sabato 12 maggio 2012

{5a Parte} R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A V E D I C A



    R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A  V E D I C A - Parabhakti Das - {5a Parte}



<§> http://reporsenna.blogspot.it/2010/06/bhagavad-gita-il-canto-signore-krishna.html  <§> Integrale Commentata nei 18 Capitoli

La Bhagavad-gita, il canto del Beato (settembre 2011)

La Bhagavad-gita, conosciuta anche come Gitopanisad, è senza dubbio il testo più famoso della letteratura indiana e costituisce l’essenza della conoscenza vedica. Bhagavad-gitaLa Bhagavad-gita fa parte del racconto epico Mahabharata in cui si narrano le gesta della dinastia dei Kuru, che regnava in India circa cinquemila anni fa. Esistono in circolazione centinaia di edizioni della Bhagavad-gita ed ognuna di esse interpreta questo testo secondo la scuola filosofica a cui i grandi maestri del passato e del presente appartengono.

Le scuole monoteiste che si rifanno al vaishnavismo riconoscono nella Bhagavad-gita la fedele trascrizione del dialogo intercorso tra Krishna, Dio, ed Arjuna, suo devoto, che ebbe luogo sul campo di battaglia di Kurukshetra prima dei combattimenti. Altre scuole, dette mayavadi, o impersonaliste, considerano la Bhagavad-gita solo un’efficace raffigurazione allegorica di alti concetti filosofici. Per acquisire prestigio, fama o denaro, molti si avventurano nel commento della Bhagavad Gita senza opportune qualifiche e senza appartenere ad una linea disciplica autentica, autoproclamandosi esperti in materia di trascendenza e ingannando di fatto la gente.

E’ quindi fondamentale cercare un'edizione autentica della Bhagavad-gita che ne dia un fedele commento, per non incappare in interpretazioni ingannevoli o fuorvianti rese da qualche approfittatore ignorante e in malafede. Srila Bhaktivedanta Swami Prabhupada scrive nell'introduzione alla "Bhagavad-gita così com’è":

“Il Signore si rivolge ad Arjuna, Suo amico e discepolo, spiegandogli come gli insegnamenti della Bhagavad-gita furono trasmessi attraverso le varie epoche. Fu esposta dapprima a Vivasvan, il dio del sole, che poi la trasmise a Manu, il quale a sua volta la espose ad Iksvaku. Lo yoga che la Bhagavad-gita insegna è stato dunque trasmesso oralmente da una successione di maestri spirituali che ha origine in Krishna.

Ma questa conoscenza si è perduta nel tempo, perciò il Signore deve rivelarla di nuovo ora, nel momento in cui Arjuna sta per impegnarsi nella battaglia di Kuruksetra. E se Krishna gli confida questo sublime segreto è perché Arjuna è Suo devoto e amico. Il Signore mostra così che la Bhagavad-gita è destinata soprattutto ai Suoi devoti, che costituiscono uno dei tre gruppi di spiritualisti, insieme agli jnani, filosofi impersonalisti e agli yogi, adepti alla meditazione.”

Dal punto di vista vaishnava, che è la tradizione spirituale a cui appartengo, la Bhagavad-gita si può definire un vero e proprio "manuale di istruzioni" enunciato da Dio stesso. Essa permette al ricercatore spirituale di conoscere le dinamiche che regolano l’universo fenomenico, di trascenderne le influenze materiali e ritrovare così la pace e l'armonia interiore per raggiungere il fine ultimo della vita che consiste nel ristabilire la piena relazione personale con il Divino.

L'antefatto che portò alla battaglia di Kuruksetra descrive come Arjuna ed i suoi fratelli, conosciuti come i cinque Pandava, siano stati detronizzati con l’inganno dall’avido cugino Duryodhana. Con il supporto del padre Dhritarastra, uomo cieco sia materialmente che spiritualmente, egli aveva negato loro ogni possibilità di esercitare il loro diritto a regnare.

Appartenenti alla classe degli kshatrya, virtuosi guerrieri e governanti, i Pandava erano gli eredi diretti al trono e avevano non solo il diritto ma anche il dovere di dominare sui tutti i territori occupati illecitamente dai Kuru. Essi cercarono ogni soluzione possibile per risolvere pacificamente la disputa, arrivando a chiedere al cugino di assegnare loro anche solo un piccolo villaggio da amministrare. La risposta di Duryodhana fu però perentoria: "Non vi concederò nemmeno la terra su cui piantare uno spillo!" La battaglia divenne quindi inevitabile perché si scontravano due realtà diametralmente opposte, quella materialista che si basa sulla convinzione che l’uomo può disporre del mondo a proprio piacimento pur mantenendo un rispetto formale e ritualistico per la religione, l’altra che si edifica sul riconoscimento di Krishna, Dio, come supremo controllore e causa di tutte le cause e del nostro ruolo subordinato a Lui.

Il Mahabharata racconta che Krishna, apparso sulla Terra come un grande principe, volendo rimanere imparziale annunciò che non avrebbe preso parte agli scontri e chiese ai due contendenti cosa desiderassero che Egli facesse. Mentre Duryodhana chiese di concedergli il suo potentissimo esercito con il cui aiuto prevedeva una vittoria certa, Arjuna semplicemente Lo pregò di restare al suo fianco, come amico e protettore.

I loro desideri furono esauditi e la potenza militare andò quindi a Duryodhana, mentre quella spirituale fu di Arjuna. Ancora due mentalità a confronto: una esageratamente fiduciosa nelle proprie intuizioni egoiste, l’altra quella di chi si affida completamente a Dio.

Lo sconforto di Arjuna che caratterizza i primi versi della Bhagavad-gita nasce dalla consapevolezza che nell’esercito avversario ci sono molti suoi parenti e cari amici che hanno deciso di schierarsi contro di lui e i suoi fratelli ma con i quali egli non ha nessun desiderio di combattere, preferendo la propria sconfitta alla loro morte.

Come già citato, il dovere dei Pandava come kshatrya era però quello di ristabilire la moralità e i principi spirituali autentici nella società e non quello di filosofeggiare o di lasciarsi andare a un sentimentalismo inappropriato al loro ruolo e alla circostanza. Questo è il primo spunto di riflessione che Krishna fornisce ad Arjuna, sottolineando come il sottrarsi dai propri doveri porti solo all'infamia.

Krishna proseguirà illustrando la differenza tra corpo fisico, corpo psichico e corpo spirituale, spiegando come i primi due sono temporanei mentre il terzo, atma o anima, è eterno, colmo di felicità e di conoscenza. La comprensione di non essere il corpo fisico è il primo concetto che deve realizzare chi desidera praticare la via dello yoga, o unione con l’Assoluto.

 Successivamente Krishna istruirà Arjuna sui vari percorsi spirituali e dello yoga e sui differenti risultati che si possono ottenere con la loro pratica. Quindi spiegherà i fattori dell’azione, i guna, o influenze materiali, la legge del karma, le due nature dell'uomo, quella divina e quella inferiore, detta anche separatista, per arrivare a descrivere le caratteristiche dell’Assoluto, indicando in che modo è possibile avvicinarLo.

