iniziazione formale vuole dire “abbracciare ufficialmente”, significa impegnarsi a soddisfare gli ordini di Dio, Krishna e quelli del Suo rappresentante qualificato, il guru.

Questa è l’iniziazione formale, cioè un impegno ufficiale: sì Signore, accetto, farò quello che Tu mi dici. E’ tutto! Ricevendola fai la promessa solenne di impegnarti e compiere il tuo dovere…” Queste frasi, già di per sé chiare ed esaustive, ci introducono alla comprensione dei profondi concetti legati al significato di iniziazione spirituale nella tradizione vaisnava.

L’iniziazione, o diksa, è un passaggio fondamentale per chiunque intraprenda il cammino sul sentiero della realizzazione spirituale. E' come una seconda nascita, che introduce ad un cambio di coscienza e porta l'iniziato al risveglio della propria identità trascendentale. Nell’occasione, il maestro conferirà al discepolo un nuovo nome, che è sempre riferito ad un aspetto del Signore Supremo ed è immancabilmente seguito dal suffisso dasa o dasi, a sottolineare l'umile posizione di servo o serva di Dio.

Solo un maestro spirituale autentico possiede le qualità, l'affidabilità e la coerenza per guidare in modo genuino un sincero aspirante spiritualista. Il novizio deve perciò assicurarsi dell'autenticità del guru prima di prendere rifugio in lui, prima di stringere quel legame così importante.

Ma come fare se ancora non abbiamo acquisito la conoscenza e l'esperienza per riconoscere un vero spiritualista realizzato? La tradizione e le scritture ci vengono incontro. Il guru deve innanzitutto appartenere ad una successione disciplica autentica, detta parampara, o linea ininterrotta di maestri, da cui discende la conoscenza inalterata.

Inoltre, il suo carattere deve rispondere pienamente alle precise descrizioni date dai Veda, che elencano in dettaglio i sintomi di un puro devoto del Signore. Un'altra conferma dell'autenticità di un guru deve venire da altri spiritualisti avanzati, che sappiano riconoscere con chiarezza le qualità spirituali di un trascendentalista realizzato e che ne sanciscano l'autenticità.

A sua volta il guru ha il dovere di assicurarsi della sincerità e della determinazione di chi lo avvicina come discepolo e verificare la purezza delle sue motivazioni.

Uno sloka, o versetto, tratto dalla Upadesamrita, indica quali sono le caratteristiche di un guru autentico:

vaco vegan manasah krodha-vegan
jihva-vegam udaropastha-vegam
etan vegan yo visaheta dhiran
sarväm apimam prithivim sa sisyat

Una persona sobria, capace di tollerare l’impulso a parlare, le richieste della mente, l’impeto della collera ed i desideri della lingua, dello stomaco e dei genitali, possiede le qualità necessarie per fare discepoli in tutto il mondo.

La Bhagavad-gita si rivolge al discepolo sincero con queste parole:

tad viddhi pranipatena
pariprasnena sevaya
upadeksyanti te jnan
Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità.

Il maestro autentico accetterà di guidare solo un discepolo sincero e sottomesso, desideroso di realizzarsi spiritualmente. Senza queste premesse, l’iniziazione si trasforma in un rito sterile, sentimentale o peggio, dettato da un capriccio o da una moda.

Fino da tempi antichissimi l'iniziazione sancisce il ricongiungimento tra l'essere umano e Dio ed è per Suo volere che questo avviene esclusivamente attraverso l’intercessione del Suo diretto rappresentante, il guru autentico.

Quando l'impegno reciproco tra discepolo e maestro spirituale è solennemente accettato e rispettato, l'iniziazione esprime tutta la sua importanza e la sua potenza spirituale.

Un altro aspetto importante nel rapporto tra maestro e discepolo è il modo di relazionarsi. Lo scambio con il guru presenta due modalità: l’associazione diretta, che comporta la sua presenza fisica, detta vapuh, e vani, in cui la relazione si coltiva seguendo i suoi insegnamenti ed ottemperando alle sue istruzioni in separazione.

Entrambe rivestono una grande importanza nel cammino del sadaka, colui che segue le pratiche spirituali, ma mentre la presenza diretta del guru è necessaria soprattutto per i novizi, è però vani, l’applicazione pratica delle istruzioni, che risulta il modo più profondo ed autentico di collegarsi al guru, di comprenderne gli insegnamenti ed ottenere un rapido avanzamento spirituale.

