mercoledì 8 settembre 2010

§* * * FORI NEL RESPIRO * * *§ di Andy Violet - Collana:Narrativa Contemporanea

I Fori Nel Respiro,
di Andy Violet




Collana: Narrativa Contemporanea


Edizioni Kult Virtual Press - http://www.kultvirtualpress.com




Responsabile editoriale Marco Giorgini, Via Malagoli, 23 - Modena




I Fori Nel Respiro




Diario boccheggiante di un malato d'amore




Andy Violet


1


Sommario




Prefazione dell'autore




Febbraio




Ad un Eroe.




I sassi




Vanishing




Autunno




Rolla




Baruch




Fori nel respiro




La spiegazione




Hana aveva un difetto




La Collana di Corda




La Distinzione




Eye^2




Marzo 1998




Marzo 2004




Ciglia




Islanda




2


Psicometria




Compagni di Scuola




Sirena




Lo Specchio




Attesa.




L'Uovo sul letto




Orgoglio




A me stesso




P.S. (Porn Settings)




Un posto a sedere




Butterfly




Mentite spoglie




Somewhere




Lettera a Pablo




Flies




Oleandri




Teatro incanto passaggi




Ycezona




Bulimia




Lettera a Paolo




Nascita




Ipossifila




The Hollywood Bible




VIVA VOX




François




Le figlie del sarto




Distanza




3


Sommario


Intimo Tempo




Mutae Divae




Il tè delle cinque




Se




Grida Sepolte




Rayograph




I cinque sessi




A.b.a




Processione




Nebula




Les Unconnus




Antilope




L'esercizio della fiducia




Medea




Ancora su di Te.




Javier




Andy Violet




Narrativa Contemporanea




4


Sommario


Prefazione dell'autore




Ho sempre pianto di nascosto. Ho lacrime di sirena, quelle che


nessuno scorge confuse col mare. Ho pianto sempre di nascosto.


Credo che solo Claudio mi abbia visto piangere, Giuseppe invece mi


ha ascoltato piangere disperato al telefono. Solo una volta non sono


riuscito a trattenere le lacrime in pubblico, a sette o otto anni. Per una


festa alla quale già sapevo che non sarei potuto andare, anche se non


ne capivo la ragione. Scoppiai a piangere sul banco di scuola, il


vecchio banco di scuola, ancora con il foro per la boccetta d'inchostro,


che servì solo da scolo per la mia eccessiva umidità, e anche con la


faccia coperta, la maestra si ne accorse dal tremore singhiozzante delle


spalle. Quella sera a casa non mi parlò nessuno. Mangiai da solo in


cucina. Mi sentii completamente assente da me stesso. Non avevo


avuto spiegazioni, l'unica cui la mia sveglia e vivace mente di


bambino riuscì a giungere è che ci fosse un grave sbaglio dentro di


me. E la mia mente si ammalò. Vidi per la prima volta, dentro al


frigorifero, dentro la credenza, nella dispensa, il senso di


inadeguatezza che mi avrebbe accompagnato in deleteria simbiosi tra i


cicli della mia depressione. Mettevo molti cerotti sulle mie mani,


attorno alle dita, perché le vedevo ferite. Era un gioco come un altro.


Un eccesso di fantasia che speravo mi intrappolasse per sempre. E'


stato da allora che ho cominciato a scrivere di morte. Me lo avete fatto


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notare più volte che i miei racconti terminano sempre con un suicidio.


È una scelta coerente. È l'unico istante in cui provo un soddisfacente


senso di liberazione, quando rileggendo arrivo alle ultime insane


righe. Sono tutti morti col sorriso sulle labbra. Io no so quanta


sopportazione ho ancora in corpo. Mi sento saturo, gonfio,


traboccante. Sono ancorato a un pianoforte in fondo al mare. La mia


stessa voce è pianoforte, con le corde rotte dai martelletti, e le dita


spezzate sulla tastiera. Vorrei spegnermi naturalmente, di notte, senza


disturbo. E con me estinguere gli insulsi debiti d'esistenza. Forse,


paradossalmente, sapere che la fine è a portata di mano mi ha spinto


fino a qui. Dei miei 23 anni resta insanabile una labile speranza che in


tutto il tempo davanti a me possa cambiare qualcosa. Conto che


sparisca presto soffocata da qualche altra nevrosi. Sono contento di


non averti trascinato in questo malessere con me. Credo sia stata


l'unica cosa giusta che abbia fatto finora.




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Prefazione dell'autore


Febbraio




2 Febbraio.




È uno stipendio da fame,




ma è un inizio.




Ad ogni richiesta di un bacio,




mi rispondi di no,




sporgendo la testa e tendendo le labbra.




Fedra mollemente distesa su un laser,




e tutti quegl'incubi alla fermata della metro,




dove non ti sono mai cresciuti i capelli,




morbida e pungente cheratina tra i tuoi denti.




2, forse 3 Febbraio.




Sei un rigido soldatino all'erta,




non mi guardi perché gli altri non ci guardino,




e poco ti fidi di una sedia dietro la porta,




che s'intreccia come radici: eppure vedi,




tutti decidono discretamente di inciampare




per lasciarci in pace.




3 Febbraio,




coi massi sul tetto di lamiere,




contro il vento di un pensiero passeggero




intrappolato in testa.




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E già mi amavi.




8


Febbraio


Ad un Eroe.




“Il Signore è il mio pastore, lui mi condurrà tra le sterminate distese


del Paradiso”.




Ricordo:




una notte passata in auto




e mia madre che mi raccontava




favole di lacrime sottili.




Ho in gola ancora l'acido




del cibo porzionato nella stagnola




e il rumore svogliato degli zoccoli bianchi




quando finiva il turno,




e si faceva sempre tutto il possibile.




Ho la sensazione tra le mani




di un fazzoletto bagnato,




e di poche gocce sulle labbra,




il sollievo di un sibilo.




La voce degli altri è morfina,




e muro di puro suono al di sopra dell'agonia di perderti,




al di sopra del martello dei macchinari




che ti tengono in vita,




al di sopra degli organi che suonano la Vittoria di Dio,




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che non ha mai avuto bisogno di te.




Dio esiste.




A nessun altro potrei dare la colpa di tutto questo.




E lui che è Onnipotente,




e che t'ha messo il male in corpo




non sa quanta forza ti serve,




morendo,




per stringermi la mano.




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Ad un Eroe.


I sassi




Il tonfo delle bombe non era insopportabile. Le prime bombe del


mattino erano le più belle: dalle finestre del collegio si vedeva Mosca


rasa al suolo e il fuoco artificiale della bomba, ma già dopo qualche


minuto si alzava troppa polvere, troppi funghi di fumo per distinguere


le splendenti raggiere dell'esplosione. Verso le sette, poi, apriva la


fabbrica, e quando le fornaci raggiungevano il pieno regime, la nuvola


oleosa di petrolio non permetteva neanche più di distinguere gli aerei,


con le pance gravide di ordigni, dal resto del piombo fuso fluttuante


nell'aria. Lì dove passava il fuoco di un ordigno, il legno bruciava, ma


le pentole, i coltelli, i gioielli, tutto quello che fosse, del tutto o in


parte, di metallo, assumeva strane forme che si cristallizzavano a poco


a poco durante la notte, molto fredda in questi luoghi. Il fabbro del


quartiere, dopo che ebbe saputo che la moglie e i figli erano morti


sotto le bombe, aveva preso a storpiare le padelle e le asce, così come


le aveva viste nella sua casa scoperchiata ieri l'altro. Il pover'uomo è


tocco dal dolore, dicono, ma io credo che il dolore deve uscire da


qualche parte, quando si è troppo uomini e troppo vecchi per piangere.


“Noi siamo fortunati che possiamo piangere, lo sai?” mi ripeteva


Sergij. Le mamme che passano davanti al collegio hanno il camice


verde e i guanti di gomma, e i capelli li hanno raccolti sotto una cuffia,


come quando lavoravano nella fabbrica di conserve: ora mettono


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insieme le bombe, respirano a fatica. “Non posso più andare al fiume a


raccogliere i sassi” diceva, gettando un sasso sull'altro per fargli fare


quel rumore secco di scintilla: “A me servono altri sassi, e tasche più


grandi. In quel fiume io mi ci butto, affonderò coi sassi”. Ma non ci


facevano uscire. Si mise tutti i sassi nelle tasche, e non si svestì per


andare a dormire, anche se la nanny lo picchiava. Si mise tutti i sassi


nelle tasche, gli misi il cuscino sulla faccia, annegando nel fiume


lontano.




12


I sassi


Vanishing




Fa caldo.




Hai fatto ugualmente il nodo al paraorecchie:




irrita la pelle tutta quella lana,




il rossore,




ma si deve stringere la testa




contro le voci della pazzia.




