sabato 12 maggio 2012

{1a Parte} R I F L E T T E N D O sulla C U L T U R A V E D I C A




R I F L E T T E N D O  S U L L A  C U L T U R A  V E D I C A - Parabhakti Das




Il termine veda significa “conoscenza” e la conoscenza suprema consiste nel comprendere Dio, la Persona Suprema, la nostra relazione con Lui e l’azione sulla base di questa comprensione.

La conoscenza vedica emanata direttamente da Dio guida l’avanzamento spirituale dell’individuo cui provvede anche progresso e benessere psico-fisico, attraverso insegnamento e direzione in ogni settore sociale e culturale: religione, filosofia, psicologia, medicina, etica, musica, amministrazione, istruzione, arte, arte bellica, diplomazia, architettura, astronomia, ecc..

La tradizione vedica non ha una limitazione geografica e, molti studi ne confermano la sua diffusione in tutto il pianeta, tuttavia, le maggiori testimonianze e letteratura sulla civiltà vedica, provengono dall’India e dal Continente Asiatico.

Lo studio della cultura vedica accompagna la vita di moltissimi religiosi, studiosi, ma anche d’uomini comuni in tutto il mondo.

Scopo di questa rubrica sarà di aprire un’altra porta, rendendo maggiormente disponibile l’antichissimo sapere vedico come anche di attualizzarne l’insegnamento.

Lo farò avvalendomi della collaborazione d’alcuni confratelli e consorelle, cari compagni in quest’affascinante viaggio verso la realizzazione spirituale




La cultura vedica novembre 2009

Cultura vedicaIntroduzione

Chi si è avvicinato alla cultura indiana ed orientale ha sicuramente sentito parlare di veda e della cultura vedica, ma precisamente che cosa significa vedico? E da dove provengono i Veda?


Il termine Veda può essere riportato alla radice sanscrita vid, che significa "sapere" o "conoscenza"; esso ha attinenza con le parole inglesi "wit" e "wisdom", con la parola "idea" (originariamente widea) dal greco e con la parola "video" dal latino. (Uno che sa, vede la verità; da cui: video.)
Per cui Veda si riferisce a qualsiasi conoscenza duratura. In questo senso, tutti i testi sacri come, ad esempio, la Bibbia od il Corano sono vedici.


Srila Prabhupada scrive: "La parola Veda significa 'libro di conoscenza.' Ci sono molti libri di conoscenza che variano a seconda del paese, della popolazione, dell'ambiente ecc... Lo scopo di questi libri è di trasmetterci conoscenza in modo istruirci gradualmente sulla nostra condizione originale d’esseri spirituali. La ramificazione della letteratura vedica è così ampia e dettagliata da arrivare a fornire guida per ogni essere vivente, e ciò avviene con modalità specifiche per le varie tipologie d’individui.

Queste sono fra le più ampie definizioni di Veda. In un senso più ristretto - quello che è più familiare alla maggior parte degli studiosi - il termine Veda si riferisce alle quattro samhita (libri sacri) compilati in India da Vyasadeva, un'incarnazione di Krishna, apparsa cinquemila anni fa.
Secondo la tradizione, tuttavia, prima della stesura il contenuto dei libri era trasmesso oralmente e gli stessi testi affermano che la conoscenza contenuta in essi fu emanata direttamente da Dio:

Cultura e letteratura vedica"I Veda sono direttamente manifestati dall'infallibile Suprema Personalità di Dio." (Bhagavad-gita 3.15).
Le quattro Samhita ebbero origine come un’unica opera, ma poi Vyasadeva le divise in Rig Veda (il Veda dei suoni sacri), il Sama Veda (il Veda delle melodie), lo Yajur Veda (il Veda dei riti) e l'Atharva Veda (il Veda degli incantesimi).


Questi quattro libri hanno i loro corollari, chiamati Brahmana (trattati riguardanti le tecniche dei sacrifici) e Aranyaka (trattati della foresta per rinunciati che vanno in una regione selvaggia per adempiere i loro voti).


        In generale sono anche incluse nel corpus vedico le 108 Upanisad, elaborate spiegazioni filosofiche dei quattro Veda.
Le Upanisad, dicono gli stessi antichi testi, furono rivelate ai saggi realizzati e sono pertanto chiamate sruti, o "ciò che è ascoltato". Questo le colloca nella stessa categoria dei quattro Veda e dei loro corollari.


        Lo Srimad Bhagavatam (Bhagavata Purana) è la più elevata fra le opere di Vyasadeva. Uno dei suoi versi dice: "Questo Bhagavata Purana risplende come il sole...
Coloro che a causa delle dense tenebre dell'ignoranza, in quest'era di Kali (quella attuale), hanno perduto la loro visione spirituale, verranno illuminati da questo Purana."


        Ancora nella letteratura vedica vi sono indicazioni - confermate da grandi saggi - che anche altre opere, sebbene non vediche in senso stretto, possono essere incluse all'interno della vasta gamma della tradizionale conoscenza vedica.
La Chandogya Upanisad (7.1.4), per esempio, classifica i Purana e le Itihasa, che definirò successivamente, come "il quinto Veda."


        E la Brihad-aranyaka Upanisad (2.4.10) ci informa: "Il Rig Veda, lo Yajur Veda, il Sama Veda, l'Atharva Veda ed i racconti come il Mahabharata ed i Purana sono stati emanati tutti dalla Verità Assoluta. Con la stessa facilità con cui uno respira, così queste opere provengono dal Brahman Supremo senza alcun sforzo da parte Sua."


        Il grande maestro vaisnava del tredicesimo secolo Madhvacarya afferma che gran parte della letteratura tradizionale indiana può essere considerata parte dei Veda.
Nel suo commentario al Vedanta Sutra, egli scrive: "Il Rig Veda, lo Yajur Veda, il Sama Veda, l'Atharva Veda, il Mahabharata, il Pancaratra e il Ramayana originale sono considerati tutti letteratura vedica. Anche i testi supplementari vaisnava - i Purana - sono letteratura vedica.


        Gli scritti successivi alle Upanisad ed ai quattro Veda sono noti come smriti (“ciò che è ricordato," opposto alla sruti vedica). Essi includono le Itihasa (epica) e i Purana (racconti).
Le Itihasa sono il Mahabharata (110.000 versi) e il Ramayana (più di 50.000 versi). Ci sono diciotto Purana principali (incluso lo Srimad Bhagavatam), molte Upapurana (Purana minori) e numerosi Purana regionali, alcuni più autorevoli di altri.


        Nella letteratura vedica sono compresi anche i Sutra (libri di asserzioni filosofiche concise), i Vedanga (scienze ausiliarie connesse allo studio dei Veda) e le Upaveda (scienze non direttamente connesse con lo studio dei Veda). I Sutra comprendono gli Srauta-sutra, il Griha-sutra, il Kalpasatra, il Dharma-sutra, il Sulva-sutra ed il più importante, il Vedanta-sutra.