Oltre a quella del maestro spirituale iniziatore, o diksa guru, esistono altre figure che influenzano la vita di uno spiritualista, come il patha-pradarsaka-guru, ovvero chi ci avvicina per la prima volta alla vita spirituale. Questa personalità spirituale può anche solo ricoprire un ruolo occasionale.

Siksa guru, o guru istruttore, è il maestro che istruisce il discepolo e può essere una persona diversa dal guru iniziatore. Questo avviene quando il diksa guru non è presente oppure delega ad un devoto più avanzato spiritualmente il compito di istruire un discepolo particolarmente evoluto.

La tradizione vaisnava riserva un’importanza particolare alla figura del guru istruttore, ritenendolo se possibile anche più importante del maestro spirituale iniziatore, poiché è da lui che si ottiene conoscenza, guida e sostegno nel quotidiano. Nella nostra breve descrizione della figura del maestro spirituale non possiamo dimenticare il caitya-guru, ovvero il guru situato nel cuore di ognuno di noi, che è Dio, Krishna stesso, Colui che ci guida e ci ispira interiormente.

Krishna si manifesta esteriormente nella figura del guru iniziatore e del guru istruttore, mentre rimane situato nel cuore di ognuno come caitya-guru. In tutti questi Suoi aspetti, Egli è pronto ad aiutare ogni essere vivente e dobbiamo imparare ad ascoltarli con umiltà e sincerità se vogliamo essere certi di ottenere il successo ultimo nella vita spirituale.

Krishna dall’interno del nostro cuore ci indirizza verso il maestro, che a sua volta ci indica la via e ci accompagna nel percorso che riporta a Dio.

Il guru ci aiuta a superare i numerosi ostacoli disseminati lungo il cammino della realizzazione spirituale, ci insegna a discernere tra conclusioni fittizie, frutto della nostra mente speculativa e verità eterne e complete, che provengono da Krishna e che possono emanciparci definitivamente dall'illusione e dalle miserie della vita materiale.

Hare Krishna

Chi segue i principi regolatori del Dharma e le pratiche spirituali riesce a purificare pensieri e azioni, gradualmente emancipandosi così dai condizionamenti materiali per ottenere infine la vera libertà. In questa condizione privilegiata osserverà il mondo materiale da un'altra prospettiva e pur vivendoci ne rimarrà distaccato, non essendone più attratto.

Per questa ragione le anime liberate definiscono i principi del Dharma i principi regolatori della libertà.


La Cultura della Nonviolenza maggio 2011

Ahimsa - La Cultura della NonviolenzaParlare di nonviolenza e schierarsi dalla parte di chi aderisce ai suoi principi è senza dubbio impegnativo. Essere nonviolenti ed affrontare coerentemente il quotidiano e le relazioni con gli altri esseri viventi che ci circondano, significa condurre una vita molto responsabile ed equilibrata.

Nella società di oggi, inorridire di fronte a scene di violenza brutale, a testimonianze di genocidio, alla coercizione, alla prepotenza, all’arroganza, alle prevaricazioni, è una propensione sempre meno diffusa che merita certo un plauso, ma non è sufficiente.

Affinché la nonviolenza si possa affermare ad ogni livello, è necessario innanzitutto diffonderne la cultura perché, in caso contrario, discriminare tra ciò che è violenza e ciò che non lo è rimane un puro esercizio speculativo, influenzato dalla relatività dei vari punti di vista.


Nella cultura vedica la pratica della nonviolenza si chiama ahimsa ed è considerata un pilastro della salute psicologica della società umana. Ahimsa è il non distruggere, il non infliggere dolore o lesioni ad altri, in pensieri, parole ed opere.

E' virtualmente impossibile escludere totalmente la violenza dalla nostra vita, perché malgrado tutto molte delle attività essenziali come mangiare, respirare o camminare causano involontariamente morte e sofferenza ad altri esseri viventi.

 Esiste però una linea neppure troppo sottile che divide la violenza inevitabile, legata alla mera sopravvivenza, da quella gratuita, inflitta per soddisfare i propri pruriti, come l'abbattimento di animali per cibarsene o per trasformare la loro pelle in eleganti capi di abbigliamento. Ahimsa è anche l'esercizio di astinenza da pensieri violenti e dall'impiegare ciò che è in nostro potere per assoggettare il prossimo secondo i nostri desideri egoistici.