 Nella Bhagavad-gita, come in tutti i testi vedici, Krishna non fa mai riferimento ad una religione in particolare, né collega la Sua persona ad un luogo geografico o ad una cultura esclusiva ma Egli si propone con infiniti nomi e aspetti per permettere a chiunque di avvicinarLo.

Krishna concluderà spiegando che le religioni, le pratiche legate ad esse, le austerità e le ingiunzioni filosofiche, pur avendo il prezioso compito di stimolare e favorire la trasformazione della coscienza degli individui e della società elevandola, ad un certo punto del cammino dovranno essere trascese poiché è solamente il puro ed incondizionato amore per Dio situato al di là di ogni classificazione terrena che permette di comprendere il Divino e di relazionarsi con Lui.

La ritrovata serenità e l'armonia interiore di chi ha ristabilito la connessione con Dio, qualunque sia il nome con cui si preferisce chiamarLo, garantirà automaticamente anche la pace e l’armonia tra gli uomini.

La Bhagavad-gita è un testo che supera il concetto di religione e di filosofia ed è un libro prezioso che ogni sincero ricercatore spirituale dovrebbe tenere con sé e consultare regolarmente.

La Bhagavad-gita nelle parole di alcuni famosi personaggi:

Mahatma Gandhi: “La mia vita non fu che una serie di tragedie esteriori, e se esse non hanno lasciato su di me nessuna traccia visibile, indelebile, è dovuto all’insegnamento della Bhagavad-gita.”

Immanuel Kant: “Questo poema esige il più alto rispetto.”

Arthur Schopenauer: “Si tratta dell’opera più istruttiva e sublime che esista al mondo.”

G.W. Hegel: “Con la Bhagavad-gita possiamo avere una chiara idea di quella che è la più praticata, ma anche la più alta di tutte le religioni dell’India”

E' possibile trovare "La Bhagavad-gita così com’è" di Bhaktivedanta Swami Prabhupada in tutti i centri ISKCON. Se desideri riceverla a casa tua puoi contattare Villa Vrindavana Tel 055820054 info@villavrindavana.org www.villavrindavana.org
Per informazioni sui centri in Italia: www.harekrishna.it







Lezione del fondatore luglio 2011


Di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupâda Fondatore-Âcâryâ dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna.


       
Seminario Francescano di S. Pascal, Melbourne 28 giugno 1974.

  • La piattaforma comune delle religioni

  • Il dovere della vita umana

  • La religione non è la fede

  • I sintomi del puro amore per dio

  • La perfezione attraverso il bhakti-yoga


La piattaforma comune delle religioni

L'unità religiosa è possibile quando si trascendono le designazioni temporanee e si accetta la nostra comune posizione di eterni servitori di Dio.

A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupâdasa vai puçsâm paro dharmo
yato bhaktir adhoksaje
ahaituky apratihatâ
yayâtmâ supradidati

“L’occupazione suprema (dharma) per l’uomo è quella che conduce al servizio d’amore e devozione al Signore trascendentale. Questo servizio di devozione deve essere ininterrotto e incondizionato per soddisfare completamente l’anima.” - Sræmad-Bhâgavatam 1.2.6

Padre Greene e tutti gli altri padri, signore e signori, vi ringrazio tutti moltissimo per la gentile attenzione che rivolgete a questo movimento. Cercherò d’illustrarvi alcuni versi dello Srimad- Bhagavatam. Lo Srimad- Bhagavatam è considerato l’essenza della letteratura vedica. Letteratura vedica significa i quattro Veda – Sâma, Yajur, RÎg, Atharva – poi le 108 Upanisad, i 18 Purâna, il Râmâyana e il Mahâbhârata.

Si tratta di un immenso, prezioso patrimonio letterario. Lo Srimad- Bhagavatam è uno dei diciotto Purana ed è composto da diciottomila versi. Mi limiterò ad illustrarne uno o due.


        Padre Green nella sua introduzione ha accennato alla base comune delle religioni. Questo concetto di base comune non è molto difficile da comprendere perché religione significa conoscere Dio e ubbidire ai Suoi ordini. Questa è la religione. Lo Srimad- Bhagavatam afferma: dharmaç tu sâkõât bhagavat-praëætam. Una religione vera non può essere costruita dall’uomo. No. Una religione fatta dall’uomo non è religione.

La vera religione è fatta da Dio. Questa è religione, proprio come le leggi rappresentano gli ordini formulati dal governo. Non puoi farti le leggi a casa. Queste non sono leggi. Allo stesso modo, religione significa gli ordini dati da Dio. Questa è una semplice definizione di religione.

Dobbiamo conoscere Dio, dobbiamo conoscere i Suoi ordini e ubbidire ad essi. Questa è la religione. Qualunque religione si consideri, ci sono queste tre cose: si deve cercare di conoscere Dio, si deve cercare di conoscere i suoi desideri e come soddisfarli.
Perciò nel Bhâgavatam (1.2.6) viene affermato:

sa vai puçsâç paro dharmo
yato bhaktir adhokõaje
ahaituky apratihatâ
yayâtmâ suprasædati

Questa è la descrizione di una religione di prima classe. Non parla di Induismo, d’Islamismo, di Cristianesimo. Essa afferma: “La più elevata delle religioni è quella che insegna ai suoi seguaci come amare Dio.” Questa è la religione suprema. Non importa se tu insegni ad amare Dio per mezzo del Cristianesimo, dell’Induismo o dell’Islamismo, ma il risultato deve comportare un avanzamento nella capacità di amare Dio.


Sa vai puçsâç paro dharmo yato bhaktir adhokõaje. Viene usata la parola sanscrita bhakti. Bhakti significa devozione. Servire il Signore è bhakti. Noi serviamo molte cose, ma questo non è bhakti. Bhakti significa servire Dio.


        Qui per indicare Dio viene usata la parola adhokõaja. Vi sono molte terminologie per comprendere Dio, ma qui, nello Srimad- Bhagavatam, Egli viene chiamato adhokõaja. Adhokõaja significa al di là della percezione dei nostri sensi. Un’altra frase che viene usata è avâê mânasa-gocaraå: “al di là dell’espressione della mente e delle parole.”


La parola adhokõaja può essere divisa in tre parole: adha, akõa e ja. Adha significa “sottomesso”. Nell’alfabeto sanscrito la prima lettera è a e l’ultima è kõa. Perciò akõa significa “da a a kõa” e si riferisce a tutto quello che noi possiamo comprendere combinando insieme le parole. E ja significa “nato da”. Quindi, se pur usando molte parole, qualcosa rimane ancora inespresso, questa cosa è detta adhokõaja, “al di là di tutto quello che può essere descritto da a a kõa”. Non è col vocabolario che si può comprendere la natura di Dio. Egli è al di là della percezione dei nostri sensi materiali.


        Nella letteratura vedica si afferma: ataå ôræ-Krsna-nâmâdi na bhaved grâhyam indriyaiå. Krsnaè un nome di Dio. Si dice che non possiamo comprendere Krsna, Dio – il Suo nome, la Sua forma, i Suoi attributi, i Suoi passatempi – con i nostri ottusi sensi materiali. Allora come fare per comprenderLo?