Se stanno strette andranno via.




“Capita che le persone si sciolgano:




non muoiono,




stanno tutt'attorno,




stanno nell'aria.”




Restano felici e lucidi in quarti di foto,




e stenta a raffreddarsi




il calore dal letto intatto.




Non hai dormito qui.




Ci sono state segnalazioni,




hanno visto un corpo opaco sulle rotaie




frantumarsi lungo la linea gialla,




e altrettante voci nella testa




sotto al cappellino coi paraorecchie.




Indicazioni, targhe,




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orari, ordini,




quando è possibile bisogna prender nota.




Le cornette delle cabine pubbliche




penzolano libere su linee interrotte




chiedendoti dove sei.




“Capita che le persone si sciolgano,




non muoiono,




stanno tutt'attorno,




stanno nell'aria”.




Senza pietre da spolverare,




è sofferenza senza rassegnazione




saperti dappertutto.


14


Vanishing


Autunno




Strappo foglie alle felci,




Nell'anticipo d'autunno.




Le getto tutte intorno al vaso,




Proprio queste foglie




Che non possono ingiallire




Né seccare.




Sfogo la rabbia




Su ciò che non può gridare.




Non vuoi avere notizie.




È giusto.




Non avrebbe senso




Apprendere quel che già sai.




Se avrai bisogno di riposare,




Poggia la testa a terra:




Ti aiuterò a costruire sotto gli occhi




Il muro dove vedrai




Lo spessore delle ombre.




Non è possibile pretendere da un uomo più di quanto sia disposto a


darti.




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E tu non sei un usuraio.




Non sei un usuraio, se non con te stesso.




Infatti vuoi nutrire il dolore invece di rinnegarlo:




Se non posso ignorarlo,




Lo farò crescere




Finché non avrà più spazio,




E dovrà uscire.




Oppure,




Potrebbe esplodere e portarti via con sé.




Non mi accontenterei dei tuoi frammenti.




Per amore si è soliti recidere fiori.




Tu, invece, restaci accanto




E strappa con noi le foglie a ciò che non può gridare,




Nell'anticipo dell'autunno.


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Autunno


Rolla




Bevvi poco. Restai sostanzialmente lucido. Vidi dopo tanto tempo le


strade dritte. Nessuna voragine, nessun buco nero nei marciapiedi,


solo lastre di pietra senza più presa: cemento stanco, imita le pietre, o


fossili d'impronte di scarpe: senza dita le impronte della civiltà. C'era


incastonato il tuo tacco rotto, e le cosce grassocce e arrossate dal


fuoco di gomma. Questi sbalzi di temperatura ti faranno ammalare, e


uno starnuto nel mezzo del tuo lavoro ti macchierebbe i denti. Poco


importa che ferisca anche me. Poco importa che tutto lo scandalo


siano i vestiti buttati per terra. Mi spiace solo che voltandoti tu mi


abbia visto cadere da quella porta aperta sul niente.




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Baruch




Avevi una bottiglia di acquavite serba, intatta nel cappotto. Bevevi


qualche sorso nelle ore più fredde, tenendo la mano aperta sotto il


mento, per non perdere una goccia che scivolasse sulla barba. Tutta


quella sete e il mangiare la neve ci aveva sdogliato il gesto del bere.


Ne bevvi un sorso anche io, mi avrebbe riscaldato, acqua che brucia.


Ridesti per la tosse, tu lo sapevi, io così poco avvezzo ai limpidi


alcolici orientali. Ridesti e dicesti grazie, ti portavano all'aperto, dove


gli ospiti siedono a rovescio, i proiettili hanno molta vergogna. Ancora


qualche ora con noi, la notte del monito. Eccola Baruch, spargevo


l'acquavite sui fori d'entrata, l'acqua santa benedetta dal tuo sacrificio.




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Fori nel respiro




Gorgoglia germinale un po' di tosse




Nell'età indefinita dell'usura




Rossastro ti diventa il tuo liquore




Sputando sangue in petto all'avventore.




Sulla tubercolosi ci vuole il whisky




E lettere d'amore su cui dormire




Con le tende accostate sui normali:




Non ti vedono morir di giorno




Sugli esami del sangue.




Gorgoglia germinale un po' di tosse




Come fori nel respiro.




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La spiegazione




"Dottor Foucher?" "Prego si accomodi.Lei è il signor...?" Scorreva


veloce con gli occhi l'agenda nera d'inchiostro, dove aveva impresso i


cardiogrammi delle sue mani nervose, l'una intenta a mostrare agli


occhi la retta via del rigo, l'altra alla bocca si faceva mordere docile il


pollice e reggeva nella sua polifunzionalità un paio di occhiali di vetro


pesante, coperti dalla polvere di 143 sguardi lontani."Sig.Andrews,


avevo un appuntamento" "Si, si accomodi, sono subito da


lei".Abbracciami, corpo inerme di dolcezza compressa, raffinato


supplizio fregiato di bottoni, ingoia il mio vomito sotto gli occhi di


quest'uomo che sta per addossarsi tutte le mie colpe e non vorrà


morirne."Mi diceva che è la prima psicoterapia che affronta" "Si. Ho


intenzione di svuotarmi del ghiaccio in frantumi immerso nel mio


abisso. Lei non ha paura di me?" "Ho paura di tutti i miei pazienti,


quando scopro che sono persone normali.E lei non lo è.O sbaglio?"


Centoquarantaquattresimo sguardo diretto a me, ferito e legato


all'albero di San Sebastiano, e ho gridato come lui, piegato su me


stesso, ma non capisco, credo.Tutto gira intorno ai miei nervi e nulla


riesce a entrarvi. "Chi è?" "Lei mi chiede un'identità:un nome, una


parola. Ma le parole sono prigioni, sono abbracci di catene" "Sono


sicurezze". Lo guardo e ballo sugli orli zuccherati dei bicchieri,


aspettando l'ultima goccia. "L'ha fatto entrare? Mi dica l'ha fatto


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entrare?" Grida allargando la bocca, è un buco duttile che segue lo


spasmo:"Si, si, la porta ha ceduto, ha ceduto!" Stai volando. Tic tac,


piccolo mio, Tic Tac. Il fulmine ha distrutto il municipio:"E' diventato


cielo, è diventato cielo!" grida la gente,le vecchie al mercato, le donne


di servizio bianche di candeggio: "Io sono nube e ve lo nasconderò"


"Nascondere cosa,diamine, nascondere cosa, Sig.Andrews?" "Non mi


chiami per nome! Non osi farlo mai più, lei vuole menomarmi, lei mi


lega!.......... la prego lo faccia, mi leghi. Non ho appigli, non ho


fondamenta.La prego mi leghi a qualcosa, mi inchiodi al terreno".


Seguendo un crudele rituale ho sacrificato un angelo per richiamarne


in vita uno già morto che trascinava i suoi atomi primitivi in un sacco


di pelle in attesa di raggrumarsi bagnati di acque organiche."Lei ha


una colpa" a ogni bacio la sua cicatrice, a ogni colpa la sua vergogna.


Mi fa paura. Suona sempre le stesse note ma cambia il ritmo, non so


se è un individuo o un ego. "Bisogno di Chiarezza" mi giro e il mio


collo si spezza, grido e l'urlo mi cade addosso, oppresso dalla malattia


che è il suo nome inciso nel suono freddo di un tubo. Mi ha preso


nelle braccia e temo che le ritrarrà, ma in realtà non le possiede. Ha le


spalle tonde di chi ha preso tutto. "Ci salvi la prego" Mi ha


schiaffeggiato. Mi ha reso la conoscenza, ma io non la volevo:"Non la


voglio dottore, non la voglio". "Sig.Andrews, prenda un caffè"


"Grazie Dott.Foucher". Annego all'istante nell'immensa melma


nervosa, dipinge un quadro d'acqua in cui io sono d'olio, terra di Siena


bruciata come sabbie mobili, è il tuo abbraccio ancora una volta, non


posso muovermi se non voglio affondare.E tu scavi, con le mani, con


le unghie, tu schavi e non parli. Suonano le campane della


chiesa:"Sig.Andrews, ci vediamo la prossima settimana alle sette. Nel


frattempo prenda queste se vuole morire". "Grazie Dottor Foucher".


Ero vicino alla porta:" Dottor Foucher, credete sia la fine?"