Perché ahimsa alberghi realmente nel cuore è necessario introdurre nella nostra vita un corollario di principi pratici che la sostengano. La veridicità, o satya, non è solo evitare la menzogna, ma nel suo significato più compiuto è la coerenza tra pensieri espressi, parole proferite ed attività svolte.
Asteya, ovvero non rubare, riguarda oggetti, ma anche parole e pensieri altrui. La purezza, o brahmacarya, significa evitare che la lussuria ci guidi e si impossessi della nostra esistenza.

Non accumulare più del necessario, o aparigraha, insegna a condividere quello che possediamo con gli altri, che si tratti di oggetti o riflessioni. E' necessario leggere queste regole in chiave positiva, pensando alla nonviolenza come ad un atto di beneficenza e di amore verso tutti gli esseri viventi.


Si pensi alla veridicità come ad una parola giusta e misurata da offrire al prossimo al momento giusto, alla purezza di pensiero ed azioni come ad una forza positiva in grado di trainare il mondo verso il bene comune, alla mancanza di avidità come ad una cura per riequilibrare il mondo. Questi comportamenti individuali volontari per il benessere collettivo, sono affiancati da semplici regole che toccano la sfera personale, come ad esempio la pulizia quotidiana del corpo, che si allarga all'evitare il consumo di sostanze nocive quali fumo, alcool, droghe e alimenti che richiedono l'esercizio della violenza.

La pulizia della mente viene coltivata tra l'altro scegliendo con attenzione ciò che si legge, si guarda e che si ascolta. Un'altra proposta è quella di coltivare la virtù di accontentarsi della propria situazione, senza sprofondare nel fatalismo o nella rassegnazione, prendendo coscienza che ciò che sperimentiamo oggi dipende dalle nostre azioni passate e che il presente ci consente di costruire un futuro luminoso.

Maggiore austerità e rigore rischiarano la mente, rafforzano la determinazione e permettono di trovare un equilibrio migliore tra necessità reali e desideri indotti. La cultura del tutto e subito è causa crescente di malessere, di scompensi psicologici ed alimenta la prevaricazione, la prepotenza e la strumentalizzazione del prossimo. Il gusto ritrovato per la meditazione, lo studio e la lettura dei testi sacri possono controbilanciare la spinta opprimente del materialismo e del consumismo che ci circonda.


La cornice, il collante, la confluenza di ogni regola, il rifugio e lo scrigno dove attingere i valori fin qui descritti è l'isvara pranidhana, l’abbandono a Dio, o Krsna, Colui che è infinitamente affascinante. Non viene contemplata una sottomissione coercitiva o un servilismo utilitaristico basato su reciprochi favori, ma uno scambio d’amore e d’affetto sincero tra Dio ed l'essere umano, costruito su basi filosofiche granitiche e nutrito da una pratica costante e ininterrotta.

La cultura della nonviolenza trasforma la nostra consapevolezza, elevandola da un piano sentimentale e opportunista ad una visione allargata, concreta ed efficace. Ad ogni uomo o donna che trasforma la propria coscienza è offerto anche lo straordinario potere di influenzare virtuosamente quella degli altri.


Guardandoci intorno e sfogliando le pagine della storia, possiamo osservare le gesta dei grandi della pace, scoprendo che la loro più grande impresa è stata quella di cambiare se stessi. Potremo cambiare il mondo solo cambiando i nostri cuori e diffondendo la cultura della nonviolenza con il nostro esempio personale e con l’unica arma lecita, quella dell’amore universale. Hare Krsna.




Vastu, lo Yoga dell'Abitare: è veramente possibile cambiare vita modificando la nostra casa? giugno 2011

        Di Tiziano Valentinuzzi

Vastu, lo Yoga dell’AbitarePassiamo la vita ad aspettare che qualcosa cambi facendo sempre le stesse cose, ma come sarà mai possibile? Cambiare le abitudini radicate nella nostra mente (anche inconscia) è estremamente difficile e ci vuole una bella dose di impegno ed una volontà forte per riuscirci.

Il Vastu, il Feng Shui indiano, insegna che la nostra coscienza (e quindi anche i pregi e i difetti) sono scritti negli spazi che abitiamo, ovvero noi diamo forma allo spazio che ci circonda. Ma è vero anche il contrario: lo spazio che viviamo influenza la nostra mente e quindi il nostro destino.

