sabato 4 settembre 2010
§* * * 2038: L A R I V O L T A * * * - FRANCESCO GRASSO - Note Biografiche - Bibliografia
"2038:LA RIVOLTA" Perchè la scelta di un fantasy per introdurre il lettore ad una scelta Consapevole verso la LUCE del Divino? Francesco Grasso, magistralmente, ci porta in una sorta di *medioevo prossimo venturo*, dove la dissoluzione etico/morale è il parto di un Pianeta dominato, in ogni sua forma, dall'Ego di Potere e l'Ombra è *Padrona Indiscussa* della mente umana. Gran parte della vicenda, si svolge in Italia *e questo è senz'altro UN VALORE AGGIUNTO che ci tocca molto da vicino!* Buona lettura a tutti voi, cari amici, SO HAM_OM SAI RAM
Alessandro Corsi
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Francesco Grasso nasce a Messina nel 1966. Ingegnere elettronico, risiede attualmente a Roma, dove lavora presso l'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione. Sposato dal 1998, è papà di una bambina nata nel 2001 e di un maschietto nato nel 2002.
Scrive narrativa di genere fantascientifico, fantasy, giallo e horror. Ha vinto per due volte il "Premio Urania" della Mondadori, il premio "Sicurezza Informatica" ediz. 1996, il premio "Cristalli Sognanti" nel 1998, il premio "Space Truckers" nel 2001, ed è stato finalista in molte altre competizioni letterarie, dal "Premio Courmayeur" al "Premio Omelas".
Fa parte della redazione della rivista telematica Delos Science Fiction (http://www.delos.fantascienza.com/), per la quale cura una rubrica satirica dedicata alla parodia di opere e scrittori famosi. Una sua antologia personale, dal titolo "L'uomo dei mosaici", è in linea su internet, per la collana Delos Books.
Principali opere pubblicate:
•"Ai due lati del muro", Urania num. 1189, Mondadori, ottobre 1992;
•"Enea", Edizioni Millelire, Stampa Alternativa, 1994;
•"In amore e in guerra" su MCmicrocomputer num. 142, Technimedia, luglio 1994;
•"Nelle fauci di Cerbero" su L'Eternauta num. 145, maggio 1995;
•"Il rito", antologia "Realtà virtuali", Keltia Editrice, 1996;
•"Praticamente innocuo?", in appendice al romanzo "Ithaqua, il mostro", Urania n° 1282, Mondadori, maggio 1996;
•"Per gli occhi di Laura" su Sicurezza Informatica, Securteam, giugno 1996;
•"Soluzione finale", Cosmo-SF, Editrice Nord, estate 1996;
•"Lezioni di gatto", antologia "I gatti magici", Felinamente, 1997;
•"Nel ventre di Napoli", Urania Millemondi, Mondadori, primavera 1998;
•"Il nuovo amministratore", antologia "Memorie di Castello" a cura XVII Circoscrizione Roma, 1998;
•"Il gatto e la farfalla", antologia "Dracula2000", collana Le Scintille di Avvenimenti, 1998;
•"Il baratto", Futuro Europa 24, Perseo, dicembre 1998;
•"Un soldo per i tuoi pensieri", antologia "Sangue Sintetico", Pequod, maggio 1999;
•"Lacio drom", antologia "I mondi di Delos", ed. Nuovo Millennio, maggio 1999;
•"Terra, cenere, polvere", antologia "Il silenzio delle cicale", REM edizioni, maggio 2000;
•"2038: la rivolta", Urania num. 1403, Mondadori, dicembre 2000;
•"Al di là del bene e del male", antologia "Carri Futuri", IVECO, 2001;
•"Ospiti", su DEV num. 98, Infomedia, agosto 2002
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2038: la rivolta
di Francesco Grasso
2038: la rivolta.................................................................................................................................1
di Francesco Grasso ....................................................................................................................3
Prologo............................................................................................................................................4
1......................................................................................................................................................6
2......................................................................................................................................................9
3....................................................................................................................................................15
4....................................................................................................................................................19
5....................................................................................................................................................29
6....................................................................................................................................................38
7....................................................................................................................................................45
8....................................................................................................................................................53
9....................................................................................................................................................62
10..................................................................................................................................................70
11..................................................................................................................................................78
12..................................................................................................................................................84
13..................................................................................................................................................92
14..................................................................................................................................................96
15................................................................................................................................................106
16................................................................................................................................................115
18................................................................................................................................................120
Prefazione...................................................................................................................................127
Epilogo ........................................................................................................................................128
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Prologo
Napulì, creature vuttate 'mmiez' a 'na vi'
crisciute cu pippate 'e cucai'
Puggiuriale rint' 'o desti'
99 Posse
La Fiat Punto color poltiglia avanzava stentatamente, quasi che il motore funzionasse ancora
soltanto grazie alla miracolosa intercessione del San Gennaro pencolante sul parabrezza. Il
clacson asmatico tossì una, due, tre volte, sovrastando con difficoltà i borbottii della marmitta che
si intravedeva lesionata oltre l'orlo della carrozzeria. Solo al quarto colpo riuscì a destare
l'attenzione degli uomini sonnecchianti all'angolo della strada.
Vincenzo detto 'o sciccoso guardò scettico l'auto del potenziale cliente alla luce incerta dei
lampioni, aggrottò le ciglia e lanciò un muto interrogativo al giovane dall'aria cupa che gli sedeva
accanto. Costui annuì senza muovere un muscolo facciale più del necessario.
- Curdo o nigeriano. - sentenziò, tirando una rapida boccata di fumo e gettando poi il
mozzicone della Camel di contrabbando su un cumulo di rifiuti bellicosamente sorvegliato da gatti
scheletrici - Macchine sgarrupate ma soldi in tasca. Va' a vedere cosa vuole.
- Vabbuono. - convenne l'altro, alzandosi - Ma tu prendi 'o fierro e statte accuorto. Con chillo
fetiente in giro, non si è mai abbastanza sicuri.
Dal lato del passeggero, il finestrino della Punto si abbassò con un cigolio catarroso, e un
braccio maschile emerse dall'abisso d'ombra dell'abitacolo. La mano era ampia, dai muscoli ben
disegnati sotto la pelle, e dai tendini tesi. Tra il dito indice e il medio, un foglietto grigio-verde
lanciava maliziosamente il suo richiamo di filigrana.
Vincenzo si avvicinò con circospezione, attento a non imbrattare nel fango grigiastro dei
canali di scolo le scarpe di buona fattura. Il vicolo era deserto; la scritta azzurra Forcella boys,
tinteggiata a spray fosforescente da una mano ignota, campeggiava sui muraglioni imbiancati dei
palazzi. L'occhio giallo del semaforo notturno, incongruamente scampato alle pietre degli scugnizzi
di quartiere, ammiccava con monotona complicità. Una luna smorta occhieggiava negli squarci tra
le nuvole, pennellando d'argento la lamiera color cattivi pensieri della Fiat, rivelando sulle sue
fiancate un ammasso di sfregi, complessi e contorti come la tela di un ragno confuso.
- Cosa, cugino? - biascicò Vincenzo.
- Sale lucente. - rispose l'altro.
La voce era bassa, gutturale. Le vocali erano strascicate, distorte, pronunciate quasi a fatica.
- Chi ti manda? - chiese Vincenzo, sospettoso.
- Amici.
- Amici di chi?
- Di questa. - chiarì la voce roca, sventolando il denaro.
Vincenzo afferrò con mossa esperta la banconota, e ne saggiò la consistenza con le unghie
rosee. Il risultato dell'ispezione sembrò dissipare ogni dubbio: il foglio da cinquanta Euro
scomparve, inghiottito voracemente dalla tasca della giacca in biotessuto. Poi, come in un gioco di
prestigio, sul palmo dell'uomo comparve la bustina. Oltre la trasparenza della plastica sterile, le
piramidi dei cristalli di exitrazina rilucevano iridescenti. Vincenzo l'avvicinò alla mano del cliente, fin
quasi a sfiorarne le dita; poi, crudelmente, la ritrasse.
- È orbitale, cugino. - stuzzicò, puntando il dito al cielo - La mandano gli amici dalla Galileo...
La carta non basta per questa meraviglia. Aggiungine un'altra.
- Certo. - mormorò il cliente. - Ecco...
Vincenzo non ebbe il tempo di stupirsi della brevità di quella contrattazione. I suoi occhi
registrarono un lampo, la visione fugace di un volto mascherato. Poi, una morsa di ferro si chiuse
sul suo polso. Fu strattonato brutalmente in avanti, con violenza, contro la portiera che si apriva. Il
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suo naso si ruppe nell'impatto, imbrattando di sangue e cartilagine la lamiera. Il braccio gli venne
torto crudelmente all'indietro. L'osso del polso si ruppe col rumore d'un guscio nello schiaccianoci.
- Anto'! - urlò, accecato dal dolore - Aiut...
Non riuscì a completare l'invocazione. Il suo avversario lo afferrò per la gola e strinse. Un
istante dopo, le sue vertebre cervicali si spezzarono.
- Sang' 'i maronn'! - gridò il giovane cupo, balzando in piedi e puntando nello stesso
movimento la pistola.
- Spara, infame!
L'altro non se lo fece ripetere. Premette il grilletto sputando tra i denti avanzi di bestemmia.
Il colpo riverberò con fragore contro le facciate malmesse dei palazzi, echeggiando all'istante
in mille luci di finestre aperte l'una dopo l'altra come occhi curiosi. I gatti scheletrici schizzarono a
rintanarsi sotto i cassonetti d'immondizia; un barbone dalla pelle scura, che dormiva rannicchiato
in un bozzolo di schiuma d'imballaggio all'angolo opposto della strada, scattò in piedi come se
avesse sentito lo starter di una gara e corse via in cerca di riparo.
Il giovane cupo strinse le palpebre, abbagliato dal lampo dello sparo. Quando le riaprì, il
passeggero della Fiat era in ginocchio, piegato in due, le mani a comprimere il ventre devastato
dal proiettile. Gli si avvicinò cautamente, la pistola ancora puntata, il dito che si agitava
nervosamente sul grilletto limato.
- Togli chilla maschera, fetiente! - ingiunse - Toglila o...
Non lo vide neppure scattare. Un colpo al braccio, violento, e l'arma volò lontano. Il giovane
arretrò, la mano al coltello alla cintura, il terrore che serpeggiava lungo la schiena. Quando le sue
dita toccarono il cuoio dell'impugnatura, sentì d'essere salvo. Poi i suoi occhi caddero sul ventre
dello sconosciuto, e il suo cuore perse un battito.
Oltre la stoffa strappata, il sangue, che un attimo prima scorreva a fiumi, si era arrestato, e i
fasci muscolari lacerati stavano ricrescendo: tessuti nuovi si spingevano contro le labbra della
ferita come una marea montante di carne; legamenti e cartilagini si ricostruivano, s'intrecciavano,
si annodavano a un ritmo sovrannaturale.