21


La spiegazione


Hana aveva un difetto




Hana aveva un difetto. Nulla lo faceva supporre, chiunque non fosse


stato esperto (ma vi assicuro, anche molti luminari del campo, l'ho


visto coi miei occhi) non se ne sarebbe accorto. Ma Hana quel difetto


ce l'aveva. Aveva splendide ossa di metallo,levigate con arte di


fabbro, la grazia regolare d'un quadro svedese, la posa sempre perfetta


e proporzionata all'atto se messa in funzione. Ma Hana purtroppo


aveva un grave difetto. Per questo fu messa nell'ultimo scaffale,


coperta dai suoi fratelli e sorelle, tutti migliori di lei, e ogni tanto la si


sentiva ridere, quando ciò era necessario, e ogni tanto la si sentiva


piangere, quando questa reazione era auspicabile. Mangiava poco,


meno di tutti, anche solo una pila poteva bastare, ma se si spingeva


troppo sul bordo (non per colpa sua, ma del gioco ingombrante dei


suoi gemelli) era la prima a cadere e nessuno la rimetteva mai a posto,


al massimo la spostavano col piede, spegnevano la luce e lasciavano


esaurirsi il singhiozzo registrato che prima o poi si sarebbe inceppato.


Solo il giorno dopo all'apertura delle visite, sarebbe stata sollevata


ancora addormentata, picchiata e messa in riga, pronta a eseguire gli


ordini anche a costo di strapparsi l'uniforme in attesa della


riabilitazione. Perché Hana aveva un difetto.




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La Collana di Corda




Nell'acqua superficiale raccolta nei dislivelli del terreno poco


compatto, acqua filtrata strisciando nei bordi alveolati dall'usura


assieme alla luce più sottile che sa rifrangersi e penetrare ovunque, ho


netta e distinta la mia figura distrutta, costretta alla devozione su


ginocchia spaccate e mani giunte da manette. Questa posizione così


familiare mi riporta alla mente, con la forza degli ultimi fotogrammi


prima che la pellicola sovraesposta bruci, le preghiere sussurrate alla


messa della domenica, quando da piccolo mi rifugiavo in chiesa,


nascosto dietro l'organo che suonava anche senza premere i tasti, ma il


prete non lo sapeva. E non sapeva che ogni preghiera passava per la


sua camera d'aria prima di lanciarsi su per le cannule di bronzo


fischiando come treni, schiantandosi nell'occhio onnisciente al centro


della cupola. Abside luogo d'echi: la signora Rouen, precisa alle


quattro, veniva ad accendere il cero per la gravidanza tanto sperata.


Mentre invidiosa guardava la Vergine allattare il bambino, Stephane


passava zoppicando dietro di lei e puntualmente l'urtava per rovistare


nelle sue tasche, facendola urlare di rispettoso soffio per lo schifo di


aver toccato anche solo con la pelliccia, il lercio abito del barbone. Più


in là di anni e di centimetri, il signor Rouen vegliava impietoso sulle


letanie del piccolo Germaine, biascicate tra le lacrime su grani di ceci


gettati apposta sull'inginocchiatoio, né poteva rivoltare lo sguardo


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pietoso al padre, che avrebbe raddrizzato gli occhi con uno schiaffo,


vendetta di sei anni per aver ucciso nascendo la sua amata Aurelie.


Sento che ancora piange il mio compagno di scuola: com'eri bello,


Germaine, l'ultima volta, con la tua collana di corda.




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La Collana di Corda


La Distinzione




Consumiamo i nostri muscoli,




e il nostro grasso, il respiro e il pianto




alimentando le bocche voraci del tuo sogno.




Siamo tutti perfettamente uguali,




ora che ci hai sfigurato




mentre ci reggiamo a stento sulle esili gambe spigolose




in equilibrio sul filo spinato




per salutare il tuo passaggio.




Siamo tutti perfettamente uguali,




ora che ci hai numerato.




Unico vanto di distinzione,




la stella di David o il triangolo rosa.




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Eye^2




Travestili pure come ti pare e piace nel fantasmagorico carnevale di


Mirò, falli pure fuggire per poi riaccoglierli di lato, dalla porticina del


gatto che spolvera l'uscio dalla cenere degli alberi, storpiali, accecali


con la luce o con il buio, con un colpo netto di forbice, o ritagliali se


vuoi per intero, si, dai, sfidali in questo modo, togli loro importanza,


rendili vuoti, così che la loro assenza li renda troppo evidenti per


nasconderli ancora. Li sposti a destra, a sinistra, dai loro colori


possibili solo nei disegni, ma non escono mai fuori dal foglio, e se


anche un volto non li avesse, basta aprirgli la bocca e saranno innestati


sulla lingua, miopi o ipermetropi, appannati dalla vecchiaia, fissi in un


laser, paurosi perché senza palpebre, inespressivi perché senza rughe.


Ora devi dirmelo, ora che tutto è bruciato, anche se ne hai fatte mille


copie tutte diverse, ora che non sai più parlare né la tua lingua né


quella che ti lecca il palato, ora più che mai devi dirmi chi stai


cercando, chi ti sta giudicando dietro le tende che tu stesso accosti, da


cui spuntano, idoli senza faccia, quegli occhi.




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Marzo 1998




Ero passato al mercato ostentando la mia nuova identità, sotto i cui


cingoli sopprimevo le insicurezze, i terremoti di una personalità in


costruzione e disfacimento. Ero passato e ho visto adagiato in una


cassetta di legno, su un cuscino di polietilene, assieme a tutti gli altri,


lo stesso aeroplanino di plastica infilzato col muso nel rosso vivo di un


pomodoro, non immarcescito da quasi vent'anni di viaggio: lo stesso


ingenuo atto di ribellione di quando mi tenevi per mano. Volevo


scappare, ma potei solo liberare quell'aeroplanino di plastica nato da


un uovo, regalo quasi quotidiano di un bimbo solo. Ero io. Ero sempre


io nell'odore di legno della porta che dava sul balcone, mangiata dalle


termiti: io con le braccia attraverso le sbarre della ringhiera, a


spingere, lasciandomi i segni sulle spalle. Mi avevi detto di non


gettarmi. Allora gettavo una alla volta le lamine di uno xilofono


giocattolo, mangime ideale per i pesci neri della vasca, o per il cane


feroce di diavoli fuor dall'inferno, i nostri vicino. Non capivo perché


non mi obbedisse: riusciva ad essere ipocrita anche quel bastardo


animale in quella palazzina sozza di cera votiva. La mia unica


vendetta era tirare i capelli a quel bamboccio col seme del male in


cancrena nella stomaco, eredità paterna oltre a una pompa di benzina.




Quanti momenti.




Lo scivolo improvvisato sulla lastra di marmo delle scale, il latente


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senso di morte del voler ingoiare una biglia sdraiandosi, il gusto per il


proibito di abbassarmi le mutandine davanti allo specchio quando non


c'era nessuno….




Poi mi desti in mano le buste della spesa, si tornava a casa.Non mi


chiedesti perché mi volli sedere dietro. Sai, volevo guardare la strada


scappare dal lunotto con la testa appoggiata sul dorso della mani.


Proprio come i bambini.




Goodbye.




28


Marzo 1998


Marzo 2004




ALERT ALERT ALERT, risuonano di sinistro clangore gli acciai


chirurgici del lobo, e mani istituzionali, ordine divino in terra,


spengono l' allarme nelle scarpe. Si impilano uno dietro l'altro i nomi


incomprensibili di comuni denuclearizzati e del comune senso del


pudore , dalle O inconsuetamente chiuse e Z troppo dure per la tua


pronuncia."Chi è quel tipo strano?": "A passing stranger" rispondi con


la mente fissando chi osa guardarti solo se distratto.Vrrrrrrr. "Sei a


piedi?" "No macchina".




EMBRACE= Oblio di braccia cirolari, pieghe membranose, nobili


giunture immerse in morbida cute bianca, delicata polvere impastata


attorno ai capillari, sterno puntuto contro un seno rigonfio di grasso,


chiuso fetale sul corpo di una maschile venere cicladica , ormai persi


come siamo nei circuiti armillari dei condotti edonici, dove le


corrispondenze muovono le membra involontariamente sotto ai baci


come i fili di marionette. C'è spazio per le lacrime d'addio anche se


ingoiate dal sorriso.






and I miss you, like the deserts miss the rain






"Ah già è vero, non Like the desert misses the rain, è fuori metrica,


non c'avevo fatto caso". Che difficile risveglio, più difficile del sonno


stesso, turbato dalle apnee e dalle microaperture alla coscienza che ti


costringono a cambiare posizione ogni quindici minuti, e quattro veli


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accartocciati e umidi sotto al letto, avvocati medici stilisti muratori


falliti tutti ugualmente scissi a metà, maschi e femmine si vedrà.


Ciclico ritorno segnato dalla molla cigolante sotto pesi eccessivi,


parziale cecità di un cappello abbassato, A Perfect Circle, Big Time


Sensuality.






Non conosco il mio futuro dopo questo weekend, e non voglio


saperlo






Aver ridotto il senso di me mi ha completato, segno di sincerità


estrema, poesia organica, quella lacrima assorbita dalle maglie larghe


della spalla.