Il dovere della vita umana

La vita umana è fatta per comprendere Dio. Questo è l’unico dovere della vita umana. La natura materiale ci dà l’opportunità di avere una forma umana. Le facilitazioni proprie di questa forma di vita ci vengono date proprio per comprendere Dio. Ci sono 8.400.000 forme di vita. Nelle altre forme non è possibile comprendere Dio.

Se noi chiamiamo tutti i cani della vostra nazione – “Venite. Parliamo di Dio” – essi non potranno capire. Ma nella forma umana questa possibilità c’è. Non importa se una persona si trova in India, in America o in Australia. Ogni essere umano, se s’impegna a leggere le scritture – non importa se la Bibbia, la Bhagavad-gita o il Bhâgavata – potrà comprendere Dio.


        Perciò la forma umana è fatta esclusivamente per comprendere Dio. Se noi dirigiamo la nostra attenzione su qualsiasi altro interesse, sprechiamo la nostra energia. Infatti che cosa sono le altre attività? Tutti s’impegnano a dormire, mangiare, fare sesso e difendersi. Queste cose sono proprie anche dei cani e dei gatti. Anch’essi mangiano, anch’essi dormono, anch’essi sono attratti dal sesso e anch’essi si difendono a loro modo. Se anche la vostra vita umana viene sprecata soltanto per fare queste cose, allora state perdendo l’occasione.

L’attività dell’essere umano deve essere diretta alla comprensione di Dio o della Verità Assoluta. Questa è la filosofia del Vedanta. Athâto brahma jijñasâ. Veda significa conoscenza e anta significa definitivo. Noi acquisiamo conoscenza in molti settori, ma la conoscenza definitiva è conoscere Dio. Perciò il Vedanta afferma: athâto brahma jijñasâ: “Adesso, in questa vita, poniti domande sulla Verità Assoluta.”


Al mattino gli uccelli si chiedono: “Dove andremo stamani a prendere qualche frutto, qualcosa di commestibile?” Essi si pongono queste domande. E c’è un po’ di conversazione: “ki-chi mihi.” La vita umana non è fatta solo per questo tipo di domande. Le domande degne degli esseri umani sono: “Cos’è Dio? Cosa sono io? Qual è il mio rapporto con Dio? Qual è lo scopo ultimo della vita?”

Queste domande e le relative risposte devono trovar posto in una società umana. Queste sono le domande che devono scaturire: “Che cos’è Dio? Che cos’è la natura materiale? Chi l’ha creata? Come è stata creata? Come si mantiene?” Molte cose.


        Ovviamente se abbiamo una mente filosofica chiediamo: “Come è stato creato questo mondo? Chi l’ha creato?” E ci sono molti modi di rispondere, ma il Vedanta-sutra risponde che il creatore di tutto quello che vediamo – la manifestazione cosmica – è Dio, il Brahman.


        Dio, cioè la Suprema Verità, la Verità Assoluta, è ciò da cui tutto proviene. Questo viene affermato all’inizio dello Srimad- Bhagavatam. Janmâdy asya yataå: “La Verità Assoluta è ciò da cui tutto proviene.

La religione non è la fede

La base comune delle religioni consiste quindi nel cercare di comprendere l’Anima Suprema e di dirigere la nostra tendenza ad amare verso questa Anima Suprema. Nel dizionario si legge che la religione è un tipo di fede. No. E’ una situazione permanente. Non è la fede. Noi possiamo cambiare fede. Oggi io sono indù, ma domani posso diventare cristiano.

Se sei cristiano, domani puoi cambiare questa fede. Nella lingua sanscrita la parola che indica la religione non significa fede, ma rappresenta invece la caratteristica originale di una cosa. Questa viene chiamata religione. “Caratteristica originale” significa che non può essere cambiata. Questa qualità, questa caratteristica sarà sempre con noi.


        La versione vedica è che l’essere vivente è un eterno servitore del Signore. Quando egli dimentica questa relazione – di essere un eterno servitore del Signore – comincia la sua esistenza materiale. Nell’esistenza materiale nessuno è pronto ad essere un servitore. Tutti sono pronti a diventare padroni. Questa è la lotta per l’esistenza. Ognuno cerca di diventare padrone. Perfino nella società dei cani se ne può trovare uno che cerca di dominare gli altri abbaiando: “Io sono migliore di voi.”


Questa viene chiamata lotta per l’esistenza. Tutti – individuo contro individuo, nazione contro nazione, società contro società, le cosiddette religioni contro le cosiddette religioni – ciascuno vuole dominare. Nessuno si sforza di diventare servitore. Ma la realtà è che noi esseri viventi siamo eterni servitori di Dio.

Non appena dimentichiamo questa formula, ci troviamo nell’esistenza materiale e non appena facciamo rivivere la nostra coscienza originale, ci ritroviamo sulla piattaforma spirituale. Per questa ragione noi diffondiamo la coscienza di Krsna, la coscienza di Dio, cosicché le persone possano capire di essere eterne servitrici di Dio.


        Come dicevo, lo Srimad- Bhagavatam afferma: “E’ una religione di prima classe quella che insegna ai propri seguaci come ritornare ad essere servitori di Dio.” Questa è una religione di prima classe. Allora come si può diventare servitori di Dio? Nella Bhagavad-gita ci sono molti tipi d’istruzioni: karma-yoga, jñâna-yoga, dhyâna-yoga, bhakti-yoga.

Ma l’insegnamento finale di Krsna ad Arjuna è: sarva-dharmân parityajya mâm ekaç ôaraëaç vraja (Bhagavad-gita 18.66). “Il tuo unico dovere è di arrenderti a Me, perché sei un Mio eterno servitore. Ti sei rifiutato di servirmi, hai voluto vivere indipendentemente nel mondo materiale, sforzandoti in modo artificiale di diventare padrone. Rinuncia a questa tendenza. Arrenditi a Me. Allora sarai felice.”

E Krsna afferma: ahaç tvâç sarva-pâpebhyo mokõayiõyâmi: “E quando ti sarai arreso a Me, Io ti libererò da tutte le reazioni di una vita peccaminosa.” Perché ha detto “una vita peccaminosa”? Perché nel mondo materiale tutte le attività sono peccaminose, visto che il loro scopo principale è come diventare padroni. Per diventare padroni, tutti sono pronti a fare qualsiasi cosa, non importa se atti peccaminosi o pii.

Un altro significato di “peccaminoso” è tutto quello che si oppone all’ordine di Dio. Nella Bibbia vi sono molti comandamenti: “Non devi fare questo.” Un uomo nel peccato non può avvicinare Dio. Questo è il verdetto della letteratura vedica.

yeõâç tv anta-gataç pâpaç
janânâç puëya-karmaëâm
te dvandva-moha-nirmuktâ
bhajante mâç dîãha-vratâå
(-Bhagavad-gita 7.28)

Colui che è completamente libero dalle reazioni di una vita peccaminosa può dedicarsi completamente al servizio del Signore.