Paralizzato dal terrore, il giovane cupo vide lo sconosciuto frugare nelle tasche di Vincenzo e
riappropriarsi della banconota. Poi l'uomo si assestò la maschera sul viso e prese ad avanzare
con la perentorietà di una scala reale servita. Sul suo ventre, i lembi di carne intorno allo squarcio
ebbero un ultimo fremito, infine si congiunsero. La pelle si distese sui fasci muscolari di nuovo
intatti, e ogni segno della ferita scomparve, come se non fosse mai esistita.
Il respiro ansante dello sconosciuto fu l'ultimo suono che il giovane udì.
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- È di nuovo qui? Ma lei non si stanca mai?
Lara sorrise con aria di sfida. Le riusciva particolarmente bene: era una donna minuta e
spigolosa, dai capelli dorati e sottili, gli occhi chiari e un incarnato da scottatura solare. Quel giorno
aveva scelto di indossare un abito lungo, celeste, che le lasciava libere le braccia esili dai gomiti
aguzzi. Dai lobi delle orecchie, due sfavillanti ciondoli d'argento pendevano come gocce di metallo
fuso dal crogiolo.
- Spero che vi stanchiate prima voi. - ribatté serafica.
- Questo è certo. - si arrese l'impiegato, facendo scricchiolare l'alta poltroncina a rotelle su
cui era arroccato. L'uniforme da poliziotto, stazzonata e in disordine, era sbottonata fino al petto, e
lasciava intravedere una poco ufficiale T-shirt con i colori della squadra di calcio cittadina. L'uomo
aveva un cranio appuntito, coperto ai lati da due lucide ali di capelli neri con il bianco che saltava
fuori alla radice; aveva un naso storto e piccoli foruncoli rossastri intorno agli zigomi.
- Per quante ore vuole l'accesso, oggi? - chiese in tono rassegnato.
Lara si accomodò sulla sedia e accavallò le gambe. L'impiegato non si lasciò distrarre. Né,
d'altra parte, lei ci aveva contato. Il ventilatore appeso al soffitto si agitava sommessamente,
muovendo intorno l'aria come se proprio non potesse farne a meno. Dove le pareti della stanza si
incontravano, si intravedevano monconi tristi di ragnatele e segni grigiastri di polvere sull'intonaco.
- Dipende. Posso avere in consultazione il mattinale?
L'impiegato si incupì. - Deve chiedere all'ispettore capo.
- L'ultima volta non è stato necessario. - osservò Lara.
- L'ultima volta mi hanno piantato casini, dopo. - mugugnò l'uomo.
- Vedo che è di malumore, oggi. - considerò lei, carezzandosi gli orecchini - D'accordo,
comincerò con gli archivi.
L'uomo le fece cenno di accomodarsi. Lara sedette di fronte al terminale, attese che
l'accesso le fosse concesso, poi cominciò a navigare a piccolo cabotaggio nel mare d'informazione
che le Forze dell'Ordine mettevano, quando lo giudicavano comodo, a disposizione della Stampa.
Le sue dita curate si muovevano con rapidità sulla tastiera. Presto il ticchettio fu l'unico
suono d'origine umana nella stanza. Di tanto in tanto la donna corrugava la fronte e si
interrompeva per valutare un dato o una fotografia. Più raramente, azionava il comando per
dirigere la schermata sulla piccola HP laser che ronzava accanto al terminale, poi estraeva il
foglio, marcava qualche riga con l'Uniposca e poi riponeva il tutto nella cartelletta marrone che
reggeva in grembo.
- Abbiamo visite, Palmieri?
Lara si voltò. Un secondo poliziotto era apparso sulla soglia dell'ufficio. Era alto, magro, e
aveva un'aria ancora più trasandata del collega. Reggeva con la mano destra un vassoio avvolto
in carta incerata beige con la scritta "Scaturchio" vergata in curiosi caratteri svolazzanti.
La donna fece un vago cenno di saluto. Il nuovo arrivato abbozzò un sorriso complice, poi
posò il vassoio sulla scrivania del collega e l'apostrofò con una smorfia.
- Ti vedo male, Palmieri. - ghignò - Hai un bel ciuffo di capelli bianchi tutto nuovo, lo sai?
L'altro annuì con aria stanca. - Stamattina mi sono guardato allo specchio e ho visto mio
padre.
- Le frolle ti tireranno su. - commentò lapidario il nuovo venuto.
Poi si rivolse a Lara. - Vuole una pastarella?
- No, grazie.
- È sicura?
Lara inarcò un sopracciglio. - Glielo assicuro.
- Non sa cosa perde... Lei è una giornalista, vero?
- Del Mattino. - confermò la donna, senza staccare gli occhi dal terminale.
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Il poliziotto si avvicinò, vagamente interessato, ma non al punto da sforzarsi di decifrare da
solo le scritte che correvano sullo schermo. - Cosa sta cercando?
- Materiale per un'inchiesta del giornale.
L'uomo si carezzò i baffi sottili, e Lara capì che non sarebbe riuscito a toglierselo di torno. -
Inchiesta? Quale inchiesta?
La donna sospirò. Alla fine, si risolse ad alzare le dita dalla tastiera. Si volse verso l'uomo.
L'alito di lui sapeva di caffè e di babà con la crema.
- Delitti nell'ambiente del traffico di droga. Omicidi irrisolti.
Lara vide che Palmieri, alla scrivania, scuoteva la testa. Non vi badò.
- Mi sembra un po' vago. - obiettò l'uomo alto.
Lara riprese a navigare. - Mi limito a raccogliere materiale su alcuni episodi particolarmente
efferati.
- Efferati? - ripeté l'altro, perplesso.
- Con elementi morbosi, o truculenti.
- Ah! - fece l'altro, illuminandosi - Lei cerca lavori di macelleria...
Lei scrollò le spalle sottili. - Diciamo di sì. Tra le altre cose.
Il poliziotto le rivolse di nuovo il sorriso complice. D'istinto, Lara rifiutò di trovarvi validi motivi
di complicità. Di ogni tipo.
- Credo di avere qualcosa che le piacerà, in questo caso. - sogghignò.
Non credo proprio, pensò Lara. Ma si trattenne dal dirlo. Non era giornalista da molto tempo,
ma quella lezione l'aveva già imparata.
- Dov'è il rapporto di Puma26, Palmieri?
Il secondo poliziotto sembrò contrariato. - Non certo nel database per la Stampa, Lucantoni. -
borbottò.
- Oh, che cazzimm'! - tagliò corto l'uomo alto - Mangiati la sfogliatella e molla la parola
d'accesso.
Palmieri squadrò torvo il collega. Ma poi, scuotendo la testa, bisbigliò qualcosa che Lara non
afferrò.
- Se ti facessi meno problemi, Palmieri, camperesti meglio e di più. - commentò l'uomo alto,
carezzandosi i baffi. Poi si rivolse a Lara. - Permette?
La donna gli cedette il posto di fronte al terminale. L'altro si accomodò soddisfatto come un
grosso gatto che si acciambellasse sulla poltrona buona. Lara vide sui calzoni della divisa di lui
una grossa macchia di crema che ricordava la sagoma del Vesuvio. Un sorriso le salì alle labbra,
ma lei lo represse prima che potesse affiorare.
Il poliziotto tornò al menù principale di navigazione e impostò la nuova parola d'accesso. Con
pochi colpi di mouse aprì una serie di schermate confidenziali.
- Guardi. Queste sono state scattate stanotte da una volante. A Forcella.
Lara gettò un'occhiata. E impallidì.
- Mio Dio...
Da "In cerca di Masaniello"
Saggio ipertestuale di Lara Mastrantuono,
ediz. Mondadori, Gennaio 2040
Non so esattamente quando, per la prima volta, sentii parlare di Lui. Era
primavera, questo lo ricordo, un Aprile caldo e solare come il cielo di Napoli regala
spesso, anche a coloro che non lo meritano.
In quei giorni, inviata dal giornale, frequentavo abitualmente gli archivi della
Questura, in cerca di indizi con la costanza e la caparbietà di un segugio a caccia
della preda.
Non era un compito insolito per un reporter. Al contrario, era una routine a volte
tediosa che il caporedattore mi aveva assegnato, come soleva ripetere, per "farmi le
ossa".
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Eppure, quella primavera aveva un ché di anormale. C'era una strana tensione
nell'aria, un nervosismo palpabile tra i poliziotti con cui avevo occasione di
dialogare, con cui bevevo il caffè alle macchinette automatiche negli incroci dei
corridoio, che stressavo con continue interviste e richieste di informazioni più o meno
riservate.
Era Lui. La sua esistenza non era riconosciuta da nessuno. Eppure aleggiava. Come
un puzzle ancora alla rinfusa, un mosaico il cui disegno prende forma poco a poco,
lento, impercettibile, finché qualcuno non si alza in piedi all'improvviso e grida,
puntando il dito, "Lo vedo!".
Il mio puzzle aveva tessere di violenza. Di reticenza. Di mistero e di sangue. Io
le collezionavo con cura, accrescendo ogni giorno di più la mia consapevolezza. Finché
non mi resi conto di essere sulle Sue tracce. Non avevo ancora un nome per Lui, anche
se già davo al suo pronome, per il timore che inevitabilmente accompagna l'ignoto, la
maiuscola. Non sapevo chi fosse, né cosa lo spingesse. Ma sapevo che esisteva, creatura
inquietante che dominava le zone d'ombra e gli spazi vuoti di questa città che vive
ripiegata su se stessa e sul suo passato...
E sapevo che, prima o poi, lo avrei trovato.
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Per credere nelle proprie ragioni,
non c'è bisogno di dimostrare che quelle degli altri sono sbagliate.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Lara entrò nell'ufficio del caporedattore in preda a un malumore così acceso da trascolorare
nell'ira.
- Attilio... Hai bocciato il mio articolo?
Il suo capo, un uomo di mezza età dagli occhiali a fondo di bottiglia e capelli come sbuffi di
fumo, alzò appena lo sguardo dallo schermo del suo terminale.
- È così.
Non aggiunse altro. Non si mosse. La donna aspettò una reazione, ma lui rimase avvitato
sulla sedia, a dominare l'ufficio dalle grandi vetrate che era il suo regno. La giacca buttata
pigramente sulla spalliera, la cravatta allentata, i polsini arrotolati sugli avambracci, un alone
intorno alle ascelle: Lara pensò che doveva essere nato, in quella posizione. Trattenne le sillabe,
lasciandole sfuggire lentamente, una a una, come proiettili.
- Potrei... sapere... perché?
L'uomo afferrò una graffetta tra le dita nodose e cominciò metodicamente a dipanarne il filo
metallico.
- Noi ci occupiamo di giornalismo, Lara. Non di letteratura, capisci?
Il viso della giovane assunse un colorito porpora. La frecciata coglieva nel segno, ed era di
quelle avvelenate.