        I sei Vedanga sono Siksa (fonetica), Chanda (metrica), Vyakarana (grammatica), Nirukta (etimologia), Jyotisa (astronomia) e Kalpa (ritualità).
Fra le Upaveda ci sono l'Ayur-veda (medicina olistica), il Gandharva-veda (musica e danza), il Dhanur-veda (guerra) e lo Sthapatya-veda (architettura).
La tradizione sostiene che qualsiasi letteratura conforme alla versione vedica è importante quanto i Veda stessi.


        Questo tipo di letteratura comprende libri come Hari-bhakti-sudhodaya, Hari-vamsa, Brahma-yamala e centinaia di altri.
Infine possiamo aggiungere molti scritti di acarya realizzati (maestri nella successione disciplica) come la Sri Caitanya-caritamirta di Krishnadasa Kaviraja Gosvami ed i molti libri dei Sei Gosvami, i più autorevoli discepoli di Sri Caitanya.

Il re dei libri

Poiché questi altri scritti mettono in evidenza l'essenza del Veda originale, in un certo senso essi sono più importanti del Veda originale stesso.
Si prenda per esempio lo Srimad Bhagavatam. Secondo la tradizione, questa grandiosa rivelazione fu in origine data da Dio a Brahma, il primo essere creato, all'alba della creazione.


        Brahma trasferì, l'essenza della conoscenza a Narada e questi la passò a Vyasa, che, come precedentemente riportato, prese l'eterna saggezza dei Veda e la divise in quattro parti distinte.
Quello che però non ho riferito è che successivamente Vyasa riassunse la conoscenza vedica in un'immensa opera dal linguaggio conciso nota come Vedanta Sutra.


        Dopo aver fatto questo però fu preso dallo sconforto; avvertiva che nel compilare la letteratura vedica aveva trascurato di mettere veramente a fuoco la Verità Assoluta.
Il suo maestro spirituale, Narada Muni, gli confermò questo sospetto dicendogli che aveva davvero trascurato il punto centrale della realtà e che solo descrivendo esattamente il nome, la fama, la forma ed i passatempi di Krishna, la Suprema Personalità di Dio, si sarebbe sentito soddisfatto.


        Seguendo il consiglio del suo guru, Vyasa compilò lo Srimad Bhagavatam i cui versi lo delineano come "il re dei libri," "il Purana senza macchia" ed "il frutto maturo dell'albero della conoscenza vedica." Esso è anche ritenuto il naturale commentario del Vedanta Sutra.
Per molti seguaci della tradizione vedica, i testi "tardi" o "non vedici" sono più vedici degli stessi Veda.


        Jiva Gosvami, che i seguaci di Sri Caitanya considerano il più importante fra tutti i filosofi vedici, sottolinea questo punto nel suo Tattva-sandarbha (17.4) in cui egli cita lo Skanda Purana (Prabhasa-khanda 2.93): "O brahmana, colui che conosce perfettamente i quattro Veda, i sei Vedanga e le Upanisad, ma non ha studiato anche le Itihasa ed i Purana non è veramente esperto nella conoscenza vedica.”


Perché? Perché, secondo Jiva, i Purana e le Itihasa sono superiori ai Veda: "La superiorità dei Purana e delle Itihasa è affermata nel seguente passo del Narada Purana dove si cita Siva che afferma: "O bella Parvati, considero i Purana e le Itihasa superiori ai Veda, perché ogni verità presente nei Veda è anche contenuta in queste antiche opere. Su questo non c'è dubbio." (16.11)
Ovviamente, la tradizione vaisnava ritiene tutta la letteratura vedica supplementare indispensabile per lo studio dei Veda.

La più vasta

La letteratura vedica comprende la più vasta tradizione scritta conosciuta. Essa contiene informazioni su tutto, dalla medicina e dall'agricoltura alla scansione del tempo sui pianeti superiori e su quelli inferiori, dalle tecniche dello yoga e della meditazione ai suggerimenti per la gestione della casa ed alle ricette per gustosi piatti vegetariani, dalle spiegazioni dettagliate sull'organizzazione del governo a magistrali direttive sul modo di costruire e decorare un tempio o una residenza.


        I versi in ognuno delle migliaia di testi vedici seguono rigorose regole di arte poetica e di metrica. I Veda contengono drammi, racconti, complessa filosofia come anche semplici lezioni di etichetta.
Protocollo militare, l'uso di strumenti musicali, biografie di grandi santi e saggi del passato - questi sono solo alcuni degli argomenti che si possono trovare nei Veda. Non c'è da meravigliarsi dunque se la cultura vedica sta interessando sempre più persone.


        La cultura vedica è così avanzata e sofisticata che è ancora stimata da studiosi, politici, religiosi, swami, yogi e da chiunque privatamente si rivolge ai suoi accurati insegnamenti.
In India tutt'oggi si trovano persone che in un dibattito sostengono le loro idee - religiose o politiche - citando testimonianze vediche.


        Essi si rifanno ad una tradizione che per migliaia di anni ha costituito il fondamento per milioni di esseri umani che volevano progredire sia sul piano materiale che su quello spirituale.

DIVISIONI DELLA LETTERATURA VEDICA
Sruti (Scritture rivelate o "ciò che è ascoltato")
I. Le quattro Veda Samhita
Rig
Sama
Yajur
Atharva
I.Brahmana
II.Aranyaka
III. Upanisad (più di 108 libri)
Smriti (tradizione o "ciò che è ricordato)
I.Le Itihasa
Epica, come il Ramayana e il Mahabharata, che comprende la Bhagavad-gita
II.I Purana (racconti)
a.I diciotto Maha-purana (I grandi Purana)
I.I sei Purana sattvici (per persone in virtù)
1. Bhagavat Purana (Srimad Bhagavatam)
2. Visnu Purana
3. Naradiya Purana
4. Gauda Purana
5. Padma Purana
6. Varaha Purana
II.
I sei Purana rajasici (per persone in passione)
1. Matsya Purana
2. Kurma Purana
3. Linga Purana
4. Siva Purana
5. Skanda Purana
6. Agni Purana
III. I sei Purana tamasici (per persone in ignoranza)
1. Brahma Purana
2. Brahmanda Purana
3. Brahma Vaivarta Purana
4. Markandeya Purana
5. Bhavisya Purana
6. Vamana Purana
b.I diciotto Upapurana (minori)
c.Numerosi Sthala Purana (regionali)
III.I Sutra (codici)
a. Srauta Sutra
b. Griha Sutra
c. Kolpa Sutra
d. Dharma Sutra
e. Sulva Sutra
f. Vedanta Sutra
IV.I Vedanga (scienze ausiliarie)
a. Siksa
b. Chanda
c. Vyakarana
d. Nirukta
e. Jyotisa
f. Kalpa
V.Gli Upaveda (scienze direttamente collegate allo studio vedico)
a. Ayur Veda
b. Gandharva Veda
c. Dhanur Veda
d. Sthapatya Veda
VI.Scritti e commenti dei grandi acarya attraverso la storia



Liberarsi in Occidente o liberarsi dall'Occidente?  