Esiste dunque una specie di circuito di influenza: lo spazio influenza la mente, che imposta le abitudini, che di nuovo influenzano lo spazio, ecc. ecc. Sta a noi decidere se renderlo vizioso o virtuoso. Ma andiamo per gradi.

Lo spazio e in particolare la casa cambiano la nostra vita in diversi modi.

La nostra casa interviene sulla salute se non stiamo attenti ai veleni che vi introduciamo (è stato dimostrato che l’aria in casa può essere inquinata più di venti volte rispetto a quella esterna), all’elettrosmog, alla corretta illuminazione solare e alle energie nocive provenienti dal sottosuolo.

La casa influenza la felicità e l’attitudine mentale degli abitanti in quanto il disordine in casa, la direzione verso cui si affaccia la casa, la disposizione interna delle stanze, i percorsi tra una stanza e l’altra, l’organizzazione degli spazi e i colori dei muri e dei complementi d’arredo inducono un certo tipo di umore e mandano dei messaggi subliminali alla mente, che li registra nell’inconscio, il quale poi li ripropone sotto forma di umori (depressione, ansia, …) nella vita di tutti i giorni.

Ecco fatta quindi l’influenza sul destino: l’operazione salute+felicità può dare un risultato positivo o negativo, in base al loro valore. Applicare il Vastu alla propria casa, sia essa già esistente, o ancora meglio ad una nuova casa in procinto di essere costruita, significa far sì che questa operazione dia come risultato il massimo valore.

Quindi, il Vastu ci dà gli strumenti pratici per rendere quel circuito un circolo virtuoso. Ma non solo… infatti cambiare le nostre abitudini o gli atteggiamenti mentali non è sempre facile, anzi direi che è una impresa affrontata da pochi e vinta da pochissimi.

Invece non c’è niente di più facile che iniziare il proprio cambiamento interiore facendo delle piccole ma significative modifiche al proprio spazio abitativo: se cambiamo in positivo la nostra casa si attiverà in modo automatico il circolo di influenza: la mente cambia, le nostre abitudini cambiano, la casa cambia ancora di conseguenza e pian piano… il nostro destino cambia: migliora!

Nell’antichità dei Veda - si parla di minimo 5000 anni fa - i saggi veggenti (rishi, in sanscrito), che tra l’altro conoscevano bene le norme del Vastu, avevano ben chiara l’importanza della stretta relazione che c’è tra il proprio benessere e lo spazio che ci circonda.

Oggi alcuni settori dell’architettura (quella bioecologica ad esempio) si stanno muovendo verso un modo di costruire che sia il migliore compromesso tra i nuovi bisogni dell’uomo moderno e la necessità di rispettare la natura. Un compromesso diventato ora più che mai urgente a causa dello sfruttamento indiscriminato della Natura che ormai continua da più di un secolo.

Il Vastu, da parte sua, aggiunge a questa sintesi attuale l’attenzione per la sfera della psiche che altre discipline tendono a trascurare in quanto ancora poco esplorata e conosciuta. Ma come abbiamo visto in precedenza, la mente è un fattore chiave da considerare per migliorare la qualità della vita e il proprio benessere generale.

Ad esempio, secondo il Vastu, la direzione nordest, sia del lotto che della casa che di ogni stanza, è la più potente sorgente di energia dello spazio. Per questo andrebbe tenuta sempre libera da arredi pesanti e specialmente non bisognerebbe mai metterci sgabuzzini e bagni. Al contrario il sudovest della casa e delle stanze può ospitare arredi pesanti, dispense e magazzini.

Il nordest è la direzione della consapevolezza interiore e della lungimiranza: in quella direzione si consiglia di creare un luogo meditativo, di connessione con il sé superiore, se si vuole un altare.

In base a cosa c’è a nordest della casa, si può dedicare un’intera stanza o anche solo un angolino con un piccolo tavolino o una mensola: ci si può inserire una fontanella d’acqua, delle immagini che per noi hanno un particolare significato (il guru, Gesù, una foto di famiglia, geometria sacra, ecc.), delle piante… l’importante è che evochi la connessione con la parte più profonda di noi stessi.

Tiziano Valentinuzzi

Tiziano Valentinuzzi, astronomo e insegnante, è un esperto di Vastu e di cultura vedica da oltre 10 anni ed è fondatore e direttore del primo sito internet italiano dedicato esclusivamente al Vastu www.casavastu.it

 




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