Stronzo, pensò.
- Letteratura? - ribatté, alzando la voce - Sono letteratura le testimonianze, i riscontri, le
fotografie? È letteratura la lista degli spacciatori uccisi? Se questa è una normale guerra di
camorra, io sono Miss Universo!
L'uomo si tolse gli occhiali. Liberi dalla prigione delle lenti, notò Lara, gli occhi di Attilio erano
cerulei, profondi, di un fascino insospettato. L'uomo batté un paio di volte le palpebre, poi inforcò
di nuovo i vetri. Le due gocce d'azzurro stinsero nel mare delle diottrie.
- Lara... - mormorò - Da quanto sei al giornale? Dieci, undici mesi? Non credi che sia poco
per insegnare a me... a noi tutti il mestiere?
Lei scosse la testa. - Non ho mai detto questo. Io...
- Posso assicurarti che qualcuno sta seguendo il caso. - tagliò corto lui - Quando avremo
materiale a sufficienza, lanceremo l'inchiesta, e ci punteremo per settimane. Non prima, capisci?
- Qualcuno? - echeggiò lei - Lamberti?
L'uomo annuì. - Naturalmente. La nera è sua.
- Lamberti è un deficiente. Ha l'intuito del muro di Berlino.
- Carmine è un buon giornalista. - la fulminò lui - Un professionista, un cronista serio che sa
star dietro ai fatti. Non insegue favole di giustizieri mascherati e di poteri magici, lui.
La donna arrossì di nuovo, questa volta di rabbia.
- E il mio dossier? Che ne hai fatto?
L'altro scosse la testa, sconsolato. Sul terminale lampeggiavano impazienti i collegamenti in
corso. Il memobox ronzava col tono di un alveare infuriato. La stampante eruttava lapilli di carta e
geyser di toner. I messaggi di posta bussavano inflessibili come ispettori fiscali.
Sull'orlo della scrivania, indifferente al caos, troneggiava un vecchio calamaio, orgoglioso
come una roccia solitaria, simbolo anacronistico ma non fuori luogo, oggetto insignificante eppure
capace da solo di trasformare il vetro del ripiano quasi in un giardino Zen.
- Ti prego, Lara. - disse stancamente l'uomo - Pretendi che vada in cerca del tuo dischetto?
Non vedi che sono affogato nel lavoro?
Lei fece per battere il pugno sulla scrivania. Si trattenne solo all'ultimo istante.
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- Smettila con le stronzate. Hai già passato i miei appunti a Lamberti, vero? Dimmelo in
faccia, almeno!
Attilio sospirò, puntando i gomiti sul ripiano della scrivania. Lungo le pareti, l'ufficio era
gremito di anacronistici schedari e brutte stampe neoclassiche; un calendario a cristalli liquidi,
dalle batterie scariche, era appeso accanto alla porta, col display fermo su date di giorni ormai
lontani; un rampicante maltrattato chimicamente riempiva di tristezza l'angolo opposto della
stanza. La moquette dai disegni grigi e azzurri gridava il suo bisogno d'un buon trattamento di
pulizia. Un appendiabiti isostatico, di plastica bianca, era l'unica concessione al gusto moderno.
- Lara, Lara... - chiocciò l'uomo - Non c'è nessun complotto contro di te, credimi. Sei una
ragazza intelligente, e stai facendo una buona gavetta. Tra due, forse tre anni, sarai in grado di
occuparti d'inchieste serie. È necessario un po' di tempo, capisci? Per il momento...
La donna aveva ascoltato troppe volte quel sermone per tollerarlo ancora. Fece dietro front e
uscì dall'ufficio senza una parola. Non sbatté la porta, ma solo perché il caporedattore aveva fatto
montare appositamente un servomeccanismo che lo rendeva impossibile.
Irritata oltre ogni misura, tornò alla propria scrivania, sedette e incrociò le braccia. I cassetti
erano socchiusi: nastri video, post-it e dischetti ne facevano capolino timidamente come detenuti
alla ricerca di una impossibile via di fuga. Lara li richiuse con cura, uno dopo l'altro: il primo,
traboccante di appunti per i servizi di routine; il secondo, saturo di materiale per le inchieste più
impegnative; e il terzo, quello cui teneva di più, il magazzino dei suoi pezzi migliori, alcuni
pubblicati, qualcuno respinto, altri soltanto tracce per lavori futuri.
E, mescolati a questi ultimi, frammenti di racconti, diari di viaggio, polvere di fantasia raccolta
su supporto magnetico. Da quel cassetto, ella ne era certa, un giorno sarebbe sbocciato il pezzo
che l'avrebbe resa famosa. Fino a quel momento non aveva avuto l'occasione giusta, ma la vita
era in debito con lei, e prima o poi avrebbe dovuto saldare il conto.
- Ti ha cercato Lamberti, ragazza. - l'informò Rita, la vicina di scrivania - Ha detto di
richiamarlo al più presto.
- Ma davvero? - sibilò Lara, stuzzicandosi gli orecchini per dominare il nervosismo. - Be',
aspetterà. Io devo andare.
- Andare? Dove?
Lara scrollò le spalle e afferrò il soprabito leggero. - Devo fare un servizio... un servizio su...
Sta accadendo qualcosa in città, che tu sappia?
Rita batté le palpebre, pesantemente velate da un rimmel color caramella. - In città? Be', c'è
il sit-in dei disoccupati lungo la monorotaia, ma...
Si accorse di parlare al vuoto. La porta dell'ufficio si era già chiusa.
C'è folla tutte le sere, nei cinema di Bagnoli.
Edoardo Bennato
Il sat-com anulare emise un richiamo imperioso, un urlo elettronico che si configurava, per il
minuscolo strumento, come un riscatto alle sue dimensioni irrisorie.
- Sarrese. - sibilò l'uomo dagli occhiali a specchio.
- Siamo in posizione, signore.
- Molto bene. I VAT blindati?
- Uno su via Coroglio, due lungo la linea ferrata. Un quarto di riserva, sul piazzale dell'ex
Italsider, di scorta agli hover della Questura.
- L'EH301?
- È in verticale, signore, ma non prevediamo di farlo intervenire. Non a bassa quota. Per via
degli urticanti, capisce...
- Naturalmente. Avete tracciato i bersagli?
- Sissignore. Tutto pronto. Quando vuole.
L'uomo consultò il quadrante del bio-timer che traspariva oltre la pelle rosea del polso.
L'epidermide, regolare, priva di rughe, era di un candore quasi infantile. Una peluria bionda, alta
pochi millimetri, copriva il dorso della mano e le prime falangi delle dita, privi di qualsiasi accenno
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di callosità. Le unghie erano linde e perfettamente sagomate. Il polsino della camicia, immacolato,
rivelava un tessuto di raffinata fattura.
- L'ultimatum del Prefetto scade... - meditò, visualizzando mentalmente il conto sul quadrante
- tra poco più di due minuti. Faremo apprezzare a lui e al Consulente di EuroBank la nostra
puntualità...
Sarrese rivolse gli occhiali a specchio, che nel lucore di quella brumosa serata primaverile
risultavano troppo smaccati persino per essere un'ostentazione, verso la linea del fronte
avversario, valutandone con occhio professionale l'impostazione e la consistenza.
I destinatari dell'ultimatum erano attestati tra l'angolo settentrionale della stazione della
Monorotaia per Procida e l'edificio prospiciente il litorale. L'asfalto era una galassia luccicante di
vetri infranti; gli striscioni di protesta garrivano ancora ai refoli della brezza vespertina, le mani
percuotevano metodicamente i tamburi; i disperati incatenati ai binari sembravano davvero
intenzionati a passare la notte sulle traversine, proprio come avevano minacciato... Sarrese pensò
alle tronchesi a iper-filamento di cui erano dotati i suoi uomini, e tuttavia concluse che un attacco
in quel punto si sarebbe configurato come un errore tattico. Mentalmente, cancellò l'opzione dal
memobox integrato.
Più lontano, parte dei manifestanti era accampata all'interno dei convogli metropolitani
bloccati, e lì bivaccava recuperando le forze: si trattava perlopiù di donne e anziani. Gli altri, i
"duri", tra cui Sarrese era certo di aver individuato vecchie conoscenze della sua Sezione, erano
ancora intenti a negoziare con i rappresentanti sindacali. Tutto intorno, una cornice di manifesti e
olo-clip inneggianti al lavoro ed esecranti la nuova politica euro-liberista. Ancor più lontano,
disposta sui balconi e sui tetti di Bagnoli come nelle gallerie di un cinema, la folla dei curiosi e dei
giornalisti.
Sì, meditò Sarrese, il piano era corretto: si doveva colpire in quel settore, senza esitazioni di
sorta. I sindacalisti rappresentavano un obiettivo secondario, ma non trascurabile: nel caos dello
scontro qualcuno di loro sarebbe certamente finito in manette, rendendo il successo
dell'operazione più completo.
Se quegli idioti obbedissero a dovere... - pensò sprezzante - ...senza che ci sia bisogno ogni
volta di spaventarli...
- Moretti? - sibilò al microfono che gli cingeva il dito.
- Signore?
- Procedete pure.
D'improvviso, fu come se avessero dato audio alla scena. Fu battaglia. Sarrese osservò
compiaciuto il contatto tra i due fronti. L'analisi si rivelava esatta: le falangi ordinate degli agenti
penetravano nello schieramento dei manifestanti come una lama ardente nel burro; chi tentava di
resistere era travolto, chi fuggiva poteva farlo in un'unica direzione, verso i blindati e i reparti della
Polizia Metropolitana in attesa con le cariche elettrostatiche, i collanti chimici e ogni altro
necessario equipaggiamento anti-sommossa. Il memobox completò per lui la proiezione: perfetto.
La compostezza di un esercito è la misura della collera dei cittadini.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
L'agente scelto Moretti chiuse la comunicazione, abbassò sugli occhi di un verde sciropposo
la visiera della maschera antigas e fece un cenno al reparto alla sua destra. Il foop sordo dei
lanciatori pneumatici echeggiò docilmente il suo ordine.
Dal fronte avversario si levò un urlo corale, inumano, il verso di un leviatano ferito. Poi il
ritmo dei tamburi scemò, e la nuvola dei gas urticanti avvolse i binari.
Era tempo di aprire le danze. Moretti brandì il pungolo elettrico, lo soppesò, ne esaminò il
bilanciamento. Lo scudo monocristallino, valutò, era eccessivamente ingombrante. Sarrese aveva
detto bene: in quello scenario tattico era solo un impiccio. Se ne liberò in fretta, e vide che i suoi
colleghi facevano altrettanto. Inghiottì in fretta le ultime pillole, assaporandone il gusto dolciastro.
Sentì che il suo corpo reagiva con febbrili segnali d'eccitazione.
- Carica! - gridò, lanciandosi avanti.