I sintomi del puro amore per dio

C’è una base comune. Dio non è indù né musulmano. I metodi per avvicinare Dio possono essere differenti, ma lo scopo finale è come amare Dio o come servirLo. Nessuno può servire un altro senza amore. Nel mondo materiale una persona è disposta a servire un altro per denaro, per una ricompensa, ma servire Dio è un’altra cosa. Nel verso dello Srimad- Bhagavatam che ho citato viene affermato, ahaituki apratihatâ. Il servizio al Signore deve essere disinteressato.

Qui nel mondo materiale serviamo una persona per qualche interesse, per qualche guadagno materiale. Nel mondo spirituale invece servire Dio significa: “E’ il mio servizio. Io Lo amo. Io voglio servirLo.” Il fatto che una madre ami il suo bambino non la fa essere uguale alla bambinaia che viene pagata. La madre ama il suo bambino spontaneamente e le piace molto servirlo. Allo stesso modo, il vero amore per Dio è spontaneo, completamente disinteressato e senza ostacoli.


        L’amore per Dio è indipendente dalle varie condizioni materiali. Se un uomo è povero, questo non è un ostacolo ad amare Dio. No. O se un uomo è molto ricco, anch’egli può amare Dio. Ahaituki apratihatâ. Chiunque tu sia, non vi sono ostacoli perché tu possa imparare ad amare Dio. E se arriviamo a questo livello di coscienza – qui viene detto yayâtmâ suprasædati – sarete pienamente soddisfatti e felici. Se si è impegnati al servizio del Signore disinteressatamente e senza incontrare ostacoli – amore spontaneo – allora saremo pienamente soddisfatti.


        Ci sono molti esempi di devoti del Signore che hanno mostrato questo stato d’animo. Uno è stato Dhruva Mahârâja, un bambino di cinque anni. C’erano contrasti in famiglia:la sua matrigna l’aveva offeso ed egli voleva prendersi la rivincita. Allora chiese a sua madre: “Come posso fare?” Sua madre gli consigliò: “Prendi rifugio in Dio. Egli può aiutarti.”

Fu così che andò nella foresta dove meditò per sei mesi. Quando Dio gli apparve, disse: “Mio Signore, ora sono completamente soddisfatto. Non voglio nessuna benedizione da Te.” Svâmin kîtârtho ’smi varaç na yâce.


        Questa è la vera realizzazione di Dio. Realizzare Dio significa non avere più desideri. Tutte le richieste, tutti i desideri finiscono. Per questo viene detto yayâtmâ suprasædati. Poiché desideriamo, chiediamo. Finché faremo richieste, non saremo mai soddisfatti. Quando non vi sono più richieste – quando siamo completamente soddisfatti – abbiamo realizzato Dio.


        Ecco di nuovo la base comune. Attualmente le persone soffrono. Non solo in questo momento – sempre. Tutti nel mondo materiale sono pieni di ansietà, perché i desideri materiali non possono essere sempre soddisfatti. Essi aumenteranno. Se non si arriva alla coscienza di Dio, non c’è possibilità di essere soddisfatti. Yayâtmâ suprasædati.

Prasædati significa essere pienamente soddisfatti, non avere più desideri. Nella Bhagavad-gita (6.22) viene detto: yasmin sthito na duåkhena guruëâpi vicâlyate: “In questa posizione non si è più scossi, neppure di fronte alle maggiori difficoltà.” Se si è fissi nella coscienza di Dio, allora nessuna afflizione materiale può scuoterci. Yasmin sthito na duåkhena guruëâpi vicâlyate.

La perfezione attraverso il bhakti-yoga

Le persone dovrebbero cercare di ottenere quella perfetta posizione trascendentale caratterizzata dall’assenza di desideri che le può rendere pienamente soddisfatte. Il metodo per ottenere questa posizione si chiama bhakti-yoga. Noi insegniamo e diffondiamo il bhakti-yoga. In quest’era conosciuta come l’era di Kali, le persone sono disturbate in molti modi.

Per dare loro una vita pienamente soddisfacenteè necessario riportarle al livello della coscienza di Dio. Il metodo è semplice: cantare il santo nome di Dio. Noi cantiamo Hare Krsna. Hare Krsna significa rivolgersi a Dio per mezzo della Sua energia Harâ. Il fuoco è tutt’uno con la sua energia, la sua luce, il suo calore; similmente Dio ha varie energie, molte energie.

Le principali energie sono quella spirituale e quella materiale. Al momento noi siamo sotto il controllo dell’energia materiale, ma poiché siamo spirito dobbiamo spostarci verso l’energia spirituale. Se si pone un pesce per terra, per quanto si cerchi di metterlo a sua agio, egli non lo sarà mai, perché la terra non è il posto adatto ad un pesce.

Gettatelo nell’acqua e sarà a suo agio. Allo stesso modo noi siamo spirito, ora siamo imprigionati in corpi materiali.

Dehino ’smin yathâ dehe kaumâraç yauvanaç jarâ. (Bhagavad-gita 2.13)

Nostro dovere è di uscire dal controllo dell’energia materiale e di porci sotto l’energia spirituale.

Allora la nostra vita sarà pienamente felice.

Nella forma umana c’è un vantaggio: possiamo uscire dall’energia materiale e collocarci nuovamente nell’energia spirituale.


        Per collocarci di nuovo nell’energia spirituale dobbiamo liberarci dalle designazioni. Che cosa sono le designazioni? “Io sono indù”, “io sono musulmano”, “io sono cristiano”, “io sono americano”, “io sono indiano”, “io sono questo”, “io sono quello”. Queste sono designazioni. E diventare liberi dalle designazioni significa: “Non appartengo a nessuna di queste categorie. Sono un eterno servitore di Dio.”

Se si arriva a questa posizione, allora questa è la base comune. Fate che tutti comprendano di essere eterni servitori di Dio e tutti i problemi saranno risolti.


        Questo è lo scopo del nostro movimento per la coscienza di Krsna. Cantiamo il santo nome di Dio e consigliamo agli altri di cantare il santo nome di Dio. Dio deve avere qualche nome. Nella Bibbia si dice: “Sia santificato il Tuo nome.” Allora c’è un nome. C’è il nome di Dio. Il nome di Dio è Cristo, Kristo o Krsna.

 Perciò possiamo cantare insieme. Dov’è la difficoltà? Voi che professate il cristianesimo, avete il nome di Dio, altrimenti perché Gesù avrebbe consigliato: “Glorifica il nome di Dio”? Questo è cantare. Perciò glorifichiamo insieme il nome di Dio. Questa è la piattaforma comune.
Vi ringrazio moltissimo.

A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupâda





Yoga: sistemi diversi uniti nella bhakti - dicembre 2011

Lo yoga non molto tempo fa era una disciplina sconosciuta al di fuori dell'India, dove viene largamente praticata da millenni. In pochi decenni è però diventato molto popolare, una tra le pratiche più seguite nel mondo. In ogni città esistono centri dedicati, quasi tutte le palestre ne propongono dei corsi, molte scuole pubbliche e private includono lo yoga tra le attività programmate e rivolte a studenti ed insegnanti, mentre alcune grandi aziende ne promuovono addirittura la pratica nell’orario di lavoro. Qualcuno sostiene che questa “yoga-mania” è un fenomeno momentaneo, legato alla moda del momento, destinato a ridimensionarsi quando ci si accorge che lo yoga richiede continuità e determinazione e che più che allo sviluppo fisico esso mira a trasformare la coscienza per elevarla a stati più alti di consapevolezza, lontani dalle apparenze del materialismo consumista.