Paroksa vado vedo jam
Balanam anusasanam
Karma moksaja karmani
Vidhatte hy agadam yatha

Liberarsi in Occidente o liberarsi dall'Occidente?Le persone sciocche od infantili sono attaccate alle attività interessate materiali, benché il vero scopo della vita sia quello di liberarsi da tali attività. Le ingiunzioni vediche portano, quindi, indirettamente alla via della liberazione, prescrivendo inizialmente le attività religiose interessate, proprio come un padre promette una caramella al bambino per fargli prendere la medicina. (SB 11.3.44)

Questo verso è tratto dallo Srimad Bhagavatam, un’opera monumentale di 18.000 versi che racconta le storie di anime liberate, di come ottenere la liberazione e della relazione con il Supremo.


        Nel verso, come in tutto lo Srimad Bhagavatam, troviamo metodi per aiutare le persone ad elevarsi da un livello di percezione più grossolano del mondo, ad uno più sottile, raffinato, dove la coscienza è maggiormente orientata verso la ricerca del sé interiore.


        Questa conoscenza è universale ed indipendente dal luogo di nascita o residenza!
Culture e religioni emanano tutte dai principi vedici e non sono altro che metodi più o meno diretti per indirizzare le persone verso il fiume della conoscenza che sfocia all’oceano della trascendenza.


        Da questa presa di coscienza, l’attitudine a riconoscere le diverse tradizioni ed i metodi di realizzazione spirituale come stanze comunicanti, interconnesse, piuttosto che distretti blindati, dei quali o si è parte, o si è esclusi.


        Detto quanto, è tuttavia in Oriente e particolarmente in India che troviamo maggiori dettagli e metodologia per raggiungere un obiettivo così elevato come quello della liberazione dal mondo materiale.

Brahmeti, Paramadveti, Bhagavan iti sabdyate.

La Verità Assoluta può essere realizzata in tre modalità: Brahman (in cui si comprende la superiorità e l’onnipervadenza dell’energia spirituale) Paramatma (in cui si comprende l’individualità dell’energia spirituale) e Bhagavan (ove si realizza Dio nella Sua forma personale).
Questi tre percorsi e scuole di pensiero, si confrontano da sempre in Oriente e regalano all’umanità un immenso patrimonio in conoscenza.


        In Occidente è meno diffusa questa conoscenza, ma, di fatto, anche le religioni “Occidentali” conducono a questi stadi di realizzazione.
In questi metodi più diretti, non ci sono dogmi, bensì livelli di comprensione progressivi conseguenti all’impegno che l’individuo mette nella ricerca.


   Non ci si realizza spiritualmente abitando in un luogo, appartenendo ad una comunità, aderendo solo formalmente ad un’ideologia o per discendenza, ma applicando con costanza e determinazione le istruzioni contenute negli insegnamenti dei maestri o enunciate direttamente da Dio, Krishna (dal sanscrito L’infinitamente Affascinante).

Il Supremo, dichiara nella Bhagavad-Gita:

Ye yatha mam prapadyante
Tams tathaiva bhajamy aham
Mama vartanuvartante
Manusyam partha sarvasa

Tutti in un modo o nell’altro seguono la mia via ed in proporzione a come si abbandonano a Me, li ricompenso.

Ricompensa, che non è benessere materiale ma conoscenza per uscire dal mondo materiale, per liberarsi.
Non è, di nuovo, una questione di luogo o di cultura, ma di dedizione, impegno, amore.
Quando l’Occidente guarda con interesse alla spiritualità d’Oriente, spesso lo fa con occhi oscurati da una propensione innata a tecnicizzare, regolamentare, catalogare, modificare, piuttosto che ascoltare, meditare. Questa modalità spesso non consente di cogliere l’essenza degli insegnamenti.


        Dall’altra parte, il proverbiale misticismo orientale, vive profonde crisi d’identità, incalzato ed ammaliato dall’aspetto pessimo della globalizzazione, quello che appiattisce i pensieri, sulla logica del consumismo.
Oriente ed Occidente paiono andare verso una fusione, o forse è meglio parlare di confusione di pensieri e stili, rendendo sempre meno marcate e riconoscibili le differenze.


        Le metropoli orientali sono sempre più simili a quelle occidentali, con annessi tutti i problemi di sostenibilità e disagio esistenziale e, di “qua e di là”, è in vertiginoso aumento il numero d’insoddisfatti che cerca nello yoga serenità e benessere.
Purtroppo è uno yoga di cui spesso si colgono solo aspetti marginali attribuendo alle asana, le posizioni, un valore assoluto strappando questa pratica da un sistema più articolato ed ambizioso che ha l’obiettivo di diminuire l’identificazione con il corpo, elevare la coscienza per culminare nell’unione con il Divino – Yoga vuol dire, infatti, unirsi con…
E’ una conoscenza da scoprire per gli occidentali e forse smarrita dagli orientali.


        Curioso è che, pur provenendo da percorsi opposti parrebbe proprio che, entrambi, siano convenuti su una piattaforma comune.
Srila Prabhupada, il fondatore del movimento Hare Krishna, diceva degli occidentali che sono molto distanti da Dio, ma che stanno camminando, a piccoli passi, verso di Lui, mentre degli indiani che, sono ad un passo da Dio, ma che stanno correndo nella direzione opposta.


        L’Oriente e l’Occidente, quindi, si fondono e si confondono rendendo forse più complicato trovare riferimenti ed appigli, ma al contempo questo travaso tempra, apre prospettive ed offre nuove chiavi di lettura al ricercatore spirituale autentico.
Piuttosto che focalizzarsi sulle differenze geoculturali tra Oriente ed Occidente, reputo più proficuo, e molto più interessante, scoprire e comprendere, la modalità d’azione di due realtà, il materialismo e lo spiritualismo, tecnicamente così distanti tra loro, ma che invece annotiamo coesistere, pur con forza diversa, in ogni parte del pianeta.


        Questa dualità tipica del kaliyuga (l’epoca in cui viviamo identificata come l’era della discordia e dell’ipocrisia) è incontenibile, e secondo le scritture, condizionerà ogni momento della nostra esistenza, spingendoci sempre alla ricerca dell’equilibrio tra le forze opposte.
Quindi non c’è scampo dall’Occidente e non c’è rifugio nell’Oriente!


        Caitanya Mahaprabhu (mistico per alcuni, santo per altri, figura Divina per la nostra tradizione, quella Vaishnava) appare 500 anni fa in India, dove dà vita ad un movimento spirituale che si prefigge di unire le genti di tutto il mondo, attraverso l’amore per Dio; indipendentemente da luogo di nascita, razza, posizione sociale, credo.
Caitanya Mahaprabhu, rompe gli schemi andando contro il sistema delle caste, guarda al cuore ed alle intenzioni delle persone, cerca la sostanza piuttosto che la formalità.