2038: la rivolta Francesco Grasso
12
Moretti parava e colpiva, colpiva e parava. I sassi che s'infrangevano sull'elmetto e sulla
visiera monocristallina della sua maschera non lo preoccupavano; quanto ai coltelli, non ne aveva
ancora visto uno, ma aspettava ardentemente che si mostrassero, perché in quel momento,
finalmente, avrebbe avuto l'autorizzazione a usare la pistola che fremeva nella sua fondina.
Sotto la pressione della sua squadra, si rese conto, il fronte dei manifestanti aveva ormai
perso qualsiasi forma di resistenza organizzata. Squatters, immigrati, bonghisti, studenti e
disoccupati si battevano contro la schiera dei manganelli con movenze da marionette disarticolate,
agitandosi caotici come frasi senza punteggiatura.
Moretti pensò che la scena gli risultava familiare: quante volte aveva già visto quegli sguardi
pieni di prostrazione, quel dibattersi con stanchezza disperata, quel contorcersi in preda a un
parossistico abbandono? I coloriti cianotici, le cornee congestionate dal gas, i visi inutilmente
ricoperti da strisce di stoffa bagnata... Quante volte li aveva scorti all'altro capo del suo
manganello? Dieci, venti?
Da anni, ormai, gli sembrava di picchiare sempre lo stesso uomo... Perché mai quella gente
si ostinasse a inscenare manifestazioni e ad attentare al nuovo ordine europeo era un mistero che
sfuggiva alla sua comprensione.
Nonostante avesse grande allenamento, le braccia cominciavano a dolergli. Ma ormai il più
era fatto: gli sembrava quasi di udire in lontananza la sirena bitonale degli hover e quella più acuta
delle ambulanze, segno che la battaglia stava volgendo al termine. Moretti sognò il momento in cui
un esausto appagamento avrebbe preso il posto dell'eccitazione, lasciandolo stanco ma
soddisfatto in un surrogato non disprezzabile dell'orgasmo.
Un uomo anziano dal viso paonazzo gli si gettò contro, gridando qualcosa di incomprensibile
su una pensione cancellata e uno sfratto. Il senso della frase si perse nel caos generale, ma per
Moretti non faceva differenza. Infastidito, se lo scrollò di dosso e gli assestò un preciso colpo di
pungolo sulla sommità del cranio. Il vecchio roteò gli occhi e si afflosciò al suolo, un rivolo roseo di
sangue misto a saliva agli angoli della bocca.
- Provaci con me, infame!
Moretti, sorpreso, vide uno sconosciuto piazzarsi a gambe larghe di fronte a lui, quasi
invitandolo a colpire. Era scalzo, con indosso soltanto un paio di calzoni, che un tempo dovevano
essere stati bianchi, e una camicia dello stesso colore mal rappezzata sul ventre, come se vi fosse
rimasta impressa una lisca di pesce. Il volto dell'uomo, dalle labbra in su, era coperto da un cencio
nero, una maschera che a malapena lasciava intravedere un occhio e il profilo di un naso adunco.
La sua voce era roca, bassa, le parole strascicate.
- E tu chi saresti? - ghignò l'agente scelto - Pulcinella?
Per tutta risposta, lo sconosciuto gli sputò addosso. Lo scaracchiò centrò l'elmetto del
poliziotto, e colò lentamente, ingiuriosamente, sulla visiera immacolata.
- Va bene, pezzo di merda, l'hai voluto. - ringhiò Moretti, furioso. Alzò il pungolo, regolato al
massimo voltaggio, e lo calò contro il suo avversario.
Colpì solo l'aria.
- Dove...? - esclamò. Con la coda dell'occhio, vide che lo sconosciuto si trovava ora alla sua
destra.
Nessuno può essere così veloce... - pensò, incredulo.
- Prendetelo! - gridò ai colleghi che sopraggiungevano.
Secondo l'addestramento, costoro ubbidirono prima di pensare: due uomini si gettarono sullo
sconosciuto, un terzo lo colpì alle spalle col manganello.
Un istante dopo, tutti e tre erano a terra privi di sensi. Moretti arretrò, spaventato. La sua
mano, tentoni, cercò la fondina. La raggiunse. Era vuota.
Chi guarda alle bandiere per scorgervi il futuro
finisce per vedere in controluce il proprio passato.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
2038: la rivolta Francesco Grasso
13
Seduto nel suo punto privilegiato d'osservazione, Sarrese s'irrigidì all'improvviso: qualcosa
d'imprevisto stava accadendo sul fianco destro del fronte. L'uomo toccò gli occhiali a specchio
regolandone il fattore di fotomoltiplicazione, e colse un minuscolo sbandamento, addirittura un
arretramento della linea d'avanzata.
Una sacca di resistenza più tenace del previsto, valutò il memobox. Nulla di grave, meditò
l'ufficiale, ma poteva compromettere i tempi dell'operazione. Peggio ancora, poteva vanificare la
disposizione delle forze di riserva e consentire la fuga di qualche manifestante. Occorrevano
provvedimenti immediati.
- Blindati. - sibilò al sat-com.
- Signore?
- Portatevi nel settore B-4. Preparatevi a usare l'alta pressione.
Il primo getto scaturì con furia dalle sagome argentee dei VAT. Il secondo, il terzo
zampillarono dagli idranti all'angolo della strada. La linea dei manifestanti ne fu investita senza
preavviso, barcollò, si infranse. L'urlo corale si spense.
Sarrese scorse soddisfatto la linea d'attacco avversaria che arretrava sotto la pressione del
getto. Annotò mentalmente di complimentarsi con i responsabili dell'acquedotto cittadino. Gli
idranti di Bagnoli, che normalmente si trovavano all'asciutto come tutte le fonti potabili dei quartieri
popolari, quella sera erano aperte alla massima portata: una buona dimostrazione di sinergia degli
sforzi.
Il memobox integrato di Sarrese calcolò che le forze di riserva, adesso, avessero tutto il
tempo di convergere verso il settore critico: si era rischiato uno sfondamento, ma le maglie della
rete erano di nuovo a posto.
Poi avvenne. L'uomo sussultò per la sorpresa.
- Blindato Uno Sette Alfa Rosso! - investì il microfono - Chi vi ha ordinato di chiudere il getto?
Nessuna risposta. - VAT Uno Sette Alfa Rosso! - ripeté - Qui Sarrese! Rispondete, è un
ordine!
Sbalordito, l'uomo vide il pesante Veicolo Ausiliario Tattico tremare come sotto l'effetto di un
sisma. Poi scorse i suoi occupanti gettarsi dai finestrini e fuggire. Un istante dopo, il blindato
s'inclinò, si coricò su un fianco, le sue luci si spensero. Sarrese si tolse gli occhiali multifunzione, li
lasciò cadere al suolo. Imprecò.
Pulicinella mio, comme ssi' cagnato! 'sta maschera nira t''a si' levata
Facive ridere e pazzià, mo t'arragge e pienza a' guerra
Pino Daniele
Moretti era a terra, dolorante, sbigottito e inerme: la sua gamba destra, spezzata, non gli
consentiva di rimettersi in piedi. Nonostante le biostimoline d'ordinanza di cui era imbottito, la
sofferenza quasi gli impediva di connettere.
Per sua fortuna, l'uomo mascherato, rituffatosi nel combattimento, non badava più a lui. Tra i
refoli di gas che si disperdevano, Moretti poteva ancora vederlo: avanzava come un incubo,
lasciando dietro di sé una scia di agenti abbattuti. Saltava, correva, colpiva con forza e velocità
innaturale. E gridava, gridava senza posa, come un disco rotto, come una sirena di follia. Al suo
fianco, spontaneamente, manipoli di dimostranti riprendevano coraggio, si aggregavano, gli si
coagulavano intorno, echeggiavano le sue urla.
La visione lo sconcertava: mai, nelle dozzine di scontri metropolitani cui aveva partecipato,
Moretti aveva veduto nulla di simile. Era sempre stato convinto che ai manifestanti spettasse una
blanda resistenza e nulla più: una passiva rassegnazione al pestaggio, disperazione di fronte alle
cariche elettrostatiche chiuse intorno ai polsi, mutismo rassegnato nei cellulari... questo era stato il
ruolo dei suoi avversari, da quando riusciva a ricordare.
In quel frangente invece, si stupì l'agente scelto, sembrava che avessero trovato un leader,
che addirittura si sentissero capaci di vincere. Inaudito. Quel che era peggio, un drappello di
giornalisti stava assistendo alla scena. Moretti digrignò i denti, frustrato, furioso di non essere in
2038: la rivolta Francesco Grasso
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grado di fare alcunché contro ciò che ai suoi occhi si configurava come la violazione di una legge
di natura.
Poi gli idranti investirono violentemente la folla. Malgrado il dolore, Moretti sorrise di rivalsa.
Ma durò poco.
- Non può essere... - ansimò, assistendo allo spettacolo a occhi sbarrati.
La visione dell'uomo mascherato che a mani nude alzava e rovesciava il mezzo blindato era
stato eccessivo per i suoi nervi scossi. Crollò di nuovo a terra mentre, intorno a lui, una calca di
manifestanti si precipitava rumoreggiando verso il varco apertosi nelle file delle Forze dell'Ordine.
Una torma di suole e piedi nudi lo calpestò senza pietà. L'ultima cosa che Moretti vide prima
di svenire fu il drappello di giornalisti, travolto e risucchiato dalla corrente degli uomini in fuga.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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3
Lara non tentò di opporsi all'impeto della calca. Vi si abbandonò come a un fiume in piena,
lasciandosi trasportare passivamente ove essa la conduceva.
I colleghi dei giornali e gli operatori di MediaNet non ebbero lo stesso buonsenso, e
dovettero pentirsene: Lara li vide tentare inutilmente di sottrarsi alla pressione della folla, brandire
microfoni e telecamere come armi di difesa, per scomparire inevitabilmente, uno dopo l'altro, in un
vortice di membra, teste e corpi viscidi di sudore.
Ben presto la fiumana, sfuggita ormai a ogni possibile tentativo di arginamento da parte delle
Forze dell'Ordine, si disperse tra i vicoli di Bagnoli. In qualche modo, Lara riuscì a restare nel
flusso principale: sentendosi quasi una surfista in equilibrio sulla cresta dell'onda, la giovane
compì una manovra di avvicinamento al gruppo di testa, dov'era sicura di trovare ciò che stava
cercando. Le sirene erano sempre più lontane, sempre più flebili. I lampioni superstiti lanciavano
lame di luce livida sul selciato grinzoso.
La folla dei fuggitivi le si diradò intorno. La pressione si allentò bruscamente. Sul tetto di Fiat
elettriche stracariche, su vespini male in arnese, su furgoni Ape e mezzi di fortuna, chi poteva
abbandonava in fretta il teatro dello scontro. Per chi restava a piedi, depositato sulla riva come
traccia carsica del grande fiume popolare, non restava che correre.