Campane improvvisate su pali di ferro. 28/A Non Fumatori. Quinto


tassello di un mosaico di carta, bagnato nell'angolino.




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Marzo 2004


Ciglia




Se può scorrere nelle mani di un uomo il filo aggrovigliato della vita


di un altro: questo, non sapendolo, mi chiedevo.Me lo chiedevo


soprattutto quando inventavo una nuova bugia da dare in pasto agli


osservatori, grossa e ben dettagliata, inesistente ma perfetta


nell'aderire alla realtà, coerente grazie a prodigiosi sforzi di memoria.


Se può scorrere nelle mani di un uomo la vita di un altro. Finchè ho


incontrato persone che si affidavano alle mie parole, era facile


rispondere di no: coglievano con la spensierata pazzia di un viver


qualunque, ogni frutto prelibato della mia fantasia, cresciuto quasi


spontaneo nella mia mente attorno al seme di una storia sentita o letta


chissà dove. Dicevo di aver vissuto trame e soggetti, personaggi e


sceneggiature, spacciavo per miei gli aneddoti divertenti o le disgrazie


tanto sopportabili perché mai state mie. Un giorno, la ciglia di un


sentimento forte e sincero mi ha costretto, lacrimando, a scollare le


palpebre, e mentre col fazzoletto cercavo di toglierla, riuscendo solo a


farla entrare di più, mi hai visto. Dietro la barba, dietro gli orecchini


finti, dietro a un nome falso, hai visto un bambino dagli occhi tristi.


Tutto il resto è cambiato, è diventato il corpo che ami, ma la Tristezza,


divisa nei suoi tre colori primari, resta quella di 10 anni fa, catturata


dal sensore sfocato di una telecamera puntata sull'incapacità di una


cinquantina di ragazzini. E già allora ero il più bravo a recitare, non


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trovi? Poi, il desiderio di starti accanto, di riversarti addosso quanta


più tenerezza fossi capace di dare, ti ha fatto pensare che io non ne


abbia mai avuta da qualcuno. Tutto l'amore che ho ricevuto non aveva


sfumature: o era preclusione ossessiva e possessiva, o al contrario odio


feroce. Ho provato lo stesso identico dolore di mia madre, l'ho


condiviso come il martire sente su di sé la Passione di Cristo, perché


ero e sono la sua carne. Ma ero anche la carne di mio padre. Sentivo


anche io suo odio. La battaglia fra loro due avveniva dentro di me, in


ogni cellula, in ogni cromosoma. Ma nessuno ha mai visto gli spari nei


miei occhi.




Tu hai tolto la maschera al fantasma dell'opera, mi hai tolto la mano,


aperta solo fra due dita, con cui coprivo lo sguardo. Solo tu che hai il


mio stesso bisogno di essere amato.




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Ciglia


Islanda




Ho abitato per qualche minuto




Sul magma fuso della terra




Cullato da una nube ardente




Nel mio magico smoking d'amianto.




Qualcosa di sulfureo




Perverte dolcemente i suoni domestici




Di scatoline parlanti,




Qualcosa scioglie di poco il ghiaccio




Come sangue sulla neve.




Volano solo i gabbiani sulla costa,




Tutto il resta striscia infido




Nel bianco mimetico,




E gli abitanti,




Per il po' che si vede




Sotto le efelidi metamorfiche,




Sono pallidi di terrore




Mentre brindano con vino cotto




Sotto l'albero di Natale:




Quanti fantasmi s'incontrano




In notti lunghe sei mesi…




33


Psicometria




Psicometria:




Morfica forza evocativa,




Angoscia di un oggetto trauma,




Impregnato di sensazioni,




Capillari,




Coesive.




(Con)Divisione e Tangenza.




Basta,credo,




Il tatto,




Per invadersi di vissuto,




E portare le mani alla testa




Nel buio percettivo.




Come è Ingombrante l'eredità di paure…




Paura di respirare l'acqua;




Terrore di non ingoiare quello che mastico,




foss'anche solo saliva di traverso;




Disapprovazione,




Lettera scarlatta della stigmatizzazione,




Tachicardia notturna




E soffio potente di mancanza.




Ora porti fiero anche tu




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L'Ustione di una scarica emotiva.




Mi conosci.




Hai vissuto i miei ricordi.




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Psicometria


Compagni di Scuola




Correttore di bozze,




Macchina Enigma,




Interprete di una corposa ignoranza,




Smaniosa di cianceria femminile,




Maschia di villaneria




Come una Tranquillità senza campo semantico:




Situazioni Tranquille,




Persone Tranquille,




Tranquille Chiavate,




Tranquille Estorsioni di Sigarette,




Nessun Morto turberà l'atmosfera




Di un affilato Sabato sera.




Naturale spurgo di virtù paterne,




Si ammassano a mazzi di sei




I delfini di borghesia




Dai denti larghi,




E le ninfe povere




Ma ingegnose,




Con tutta la legalissima Puttanizia




Delle buone maniere,




Regine Dismorfofobiche e




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Anticoncezionali.




E poi venivamo Noi,




Numerologi autistici,




Profeti di pareti d'ovatta.




Viaggiavamo per chilometri




Attorno al tavolo,




A fior di labbra




Telegrafi senza fili:




E alla Lavagna




Gli Scheletri di Gesso




Di una Delusione




Erano Polvere




Sotto al cancellino…




37


Compagni di Scuola


Sirena




L'unico spettatore pagante




Era legato ad un palo,




Gridava a uno sciame di sordi compagni:




"Liberatemi!"




Voleva applaudire alle tue imitazioni.




Memore di quel fallimento




Cadesti dal mito alla psicoanalisi,




Ma anche vestita da grande signora




Addetavi vivi i molluschi,




Declassata incantatrice di pesci.




Hanno detto che avevi le ali,




Hanno detto che non sai camminare.




T'han visto l'ultima volta due fratelli:




Nuda, maldestra, su un'arida spiaggia




Barattavi la voce per un trapianto d'ossa,




Leccavi via la placenta di una rinascita




Tra le umide cosce di melma sabbiosa:




Nel rigurgito dell'onda più alta




T'ha sputata fuori il Mare.




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Lo Specchio




Quindici anni fa questa camera era molto diversa. Avrei potuto


definirla, se a quel tempo avessi posseduto simili conoscenze, o avessi


almeno iniziato a leggere e scrivere, una sorta di gineceo di vergini


sorelle, cui io ero ammesso, paffuto e vezzeggiato principino, per la


mia tenera età. Ricordo almeno tre letti, cinque posti in tutto. Si


dormiva tutti assieme, come pulcini sotto il ventre caldo di mia


nonna:l'alba aveva l'odore sonnacchioso di aria viziata da troppi


respiri, aveva il retrogusto metallico del latte appena scaldato. Solo le


pareti e il pavimento, colonie di muffe dagli arcani disegni, sono


invecchiati con noi. Anche la specchiera è lì da almeno trenta anni, ma


non è invecchiata. Come potrai immaginare, solo il riflesso dentro di


essa non è più quello di un tempo. Forse il pezzo più pregiato del


fetido corredo matrimoniale che mio nonno era andato raccattando qui


e là nella spazzatura, nel mobilio dismesso dagli Americani del


Dopoguerra, ancora oggi conserva intatti i suoi segreti, chiusi i suoi


cassetti, per chiavi andate perse il giorno stesso in cui qualcuno decise


di nascondersi nel buio di un tiretto. Quando ebbi l'altezza almeno per


sostenermi sulle maniglie allentante dell'ultimo ripiano, per


raggiungere con la testa l'opaca superficie magica dello specchio,


smangiata negli orli dall'usura, l'angolo destro, con la sua crepa


ricurva, divenne il teatro dei miei giochi di prestigio: un numero


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insegnatomi dal grande Houdinì, lo sdoppiamento del mago, che


avveniva per miracolo quando i piani disconnessi dello specchio


dividevano in due la mia faccia, e un applauso scrosciante salutava in


trionfo i miei nuovi occhi, più alti sulla fronte. Bastava chiuderli, e io


sparivo. Dieci anni fa, calato sullo specchio il sipario di un lenzuolo,


come è usanza in segno di lutto dalle nostre parti, non ebbi più né la


forza né l'interesse di finire quel numero d'alta scuola. E se ora mi


guardo nell'angolo destro di questo specchio, comprendo che quelle


due parti di me non si sono mai ricucite.




40


Lo Specchio


Attesa.