        Lentamente, ma sistematicamente, l’essenza dei Suoi insegnamenti, si diffonde prima in India per arrivare negli ultimi decenni con Srila Prabhupada, in tutto il mondo.
Srila Prabhupada, ribadisce un principio fondamentale, la santità dei luoghi è data dalle persone che lo abitano e non unicamente dalla loro ubicazione.


        Un luogo può quindi diventare sacro, ed un luogo che lo è, diminuire la sua forza spirituale se, chi lo abita non è coerente e non mantiene la purezza di pensieri, azioni ed obiettivi.
Oriente ed occidente, divengono, quindi, terreno unico sul quale convivere, confrontarsi e liberarsi.
Liberarsi dall’occidente significa, quindi, liberarsi da una mentalità, piuttosto che da un luogo.

VARNASRAMA DHARMA

  • VARNA - Brahmana - Ksatriya - Vaisya - Sudra (febbraio 2010)

  • ASRAMA - Brahmachari - Griastha - Vanaprastha - Sannyasi (febbraio 2010)

  • Varnasrama dharma

  • La struttura sociale vedica e il sistema delle caste

    Varnasrama dharmaIl sistema delle caste, tuttora largamente diffuso in India si riferisce, ipoteticamente, al varnasrama-dharma, la struttura sociale in opera nell’antichissima civiltà vedica.
    Il dubbio circa la rappresentatività dell’attuale sistema in auge in India, rispetto a quello descritto nella letteratura vedica, rimane forte perché troppo spesso il sistema delle caste, dà luogo ad inaccettabili prevaricazioni, imposizioni ed abusi, che rimangono inconciliabili con le intenzioni e gli obiettivi del varnasrama-dharma.


            Antichissimi testi vedici come il Rig Veda (10.90.12), paragonano le varie classi sociali al corpo umano e ricordano che sebbene qualcuna di esse possa avere una posizione più importante dell'altra, la loro interazione è non solo utile per il buon funzionamento dell’organismo, ma addirittura indispensabile per la sua sopravvivenza.

    Il varnasrama è ulteriormente citato nel Visnu Purana (3.8.9) e nella Bhagavad-gita (4.13), dove viene descritto come una componente naturale di qualsiasi società organizzata.
    In breve, i varna sono le quattro macrocategorie che stabiliscono gli impieghi e i doveri di questo mondo mentre gli asrama sono i quattro livelli spirituali che scandiscono, idealmente, la vita dell’uomo.


            I varna sono: i brahmana (intellettuali e sacerdoti), gli ksatriya (militari e amministratori), i vaisya (contadini e uomini d'affari) e i sudra (operai e assistenti generici).
    Nella maggior parte delle persone le caratteristiche non sono nette, tuttavia una specifica inclinazione occupazionale finisce per predominare.


            I quattro livelli spirituali, gli asrama, sono: brahmacarya (vita da studenti celibi), grihastha (vita matrimoniale), vanaprastha (vita ritirata) e sannyasa (rinuncia e completa dedizione all'Assoluto). La società vedica era predisposta in modo che le persone potessero assolvere il principale diritto/dovere dell’uomo, cioè realizzarsi spiritualmente cosa che era possibile per tutti i componenti a condizione che si impegnassero, indipendentemente dalla posizione sociale, a servire Dio e gli uomini.

    La cultura vedica ha un approccio individuale ed olistico verso le persone, quindi prima di assegnare un posto all’interno della società ne prende attentamente in considerazione la natura psico-fisica. Purtroppo questo sistema si è degradato in quello moderno delle caste, in cui le persone sono classificate in base alla nascita e questa interpretazione superficiale ed opportunista del varna ha portato al sistema jati con le sue innumerevoli sottocaste e variazioni rispetto ai quattro varna originali provocando gran confusione, lotte civili e fermenti nella società indiana.


    Krishna (la Persona Suprema) nella Bhagavad-gita (4.13) afferma: catur-varnyam maya sristham guna-karma-vibhagasah “Io ho creato le quattro divisioni dei brahmana, ksatriya, vaisya e sudra sulla base delle qualità e delle attività”.
    Il sistema varnasrama enfatizza "qualità e occupazione" senza riferimento alla nascita!


            Le persone entrano in una categoria grazie alle loro qualifiche e non per discendenza! Nascere in una determinata famiglia può sicuramente agevolare una persona verso una particolare direzione, ma non costituisce mai il fattore determinante per la sua collocazione sociale.

    Nella letteratura vedica sono raccontate storie di persone destituite da posizioni ricoperte grazie al diritto di nascita, ma per le quali non avevano dimostrato sufficiente capacità e coerenza.

    Significativa è la storia del re Vena (ksatriya) che invece di assolvere la funzione di “servitore” del popolo, praticava una vita agiata per sé ed il suo seguito disinteressandosi del benessere e dell’avanzamento spirituale delle persone di cui era, in accordo alla sua posizione, responsabile.


            I brahmana riunitisi più volte in consiglio per discutere la situazione anomala e dopo aver tentato ripetutamente di correggere le errate propensioni del Re, alla fine decidono di risolvere il problema alla radice uccidendolo con il canto di mantra.

    Rilevanti anche storie riguardanti i brahmana che grazie alla loro illuminazione spirituale ricoprono la posizione di guide e di ideologi della società.


            Romaharsana Suta era un famosissimo maestro, doveva la sua notorietà alla sua vasta erudizione ed al suo carisma che lo aveva portato ad essere il riferimento per decine di migliaia di discepoli.
    Il suo gran sapere non era però supportato da una virtù fondamentale per una guida spirituale: l’umiltà.

    Quando Balarama (una manifestazione di Dio) Si avvicinò al luogo dove stava istruendo i Suoi allievi, Romaharsana Suta, invece di accoglierLo ed offrirGli i suoi omaggi rimase seduto sul suo seggio, forte della convinzione, annoverata nella tradizione, che la lettura e la spiegazione delle scritture non devono essere interrotte e lo stesso dicasi per l’oratore che in quel momento assume una posizione divina.


            Era un grande erudito, uno straordinario predicatore e ricopriva la posizione di guru il cui dovere principale rimane quello di condurre le persone verso Dio che, tuttavia, a causa dell’offuscamento spirituale dovuto alla mancanza di modestia e umiltà, non era riuscito a riconoscere, sebbene fosse di fronte a lui.


            Balarama, aveva ben compreso come il maestro stesse utilizzando l’etichetta e la regola, per avvalorare la sua di grandezza, fuorviando, in tal modo, i seguaci.
    Balarama prese un filo d’erba e semplicemente toccando Romaharsana Suta lo costrinse a lasciare il corpo e quindi la posizione che aveva abusivamente occupato.