All'improvviso lo vide. Stava salendo, con due compagni, su una decrepita Punto dal
tettuccio sfondato. Un'occasione talmente propizia da lasciarla incredula. Che la fortuna,
finalmente, volesse saldare il suo debito? Senza pensarci, Lara aprì la portiera opposta e si infilò a
bordo. L'auto partì.
- E chista guagliona? - esclamò il guidatore, sbalordito dall'irruzione.
- Sei sola, compagna? - le chiese un secondo, un uomo anziano dal viso cotto dal sole e
dalle labbra spaccate - Hai perso i tuoi?
Lara annuì distrattamente. Le ragioni della protesta, in altre circostanze, l'avrebbero
interessata. Ma la sua attenzione, in quel momento, era catturata dal terzo occupante
dell'automobile, e dalla maschera nera che gli avvolgeva il volto come un sudario.
- Hai fatto bene a salire - approvò l'anziano - Ovunque siano i tuoi, non puoi aspettarli qui. Ti
porteremo al sicuro.
Lei annuì ancora, senza riuscire a staccare gli occhi dall'uomo incappucciato. Era alto, di
corporatura robusta, le spalle ampie ma insolitamente curve, le braccia nodose, le mani
congestionate, rattrappite, quasi violacee. La destra, escoriata e priva di un mignolo, era sozza di
sangue raggrumato, lacerata, ridotta quasi a un artiglio di carne viva.
Lara si chiese come avesse fatto a ferirsi così... Non sembrava che gli dolessero: l'uomo,
semplicemente, fissava le sue piaghe in silenzio, con l'aria d'aspettare qualcosa.
La Fiat si mise in moto scoppiettando. Poi partì decisa. Giostrando sapientemente tra i vicoli,
abbandonò Bagnoli e si diresse verso l'interno. Lara si sforzò di ignorare il nervosismo,
concentrando l'attenzione fuori dal finestrino, annotando mentalmente ogni dettaglio.
Non aveva mai fatto uso di registratori né di memobox. Attilio e i colleghi l'avevano spesso
derisa per quest'abitudine.
"Devi adottare lo standard del giornale!" la redarguiva spesso il capo-redattore.
"Potete tenervi i vostri chindogu!" ribatteva lei, decisa "Mi servono quanto un mal di denti!"
Questa volta, però, la sua memoria non fu sufficiente: tra Quarto, Soccavo e Pianura perse
l'orientamento. I sobborghi orientali erano cresciuti sul corpo della città come metastasi maligne, in
un monumento di acciaio e cemento all'invivibilità, in un caos e un'assenza di servizi che per Lara
era forse anarchica, ma più probabilmente voluta dai padroni della città: il risultato era un orrore
architettonico in cui l'occhio rifiutava di trovare punti di riferimento. Le sembrò che si stessero
dirigendo verso i megahabitat proletari di Secondigliano, ma non poteva esserne sicura.
All'improvviso l'uomo incappucciato toccò un braccio al guidatore. - Lasciami qui, Salvatore.
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L'altro accostò, lasciando il motore acceso. Lo scoppiettio e le vibrazioni destarono strane
associazioni mentali in Lara. Oziosamente, si chiese dove quegli uomini trovassero ancora la
benzina per quell'obsoleto, chiassoso, forse addirittura illegale motore a combustione interna.
L'uomo mascherato scese senza il minimo rumore. I suoi movimenti erano singolari, sinuosi
eppure vagamente innaturali, come se le braccia e le gambe fossero disarticolate dal resto del
corpo.
- Ci vedremo di nuovo, compagno? - gli chiese l'anziano.
- Forse... - l'uomo frugò nelle tasche, estrasse una Beretta, un modello che Lara riconobbe
come equipaggiamento delle Forze Armate Europee. - Tienila tu, Anselmo.
Il viso dell'altro si illuminò. - Una mproc? Grazie, compagno. A buon rendere. - Studiò
soddisfatto l'arma, poi abbassò la cerniera di una delle tasche del giubbotto di poliestere e mise al
sicuro il suo nuovo tesoro. L'incappucciato scrollò le spalle e si allontanò, muovendosi a grandi
balzi contro il fondale laccato della notte.
Lara aprì in fretta la portiera. - Scendo anch'io.
L'anziano le gridò qualcosa dietro, ma la donna non vi badò. Si lanciò all'inseguimento tra le
ombre.
Dov'era finito? Lara imprecò: l'uomo era già lontano. Il marciapiede sbrecciato non le
consentiva di reggere la sua velocità. Testarda, la donna si tolse i tacchi e prese a correre a piedi
nudi. Inutilmente: dopo un paio di isolati capì che lo avrebbe perduto.
La sagoma dell'incappucciato, già indistinta in quell'oscurità oleosa, presto non le fu più
visibile. Continuò a correre nell'ultima direzione in cui lo aveva scorto, ma presto dovette fermarsi,
delusa e ansimante.
Si guardò intorno. Il paesaggio pietrificato dei palazzi incombeva su di lei; enormi sagome
oscure si incurvavano, chiudendosi quasi a galleria sulla strada. L'aria era pesante e umida.
Piccole presenze, forse ratti, forse randagi affamati, zampettavano timidamente oltre il limite della
sua visuale. Percepiva, più che sentire, il loro odore, la loro fame, la loro frenesia di vivere.
Lontano, il pianto acuto di un antifurto graffiava la lavagna nera del silenzio.
- Cerchi me?
Lara sobbalzò. L'incappucciato le era alle spalle, appollaiato su un cassonetto verde dei
rifiuti come uno strano uccello notturno. Stava giocherellando con una corta spada di plastica,
grottesco gadget di chissà quale cartoon americano, abbandonata tra i sacchetti d'immondizia e
rosicchiata dai topi.
- Sì... cioè no. Io...
- Niente armi... - osservò lui, in tono pensoso. La voce era bassa, gutturale, roca come il
suono di un vecchio ellepì graffiato - Non sei della SSI, né della Polizia... Giornalista, vero?
- Io... sì. - ammise Lara.
- Cosa vuoi da me?
C'era un tocco, nel suo tono, nella sua dizione strascicata, che dava i brividi. Mentre
brandiva quella spada giocattolo, la sua figura, riflessa e raddoppiata nello specchio di una
pozzanghera, era quella di un jack di picche di una scala reale da incubo.
La donna si morse le labbra, nervosa. - Io... ti seguo da tempo. Vorrei che tu...
Rumore di passi. Lo scatto di qualcosa di metallico. L'uomo fiutò l'aria, scartò come un
cavallo ombroso.
- Non qui. - ingiunse in tono perentorio - Vieni con me.
Balzò giù dal cassonetto, si inoltrò nel vicolo, varcò un vecchio portone dai battenti di bronzo
annerito dallo smog. Lara lo seguì, chiedendosi cosa mai stesse facendo: era consapevole di
essere una donna impulsiva, ma quella notte stava battendo tutti i suoi record.
Oltre il portone vi era un piccolo cortile interno, infestato di erbacce e imbrattato di rifiuti, su
cui si affacciavano pudicamente le finestre di alcuni "bassi". L'uomo ne sfiorò una, aprì l'imposta,
la varcò. Lara fece altrettanto.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Si ritrovarono in un ambiente angusto, odoroso di sudore umano e greve di umidità. Le
finestre erano vigilate da tendaggi scuri e tristi; il pavimento, coperto da brutte piastrelle ornate da
motivi geometrici, era sozzo e rigato da lunghi graffi scuri, come se qualcosa di pesante vi fosse
stato trascinato sopra senza cura; le pareti avevano l'intonaco sbrecciato, ed esibivano piccole
macchie di muffa intorno agli angoli, regolari e disposte in fila come puntini sospensivi. Su un
mobile basso, in legno di noce e dagli sportelli laccati, Lara scorse oggetti di una quotidianità
povera e dozzinale: una caffettiera rugginosa, un lume di stoffa consunta, una bottiglia di Peroni
vuota, un mazzo di carte logore.
- È la tua casa? - chiese, inquieta.
- No. Chi ci viveva è morto. - l'incappucciato scrollò le spalle. - Storia lunga, orribile. Non
vorresti sentirla.
Lara rabbrividì, non per le parole dello sconosciuto, ma perché una ragnatela le aveva
sfiorato il viso. Oltre la parete, il gocciolio nevrotico di un rubinetto guasto era l'unico suono che
rompesse il silenzio.
- Tu sei il Giustiziere, vero? - azzardò - Sei l'uomo mascherato in guerra contro la camorra,
non è così?
L'uomo incrociò le braccia e sbuffò, senza altri commenti.
- Si dice che tu abbia ucciso più di trenta spacciatori... - insistette Lara.
Lui rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse meditando.
- Era questo che volevi sapere? - chiese infine, in tono deluso.
- Certo! - confermò la donna, vagamente sconcertata - Ti sembra così strano?
L'uomo scrollò le spalle.
- Ti sembra stupido?
Lui ripeté il gesto. Le sue scapole si muovevano in modo singolare, sinuoso eppure
scoordinato. Una bizzarria che dava i brividi.
- Non è strano, non è stupido... - ripeté Lara, innervosita da quell'inquietante mancanza di
reazioni - Ho capito. Ti sembra ingiusto.
L'altro rimase immobile. La maschera nera gli donava una posa ieratica.
- So cosa vuoi dirmi... - insistette la donna, alzando la voce - In questa città, ogni notte,
decine di persone vengono liquidate in regolamenti di conti o stesi da sicari... C'è chi si becca una
palla in faccia perché osa resistere a una rapina... Altri, solo per essere finiti nel posto sbagliato al
momento sbagliato... Ogni mattina, intorno alla stazione, i bulldozer della enneù innalzano cumuli
di tossici in overdose, e solo dio sa dove vanno a finire i corpi... Bambini dei Quartieri Spagnoli e
della Sanità scompaiono dalle case dei genitori e di loro non si sa più nulla... Dei drammi
quotidiani noi giornalisti parliamo poco, addirittura ce ne infischiamo. Ma l'uomo mascherato no,
l'uomo mascherato fa sempre notizia. - lo fissò con aria di sfida - Vuoi rimproverarmi questo, vero?
- E se così fosse? - replicò lui, senza grande interesse.
- Direi che hai ragione. - esclamò Lara - Hai ragione su tutta la linea. Del resto io me ne
infischio veramente. Quello che voglio, ora e qui, è sapere se tu sei il Giustiziere.
Ancora un istante di silenzio. Poi, all'improvviso, lui rise. Un suono aspro, irregolare, eppure,
nonostante tutto, liberatorio.
- Mi piace la tua grinta. - l'uomo si lasciò cadere su una poltrona male in arnese, sollevando
uno sbuffo di polvere grigiastra.
- In vita mia non ho mai parlato con un giornalista... - ammise - Mi sono sempre chiesto di
che pasta foste fatti... Allora? Vuoi intervistarmi? E cosa vorresti chiedermi?