Pur essendo una giusta osservazione, per farsi un'opinione completa bisogna analizzare i dati sulla diffusione dello yoga nel nostro paese. Essi rivelano che, nonostante il grande interesse esploso di questi ultimi anni, la passione per lo yoga è in crescita costante ormai da tempo. Chi si è avvicinato alla sua pratica solo per ottenere un ventre piatto e glutei d’acciaio (come recitano alcune pubblicità americane...) probabilmente perderà facilmente interesse, ma è anche vero che le modalità che portano a studiare lo yoga sono molteplici e difficilmente etichettabili. Ho conosciuto persone che si sono avvicinate allo yoga con superficialità e dopo poco lo hanno abbandonato, per poi riprenderne la pratica dopo alcuni anni con una maggiore attenzione e serietà.

Nel comune pensare, lo yoga consiste in una disciplina fisica che richiede l'esercizio di particolari posture, dette asana. In realtà esse sono legate solo ad un tipo specifico di yoga, chiamato hatha yoga, che si sublima nel raja yoga, anticamente elaborato dal saggio Patanjali. Tutti i tipi di yoga prescrivono disciplina psicofisica e il primo obiettivo fissato da ognuna di esse è quello di liberarsi dagli attaccamenti e dalle avversioni che nascono dalla mente e dai sensi agitati. All'inizio si prende coscienza dei guna (N.d.r. si veda l’articolo: I Guna – Gli influssi della natura materiale), le tre influenze materiali, per poterli trascendere. In particolare si dovranno superare tamas, ignoranza, e rajas, passione, per raggiungere il livello di sativa, o virtù, dal quale è possibile proseguire verso il sentiero della realizzazione spirituale vero e proprio.

Il termine sanscrito yoga deriva dalla radice yuj, che significa congiungere, unire e questa unione raggiunge la sua piena realizzazione nel momento in cui viene ritrovata la bhakti, l'insieme di sentimenti di puro amore spirituale che ci unisce al Divino.

Vediamo ora in una breve descrizione i metodi più importanti dello yoga.

Il jnana yoga, o yoga della conoscenza, insegna che esistono quattro direttive per conseguire la liberazione. Viveka, la prima, è l’abilità nel discriminare tra ciò che è reale ed eterno da ciò che è irreale e temporaneo. Vairagya, la seconda, è il distacco, il rifiuto dei piaceri del mondo nella comprensione che questi sono in verità solo fonti di disagio. La terza, sad sampat, consiste in sei virtù: sama, la calma e il controllo della mente, dama, il controllo degli organi di senso, uparati, la rinuncia alle attività che non fanno parte del dharma, titikha, la fermezza interiore di fronte alle avversità e agli opposti come gioia e dolore, sraddha, la fede nell’insegnamento del vedanta e samadhana, concentrazione perfetta.

Mumukshtva, la quarta direttiva, è l'ardente attesa e il desiderio di liberazione dai vincoli dello spazio e del tempo.

Shankara è il sistema di yoga più conosciuto e porta all’illuminazione intellettuale e alla realizzazione del sé. I suoi insegnamenti preliminari invitano a praticare azioni virtuose e devozionali.

L'Hatha yoga è costituito da un insieme di esercizi fisici e controllo della respirazione, perfezionati nel tempo da generazioni di yogin. La pratica dell’hatha yoga tende al raggiungimento dell’equilibrio fisico e psichico che porta ad una maggiore consapevolezza dei processi vitali e fisiologici. Questo viene ottenuto con ferrea perseveranza e regolarità nel seguire il processo.

Hatha significa sforzo, pertinacia. La pratica ininterrotta modella lo stato mentale e fisico dell'asceta, donandogli notevoli benefici in termini di salute, calma interiore e aumento del capacità di concentrazione, migliora la tonicità muscolare e articolare, regola il peso corporeo e garantisce una maggiore vitalità, anche in età molto avanzata.

Kriya yoga vuole dire purificarsi attraverso la meditazione e l’azione finalizzata a rimuovere gli ostacoli dal cammino spirituale. Il kriya yoga è conosciuto in occidente grazie a Paramhansa Yogananda, che con la sua celebre opera “Autobiografia di uno yogi” ha avvicinato migliaia di persone ad una disciplina che in India rimane tutt’oggi riservata e accessibile solamente nello scambio tra maestro spirituale e discepolo. Dal sito ufficiale di Ananda Assisi citiamo questa interessante descrizione: "Il kriya yoga è una tecnica avanzata per l’evoluzione spirituale, che ci è stata tramandata da epoche caratterizzate da una maggiore illuminazione spirituale”.

Il kriya yoga fa parte dell’antica scienza del raja yoga, ed è menzionato da Patanjali negli Yoga Sutra e da Sri Krishna nella Bhagavad-gita. La tecnica vera e propria del kriya yoga può essere rivelata solo agli iniziati, ma il fine e l’essenza della sua natura sono stati ben descritti da Paramhansa Yogananda e Swami Kriyananda nelle loro rispettive autobiografie.

Mantra yoga: la parola sanscrita mantra deriva dalla combinazione di manus, o mente, e trayati, liberare. Il mantra è quindi il suono che libera la mente e generalmente si tratta di suoni trascendentali da ripetere per ottenere benefici di varia natura. I mantra più conosciuti sono probabilmente quelli che iniziano con la sillaba om, anche detta aum, considerato il suono originale da cui è stato generato l’universo.

Altri mantra popolarmente conosciuti sono il buddista “Om mani padme hum”, il mantra sivaita “Om namaha shivaya” ed il mantra “Hare Krishna”, detto anche maha mantra, proprio della scuola monoteista vaishnava:

Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare

Il kundalini yoga è l’energia del serpente arrotolato su sé stesso (kundala: avvolto, spiraliforme) alla base della spina dorsale; va risvegliato affinché salga fino alla testa per dare energia e consapevolezza del sé.

Il kundalini yogi impara a dirigere l’energia attraverso i sette chakra, o punti di energia principali: muladhara, svadhisthana, manipura, anahata, vishudda, ajna e sahashrara.

Il raja yoga, o asthanga yoga, è stato codificato dal saggio Patanjali negli Yoga Sutra, dove ha indicato il percorso da seguire per liberarsi dalla schiavitù e dalle sofferenze della mente. Esso è suddiviso in otto tappe o fasi, dette asthanga: yama, o astinenza; nyama, le regole comportamentali; asana, le posizioni fisiche; pranayama, il controllo della respirazione e del soffio vitale; pratyahara, o il ritiro della mente dai sensi; dharana, concentrazione e contemplazione; dyana, o meditazione; samadhi, l'estasi o consapevolezza del vero sé, la piena coscienza spirituale.