            Nella società vedica le posizioni sociali erano determinate con cura e, la conformità, di chi le occupava, monitorata con grand’attenzione.
    Il varna era attribuito durante il processo educativo del ragazzo dal sacerdote di famiglia, dal padre, dagli anziani degni di rispetto e dalla guida spirituale e tutti insieme ne osservavano le inclinazioni fin dall’infanzia e ne favorivano lo sviluppo.
    In caso di disaccordo era previsto un periodo di due anni di prova ed una commissione d’appello che riesaminava il caso dopo questo tempo.


            C’è da chiedersi allora da dove “l’induismo moderno” tragga le giustificazioni per sostenere il diritto di nascita.
    Perfino Gandhi, considerato da molti il padre “dell'induismo moderno” sostiene il concetto di “qualità e occupazione”:

    Il varna è determinato generalmente dalla nascita, ma può essere conservato solo osservandone gli obblighi. Una persona nata da genitori brahmana sarà chiamato brahmana, ma, se una volta adulto, non rivela le qualità di brahmana, non può essere chiamato brahmana e decadrà da questa posizione. Invece, una persona che non è nata come brahmana, ma che nella sua condotta ne rivela le qualità, verrà considerato un brahmana.




    {2a parte}

    VARNASRAMA DHARMA

    

    La classificazione sociale avviene naturalmente e non può essere imposta in base alla nascita. Bhaktivinoda Thakura (1838-1914), grande saggio e santo della tradizione vaisnava, è critico sul predominio del sistema delle caste, soprattutto perché si basa sulla nascita come criterio selettivo del varna. Egli annota che il sistema originale dei varna era puro e basato su principi scientifici (vaijnanika). Scrive inoltre che dal tempo del Mahabharata (all'incirca cinquemila anni fa), il sistema si è corrotto ed è stato deviato dal suo scopo originale che era quello di aiutare le persone a sviluppare gradualmente amore per Dio.

    Bhaktivinoda chiamava questo sistema originale, che era basato sui principi spirituali: daivi-varnasrama (varnasrama divino), molto distante, egli dice, dal sistema odierno delle caste.
    Bhaktivinoda inoltre denuncia una classe di brahmana e di ksatriya privi di scrupoli che, allo scopo di imporre la propria autorità sugli altri, ha riscritto libri come la Manu-samhita ed altri dharma-sastra in modo tale che questi autorevoli testi divengano di supporto alla tesi che il diritto di nascita sia la qualifica preminente per essere brahmana, la classe più elevata.
    Questo atteggiamento, denuncia Bhaktivinoda Thakur, ha contribuito alla decadenza della società, una volta gloriosa, del mondo indiano.


            Tutte le civiltà, anche quelle occidentali, sono ugualmente strutturate in classi sociali ed anche il filosofo greco Platone, apparentemente all'oscuro dei testi vedici, individuò parti sociali che sono notevolmente simili a quelle del sistema dei varna. Nel suo “Repubblica” sostiene che le classi sociali corrispondono a una gerarchia di tipi di personalità.


            La classe dominata dall'intelligenza filosofica, dice, è la più elevata, dopo di che vengono le classi dominate dalle emozioni e in ultimo troviamo quelle in cui predominano "gli appetiti" (desideri sensuali). Inoltre, aggiunge Platone, si può vedere che la società è naturalmente divisa nello stesso modo. Al più alto livello ci sono i re-filosofi che governano; sotto di loro ci sono i guerrieri, che egli chiama "ausiliari" perché assistono il re; infine abbiamo i commercianti e i lavoratori che Platone riunisce in un'unica categoria specifica.

    Platone paragona i governanti all'oro, gli ausiliari all'argento e quelli della terza categoria all'ottone e al ferro. Secondo Platone i genitori della categoria dell'oro tendono ad avere bambini con le stesse caratteristiche,così come i genitori della categoria dell'argento avranno naturalmente bambini analoghi e così via; ma, a volte, egli ammette, i genitori della categoria dell'oro possono avere figli delle categorie dell'argento, dell'ottone o del ferro. Può verificarsi, però, anche il processo inverso.

    Quando questo accade, dice Platone, si deve essere abbastanza flessibili da comprendere che, per esempio, un bambino "oro" nato da genitore "ferro" è in realtà "oro" - il suo diritto di nascita dovrà essere messo in disparte rispetto alle sue qualità naturali.


            La “necessità” dell’uomo di dividere, secondo convenienza, la società in gruppi sociali articolati in sottoscale e scale gerarchiche sembra essere, in ogni caso, un’esigenza che supera i confini geografici e storici.

    In Europa Principi, Conti, Marchesi, Baroni di ieri sono sostituiti da Prof. Dott. Comm. Cav. titoli non solo esibiti per riferire l’appartenenza ad una categoria, ma che divengono simbolo da ostentare per sbandierare l’appartenenza ad un’élite, per sottolineare una differenza di status.


            Il desiderio di distinzione è così sentito che fioriscono le “scuole” alternative, sia nell’area accademica sia in quella professionale, che offrono titoli onorifici e riconoscimenti a buon mercato, inutili in campo professionale, ma validi abbastanza per solleticare l’ego di chi li ottiene e per confondere i più ingenui.

    In cima alla classifica si giunge poi, oggigiorno, anche semplicemente con la notorietà mediatica e forse non sarebbe un problema se un popolo confuso e disorientato non eleggesse poi questi divi a modello di riferimento e se non conferisse loro (come sta avvenendo sempre più frequentemente) anche potere politico.


            La mancanza di qualità sostanziali nelle guide e negli amministratori, alimenta un arrivismo esasperato e senza regole che distrugge progressivamente una buona società.
    Il sistema dei varna si è così degenerato in quello che è oggi noto, in India, come il sistema delle caste e, in occidente, come clientelismo.


            Bhaktivinoda Thakura e Srila Prabhupada sostengono che il sistema dei varna è l’unico naturale e benefico per l’uomo, perché è l’unico utile per sviluppare amore per Dio.
    Gandhi e Platone limitandosi a considerazioni sociali, accettano le premesse che sono alla base del sistema dei varna e in particolare il fatto che esso deve essere basato sulle qualità personali e sulle naturali inclinazioni anziché sulla posizione della famiglia e sul diritto di nascita.


            Studiando il varnasrama-dharma si possono capire i motivi profondi che hanno portato la società odierna indiana come le altre a una situazione degenerata, rispetto a quella vedica.

    Andremo a scoprire quali sono le caratteristiche specifiche indicate per gli appartenenti ai differenti varna e quelle per gli asrama dei quali sinora ho parlato poco, poiché l’asrama, l’evoluzione spirituale dell’essere, viene presa in seria considerazione solo in una società virtuosa dove il benessere individuale, quello economico, quello sociale e quello spirituale convivono in armonioso equilibrio.