Sono tornato a dormire nella stanza di mia madre. Il silenzio notturno


è l'anticamera di una detestata, possibile assenza. Già controllo se


respira. Cancelli automatici, targhette, porte spesse e pesanti, cigolio


assordente, lento, esasperante, dieci-quindici metri percorsi con la


visione oscillante del malato in barella, il cielo visto dal di sotto è una


processione di lampade appese al soffitto. Ambienti asettici, eppure


brulicano di batteri d'ansia, tutti prima o poi sospirano o tossiscono


nella sala d'attesa, perché il silenzio è l'anticamera dell'assenza. Si


mantengono i polsi spezzati da poco, mormorano sotto i quadri astratti


che abbelliscono di paura le facce cadenti delle anziane signore,


borotalco e rassegnazione. Tradita dalla carne, tradita della tenera


carne, guasti vivi e impazziti, non smettere mai di parlare, il silenzio è


l'anticamera dell'assenza, e non ho alcuna profezia da cantarti, le frasi


di circostanza le ho dimenticate da tempo, voglio ascoltare la vocetta


stridula e soffocata delle raccomandazioni dalle scale, scandisci le


regole da trasgredire, ma non smettere di parlare, mamma. Il silenzio è


l'anticamera della tua assenza.




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L'Uovo sul letto




Ho sentito distintamente il cigolio scivoloso di una ghigliottina


quando ho aperto bocca. Chissà se un boia prova la stessa cosa. Ad


Istanbul piove. I neonati sulla stazione radio disturbano il segnale. Un


segnale disturbato è ineffabile, la lingua madre delle spiegazioni non


date, come spiegare un'illusione. La sua anima è stata la mia


allucinazione. Esce. Non mi incontra. Mi vede, ma non mi incontra.


Che ragioniere del cazzo che sono. Ieri analista, oggi anatomista, in


attesa di busta paga mi godo la promozione. Pure lui ha buttato il


bilancino, si spartisce equo.Tutte le buone ragioni per parlarsi sono


ottime ragioni per non sentirsi.. Indagini allo specchio, diritto,


rovescio: rilascio quasi immediato e rapido ritorno all'omeostasi.


Sigarette. Non tossire, perdo il filo. È un lento declinare, zucchero sul


fondo.Sono in pena per un uovo fragile sul letto. Dire per lenire, dire e


ferire. Ti accarezza con le lame la sincerità assassina.




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Orgoglio




Oooh...




La notte sulle città




Cinge i colli ricurvi




E leviga i becchi luminescenti




Ai cigni piantati per strada.




Un bacio, sulla griglia tintinnante




Della maschera da scherma,




Prima di spegnere il cielo,




E poi vagare senza stormo:




Hanno abbandonato




L'insopportabile individuo alfa.




Non resta che sorprendersi di spalle




Come l'aculeo dello scorpione




Nel cerchio di fuoco.




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A me stesso




Fu cacciato in terra




Il seme:




Esaurì in ore di sole




Tutti i movimenti.




Secoli di resistenza.




Postumo all'amore




E' il riaversi,




Chiedendo troppo,




Macché il giusto




Alla Fortuna.




La Fortuna è una puttana.




Sa guadagnare.




Ma è pur sempre una puttana.




Va presa per i capelli.




Tutte le tempeste,




Andrea,




Sono un cader d'acqua.




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P.S. (Porn Settings)




La pornografia diurna è puro esercizio masturbatorio. No, non è


nemmno questo. Dà più l'impressione di un'anatomia, di una


dissezione a scopo illustrativo. Quando vedo questi manuali, guida


pratica all'inserzione anale, non provo alcuna eccitazione spontanea,


ma un interesse scientifico, autoptico, mi sento lo spettatore di


interventi chirurgici nei colleges statunitensi. L'operazione procede


secondo esercitazioni standard, sotto una luce piatta, bianca, senza


ombre. Anche la clitoride, nera per natura, sbianchisce senza attrattive


in un ripugnante imbuto depilato di carne, ancor più arido perché


privato del getto consolatorio di fine rapporto, che deve aver luogo


rigorosamente fuori dal corpo: inconfutabile prova del piacere. La


pornografia notturna illumina solo le spalle. L'incavo del corpo sul


corpo è buio. Lo spazio vuoto scaccia l'invadenza della rivelazione,


l'aria si ionizza nel pulsare rarefatto dei colpi del cazzo. Nella


penombra qualunque cosa si muove, ha tre dimensioni, la pagina


patinata vibra della tachicardia di uomini accaldati.




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Un posto a sedere




Dans le cirque, applaudite i martiri, voi che sbattete le ali sotto la


corazza, scarafaggi d'oro. Ti parlavo al telefono questa mattina, se non


sapessi che non se sei capace, avrei giurato che stessi sorridendo: le


meduse sono deliziosi cappellini anestetici venduti per poco sugli


scogli da cui tu cadi. Dans le cirque, invece, spingevano una


carrozzina in mezzo al lucernario, con le mani aperte sui braccioli, e


penzolava una manica dei pantaloni, vuota. Si vergognava di entrare


dal parrucchiere con una scarpa sola. Si vergognava di essere viva.


Ricominciare a vivere è un tradimento della memoria. Ho voltato


pietosamente lo sguardo. Lo sguardo nella vergogna è un masso, come


quelli su cui ti pungevi tenendo l'equilibrio su una gamba sola. Ho


vigliaccamente voltato lo sguardo. Le buone maniere nel dolore sono


un basso stratagemma: il dolore è carne nella testa, ovvio che non


funzionino. Dans le cirque, voi applaudite sbattendo i piedi per terra,


scalpiccio che copre le chiacchiere insulse, copre il pianto. Vicini di


lacrime, almeno, io e lei.




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Butterfly




Ha steso gli archi al sole, ad asciugare il fresco budello di capra teso


tra gli estremi. Purtroppo, nelle metropolitane, la caccia alle farfalle


notturne non è più redditizia come un tempo. Nessuno compra più la


porporina delle loro ali, e sì che come professionista nel settore non ne


ha mai danneggiata una. Ha sempre mirato al corpo segmentato, con


aghi balisticamente perfetti, di nichel e acciaio, all'incrocio delle ali.


Ma ora sono venuti i Tedeschi. Loro e i loro culoni di latta ampi e


morbidi, sputano baffi sul suo sostentamento. Le vogliono vive, gli


dicono, e non riescono a capire, o forse lui non sa spiegare, che le


farfalle nascono già morte: è il vento che le sostiene per aria.




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Mentite spoglie




Una fila di studentelli poliglotti usciva dai corsi di memorizzazione e


incomprensione, tutti contenti di possedere per qualche mese la


superficie delle cose, lasciando ai meandri oscuri dell'afasia la


coscienza sopita degli oggetti, il dolore dei tavoli su cui cade per


distrazione il thè bollente, il loro fremito impercettibile. Si riempiva la


bocca di venerazione, gli occhi di ammirazione per il Vecchio


accademico Linceo, Legion d'onore, Medaglia d'oro, che ha riempito


la stanza di Tempi. Mi apriva con entusiasmo le scansie segrete degli


Archivi, una camera più bassa di me, col fare speranzoso di chi porge


il testimone a un erede voltato di spalle: mi è mancato il coraggio di


dirgli che la Storia non esiste. Il ricordo è una forma di


immaginazione: tornerò tra trent'anni, gli chiederò quanti passati ha.


In seguito, proprio tra quei tavoli sofferenti e le sedie molli sotto il


solo di un'estate primipara, ti sei girato a sorridermi prima di andare


via, trovandoti tuo malgrado davanti uno sconosciuto di passaggio.


Allora, semplice come l'assoluto, mi hai insegnato che non esistono


errori nel sorriso




48


Somewhere




Che io sappia tu sei l'unico esibizionista di Somewhere. La città senza


cartelli, dove le strade sono intasate da camioncini di reti private e


nazionali, la polizia ricostruisce accuratamente i fatti, le sagome di


gesso sull'asfalto vengono ridisegnate dopo ogni pioggia riesumando i


cadaveri dagli obitori. È una città senza cimitero. La gente si vede solo


stampata sui cartoni del latte. Vi abitano desaparecidos


latinoamericani, ostaggi di guerriglieri, guerriglieri, bambini rapiti,


adolescenti scappati di casa, esiliati, perseguitati politici o religiosi,


latitanti, mafiosi, amanti segreti d'ogni rango, diari personali, nobiltà


decadute affogate dai debiti, la prole malsana della tratta delle bianche


o delle nere. Tu sei l'unico esibizionista di Somewhere, e davanti le


tue prove, il mondo s'angoscia che esista un luogo senza un dove.