Lara tagliò corto. - Perché porti la maschera?
Lui smise subito di ridere. - Storia lunga, orribile. Non vorresti sentirla.
Lara scosse la testa, indispettita. I suoi orecchini suonarono sordi contro gli zigomi spigolosi.
- Perché non lasci che sia io a decidere?
- Ne resteresti delusa.
- Non importa. - insistette Lara.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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- D'accordo - disse lui - Vediamo se sei veramente così dura.
Si sporse dalla poltrona, accese il lume. Lara batté le palpebre alla luce improvvisa. Poi
sobbalzò, accorgendosi che la mano destra dello sconosciuto era intatta, sporca ma non più ferita,
e che il mignolo adesso era al suo posto, accanto alle altre dita, come un figliol prodigo tornato alla
casa natia.
- Ma... come...? - balbettò, incredula.
- È presto per stupirsi. - la canzonò lui - Manca il meglio.
Si portò le mani al viso, sciolse i nodi che reggevano la stoffa, si tolse la maschera. Lara si
morse le labbra per non urlare.
Da "In cerca di Masaniello"
Saggio ipertestuale di Lara Mastrantuono.
- Perché porti la maschera? - gli chiesi.
Lui smise subito di sorridere. - Vuoi davvero saperlo?
- Oh, sì. - l'assicurai.
Non sapevo perché avesse deciso di fidarsi di me, una giornalista sconosciuta e
ficcanaso, piombata senza preavviso nel suo rifugio a tempestarlo di domande. Forse
intuiva che io ero dalla sua parte, e che non avrei fatto nulla per mettere in pericolo
lui e la sua crociata. Forse, inconsciamente, percepiva che, con la mia penna, io avrei
potuto essergli utile.
Da parte mia, seguivo le sue orme da troppo tempo, e non potevo lasciarmi sfuggire
l'occasione di parlargli. Certo, essere sola con lui, in piena notte, in un luogo
sconosciuto, all'insaputa di chiunque, mi atterriva.
Avrebbe potuto gettarmi sul letto, strapparmi i vestiti di dosso e violentarmi;
avrebbe potuto uccidermi, far scomparire il mio corpo e mantenere così inviolati i suoi
segreti. Ma, dentro di me, sapevo che non lo avrebbe fatto.
- La mia maschera è un simbolo, non un nascondiglio. - spiegò - Mi bendo il viso
quando sono in caccia, per firmare le mie azioni, mi svelo quando voglio svanire tra la
folla. Metto la maschera per rivelarmi e la tolgo per nascondermi...
Annuii, reprimendo un brivido. Rammentai gli zapatisti del Chapas, i servizi letti
sul loro sterminio a opera dei Corpi Speciali dell'esercito messicano spalleggiati
dagli US-Seals. Erano passati dieci anni, ma il loro mito, il ricordo di come avevano
retto il loro stato fantasma a dispetto del governo federale, resisteva ancora... Noi
non moriremo mai, il messaggio d'addio del comandante Marcelo, era rimbalzato su
Internet per mesi... E oggi l'uomo che mi stava di fronte, questo gigante misterioso,
quest'eroe oscuro dei bassifondi napoletani, citava i ribelli delle sierre messicane
come in una vendetta postuma. Ne rimasi turbata.
- Il mio viso non ha importanza. - proseguì - È il viso della gente, del popolo,
di ogni abitante di questa città. Io sono uno di loro; le mie mani sono le loro mani;
la mia lotta è la loro lotta. Voglio che si riconoscano in me, che ciascun napoletano
mi assegni la propria faccia. Potrei essere il tifoso nelle cupole del San Paolo, il
venditore di taralli all'angolo di Chiaia, il garzone del bar di Bagnoli, il
disoccupato che mendica sulla Monorotaia delle isole, lo scugnizzo di Forcella... E se
un giorno qualcuno dei miei nemici, dei nostri nemici, fosse più veloce, un altro
potrebbe indossare la maschera e prendere il mio posto. Io sono l'anima della città:
non posso morire.
- Chi sei tu, dunque? - chiesi - Come dobbiamo chiamarti?
- Me lo chiedi? Io sono Masaniello.
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4
Masaniello è tornato
Pino Daniele
Lara indietreggiò, prossima al panico. La visione, assolutamente inaspettata, superava in
orrore e spavento ogni sua immaginazione.
L'occhio sinistro dell'uomo, che la maschera aveva sino a quel momento celato, era un bulbo
deforme e velato dal tracoma. Il destro, che finalmente ella poteva vedere in piena luce, era un
pozzo cerchiato di nero, obliquo, malsano; la pupilla, dilatata, galleggiava nella rete rossa dei
capillari. Le sopracciglia quasi non esistevano, la fronte era devastata da ulcerazioni e
protuberanze carnose. Il naso era adunco, gli zigomi asimmetrici, le guance incavate e di colorito
verdastro. Le orecchie, piccole e deformi, ricordavano quelle di un animale. Misere ciocche di
capelli grigi, rade e scarmigliate, erano tutto ciò che copriva il cranio dalla forma irregolare.
- Capisci ora perché porto una maschera, signora giornalista? - mormorò il Giustiziere,
amaro.
- Co... cosa ti è successo? - balbettà Lara, mordendosi le labbra, vincendo a stento l'impulso
di fuggire - Sei... sei sempre stato così?
- Vuoi dire la mutazione? Oh, sì: un regalo di mia madre. E di quei bastardi che la
imbottivano di Sale Lucente nonostante che fosse incinta. Forse anche mio padre... Mamma
diceva che erano in molti a farsela, a quei tempi, specie quando non aveva soldi per la dose...
Immagino che fosse uno spacciatore anche lui. Se è così, gli salderò il conto, uno di questi giorni.
Lara rabbrividì. - Mio Dio...
L'uomo si accese una grossolana "bionda" di tabacco mutato, tossì, aspirò caparbiamente il
fumo acre.
- Quegli infami mi hanno fottuto la vita. Mia madre si è bruciata il cervello, con quella merda,
ma a me è andata peggio. All'orfanotrofio, il dottore parlava di geni corrotti e pubertà... Non so che
cazzo volesse dire... So che fino ai quattordici anni non ho avuto problemi: stavo bene, mi sentivo
a posto. Poi il mio corpo è impazzito, come se all'improvviso fosse saltato su e si fosse messo a
urlare. Mi hanno contato una trentina di tumori addosso, tutti maligni. Una notte sentii una
discussione tra quei professori del cazzo in tuta bianca e guanti di lattice: non capivano come fossi
ancora vivo, volevano farmi a pezzi per vedere come riuscissi a respirare... All'alba fuggii
dall'ospedale. Da allora sopravvivo col disgusto di guardarmi la mattina allo specchio e scoprire i
regali della notte...
Fece una smorfia che forse voleva essere un sorriso - Sai quanti anni ho adesso, signora
giornalista?
Lara esitò, poi si fece forza, posò di nuovo lo sguardo sull'orrore di quel viso.
- Non saprei... Trenta? Trentacinque? - rispose, tenendosi volutamente bassa.
Lui scosse la testa. - Diciotto a Settembre. Ammesso di arrivarci. Ma prima di schiattare, te lo
giuro, manderò all'inferno quanti più possibile di quegli infami.
Vincendo il ribrezzo per la sporcizia e gli insetti, Lara si impose di sedere. La disperazione
che impregnava la voce roca di lui la colpiva quasi fisicamente, facendola star male. Ma non era
solo pietà... All'improvviso, Lara diede un nome a ciò che provava: vergogna. Vergogna, per aver
voluto a ogni costo penetrare un segreto doloroso che non le spettava, insistendo, ostinata e
vigliacca come un ladro che si incaponisca a violare un bene che non gli appartiene; vergogna,
perché tutti i suoi problemi professionali, personali, umani, non erano nulla di fronte all'orrore
racchiuso in un singolo secondo della vita di questo sfortunato ragazzo costretto a mascherarsi...
Arrossì, deglutì, si asciugò gli occhi umidi. Non servì a molto.
- Perché eri alla manifestazione? - chiese, con un filo di voce.
- Tutti avrebbero dovuto esserci. - replicò senza molta convinzione - Questa città è una
merda.
- Perché hai lottato contro la Polizia?
2038: la rivolta Francesco Grasso
20
Lui scrollò le spalle. - Anselmo e Salvatore... Ero con loro. Ho visto la SSI che li caricava...
Non potevo permettere che finissero a Poggioreale, o all'obitorio.
- Anselmo e Salvatore? I due uomini in macchina?
Il giustiziere annuì. - A volte mi aiutano nella caccia. Non capisco sempre quello che dicono,
ma conoscono tutti e sanno chi fa girare la roba nei quartieri... A loro piace portarmi dagli
spacciatori e restare a guardare lo spettacolo. - tirò un'altra boccata di fumo, poi la sua voce si
abbassò - Ho chiesto loro di cercare i depositi di Sale Lucente. So che ne esistono... Quegli infami
la fanno arrivare in città e l'ammassano in posti sicuri prima di venderla... Io voglio trovarli, questi
depositi, e distruggerli con le mie mani, uno dopo l'altro.
Finché non ti uccideranno, pensò Lara. Ma è questo ciò che vuoi, vero? La tua sola via di
fuga... L'assoluta noncuranza con cui lo sconosciuto la stava mettendo a parte dei drammi più
intimi della sua vita era ciò che più la turbava. Lara conosceva quel meccanismo mentale: era la
facilità con cui chi ha deciso di farla finita si libera di ogni suo avere.
In quell'istante lei capì che la disperazione dell'altro aveva superato ogni limite, e che solo la
rabbia gli permetteva di sfuggire alla follia. Ed era tale, quella disperazione, da varcare la distanza
che li separava e da coinvolgerla.
Negli occhi umidi, nel groppo alla gola, nel brivido che avvertiva lungo la sua schiena, Lara
all'improvviso riconobbe un sentimento che non riusciva a esprimere a parole, doloroso,
incomunicabile e tuttavia autentico, quasi un'esperienza religiosa: un'irrazionale, assurda, assoluta
fratellanza verso quel ragazzo sfortunato. E capì che, senza alcun dubbio, quella notte la sua vita
sarebbe cambiata.
La storia la fanno coloro che non sanno di farla.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Lara osservava Carmine Lamberti passeggiare avanti e indietro, nervosamente, col viso
ombroso, nel corridoio ornato di sempreverdi. L'uomo aveva bussato alla porta del caporedattore
quattro volte nell'ultima mezz'ora, e altrettante volte gli era stato risposto di attendere. Lara
sorvegliava placidamente il suo andirivieni tormentato, con attenzione, ma badando che questi non
si accorgesse di essere osservato.