    Il disordine nei ruoli porta al progressivo abbandono della spiritualità, alla degenerazione dell’etica, permettendo all’economia di assumere una posizione predominante nel governo piuttosto che subordinata come dovrebbe essere, sostituendo così più elevati valori e scopi della vita con quelli del commercio.



    {3a parte}
    

    VARNASRAMA DHARMA

    VARNA

    Nell’undicesimo capitolo del settimo Canto dello Srimad-Bhagavatam nei versi 8-12 sono riportati i principi generali per una società perfetta:

    “Questi sono i principi generali che tutti gli esseri umani devono seguire: la veridicità, la misericordia, l’austerità, la pulizia, la tolleranza, la discriminazione tra il bene e il male, il controllo della mente, il controllo dei sensi, la non violenza, la castità, la carità, lo studio delle Scritture, la semplicità, la soddisfazione, l’offerta di servizio a persone sante, l’abbandono di impegni non necessari, l’essere consapevoli delle attività insulse della società umana, il silenzio e la serietà, la rinuncia ai discorsi inutili, il sapere valutare se la nostra identità è fisica o spirituale, la distribuzione equa del cibo tra tutti gli esseri (sia uomini sia animali), il saper considerare ogni anima, specialmente nella forma umana, come parte del Signore Supremo, l’ascolto delle attività e delle istruzioni di Dio, la Persona Suprema (rifugio delle persone sante), cantare le glorie di queste attività e di queste istruzioni, il ricordarle sempre, lo sforzo di rendere servizio al Signore, di adorarLo, di offrirgGli omaggi, diventare un Suo servitore, diventare un Suo amico e sottomettersi completamente a Lui.

    “O re Yudhisthira, la forma umana ci deve portare ad acquisire queste trenta qualità che sono sufficienti a soddisfare Dio la Persona Suprema.”

    BrahmanaBrahmana

    “Le caratteristiche di un brahmana sono il controllo della mente, il controllo dei sensi, l’austerità e la penitenza, la pulizia, la soddisfazione, la tolleranza, la semplicità, la conoscenza, la misericordia, la veridicità e la completa sottomissione a Dio, la Persona Suprema” (S.B. 7-11-21)

    In grazia a queste qualità il brahmana illumina la società e in particolare gli Ksatriya che ne sono gli amministratori. Il brahmana ha tre doveri obbligatori: lo studio dei Veda, l’adorazione delle Divinità e la distribuzione di carità.


            Il brahmana non deve accettare un lavoro stipendiato, deve mantenersi libero evitando dipendenza economica o psicologica che condizionerebbero le sue scelte e la sua imparzialità.


            Normalmente i brahmana insegnano, adorano le Divinità ed assolvono il compito di consulenti spirituali; nello svolgimento di queste funzioni accettano donazioni delle quali trattengono il solo necessario per il sostentamento, l’eccedenza è ridistribuita al popolo. In casi di emergenza il brahmana ha facoltà di impegnarsi in agricoltura o di chiedere la carità, ma fermo rimane il punto della non dipendenza.

    KsatriyaKsatriya

    “La potenza in battaglia, l’invincibilità, la pazienza, l’abilità nello sfidare gli altri, la generosità, il controllo delle necessità fisiche, la capacità di perdonare, l’attaccamento alla natura brahminica, la costante vivacità e veridicità - queste le caratteristiche dello ksatriya.” (S.B. 7-11-22)

    Gli ksatriya, governano la società di cui ne garantiscono anche la sicurezza. Dall’etimologia della parola si evince che ksatriya significa: “colui che attacca per difendere”, quindi non entrerà mai in conflitto per interessi personali.


            Lo ksatriya è guerriero impavido e profondamente leale, ad esempio negli scontri con il nemico, non accetta di combattere con chi è manifestatamene inferiore - il codice cavalleresco gli impone di combattere sempre a viso aperto escludendo quindi attacchi a tradimento o nella notte.


                          Nella civiltà vedica i civili erano sempre esclusi dai combattimenti e gli eserciti rivali, prima di iniziare gli scontri, si premunivano di garantirne l’incolumità. Lo ksatriya applicava gli stessi principi di lealtà, coraggio e generosità anche nell’amministrazione che rimaneva ferma ma equanime.


            L’arte bellica che gli ksatriya imparavano, spaziava dalle tecniche di combattimento, alla diplomazia, all’arte del governo e dell’amministrazione.
    Gli ksatriya avevano quindi la responsabilità diretta della società, ruolo che eseguivano con grande serietà, rettitudine e responsabilità.


            A differenza del brahmana lo ksatriya percepiva un compenso per i suoi servizi, mentre non poteva assolutamente accettare elemosina o sussistenza.

    Vaisya

    “Essere sempre devoto agli esseri celesti, al maestro spirituale e al Signore Supremo, Visnu, operare a favore dei principi religiosi, dello sviluppo economico e della gratificazione dei sensi (dharma, artha e kama – religiosità, sviluppo economico e godimento materiale), credere nelle parole del maestro spirituale e delle Scritture e sforzarsi sempre abilmente di guadagnare denaro – queste sono le caratteristiche del vaisya. (S.B. 7-11-23)

    I vaisya si occupavano principalmente di commercio, agricoltura e allevamento di mucche, garantendo così la produzione e la circolazione dei beni. I vaisya operavano in stretta collaborazione con gli ksatriya che vigilavano sul buon funzionamento del commercio, sull’equanimità di trattamento dei dipendenti, sulla correttezza dei prezzi applicati evitando così sfruttamenti e strozzinaggi.


            Brahmana, ksatriya e vaisya parimenti seguono alti principi morali e sono definiti come nati- due -volte o rinati spiritualmente perché s’impegnano a seguire le trenta qualità proprie dell’essere umano civilizzato anzi citate.

    “Coloro che sono stati purificati dalla cerimonia garbhadhana (rito per l’accoglienza del futuro nascituro, che si svolge prima del concepimento) e dagli altri metodi prescritti – compiuti con mantra vedici e senza interruzione e riconosciuti da Brahma – sono dvija, ossia nati-due-volte.


            Questi brahmana, ksatriya e vaisya, purificati dalla loro tradizione familiare e dal loro comportamento, devono adorare il Signore, studiare i Veda e distribuire la carità. Nell’ambito di tale pratica devono seguire i principi dei quattro asrama (brahmacarya, grihastha, vanaprastha, sannyasya)” (S.B. 7-11-13)

    SudraSudra

    “L’offerta di omaggi alle cassi superiori della società, la costante pulizia, l’assenza d’ipocrisia, il fedele servizio al proprio padrone, il compimento di sacrifici senza la recita di mantra, non rubare, dire sempre la verità e dare completa protezione alle mucche ed ai brahmana – queste sono le qualità del sudra” (S.B. 7-11-24)

    Uno degli argomenti forti di chi sostiene l’attuale sistema delle caste è che un sudra appartiene a una classe inferiore e quindi può solo vivere solo da subordinato.