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Lettera a Pablo




Suppongo che tu abbia 18 anni. Non ho idea di come tu sia, posso solo


immaginarmi con lieve margine d'errore che assomigli ai tuoi genitori:


si, hai le palpebre un po' cadenti di tuo papà. In quei giorni eravamo


tutti in pena per te. Io ero lontano, e vivevo di riflesso le angosce di


tuo padre, per l'affetto che mi lega a lui. Questa è una delle cose più


importanti che ti avrà insegnato: il richiamo dello spirito che affratella


uomini tanto diversi e così distanti. No, hai ragione, insegnare non è la


parola giusta: lui non ha mai preteso di insegnarti nulla. Sono state di


più le volte in cui si è fermato ad osservarti, a imitarti, per non perdere


il suo io più puro. Sei stato tu a ricordargli ogni giono la bellezza della


follia innocente, da quando col primo pulsare sei stato anima


nell'anima. Abbi la certezza, Pablo, che quando ti capiterà di chiederti


chi sei, quando tutta la tua parte bambina sarà cosumata, non sarai


perduto.Riaffioreranno in quell'attimo le parole che non sapevi di aver


mai ascoltato, quelle che lui ti sussurrava attraverso la pelle di tua


madre, il flusso dei primi ricordi vissuti nel buio, l'eterno presente del


tuo vero essere, e perdonerai anche l'egoismo di averti generato.


Capirai, Pablo, quanto amore hai tirato fuori da loro, tu che sei la loro


negazione, ma anche l'unione indistinguibile. Danzerai come lei,


dipingerai una volta l'anno, scriverai poesie, ti vergognerai solo di non


essere te, sarai un fallito, una delusione, un uomo giusto, un dio, un


50


niente, trasparente come il niente che è l'amore, la forza vuota che


riempie gli uomini senza poter essere toccato.




A Giuseppe, con amore sincero e fraterno.




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Lettera a Pablo


Flies




La messinscena dell'acqua sulle strade




Inganna pochi sprovveduti,




Pochi romantici inseguitori di miraggi a buon mercato,




Tossici, per un motivo o per l'altro attaccati alla vita.




Nemmeno più i bambini.




Tanti bambini, troppi bambini.




Alla mattina presto,




Disturbano la quiete anaerobica




Della nebulosa nel ripostiglio.




Dopo le tredici,




Passano gli ultimi elefanti




Memori della via di casa,




Portando con sé,




Addosso o nella bocca,




I residui di chiassosa disarmonia infantile dei giorni feriali.




Allora ti piace affacciarti,




Quando il cemento armato torna immobile e duro,




E i colori chiari delle aule




Diventano ingegnosa trappola di mosche:




Sbattono i sensibili esagoni sugli abbaini,




Come contro i mulini a vento.




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Rientri solo alla sera,




Con la voglia di piangere:




Ti rattrista la pace




Che è attorcigliarsi di zampe sui davanzali




E ronzio sempre più debole




Di minuscole seghe circolari.




53


Flies


Oleandri




È stato facile trovarti:




Si segue la stradina iridescenze dei lunghi viaggi delle lumache.




Non avere vergogna di urlare:




Per le grida cacciate dalla gola più profonda del male sentito




Non vale la regola del successo.




Qui, dove sei nato, dove sempre ritorni




Dopo annunciati tentativi di fuga,




Tutto partecipa al tuo grido, tremando:




Le pareti sono teli elastici




Da cui emerge la sagoma paonazza del tuo viso urlante,




E come quando stanno per bruciare




Le piante s'inchinano al bordo della finestra.




Chiuderai anche quelle




Appena l'odore amaro degli oleandri




Avvelenerà la sera:




Sarai protetto e senza via di scampo.




Questo tuo dimenarti




Ha tutta l'aria emaciata




Della quieta spossante delle tartarughe rovesciate




Che muoiono maledicendo il sole.




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Teatro incanto passaggi




Le attrici si lamentano di un teatro troppo freddo: nei camerini, dove


per coprirsi hanno solo il raso di abiti di scena, gonne a balze, canestri


rigidi sostengono corsetti vuoti, poca compagnia da teste mozze


imparrucate, un bagno caldo in una scomoda tinozza non scongiura i


dolori reumatici. Appena entrato, venni sorpreso dall'odore acre di


Gutemberg, quel profumo di libri e di giornali ancora non mortificato


dal puzzo della rilegatura. Fogli sparsi, dopo tutto, e copioni sbattuti a


terra tre volte. He and he ont eu des querelles: mi ha detto che lui è già


cresciuto, nel bene e nel male è venuto su così, senza superare la fase


di possesso del mondo degli asili, e quasi sìè rifugiato nell'alibi


dell'oroscopo, penosa fuga dal giudizio. L'IO non è mai abbastanza per


misurare il mondo. Questa è una delusione, quindi mi ero illuso, come


se mi fossi fidato degli arcani maggiori, l'Appeso che sorridendo


appare più triste. Si fa avanti timido, con l'occhio più grande dei due,


nasconde l'altro dietro lo stipite, l'intreccio del fato e della pazienza lo


porta ad accendersi nelle mattine, fedele in cuor suo pur nella


democratica spartizione dei buchi. È venerdì, stanotte le mie gengive


sanguineranno, Light Passion, dopo la buona notte e la fruttuosa


ricerca di comuni origine etniche, dopo avergli salvato la vita, che


coincidenza, una vita di apostasi medie, come non credere più alle


sigarette, solo una dopo il caffè, più che giusto per me che difendo gli


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aspiranti suicidi: che aspirando muoiano.




56


Teatro incanto passaggi


Ycezona




Notbremse. Indicava il cartello con gli aghi mobili della sua piastra,


accecata da un getto d'inchiostro: "Fermate il treno!", pregò più di un


nomade, attorcigliando la sciarpa più stretta al pendulo collo sudato,


stiracchiato di muscoli osceni, pulsanti sotto la ruvida pelle chiazzata.


Elle se penche au dehors, e tutti staccano lo sguardo dai libri per


vederla con la testa nel vuoto e col vestito nuovo nella notte istantanea


di una galleria. Quanto onore nella guerra tra i polli, la sottomissione è


un viaggio, è l'arma bianca di un becco, carnosi bargigli da imitare


ronzando, rimedio tutto maschile all'imponente calura estiva dei primi,


moribondi giorni di settembre. Tutti possono farlo e tutti lo faranno,


tre volte sempre più brevi, toglieranno prima le pause, poi l'inizio, e la


fine, sfumeranno l'un dentro l'altro inquinandosi gli inni, gli spezzoni.


Ma la mia agave, cresciuta sul mare dei paesi ricchi, resta ancora


muta, fischia come tristi crepe nel sole attraverso i buchi delle foglie,


portata del pranzo di cuochi bramini. Felice è stato invitato, certo, ma


con l'ingenuità propria degli artisti, non ha portato la sua parte, non


comprende la complessità strutturale dei periodi, la gerarchia delle


virgole, agganciato com'è a un uncino di domanda, accarezzandosi


duro, quasi perverso, le esclamazioni. No, Felice non ha di queste


capacità, sebbene abbiano da poco recuperato il circuito della


memoria, spargendo gli emissari liquidi di neurorobotica,


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infinitesimale, sospinta ben al di sotto della scudiera vergogna di


capire male. Allora, se tutto va bene, pranzeremo legandoci bocca a


bocca col filo interdentale, dividendolo con gli ospiti, per la cortesia


che ci è propria, prevenendo ogni preventivo attacco della voglia di


prevedere, troppo ostile alla convivialità di una tavola imbandita.


Ingozzàti di cibo, i cinesi rispondono quasi sempre al telefono in


italiano, conservando l'acqua di bollitura del riso, per gli auspici dello


spirito, amplificati dagli estensori. Sul trenno si venne a sapere circa


20 minuti dopo, ce lo disse una coppia di segnali stradali, un po'


distaccati forse, ma amorevoli con tutti. La signora era un pericolo


generico, più giovane della sua età, il signore era una pista ciclabile,


educato e ambientalista, inscritto alla consorte. Nir era partita ormai


da due mesi, commisionata dalla Sede Centrale di una missione molto


delicata: ad Andrea infatti mancava una forma d'espressione sintetca, e


l'hanno spedita in Turchia, a sterminare colonie di capre dal ventre


caldo e ubertoso, alla ricerca di un fucile che partorisca bossoli, con


tutti gli indubbi vantaggi della matrilinearità propria dei popoli


evoluti.