Non che fosse un bello spettacolo, pensò la donna: Lamberti era un uomo volgare e
sovrappeso, di mezza età, le labbra carnose e tumide, i folti capelli grigi e un reticolo di capillari
rotti sugli zigomi, come se sulle sue guance fosse stata stesa una calza di nailon. I suoi vestiti,
dozzinali, erano di un paio di misure più piccole di quanto avrebbero dovuto, e si battevano
disperatamente, sul fronte delle cuciture, in un epico tentativo di arginare la valanga di grasso che
tentava di tracimarne.
- Mezz'ora... - borbottava - in conferenza RV da mezz'ora. E io qui ad aspettarlo! Al diavolo!
- Calmati, Carmine. - l'esortò un collega.
- Calmati un cazzo!
- Credo che stia parlando col direttore, ragazzi. - azzardò Rita.
- Che ne sai?
- Stamattina ha sentito anche il funzionario di MediaNet... - spiegò la ragazza - Parlavano
della battaglia di Bagnoli.
Gli occupanti dell'open space che ospitava la redazione si misero svogliatamente ad
ascoltare. Lara sfiorò nervosamente un orecchino, ma non fece commenti.
- Battaglia di Bagnoli! - sbuffò Lamberti - Un pazzo drogato guida una carica di morti di fame
contro la Polizia, e fior di professionisti perdono la testa! Battaglia! Al diavolo!
- Mia sorella lavora al Cardarelli... - protestò Rita - Hanno un reparto che scoppia di agenti
feriti.
- Luisa De Paolis, di MediaNet, è ricoverata con prognosi riservata. - aggiunse un secondo
membro della redazione.
- Al diavolo! Il mese scorso, al San Paolo, gli ultras hanno fatto ben peggio!
2038: la rivolta Francesco Grasso
21
- Il mese scorso il Prefetto non ha richiesto una visione in anteprima dei servizi giornalistici. -
intervenne placidamente Lara - In altri tempi, per molto meno si sarebbe parlato di censura.
Lamberti mosse la mano infastidito, come a scacciare un insetto molesto. - Al diavolo, è una
buffonata! Un professionista serio non dovrebbe perdere tempo con simili stronz...
Si interruppe all'istante, poiché la porta dell'ufficio del caporedattore si stava aprendo. Lara
notò che Carmine s'irrigidiva di riflesso. Le sembrò quasi di vedere le orecchie dell'uomo farsi
puntute come quelle di un segugio che fiuti la preda.
Attilio uscì dall'ufficio a larghi passi. Gocciolava sudore dalla punta del naso. La sua camicia
avana era diventata grigiastra intorno alle ascelle. Sulle lenti dei suoi occhiali, notò oziosamente
Lara, si era formato uno strato grigiastro di condensa. La cravatta era scomparsa.
- Carmine! - bofonchiò - Dobbiamo puntare sul caso Bagnoli! Ignoreremo le ingerenze del
Prefetto e di chi gli sta dietro!
Poi abbassò la voce e assunse un registro circospetto. - Il direttore pensa a un'edizione
straordinaria, capisci? Io sono d'accordo, e vorrei che te ne occupassi tu. Non ci sono problemi,
vero?
- Naturalmente no, capo. - confermò all'istante Lamberti, docile e scattante - Un'edizione
straordinaria, certo. Io stesso volevo proporlo, capo. Mi sembra indispensabile.
- Molto bene. - commentò Attilio, soddisfatto - Sapevo di poter contare su di te. Mettiti al
lavoro.
- Lo farò, capo. Grazie per l'incarico, capo.
Lamberti restò rigido fin quando l'altro non fu rientrato nell'ufficio, chiudendosi la porta
addosso come una coperta. Lara osservò la scena con interesse, incerta tra il disprezzo e
l'ammirazione per le indiscutibili doti del collega.
- Com'era la storia del professionista serio, Carmine? - chiese dolcemente.
- Non ora, Mastrantuono. - ribatté lui, sgarbato. Doveva essere proprio contrariato, pensò
Lara, per ammettere di conoscere il suo cognome: in genere fingeva d'ignorarlo.
- A proposito. - cambiò discorso lei - Ho il materiale che mi avevi chiesto l'altro giorno.
- Cosa?
- I risultati della mia inchiesta, ricordi?
L'uomo si esibì di nuovo in quel gesto secco della mano che, sospettava Lara, avrebbe
dovuto dimostrare una superiore insofferenza verso le insulsaggini.
- Puoi tenerlo. Ho cambiato incarico, come hai visto.
- D'accordo. - assentì Lara, in tono amabile, carezzandosi gli orecchini - Quando vuoi, qui c'è
tutto quanto ho raccolto sul giustiziere mascherato...
Lamberti le voltò le spalle e si allontanò con affettazione verso il suo cubicolo.
- Dieci minuti. - mormorò lei.
- Come dici? - fece Rita.
- Dieci minuti. - ripeté - Tornerà tra dieci minuti. Il tempo perché anche un deficiente come
Lamberti afferri il messaggio che gli ho lanciato.
L'altra batté perplessa le palpebre color caramella, mettendo in mostra le lunga ciglia finte.
- Non capisco.
- Logico. - commentò Lara, laconica - Per te ne occorrerebbero almeno trenta.
La collega le rivolse uno sguardo stolido, rivelando un non perfetto allineamento delle pupille,
mai curato, anzi sfoggiato sotto la sensuale etichetta di "Strabismo di Venere". Poi, non ricevendo
altre spiegazioni, si rifugiò confusa nel bunker di tinture e profumi che dominava la sua scrivania.
Lara controllò l'orologio, fiduciosa della propria previsione.
Per ingannare l'attesa, si dedicò a osservare il moncone di panorama cittadino reciso dalla
cornice della finestra. L'ala opposta dell'edificio, che le chiudeva la visuale, aveva una facciata
ingiuriata dal tempo, rifatta di stucco e tinteggiata di un verde menta, dominata dalla scritta
"Mattino di Napoli" a grosse lettere nere. Il gocciolio di una grondaia aveva parzialmente eroso la
2038: la rivolta Francesco Grasso
22
prima parola, cosicché la scritta si leggeva "Matti di Napoli", una dizione che a parere di Lara non
era meno appropriata dell'originale.
Oltre l'angolo, con qualche difficoltà, ella riusciva a scorgere uno scorcio di cielo color
tarocco, un brandello di golfo, e un ammasso di brutti edifici che nuotavano nel caldo di quel
Giugno precocemente afoso.
La cupola iridescente del Centro Direzionale sembrava una bolla di sapone gonfiatasi tutto
intorno ai grattacieli; il nastro d'acciaio della Monorotaia, che scintillava a trenta metri dal suolo,
ricordava una falce in procinto di decapitare i palazzi. Lara pensò che, pur avendo ereditato il ruolo
della vecchia funicolare, non ne aveva serbato il fascino.
Poi il suo sguardo corse giù, per le strade, nel brulichio della folla mattutina. Pedoni, venditori
ambulanti, contrabbandieri di merce e di software pirata, questuanti, donne cariche di pacchi
ingombranti... Oziosamente, pensò alla miriade di storie, di personaggi, di spunti e situazioni che
scorrevano sotto i suoi occhi. Voci fuori campo, frantumi di interviste, tanti archetipi di marginalità
che tuttavia, nel complesso, formavano il tessuto connettivo di un vivere quotidiano...
La Napoli dei suoi tempi, come aveva vergato in tanti appunti, era una città surreale, allo
stesso tempo gaia e disperata, mite e cruenta, comica e rabbiosa. Era ancora, secondo una
tradizione vecchia di secoli, un Eden anarchico di tarallucci e vino; ma si era fatta anche, e
soprattutto, un girone infernale dove la violenza e l'odio si espandevano come gas perfetti sino a
occupare ogni spazio disponibile...
Negli anni Lara aveva assistito a quest'evoluzione drammatica, dapprima con curiosità
professionale, poi con sospetto, infine con profonda inquietudine. C'era qualcosa di
profondamente sbagliato, ormai ne era certa, nella struttura sociale della città, e soprattutto nelle
decisioni dei suoi governanti.
Ma l'ingiustizia, rifletteva spesso, non aveva piegato del tutto Napoli: nessun luogo al mondo,
ne era convinta, poteva ancora competere in follia e vigore con la metropoli che incombeva
rabbiosa oltre il fragile baluardo della sua finestra...
Allo scadere dei dieci minuti, la donna distolse la sua attenzione da quei pensieri oziosi, e
vide che Lamberti era di ritorno. All'altezza degli occhi di Lara, l'adipe dell'uomo caracollava lungo
il corridoio, avvicinandosi alla sua scrivania come una nave da cabotaggio alla banchina di un
porto.
- Hai dimenticato qualcosa? - s'informò lei, gentilmente.
- Ho avuto un'idea. - considerò l'altro, illuminandosi di un buonsenso vanitoso.
- Davvero? - replicò lei, incoraggiante.
Lui annuì. - Diavolo, forse c'è una relazione tra gli spacciatori uccisi e quel pazzo che ha
picchiato la Polizia. Addirittura, c'è la possibilità che il tuo "giustiziere" e questo caporivolta siano la
stessa persona.
- Il tuo intuito è geniale. - mormorò Lara, caricando le parole di tutta l'ammirazione che
riusciva a mettere insieme senza cadere vittima della nausea - È una fortuna averti come collega.
- Bisogna sapermi apprezzare. - approvò lui in tono lusingato. Le cuciture dei suoi pantaloni
scricchiolarono minacciosamente.
- In effetti, credo di averci pensato anch'io.
Lui corrugò la fronte, come a farne defluire i pensieri. - Davvero?
Era realmente così stupido? si chiese Lara. Sì, concluse, lo era senza alcun dubbio.
- Non compiutamente come hai fatto tu. - lo rassicurò con un sorriso docile - Però ho buttato
giù qualche riga su quest'ipotesi.
- Ah! - esclamò lui, incerto.
- Ecco, prendi. - gli disse Lara, porgendogli un disco ottico - Sono i risultati della mia
inchiesta, e anche un elenco dei riferimenti sulla Rete. Sono certa che tu saprai adoperare queste
informazioni molto meglio di me.
2038: la rivolta Francesco Grasso
23
- Uh... naturalmente. - bofonchiò Lamberti, interdetto. Stava quasi per aggiungere un
"grazie", notò Lara, segno inequivocabile di quanto fosse rimasto confuso. Ma seppe trattenersi, e
mentre si allontanava aveva già riacquistato il suo consueto incedere tronfio.
- E adesso aspettiamo che la ruota cominci a muoversi... - mormorò la donna, tamburellando
pensosa le dita sulla scrivania.
Trincerata sul bastione degli ombretti, Rita l'osservava con aria sospettosa.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Nei giorni che seguirono quel primo incontro, la mia principale preoccupazione fu
di non espormi.