            Sostengono che la sua condizione è dovuta al karma pregresso cui non ci si può opporre e che la legge del karma predispone, in modo evolutivo, la collocazione di ognuno all’interno della società. Non rimarrebbe quindi al povero sudra che l’opzione di sottostare completamente alle volontà degli altri varna senza protestare, perché solo così potrà ottenere le credenziali per rinascere in famiglie più elevate.


            Sebbene quest’affermazione si possa avvalorare con antichi scritti, è bene ricordare che la società vedica offre a tutti le medesime opportunità per realizzarsi spiritualmente.

    All’interno del sistema vedico c’è chi guida, chi gestisce, chi produce e chi aiuta; si collabora in accordo alle proprie capacità per garantire una situazione ottimale affinché tutti possano coltivare lo spirito.


            Anche la posizione più “bassa” nel varnasrama-dharma, quella degli sudra, prevede comunque l’adesione a norme e modelli di comportamento che rimangono di difficile comprensione e pratica per chi non ha interesse per la spiritualità. Ai “fuori casta”, ovvero coloro che non hanno le caratteristiche per situarsi all’interno del varnasrama-dharma, sono fornite comunque regole adeguate per permetterne l’elevazione progressiva.


            La società vedica è una società inclusiva, articolata in modo da favorire il benessere psico-fisico-spirituale dell’individuo; fornisce quindi guida e supporto (adeguati ai vari psico-tipi) in ogni circostanza.


            Per terminare questa parte sui varna, ancora uno sloka (verso) tratto dallo Srimad Bhagavatam:

    “Come è già stato affermato, chi manifesta le caratteristiche di brahmana, di ksatriya, di vaisya e di sudra, anche se è nato in una classe differente, dev’essere considerato appartenente alla classe a cui corrisponde in relazione alle qualità”. (S.B. 7-11-35)

    {4a parte}

    VARNASRAMA DHARMA

    ASRAMA

    I testi vedici affermano che, in quest’epoca, idealmente la vita umana ha una durata di cento anni e in questo periodo, sempre idealmente, l’uomo dovrebbe passare attraverso quattro tappe che hanno come scopo il progressivo distacco dalla materia e parallelamente l’elevazione spirituale.


            Ognuno ha ovviamente i propri tempi, tuttavia, queste tappe, forniscono un chiaro orientamento a coloro che mettono la realizzazione spirituale al primo posto nella scala dei valori della vita.

    La prima fase della vita sino ai 20/25 anni è dedicata alla formazione che, in tempi antichi, era gestita dal guru di famiglia, successivamente i più si sposavano confluendo nel griastha asrama, nel quale rimanevano fino all’incirca all’età di cinquanta anni.

    I diminuiti obblighi familiari (figli grandi e in età di matrimonio) e una maggiore maturità consentivano a quel punto ai coniugi di entrare nel vanaprasta asrama, nel quale la ricerca spirituale riprendeva una posizione prioritaria. Nell’ultimo quarto di vita era consigliato all’uomo di abbandonare definitivamente ogni coinvolgimento con la società e di dedicarsi totalmente alla realizzazione spirituale e alla predica – è questo l’ordine di sannyasa.

    Brahmachari

    Brahmachari in India è una parola sacra e designa una persona che ha intrapreso il sentiero che lo conduce all’eterno Brahman. Il brahmachari tradizionalmente è un giovane sacerdote che ha preso i voti di astenersi da ogni tipo di piacere materiale (attività sessuali, consumo di carni, sostanze inebrianti e gioco d’azzardo) che sono identificate come elementi che distraggono il brahmachari dall’ottenere equilibrio ed illuminazione.

    Il brahmachari adora e contempla Dio (Brahman o Krishna in accordo alle tradizioni impersonaliste o teiste) attraverso la meditazione e il servizio offerto al guru ed alla comunità. Il brahmachari pratica la completa astinenza sessuale, mangia solo cibi sattvici (virtuosi) in quantità moderata, indossa solo abiti semplici (di colore arancione, in India quello della rinuncia) e parla solamente in modo veritiero.

    Nell’antica India questo stile di vita era proprio degli studenti che seguivano queste linee guida del processo formativo spirituale. Solo dopo aver completato gli studi il brahmachari poteva cambiare vita e sposarsi; lo studente poteva anche decidere di rimanere in quell’ordine per sempre divenendo così naistika-brahmachari (celibe a vita).

    Già dall’età di cinque anni il bambino si recava alla gurukula (la scuola del guru, del maestro) che aveva il compito di istruirlo spiritualmente, ma anche scolasticamente, come di studiarne attentamente le caratteristiche per consentirne il corretto inserimento sociale. Il brahmachari viveva sotto la guida del maestro (quasi sempre un griastha) a cui doveva completa obbedienza.

    “Un brahmachari dovrebbe comportarsi bene ed essere gentile, non dovrebbe mangiare ne tenere per sé più del necessario. Deve essere sempre attivo ed esperto, e avere piena fede nelle istruzioni del maestro spirituale e degli sastra (sacre scritture). Dominando perfettamente i sensi non deve rimanere più del necessario in compagnia di donne e di coloro che sono controllati dalle donne”. (S.B. 7-12-6)

    I principali doveri del brahmachari sono la disciplina e la completa sottomissione al guru ed a Dio.

    Griastha

    “Lavorando per guadagnarsi da vivere al fine di mantenere insieme l’anima e il corpo, una persona veramente saggia deve vivere nella società umana senza attaccarsi alla vita familiare, anche se all’apparenza sembri molto attaccata”. (S.B.7-14-5)

    “Un uomo intelligente nella società umana dovrebbe avere un programma molto semplice, e se gli amici, i figli, i fratelli o qualcun altro gli danno qualche suggerimento, dovrebbe dichiararsi formalmente d’accordo ed acconsentire, ma dovrebbe essere interiormente deciso a non crearsi una vita difficile che non gli permetta di conseguire lo scopo della vita.” (S.B. 7-14-6)

    Gli uomini sposati si dividono in griastha e in grihamedi, i primi seguono i precetti della vita spirituale mentre i secondi sono completamente assorti nelle attività materiali. A differenza del brahmachari, il griastha interagisce con la società senza tuttavia farsi troppo coinvolgere da essa; come disse Gesù: “Vivere nel mondo senza essere del mondo”.

    L’interazione continua con le dinamiche del mondo, rende sicuramente più complicato rimanere concentrati sulla via spirituale e a tal proposito il griastha mantiene salde amicizie con i sadhu (saggi) che ospita regolarmente e dai quali riceve consigli e guida. Avendo accesso a facilitazioni economiche, contribuisce al sostentamento di chi invece è situato nell’ordine di rinuncia.