Ycezona è la lettera del telefono dell'agente primordiale, il suggestivo


e teatrale poeta delle fiere scolastiche, divino satiro flautista, olivastro,


sgraziato, ma convinto che per poetare sia necessario un periodo di


sfrenata frociaggine, e finanche spararsi alle ginocchia in cancrena per


dimostrare la fedeltà di un Amore. Insegna, pur avendo a stento


conseguitoun diploma, da quando l'Istituto di Ricerca sulla Normalità


gli aveva riconosciuto la capacità di dialogare con i morti, adducendo


come prova le ossa tremanti di Manzoni e lo scheletro rovesciato di


Rimbaud, notoriamente seppellito supino. Alla lezione di


manichinismo occidentale mancavi soltanto tu, è andato su tutte le


furie per le tue continue assenze, poi gli hanno detto che pagavi


regolarmente la retta di venti chili di sterco l'anno, e si è messo a


58


Ycezona


raschiare la lavagna con le unghie, felice a suo modo, credo. Oggi ci


hanno spiegato quanto più facile e conveniente sia adattare un corpo a


un vestito che viceversa, e ci è venuta a trovare una donna senza un


braccio che ora indossa perfettamente i monospalla. L'abilità dei suoi


gesti monouso era sorprendente. Poco più in là, la coppia malnata e


malnutrita del provocatore indagato, prete filosofo maniaco dai bei


concetti, e l'itterico giocatore del lotto, che si scambiavano gocce di


saliva e sporco d'unghie, attendevano sotto l'albero dei fantocci


impiccati che fiorissero i zecchini d'oro, immemori nella senilità del


loro stesso inganno a un bimbo fasullo bruciato nel fuoco.




sia adattare un corpo a un vestito che viceversa, e ci è venuta a


trovare una donna senza un braccio che ora indossa perfettamente i


monospalla. L'abilità dei suoi gesti monouso era sorprendente. Poco


più in là, la coppia malnata e malnutrita del provocatore indagato,


prete filosofo maniaco dai bei concetti, e l'itterico giocatore del lotto,


che si scambiavano gocce di saliva e sporco d'unghie, attendevano


sotto l'albero dei fantocci impiccati che fiorissero i zecchini d'oro,


immemori nella senilità del loro stesso inganno a un bimbo fasullo


bruciato nel fuoco.




59


Ycezona


Bulimia




Preferisco datare




I barattoli dei miei escrementi,




L'archivio e il dettaglio




Dei Visceri




E le lampade rettangolari,




Sai, l'atmosfera tiepida




Di frigoriferi aperti.




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Lettera a Paolo




Nel bene e nel male, nella salute e nella malattia, finché morte non mi


separi, mi ritrovo spesso a parlare di te: so infatti molto di te, credo di


me tu sappia altrettanto. Siamo argomenti alquanto gettonati tra amici


comuni. Tra un rigo e l'altro , nella piena trattazione del cauto


riformismo illuminato che ha investito la mia politica esistenziale,


eccoti spuntare nel discorso: un giovane Werther omosessuale, cogli


occhi bistrati di sonno perso e di conti calorici, mangiatore di loto in


cerca di oblio in quell'affascinante corpo di vetro, fragilissimo


monastero di dolore ed estasi. Mi sta bene che mi confrontino con te,


noi siamo speculari, inseguiamo due diverse forme di autodistruzione:


io che non so uscire dal vicolo cieco dell'orgoglio, tu che non credi di


possederne uno.Così hai permesso che arrivassero fin sul picco della


tua montagna per diventare tue vestali, le ninfe fameliche coi denti


forati: si divertono a rintuzzare il fuoco delle tue passioni. Paolo,


perché non riesci a capire che le lesbiche mistiche e gli indifferenti


non ti possono toccare,che se solo ti toccassero un poco


scapperebbero, macchiate e inorridite: l'inchiostro rosso dei tuoi diari


è il tuo sangue fresco che gli hai dato in pasto per disfarti di te.




61


Nascita




Un mese fa c'era solo acqua sporca.




C'erano coralli scheggiati,




C'erano anemoni di mare con la croce in bocca:




Tenevano lontano il demonio.




C'erano 37 gradi all'ombra,




Il mondo capovolto,




La luce in fondo, il sottosopra.




C'era l'istinto a succhiare e polmoni doloranti,




L'endometrio fluttuante in un oceano di silenzio




Un battito cardiaco, un eco, che faceva tremare.




62


Ipossifila




Ho dovuto arrendermi alla divisione:




Dell'amore adolescenziale,




Tutto emozione,




Tutto sentimento,




Identificazione,




Serbo solo il fastidio dei primi giorni.




Subito subentra l'amore adulto,




Che sa scrivere e far di conto,




E ha studiato storia.




La mia storia, s'intende.




E allora tutte le streghe della mia infanzia




Perdono di fascino e bruttezza,




Diventano graziose transessuali animiste




Che m'invitano




Con il gesto sensuale di un dito sulle labbra,




A toccare il caldo lattice:




Ma guai a slacciare le cinghie.




Disturberei l'affanno gioioso dell'ipossifilia.




63


The Hollywood Bible




Frustaci o Signore




punisci le nostre latenze




e il peccato nelle retrovie




prima che sia azione




spargimento di code guizzanti




facci uscire l'acqua dal costato




a noi che mangiamo spugne d'aceto




e perdona se frustando




grideremo per l'orgasmo come tuo figlio




64


VIVA VOX




Mi affido alla tua voce,




Come uomo e come cane.




Ho abbastanza memoria,




E tremore di timpani per la tua voce.




Bassa e roca appena sveglio,




Accentuata nei suoi pur naturali toni nasali




Quando ti perdi in immaginose iperboli senza senso,




Caricaturale gramelot nel passaggio da un dialetto all'altro.




Persino quel po' di voce




Che traspare da una risata a bocca chiusa.




Ho sulla fronte




La teoria delle maschere della tua voce.




65


François




Nelle tasche le mani




Cornici del cuore di tenebre:




Dosavi gli sguardi




Sapiente d'istinto




Dispensando favori:




Ognuna è la più bella.




Ma presto il rimorso




Lavò il tuo cervello:




Candido et puro




Dormivi sotto la croce




Tre nodi alla vita




Decisi d'estate, in soli tre mesi,




E io che t'aspettavo ancora…




Al momento giusto giurasti obbedienza




E l'urlo negato ai seni sfiorati




Lo desti ad un frate




Nel buio rescisso dell'alba.




Così, leggevi le targhe degli schienali,




Sedendo sul cazzo del prete,




Capisti perché, da bravi cristiani,




S'inginocchiassero davanti a un ignudo.




66


Le figlie del sarto




- Oh Ruvide figlie di stoffa, che cosa vorreste fare?




- Padre,abbiamo un coltello, noi stesse vorremmo tagliare,




E se misericordia hai nel borsello, cucici delle bare.




- Figlie adorate, di seta filata, dove adesso io debbo scavare?




- Sei vecchio e sei stanco, non faticare




Gettaci tra stracci di lino, dove poter riposare




E non dire messa, non benedire: una veste strappata non può


sanguinare.




- Figlie sottili, di venti denari, chi verrà al funerale?




- Poveri e storpi, vecchi e appestati, orfani, donne, pazzi, malati:




Siam panni consunti, cotone sfibrato, di Signori del fango saremo


broccato.




- Figlie sgualcite, stecche di corpetto, quale sarà il mio saluto?




Prendi il gessetto che ci ha disegnato, traccia una croce sulle maniche


corte:




Qui le figlie del sarto giacciano morte.




67


Distanza




Si erge come lama




dietro le mie spalle:




Taglia i legami




che annodo con le mani,




Mani gonfie di sforzo




d'unire due isole lontane nel mare.




La scruto nascosta sotto




al mio letto:




Ha nere cesoie




taglienti di ruggine.




68


Intimo Tempo




Quando un orologio si ferma




Sono solito pensare




Che sia il tempo a cercare riposo.




Mai per prima mi sfiora




La logica idea di un campo magnetico inibitore




Né la più banale sabbia tra gli ingranaggi,




Caduta forse da una clessidra rotta:




Non è certo tempo andato perso.




Eppure compiango la lancetta dei secondi




Che spreca le sue ultime forze vitali




Divincolandosi tra 47 e 48 minuti,




Testimone inorridita di un eterno presente




Un lungo, estenuante,




Momento di stasi.




69


Mutae Divae




Diva fatta solo di luce incolore,




Sai che i tempi corrono,




Ma lei di te resta la donna immortale.




Mi sembri confusa, disorientata,




Come se avessi sbagliato battuta,




Ma non importa.




Sei una stella nascente proiettata sul muro,




Sarai triste e delusa sul viale del tramonto,




Ti spegnerai nel clamore di un'impronta.




Mutae Divae, mutevoli sogni




Scolpite sottili in nitrati d'argento,




Ricordi traslucidi di un'era passata




Dipinte in eterno in nastri magnetici.




70


Il tè delle cinque




La casa è in disordine, le tende accostate.




Chopin si lamenta da un disco graffiato,




L'acqua trabocca




Un forte odore di mandorle amare.




“Signora Dupont?…” Sussurra una voce,




Arriva in risposta un segno di pace:




Il tè delle cinque le è stato fatale,




Non sente l'odore di mandorle amare?




Nella casa dei sogni, del resto,




Non si può che dormire,




Di sonni tranquilli,




Senza risvegli.




71


Se




Per te il cielo e il mare




E nembi scuri in tempesta,




Segno della mia vendetta.




Per me un labirinto,




Dove perdermi,




Per attirare l'attenzione.