Il karma yoga è la via dell'azione, un percorso pratico ed immediato di una spiritualità semplice, basata sulla ricerca della trascendenza attraverso l’azione e non tramite la sua negazione, cosa che spesso viene erroneamente associata con lo yoga. Unendo l'azione alla meditazione, il karma yogi si purifica progressivamente seguendo le leggi del dharma che guidano le sue attività. Nel terzo capitolo della Bhagavad-gita, Krishna parla del karma yoga e spiega nei dettagli come tra azione e inattività sia preferibile la prima, a patto che venga compiuta con distacco e perseguendo il sanatana dharma,l'attività naturale ed eterna dell'anima.

Senza desiderio o avversione per i frutti delle proprie azioni, il karma yogi vive in accettazione del proprio ruolo, o svadharma, mettendosi al servizio dell'universo e della Divinità.

 Comportandosi in questo modo non si produce karma, l'insieme di reazioni delle attività materiali, poiché a tutti gli effetti non si agisce per interesse personale ma si diventa uno strumento della volontà di Dio. In questo modo, corpo, mente, parola e sensi sono utilizzati al meglio e si trasformano in preziosi alleati.

La rinuncia ai frutti dell’azione e a considerarsene l’autore consentono al praticante una graduale comprensione della propria natura spirituale eterna e infine a conseguire moksha, la liberazione dal samsara, il ciclo di nascita e morte.

Bhakti è un termine non facilmente traducibile. Esso esprime insieme devozione, sentimento spirituale, servizio offerto in modo puro e disinteressato, amore per Dio incondizionato ed ininterrotto.

Il bhakti yogi è colui che dedica tutte le attività a Krishna, Dio la Persona Suprema, attraverso almeno uno dei metodi del servizio devozionale: sravanam, ascoltare i divertimenti del Signore; kirtanam, cantare i Suoi Santi Nomi e glorificarLo; smaranam, ricordarLo sempre; pada sevanam, o servire e meditare sui Suoi piedi di loto; arcanam, adorarLo; sakhyam, legarsi in amicizia con il Signore; vandanam, rivolgergli preghiere; dasyam, servirLo incondizionatamente e atma nivedanam, abbandonarsi completamente a Lui.

Ogni pratica yoga ha ovviamente caratteristiche proprie, ma bisogna ricordare che sono percorsi affini e quindi condividono molti aspetti tra loro. La tradizione vedica riconosce il jnana yoga, il karma yoga, il raja yoga e il bhakti yoga come i sentieri principali dai quali si diramano altre vie. Riassumendo a grandi linee, i risultati a cui conducono questi quattro percorsi spirituali sono:

jnana yoga: conoscenza e rinuncia;

karma yoga: azione e conoscenza;

raja yoga: conoscenza, rinuncia e meditazione;

bhakti yoga: azione, conoscenza, rinuncia, meditazione attraverso la devozione.

Le vie dello yoga mirano alla riscoperta della propria natura spirituale e ci riconnettono con il Divino nei suoi tre aspetti di brahman, paramatma e bhagavan. Brahman è l’effulgenza trascendentale, la radiosa luce divina e chi raggiunge questo livello realizza l’onnipervadenza dell’energia spirituale e la sua superiorità sull’energia materiale.

L’atma, o anima, risveglia così il potenziale delle proprie caratteristiche originali di sat, eternità, cit, conoscenza e ananda, felicità, provando appagamento e beatitudine interiori. Paramatma è la definizione localizzata dell'energia spirituale che viene differenziata tra anima infinitesimale, l'essere vivente, e Anima Suprema, che gli asceti individuano nel cuore e dalla quale si lasciano guidare.

Gli yogi più avanzati visualizzano Narayana, Dio, nelle loro meditazioni e così facendo sviluppano amore spirituale, o bhakti. La realizzazione di bhagavan è quel livello in cui non solo si ottiene la consapevolezza della propria natura di essere spirituale diverso dall'unico tutto, ma si stabilisce una relazione diretta con bhagavan, Dio nella Sua forma personale. Il bhakti yogi dedica ogni attività a Dio, Krishna, e con questa offerta spontanea e incondizionata la sua relazione con Lui diventa sempre più profonda ed intima, ricca di sentimenti e di emozioni puramente spirituali che sono destinate a crescere all'infinito, poiché per sua natura l’amore divino non conosce limiti.

I Veda considerano il livello di realizzazione di bhagavan il fine ultimo dello yoga, perché solo attraverso una relazione personale effettiva ed affettiva con l’Anima Suprema l’essere individuale può liberarsi definitivamente dai condizionamenti materiali ed ottenere la felicità eterna. Bhakti, a vari livelli, è presente in tutti percorsi dello yoga ed è l’elemento che li accomuna. 

Nella Bhagavad-gita, parlando con il Suo discepolo e amico Arjuna, Krishna dice a proposito del karma yoga: “Chi compie il proprio dovere senza attaccamento offrendone i frutti al Signore Supremo non è toccato dal peccato, come la foglia del loto non è toccata dall’acqua”.

Parlando poi del jnana yoga, Egli dice: “Dopo molte nascite e morti chi è situato nella vera conoscenza si sottomette a Me sapendo che Io sono la causa di tutte le cause e sono tutto ciò che esiste. Un’anima così grande è molto rara”. Krishna descrive quindi il raja yoga dicendo: “Fra tutti gli yogi, colui che con grande fede dimora sempre in Me, pensa a Me e Mi offre il suo servizio con amore e devozione è il più intimamente unito a Me nello yoga ed è il più elevato di tutti.

Questa è la mia opinione”. Egli infine descrive il bhakti yoga: “Mio caro Arjuna, soltanto con una totale dedizione al Mio servizio, posso essere conosciuto così come sono, in piedi di fronte a te, e posso essere visto direttamente. Soltanto così è possibile penetrare il mistero della Mia persona... Caro Arjuna, la persona che s’impegna nel puro servizio di devozione, libera dalla contaminazione delle attività interessate e dalla speculazione mentale, che agisce per Me, considerandoMi il fine supremo della vita ed è amica di tutti gli esseri, certamente verrà a Me”.





Yantra, Mantra e Vastu gennaio 2012
Di Tiziano Valentinuzzi

Yantra, Mantra e VastuL'utilizzo degli Yantra in casa per distruggere gli auto sabotaggi che limitano la propria felicità è una scienza senza tempo. Risale all'antichità della civiltà vedica, più di 5000 anni fa.

Lo Yantra più antico (archeologicamente parlando) che si conosca è certamente lo Sri Yantra del tempio di Vidyashankara a Sringeri nello stato del Karnataka. Stiamo parlando di una bassorilievo di 2000/2500 anni fa.

Ma che cos'è uno Yantra? Come vedi nell'immagine qui riportata, uno Yantra è una raffigurazione che racchiude quattro elementi: geometria sacra, colore, mantra e l’alfabeto sanscrito (la griglia 3x3 al centro con dei simboli numerici in devanagari).

La parola sanscrita Yantra significa "strumento, mezzo, veicolo", è un "qualcosa" che favorisce un'esperienza o il raggiungimento di qualche specifico obiettivo di benessere a cui teniamo.