    Questo è il sistema, molto semplice, ma efficace, di prendersi cura gli uni degli altri nella società vedica: i griastha assistono economicamente chi è situato nell’ordine di rinuncia, siano essi studenti, saggi o guru (che hanno, comunque, esigenze minime) mentre quest’ultimi si prendono cura del benessere spirituale delle famiglie.
    La vita coniugale del griastha è permeata di alti valori morali e religiosi e l’obiettivo di entrambi i coniugi rimane la realizzazione spirituale, pertanto le relazioni della coppia sono basate sul profondo rispetto, fiducia, sostegno, ispirazione, protezione e incoraggiamento reciproco per proseguire insieme nel cammino. A differenza di quanto generalmente succede oggigiorno i griastha, non mettono mai l’attività sessuale in una posizione di centralità, perché entrambi i coniugi hanno imparato a controllare i sensi e a trovare benessere, felicità e completezza nello spirito. Idealmente i rapporti sessuali sono circoscritti alla procreazione, tuttavia, è bene rilevare che per alcuni questo può essere un obiettivo futuribile, da raggiungere con gradualità. Il guru, al quale anche il griastha continua a far riferimento aiuterà il griastha a trovare il soggettivo equilibrio.

    La vita matrimoniale è un perno sostanziale per la maggior parte dei ricercatori spirituali che solo attraverso questo passaggio riescono a trovare l’equilibrio interiore indispensabile per trasformare in distacco la rinuncia conosciuta nella prima parte della vita.
    I doveri fondamentali per un griastha sono la misericordia e la protezione verso tutte le entità viventi.

    Vanaprastha

    “Una persona che vive nell’ordine di vanaprasta, non dovrebbe mangiare cereali cresciuti in una terra che è stata arata. Non dovrebbe nemmeno mangiare cereali che non siano perfettamente maturi, anche se cresciuti in campi che non hanno subito l’aratura. Il vanaprasta non dovrebbe mangiare nemmeno i cereali cotti. In pratica dovrebbe mangiare solo frutta maturata al sole.” (S.B. 7.12-18)

    “Il vanaprasta dovrebbe prepararsi una capanna di paglia o rifugiarsi nella caverna di una montagna al solo scopo di proteggere il fuoco sacro, ma dovrebbe per se stesso imparare a sopportare la neve, il vento, il fuoco, la pioggia e il calore del sole.” (S.B. 7-12-20)

    A circa cinquant’anni di età, con i figli ormai grandi e già avviati alla vita matrimoniale i coniugi entravano nell’ordine di vanaprasta e si ritiravano nella vana (foresta).

    Come apprendiamo dagli sloka dello Srimad-Bhagavatam, il vanaprasta era esortato a condurre una vita molto semplice e austera affidandosi solamente a ciò che la provvidenza gli forniva.


            Interpretazioni meno rigide dell’ordine di vanaprasta indicano come dovere dei coniugi di abbandonare progressivamente il coinvolgimento nella società incrementando il pellegrinaggio nei luoghi sacri e l’associazione con le persone sante.


            A differenza di quanto possiamo riscontrare ai nostri giorni la piena maturità e poi l’invecchiamento nella cultura vedica non sono vissuti con sgomento o rassegnazione bensì come trampolini di lancio per piattaforme più elevate di coscienza.


            Raggiunta la mezza età diminuiscono gli stimoli sessuali e le esigenze in genere, e mentre questa condizione causa traumi psicologici nel materialista che cercherà in ogni modo di ricreare le situazioni passate, lo spiritualista la accoglierà con gioia vedendo aprirsi nuovi orizzonti e prospettive grazie alla minore pressione dei sensi.

    Andare a vivere nella foresta, equiparato ai nostri giorni, significa diminuire le implicazioni sociali, la vita mondana, non dedicare al lavoro più tempo dello stretto necessario e parallelamente diventare più introspettivi, dedicare maggior tempo alle pratiche spirituali e allo studio dei testi sacri.


            I precetti principali per il vanaprasta sono l’austerità e lo studio.

    SannyasiSannyasi

    Sri Narada disse: “Una persona capace di coltivare la conoscenza spirituale dovrebbe rinunciare a ogni legame materiale e, mantenendo il corpo ai limiti della sopravvivenza, dovrebbe viaggiare da un luogo all’altro trascorrendo soltanto una notte in ogni villaggio. In questo modo, assolutamente indipendente per quanto riguarda le necessità del corpo, il sannyasi dovrebbe viaggiare da un capo all’altro del mondo.” (S.B. 7-13-1)

    “Il sannyasi dovrebbe sempre cercare di vedere il Supremo presente in ogni cosa e vedere che ogni cosa, l’universo compreso, ha il suo sostegno nel Supremo.” (S.B. 7-13-4)

    Il sannyasi è colui che ha abbracciato totalmente l’ordine di rinuncia, normalmente è un predicatore errante e viaggia nel mondo al solo scopo di illuminare gli uomini sulla coscienza di Dio.
    Il sannyasi non ha nessun tipo di possedimenti o coinvolgimenti sociali, non possiede denaro e tutto quello che gli viene donato è immediatamente utilizzato nella predica.
    Le regole che il sannyasi segue sono molto rigide e non lasciano spazio a nessun tipo di gratificazione personale.
    In India i sannyasi sono onorati e rispettati con grande attenzione perché è ben chiara a tutti, la difficoltà e la profondità della scelta.


            La gente è sempre pronta ad offrire ospitalità e cibo ai sannyasi, consapevoli della loro povertà materiale e dipendenza dalla generosità altrui.
    Quasi sempre il sannyasi è anche guru.

    Sebbene la tradizione vedica consigliasse a ogni uomo di prendere sannyasi nell’ultima parte della vita, la scelta rimaneva possibile anche precedentemente.


            Seguire le strette regole del sannyasi nell’era in cui viviamo (l’era di Kali) che annota la costante degradazione della moralità e della spiritualità, è cosa assai difficile.

    Poiché non ci sono le condizioni adatte, gli sastra sconsigliano fortemente, in quest’epoca, di entrare in quest’ordine e di dedicarsi alla diffusione della coscienza di Dio da livelli più “facilmente” sostenibili (principalmente il griastha asrama).


            Le principali ingiunzioni dell’ordine di sannyasi sono la pratica dell’equanimità e della compassione verso tutti gli esseri viventi.

    Gentile lettore ti ringrazio per aver dedicato il tuo prezioso tempo alla lettura di questo lungo articolo che come avrai certamente intuito, è solo l’introduzione di un soggetto di enormi proporzioni, corredato da amplissima letteratura che affascina da sempre filosofi, psicologi, sociologi, governanti, ricercatori spirituali e uomini comuni.

    La conoscenza del varnasrama-dharma è un importante contributo che arricchisce e amplia la visione del mondo, t’invito a non ritenerlo una semplice curiosità storica, perché è un metodo che con criterio, saggezza e con gli opportuni accorgimenti e attualizzazioni è tuttora praticabile… anche in occidente.

    Fine 1a Parte

    














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