Ma quando varcherò l'uscio nero




Della camera oscura di foto negate,




Sarà qui che ci lasceremo,




Come una liberazione,




E il rimorso di colpo divenne rimpianto.




72


Grida Sepolte




I fiori crescono e non chiedono nulla.




Non sanno parlare e il loro silenzio è bellezza.




La fragilità ti intenerisce e vorresti averne cura,




Ma quale occasione per sentirsi forte…




Tu vuoi macchiare le tue mani col sangue dei germogli:




Tu vuoi vedere nel fondo della bocca




Di un grido sepolto.




73


Rayograph




Quindi il bianco diventa nero,




L'oscurità prende posto nel giorno,




Si siede comoda nella poltrona del mondo




E guarda pacifica il vortice.




Quindi il male diventa bene,




Senza preghiere, senza redenzione:




Le menzogne più false sono le più veritiere.




Come una ruota giriamo su noi stessi,




L'anima è una spirale verso il cielo,




E come una ruota rallenteremo lentamente:




E saremo niente.




74


I cinque sessi




L'omino dei cessi,




Vestito a festa,




Si finge donna unendo le gambe.




È l'esperienza dei suoi cinque sessi,




Dei loro incroci.




Così vogliono gli obesi regnanti dell'Ade,




Se è giusta la diceria dei latrati di cane.




75


A.b.a




Provo a ficcarmi in gola il dovere:




Lo mastico a lungo, perché s'addolcisca,




Ma è disgustoso, nauseante.




Sul tagliere di legno ha posato la testa,




La Fame,




Affetta con mano sapiente




E stringe l'arrosto in cinghie di spago:




Necessità.




Sfrigola nell'olio bollente, abbonda di spezie




Il sinistro odore di mattatoio:




Bravo papà, piatto d'alta cucina,




Brindiamo e gustiamo le mie angoscie farcite.




76


Processione




Riecheggia un'estasi nelle sere tardive,




Il divino attacco di panico




Che riannoda i nervi alle gambe morte:




“Cammina, Cammina!”.




Ho visto la luce.




Nella luce dei Campi Elisi,




La pace è soffuso fruscio di banconote,




Da non offendere col frastuono




Di monete da poco conto.




Nella folla,




A parte i bambini,




Zittiti, impauriti,




Plagiati dalla violenza della Redenzione,




Hanno tutti la stessa età.




Satanisti in erba,




Atei comunisti,




Giovanilisti,




Svezzatori delle nuove generazioni




A trent'anni,




Si smarriscono nell'agnosticismo della brizzolatura.




Capello dopo capello,




77


I mangiapreti parlano nel piatto,




E senza denti,




Untuosi al tatto,




Si fanno chiudere le cataratte




Guardando il cielo oltre il soffitto.




78


Processione


Nebula




Nebula ha disobbedito.




Se ne sono accorti in pochi,




Per via del tatuaggio dei papaveri,




Sopra il polso,




Confusa coroncina d'orologio.




Primitiva, come chi si conceda d'amarsi,




Mi è uscita dalla scrivania,




La dimensione quarta




Che corre lungo i battiscopa:




Da qui l'espressione sconcertata




Delle prese telefoniche,




Asiatiche faccine senza naso.




Rimpiango l'epoca




Del fruscio dei numeri




79


Les Unconnus




No, Isabelle, sentenze insolute:




Calpestiamoci i piedi come santi bizantini




Quando vogliamo parlare.




Sei stucchevole e prevedibile,




La donnicciola che impreca al balcone:




Ascolta invece le elegie degli imballaggi,




La freccia fragile sul cartone




Proprio sulla piegatura:




La cesura più acuta del patetico,




Mia cara Isabelle,




La vuoi coprire con con la mascherina




Delle infezioni?




Vigliacca, scopriti la faccia,




E guardami sulle scale della chiesa




A raccogliere per magra cena




Il riso crudo dei matrimoni.




80


Antilope




L'elettricità lungo i nuovi arti




È danza di un'antilope neonata,




Immersa e scolorita nella formaldeide.




La condensa degli aneliti attorno al coperchio




E l'ermetica saldatura di gomma




Ricade concentrica, onde microscopiche:




Manca, nel tacere della notte,




il brusio dolce dei generatori.




81


L'esercizio della fiducia




Se abbandonarti a me




È parte di una coreografia,




Di un piano prestabilito a passi contati,




Allora troverai braccia di legno scheggiato,




O le attraverserai fatte di burro,




Cadendo.




Ma se ti lancerai all'improvviso,




Sorretto dal solo sapere,




Dal solo sperare,




Il nervo forte si addolcirà attorno al tronco,




Mi volterò chiamato dal ticchettio delle punte,




E non bacerai mai la terra,




E non vedrai mai la terra.




82


Medea




Hai strappato i punti di sutura, vedo,




Mi hai chiesto di fare lo stesso,




Ho acconsentito.




Sono Medea che uccide i propri figli per te.




Ora sai cosa succede:




Si cuciranno bordo a bordo i tagli.




E chi scapperà




Ucciderà entrambi.




83


Ancora su di Te.




Nel conto della miseria,




Non calcolare questa discesa distratta




Questo stridore di violini acerbi




Pudicizia di chiostro




Alterata da un desiderio aperto




La masturbazione chirale




Senza riflesso,




Senza possesso.




La calamita




Della cosmica cataratta




E cecità universale,




Al centro di uteri sfigurati




Acido maniacale




Travasato nei solchi del viso




Raggio perlato della tua giovinezza.




84


Javier




Javier, amore mio,




Sono al primo giorno di viaggio,




E ho cambiato venti stanze.




Non ho lasciato segni di me,




Federe sporche di trucco,




O il segno nero della rasatura nel lavandino.




I residui della mia pelle




Li mangeranno gli acari.




Ho dormito per terra, Javier,




Con la faccia per terra,




Ho male agli occhi.




Non sento nessuno camminare




Sopra di me,




La mimesi è perfetta,




Se non fosse per il respiro




Che squassa il ventre




Un tifone nel tremolio dei vetri.




Qui, Javier,




Gli specchi smettono di riflettere,




Parlano a vanvera,




Dipingendosi venature nere nei bordi,




85


E all'improvviso




Non sanno più parlare.




86


Javier


Andy Violet




"Sono nato a Caserta, in Campania, nel 1980, una vita vissuta


nell'alienazione di un paesino di provincia a fare i conti con la voracità


malevola della gente per bene, con la bandiera della mia omosessualità


virile e cazzuta, per la quale ho iniziato a scrivere, ricordando ricordi


inesistenti, persone mai incontrate, forse mai esistite, come mio


padre."




87


Narrativa Contemporanea




Questa è la lista di e-paperback pubblicati fino ad ora in questa


collana:




13 Fiori Fatui




Hannan




Ai trenta all'ora




Donatella Placidi




Asìntote e Triguna




Antonio Piras




Attraverso la notte




Emiliano Bertocchi




Benaresyama




Federico Mori




Blu notte




Marco Giorgini




Buio




Emiliano Bertocchi




Dieci Racconti




Raffaele Gambigliani Zoccoli




Ferrovia




A.Zanardi




88


Fragola Nera




Christian Battiferro




Francesco




Enrico Miglino




Futureline




AA.VV.




Identità Perdute




Claudio Chillemi




Il Bacio del Serpente




Mario Campaner




Il Crepuscolo del Nazismo




Enrico Di Stefano




Il Guardiano di Notte




Claudio Chillemi




Il Passo Più Piccolo




Claudio Chillemi




Il segreto della Old Tom




Pasquale Francia




Inevitabile Vendetta




Fabrizio Cerfogli




La Maledizione del Teschio




Pasquale Francia




La morte facile e altri scenari




Giuseppe Cerone




La Radiosveglia




Raffaele Gambigliani Zoccoli




La Sibilla di Deban




Claudio Caridi




La vigna




Silvia Ceriati




89


Narrativa Contemporanea


Lo Scafo




Marco Giorgini




L'Ultima Fantasia




Andrea Nini




L'uomo che scompare




Pierluigi Porazzi




Ondas nocturnas




Karmel




Onde Notturne




Karmel




Passato Imperfetto




Enrico Miglino




Privilegi




Lorenzo Mazzoni




Resolution 258




Peter Ebsworth




Risoluzione 258




Peter Ebsworth




Sangue Tropicale




Gordiano Lupi




Segale




Christian Del Monte




Semplicemente Zombi - scheletri.com




AA.VV.




Sette Chiese




Christian Del Monte




Sogni




Massimo Borri




Sogni infranti




Alec Valschi




90


Narrativa Contemporanea


Steady-Cam




Christian Del Monte




Storia di un ragazzino elementale




A.Zanardi




Tienimi la porta aperta




Alessio Arena




Ultima notte di veglia




Enrico Bacciardi




91


Narrativa Contemporanea

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