I quattro elementi che compongono uno Yantra gli conferiscono una specifica energia, o meglio lo rendono in grado di attivare uno specifico cambiamento interiore. Le combinazioni possibili sono virtualmente infinite. Mi spiego meglio.

Nel precedente articolo Vastu, lo Yoga dell'Abitare: è veramente possibile cambiare vita modificando la nostra casa? abbiamo visto come lo spazio esterno, in particolare la casa, non sia altro che la proiezione del nostro spazio interno, quello della mente e dell'inconscio ed è proprio nell'inconscio che ci sono quei meccanismi latenti che poi determinano il nostro destino, quello che in modo improprio molte persone chiamano fortuna e sfortuna.

I singoli Yantra sono strettamente legati alle direzioni cardinali e quindi alle diverse zone della casa: c'è uno Yantra adatto all'area est, uno a quella sudest, uno a quella est, ecc.

Usare gli Yantra è una specie di agopuntura della casa. Si installano con scrupolosa precisione affinché elargiscano la loro influenza positiva sugli abitanti.

Lavorano con un principio simile a quello dell'omeopatia che attraverso farmaci naturali immette nella parte malata dell’organismo informazioni sulla situazione sana offrendo direzione e sostegno ai meccanismi di autodifesa psico-fisica e favorendo l’autoguarigione.

La catena di funzionamento è la seguente: lo spazio esterno influenza negativamente il destino delle persone -> lo Yantra immette l'informazione energetica corretta nello spazio -> l'influenza sul destino diventa positiva -> gli autosabotaggi inconsci vengono eliminati -> di conseguenza cambia lo spazio (la casa), e il ciclo ricomincia daccapo.

Gli Yantra, sono comunque utilizzabili ed efficaci anche senza ricorrere al Vastu. Nella tradizione vedica lo Yantra, veniva comunque utilizzato a prescindere dall'applicazione o meno del Vastu. Nei tempi antichi gli Yantra erano considerati una sorta di "programmi automatici” da installare nello spazio per garantire armonia ed equilibrio, anche se è opportuno ricordare che nessuno avrebbe mai pensato di costruire una casa senza ricorrere alla scienza del Vastu che usava gli Yantra per porre rimedio a quelle zone dove non era stato possibile applicare correzioni di altro genere.

Sottolineo ulteriormente che è perfettamente possibile utilizzare gli Yantra come metodo per la crescita personale senza necessariamente passare dal Vastu. Il fatto sorprendente (e qui direi che sta proprio l'affascinante potere degli Yantra) è che anche intervenendo “meccanicamente” sugli spazi esterni, si finirà per modificare anche quello interno poiché come anzidetto, condizione interiore ed esteriore sono legate a doppio filo.

Ma come è possibile che un'immagine stampata possa cambiare la nostra vita?

La domanda è lecita e la risposta è semplice: non si tratta solo di appendere un’immagine in casa, ma di fare coscientemente un atto pratico di riflessione e di miglioramento.

Infatti l'uso corretto degli Yantra prevede l'utilizzo di mantra specifici non solo durante l'installazione ma anche successivamente, è richiesta, infatti, la recitazione di mantra di potenziamento con una frequenza determinata in base a luogo e circostanze.

In questo modo lo Yantra diventa quello che gli esperti di PNL chiamano "àncora positiva": ogni volta che li guardiamo, anche se involontariamente, il cervello registra quell'immagine e trasmette quello specifico segnale positivo all’inconscio ed i quattro elementi di cui è fatto lo Yantra, generano energia aggiuntiva potenziando il messaggio!

Un consiglio fuori dalle righe utile per ottenere ulteriore efficacia è di personalizzare al massimo lo Yantra scrivendo di proprio pugno un mantra in Italiano che rifletta la situazione specifica che si sta vivendo e di applicarlo nella parte posteriore dello stesso.

Migliorare il proprio benessere utilizzando gli Yantra è quindi possibile, ma è richiesta una certa dose di partecipazione attiva, non si tratta di piazzare qualche simbolo magico qua e là per scacciare la sfortuna di casa, ma di un processo scientifico di crescita interiore e di armonizzazione dei nostri spazi.

Tiziano Valentinuzzi

Tiziano Valentinuzzi, astronomo e insegnante, è un esperto di Vastu e di cultura vedica da oltre 10 anni ed è fondatore e direttore del primo sito internet italiano dedicato esclusivamente al Vastu www.casavastu.it

Le tappe nel viaggio dell'anima. I livelli relativi della Jiva aprile 2012

Chi ha realizzato o almeno inteso di non essere il corpo fisico e neppure quello psichico, accettando che la jiva (anima, corpo spirituale, energia superiore) è il vero sé, spesso si domanda se queste si suddividono in differenti categorie.

Ispirandomi a un famoso documento di Bhaktivinoda Thakur (1838 -1914) sul tema, proverò a illustrare il punto di vista della tradizione vaisnava a riguardo.

Esistono due tipi di jiva, quelle che vivono nella realtà della loro forma eterna detta in sanscrito svarupa e quelle che vivono il sogno dell’identificazione con la materia, detto upadhi.

Le scritture vediche, insegnano che la naturale occupazione della jiva, è di servire Krishna, Dio. E’ un servizio che non si esplicita attraverso una sudditanza forzata o retribuita come saremo indotti a pensare utilizzando il parametro di questo mondo, ma con una modalità, spontanea, affettuosa ed incondizionata che genera duratura ed incomparabile felicità.

In effetti, la maggior parte delle jive risiede nel mondo spirituale, mentre solo una piccola parte decide, poco consapevole delle conseguenze, di lasciare quella dimensione, per entrare in quella della dualità dove coltiva l’illusione di una vita indipendente, ma dove subisce le dure leggi di: kala (il tempo) karma (causa-effetto) e reincarnazione che la rendono dimentica delle sue origini.

Se Krishna non impedisce alla jiva di commettere l’errore di entrare nel mondo fenomenico è perché le concede libero arbitrio, senza il quale nessuna scelta potrebbe essere considerata veramente tale.

Dall’osservazione delle azioni delle persone, si può dedurre quanto sia profondo il condizionamento materiale o viceversa quanto sia avanzata la comprensione dell’identità spirituale.

Krishna, tuttavia, per ricordarci che sono tutte situazioni temporanee, nella Bhagavad-Gita dice:

“Tutti in un modo o nell’altro seguono la via che porta a Me, ed è in proporzione a come si abbandonano che li ricompenso”.

La ricompensa è ovviamente divina e comprende realizzazioni, saggezza, gioia interiore e scambi d’amore.

Le jive sono definite nitya-badda o perpetuamente condizionate, quando sono completamente impigliate nelle dinamiche materiali, baddha-mukta quando vivono nel mondo fenomenico, ma non ne sono condizionate e nitya mukta o eternamente liberate e trascendentali alla materia.

I nitya-baddha jiva si dividono in tre macro categorie:

  • Con coscienza nascosta, quando l’anima abita in alberi o piante.

  • Con coscienza inibita quando abita corpi animali.

  • Con coscienza allo stato di germoglio, quando il corpo abitato è umano ma non è presente consapevolezza spirituale.

Le anime con coscienza allo stato di germoglio si distribuiscono in ulteriori sei categorie:

  • Le popolazioni che vivono in uno stato primitivo

  • Le razze civilizzate che hanno sviluppato scienza e conoscenza materiale e che pongono l’enfasi sulla produzione industrializzata di beni. Non hanno un’appropriata condotta morale, né una vera fede in Dio.

  • Gli individui che non hanno comprensione di un Dio personale, ma che hanno una grande attrazione per la natura e le sue espressioni.

  • Gli individui la cui etica comprende una filosofia e una fede riguardanti un dio non ben definito. Sono gli adoratori dei deva, o semi-dei, che considerano tutti di pari livello, senza riconoscere l’esistenza di un Essere Superiore.

  • Gli individui che accettano Dio come il Signore della creazione, ma non Gli offrono servizio in spirito di devozione.

  • Gli individui che hanno una forte attrazione per la dottrina detta impersonalista, dove è solamente considerata l’esistenza di un’energia spirituale superiore ritenuta la somma di tutte le energie individuali. Gli impersonalisti, non credono nell’esistenza di un Essere Superiore, praticano il sentiero della conoscenza, jnana, impegnandosi fondamentalmente in dibattiti, e dissertazioni intellettuali.

I baddha- mukta sono di due tipi:

  • le jiva con la coscienza in fiore come i praticanti sul sentiero della sadhana- bhakti il percorso scandito da precise regole che porta a sviluppare progressivamente l’amore per Dio.

  • le jiva con coscienza completamente fiorita propria di chi sta già gustando l’amore estatico derivante dal servizio di devozione.

Le nitya-mukta situate nella svarupa, la posizione naturale, relazionano con Krishna attraverso cinque modalità dette rasa:

  • Santa rasa; che non comporta una stretta relazione personale.

  • Dasya rasa; la relazione in un sentimento di servizio.

  • Sakhya rasa; la relazione sprovvista di ogni tipo di reverenza che diventa rapporto confidenziale e amichevole.

  • Vatsalya rasa; la relazione parentale ove nel traboccante sentimento d’amore, sneha, la jiva si prende cura di Dio come figlio.

  • Madurya rasa; la relazione più intima, quella di amante di Krishna.

Le anime che vivono nel mondo materiale possono raggiungere quello spirituale, solo ritrovando il puro sentimento d’amore incondizionato, prema, proprio di quella dimensione e non perché appartenenti a una data tradizione religiosa come superficialmente troppo spesso viene concluso.

Nel percorso che va da sraddha (fede) a prema (puro amore)si devono evitare vikarma, le attività indecenti e akarma, l’inattività, come si deve anche evitare di essere confusi dal karma, dalla pratica dell’arida rinuncia e dalla conoscenza fine a se stessa. E’ inoltre fondamentale mantenere un atteggiamento rispettoso e non offensivo verso tutte le entità viventi.

Vikarma: Invidia – Crudeltà – Durezza di cuore – Violenza verso qualsiasi entità vivente – Desideri lussuriosi – Ira – Avidità – Egocentrismo – Imbroglio – Mancanza di rispetto – Orgoglio – Illusione mentale – Sporcizia – Danneggiare gli altri.

Akarma: Ateismo – Ingratitudine e disinteresse verso le anime realizzate.

Karma: In questo caso si riferisce alle conseguenze positive generate dalle attività pie compiute per dovere come; Aiutare gli altri – Servire i superiori – Carità – Sviluppo economico – Veridicità – Pulizia – Semplicità – Perdono – Misericordia – Occupazione in accordo alle proprie qualità – Appropriata rinuncia – Imparzialità.

Le conseguenze benefiche derivanti dalla pratica di queste attività pie, possono attivare uno stato di compiacimento e rilassatezza che distoglie la jiva dal percorso della realizzazione spirituale confondendola sul fine della vita umana.

Per arida rinuncia s’intendono tutte quelle pratiche e azioni compiute con grande sforzo e tenacia, al solo fine di ottenere benefici materiali, siano essi grossolani come i beni di consumo o sottili come il controllo delle energie interne o di quelle cosmiche.

Nella letteratura puranica, troviamo molte storie che a titolo di ammonimento raccontano di yogi potentissimi, grandi rinunciati ma non ancora del tutto distaccati che sono caduti dalla loro posizione quando si sono ritrovati a interagire con le dinamiche materiali.

L’arida conoscenza è quella via che porta ad accumulare nozioni ed elaborarle all’infinito, jnana.

Con la speculazione filosofica è possibile situarsi nel livello Brahman, nel quale si realizza l’onnipervadenza dell’energia spirituale, quindi la differenza tra quest’ultima e la materia, ma non che l’energia origina da una Persona, con forma (spirituale) e attributi (divini).

Il jnani è affascinato e si compiace della propria intelligenza, arrivando quasi ad adorarla ed è con la logica che vorrebbe comprendere Dio, ma l’intelligenza, per quanto preziosa e raffinata, rimane sempre un’energia materiale, insufficiente, quando sola, per raggiungere lo scopo supremo.

L’unico modo possibile per comprendere la verità assoluta nella sua forma personale è attraverso la bhakti, lo yoga dell’amore; Krishna nella Bhagavad-Gita afferma:

“A chi Mi serve con amore e devozione, do l’intelligenza con la quale potrà raggiungermi”

Parabhakti das: Biografia dell'Autore


Parabhakti das - Mauro BombieriParabhakti  Das (Mauro Bombieri) nel 1978, all'età di 16 anni, si unisce al Movimento Hare Krishna.
Dopo alcuni anni vissuti da brahmachari (studente celibe) nei templi ISKCON dedicandosi totalmente allo studio della letteratura vedica ed alla pratica del Bhakti Yoga si sposa ed ha una figlia.
Viaggiatore internazionale ha incontrato molte culture e genti che hanno contribuito ad ampliarne ed arricchirne la visione del mondo.
Si è anche occupato dinamicamente di protezione dell'ambiente e di formazione e benessere delle persone. Da alcuni anni è tornato all'impegno attivo nella ISKCON (Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna) ricoprendo la carica di responsabile di Villa Vrindavana
www.villavrindavana.org il più grande tempio italiano.

L'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna porta avanti una grande ed antica tradizione che si basa sulla
Bhagavad-gita, gli insegnamenti di Sri Krishna di cinque millenni fa. La Gita e le altre antiche scritture vediche dichiarano che Krishna e' la Persona Originale, Dio Stesso, che appare periodicamente in questo mondo per liberare tutti gli esseri viventi. Soltanto cinquecento anni fa, Krishna è disceso nella forma di Sri Caitanya Mahaprabhu per insegnare il più sublime ed efficace metodo di meditazione per i nostri giorni: il canto dei nomi di Dio, ed in modo particolare i nomi che si trovano nel maha mantra Hare Krishna. Oggi i membri dell'ISKCON proseguono il metodo del Movimento del Signore Caitanya distribuendo in tutto il mondo gli insegnamenti di Sri Krishna ed il mantra Hare Krishna.


)§( LUCE INFINITA DELL'AMORE, DELLA COMPASSIONE, DELLA VERITA' )§(


 



 



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