Certo, sarebbe stato facile ottenere un'esclusiva sulle dichiarazioni di
Masaniello, addirittura arrogarmi il ruolo di sua portavoce verso i media. Tuttavia, mi
sentivo troppo coinvolta, troppo turbata e affascinata dalla storia che intravedevo
dietro la maschera nera per essere in grado di svolgere anche quel semplice ruolo con
la dovuta professionalità.
Così lasciai che i miei colleghi lanciassero inchieste, che gli opinionisti
azzardassero congetture, che i talk-show in RTV e i chat sulla Rete sviscerassero
l'argomento, calamitando a dovere l'attenzione dell'opinione pubblica. A tempo debito,
pensavo, sarei entrata anch'io in partita: per il momento potevo rimanere in panchina.
Non ultimo, c'era il pensiero della mia sicurezza personale. Quella in cui stavo
per schierarmi a fianco di Masaniello era una guerra. E in guerra, si sa, le pallottole
non fanno distinzioni tra soldati e cronisti. Delegare ad altri l'onore (e l'onere) di
firmare i primi articoli era anche un modo di minimizzare il rischio che sapevo
esistere.
E non sbagliavo...
L'acqua delle idee, da sola, non lava i panni sporchi della Storia.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Avvenne in un istante, nella frazione di secondo tra la sorpresa e l'attivazione degli istinti di
reazione.
Un attimo prima Lara era in strada, nella luce stanca del giorno che muore, diretta come ogni
sera alla fermata della Monorotaia, intenta a destreggiarsi tra la folla dei bambini questuanti e degli
assillanti venditori di merce rubata; un attimo dopo aveva un cappuccio calcato sulla testa e una
legione di mani che la stringevano, la strattonavano, le negavano qualsiasi via di scampo. Aprì la
bocca per gridare aiuto; gola e narici le si colmarono del gusto dolciastro e crudele dell'anestetico.
Perse i sensi.
Si risvegliò in una stanza in penombra, dal soffitto basso e il pavimento di piastrelle
sconnesse. Polvere e ruggine galleggiavano nell'aria. La testa le doleva, e le orecchie si
rifiutavano di restituirle più che strani suoni ovattati, come se lì intorno qualcuno stesse
accordando un quartetto di bizzarri strumenti musicali.
Si fregò gli occhi, più curiosa che spaventata, e si guardò intorno.
Una serie di scansie metalliche dividevano la stanza in due ambienti di pochi metri quadrati.
Lampadine nude pendevano dal soffitto e spandevano una luce bluastra che pennellava d'irrealtà
gli oggetti. Carcasse metalliche arrugginite, tubi catodici sfondati, vecchie tastiere e frantumi di
circuiti elettrici giacevano alla rinfusa in grosse scatole di cartone, dando a Lara l'impressione di
essere finita nella bottega di un robivecchi. Una porticina, in lamiera sommariamente verniciata di
bianco, sembrava essere l'unica via d'uscita. Ed era chiusa.
Non era sola: un paio di sedie malmesse, simili a quella su cui si trovava, ospitavano due
uomini che la fissavano con intensità inquietante.
- Ma... io vi conosco! - esclamò Lara.
- Anche noi ti conosciamo, compagna... o devo dire "giornalista"? - replicò Anselmo.
2038: la rivolta Francesco Grasso
24
Il viso del vecchio, notò Lara, sembrava ancor più cotto dal sole dell'ultima volta che lo aveva
veduto. Poteva avere settant'anni, forse qualcosa in più. Aveva labbra arse e una fronte solcata
dalle rughe. I suoi capelli radi e la barba irregolare erano come stoppie in un campo di terra nera.
- Cos'è questo? - sbottò la donna - Un rapimento?
- Statt' citta, guagliona! - l'aggredì il secondo uomo, balzando in piedi. Era un tipo tarchiato
dal viso cartilaginoso, i capelli lunghi legati a coda di cavallo e un pizzo argenteo sul mento
aguzzo. Odorava di tabacco.
Entrambi gli uomini indossavano gli stessi abiti con cui Lara ricordava di averli visti tre notti
prima: jeans e giubbotto di poliestere il vecchio, camicia a quadri e calzoni chiari larghi alle caviglie
l'altro.
- Simm' nuie ch' facimm' i dummand'! - bofonchiò ancora quest'ultimo.
- Lasciami fare, Salvatore. - lo redarguì Anselmo.
Poi si rivolse nuovamente a Lara - Sta' tranquilla, giornalista, non abbiamo intenzione di farti
del male... Vogliamo solo capire cos'hai in mente.
- Che significa?
- Ci hai preso bene in giro, l'altra sera... Ma noi non siamo stupidi, e come vedi non ci è stato
difficile rintracciarti...
- Nuie nun simm' fessi. - approvò con gravità Salvatore.
Lara si mosse nervosamente sulla sedia. La sua mano corse agli orecchini, istintivamente
confortata che i gioielli non fossero spariti.
- Non capisco. Cosa volete da me?
- Oh, sì che capisci. - Anselmo batté col palmo della mano sullo schermo di un vetusto
terminale di Rete, che si accese con qualche scarica di troppo.
- È opera tua, vero? - inquisì il vecchio, puntando allo schermo e alla pagina del Mattino che
vi appariva.
Lara scorse i titoli. La notizia più in risalto era la battaglia di Bagnoli. La firma era quella di
Lamberti.
Non aveva ancora potuto leggere il pezzo, e ne colse l'occasione: con compiacimento, si
rese conto che stilato era esattamente secondo la falsariga che lei stessa aveva velatamente
suggerito al collega, inclusa la descrizione del leader della rivolta, che ovviamente glissava su ciò
che si celava dietro la maschera. Il Mattino, a quanto sembrava, questa volta aveva battuto tutti.
- Non perdiamo tempo. Sappiamo quel che hai fatto l'altra sera, e quel che lui ti ha detto. -
Anselmo si chinò in avanti, si avvicinò a Lara, entrando nel cono d'ombra prodotto dal corpo di lei.
La luce livida brillava sull'arco delle sue sopracciglia; il volto e la barba erano inghiottiti dal buio.
- Perciò te lo chiedo di nuovo, e questa volta bada di non farmi incazzare... Cos'hai in
mente?
Lara si scosse. La collera per essere stata rapita e condotta in quel luogo inquietante contro
la sua volontà aveva superato una soglia invisibile.
- Ora basta! - protestò.
- Cosa?!
- Voi cosa sareste per lui? - sibilò, incurante degli sguardi cupi dei due uomini - Padrini?
Consiglieri spirituali?
- Tu sta' pazziando co' foco, guagliona! - sbottò Salvatore, astioso.
- E tu piantala con questa lingua da sceneggiata! - replicò Lara, esasperata - Non sei capace
di parlare italiano?
L'uomo fece per alzarsi nuovamente dalla sedia, ma Anselmo fu lesto a intervenire. Pose
una mano sulla spalla del compagno, con forza, e la tenne lì finché non fu certo che questi fosse in
grado di controllare la sua rabbia.
- Va bene? - chiese.
- Lasciami!
- Va bene? - ripeté a voce più alta.
2038: la rivolta Francesco Grasso
25
Salvatore scrollò le spalle. - Vabbuono.
Anselmo si rivolse a Lara.
- Sta' attenta con le parole, giornalista. - la redarguì.
- Altrimenti cosa? Mi taglierete la faccia? Mi stuprerete?
Il vecchio strinse i denti e rimase immobile per un lungo istante. Poi sospirò con aria stanca.
- Potresti essere mia figlia... - lo sentì mormorare Lara, distinguendo appena le parole, al
punto che pensò di essersi sbagliata.
Anselmo si alzò, andò alla vicina scansia, prese una bottiglia colma di un liquido ambrato, ne
versò generosamente il contenuto in tre bicchieri.
- Credo che dovremmo calmarci, tutti quanti. - disse - Prendi, giornalista.
Lara scrutò con sospetto l'alcolico. Poi, vedendo che i due compari bevevano con tranquillità,
si risolse a portarlo alle labbra. Il vino era corposo e sapeva di selvatico, ma tutto sommato ne
sentiva il bisogno. Mandò giù l'intero bicchiere. Anselmo tornò a riempirlo in gesto distensivo.
- Dovrebbe esserci anche qualcosa da mangiare. - mormorò - Ne vuoi?
- Quel che vorrei è tornare a casa. - replicò la donna, stringendosi nell'abito sgualcito.
Con sorpresa di Lara, i due uomini rimasero tranquilli. Si era aspettata un nuovo scoppio
d'ira, invece nessuno dei due batté ciglio. Constatandolo, anche la sua collera si affievolì.
Controvoglia, accettò il tramezzino che Anselmo le stava porgendo. Lo fissò incerta,
tentando di decifrarne il contenuto. Infine ne addentò un angolino, cauta.
- Rispetta di più il cibo, giornalista. - la bacchettò il vecchio - Non tutti in questa città possono
permettersi di disprezzarlo.
Lei ignorò il rimprovero. - Dove siamo?
- Pomigliano. - rispose secco Anselmo.
- Cos'è questo posto?
- Un vecchio magazzino. - disse di malumore l'altro.
- Magazzino? - ripeté la donna.
- C'era uno stabilimento dell'Alenia, qui sopra, anni fa...
Lara riprese coraggio. - Non mi avete risposto. Chi siete voi per lui?
- Sta' attenta con lui, giornalista. - l'ammonì Anselmo - Lui non è come noi: è diverso.
Quell'accenno bastò a sgonfiare all'istante ciò che restava dell'aggressività di Lara. Il senso
di colpa tornò a dominarla.
- Sì, lo so... - assentì in tono grave, mordendosi le labbra - Ho visto il suo viso, il suo corpo,
ciò che riesce a fare.
- Non hai visto nulla. - mormorò il vecchio, scuotendo la testa.
- Chillo è diverso 'cca! - aggiunse Salvatore, puntandosi un dito alla tempia.
Lara sussultò. - Vuoi dire che è pazzo?
- Forse. - mormorò ancora Anselmo, pensoso - Forse qualcosa di peggio. Lui non è un uomo
come gli altri. È come se... gli mancasse qualcosa.
- Che significa? - esclamò Lara, confusa.
- Lui non ha paura. - il vecchio allargò le braccia, fissò il compagno, ne ottenne un cenno di
consenso, proseguì - E, bada, non voglio dire che è coraggioso... Proprio non prova la paura...
Non ne è capace.
- Non sente il dolore! - aggiunse Salvatore, passando finalmente a un linguaggio che Lara
riusciva a comprendere.
- Non ha mai fame, sete, stanchezza... Chillo nun è un ommo! - concluse, lapidario, tornando
al dialetto.
Anselmo annuì. - Sì, soprattutto non ha limiti.
- Che significa?
Il vecchio mosse le mani nell'aria, in un gesto vago. - L'altra sera è stato gentile con te, ha
risposto alle tue domande... Non è così?
- Be', sì. Lui...
2038: la rivolta Francesco Grasso
26
Anselmo la zittì con uno sguardo serio. - Credimi, col medesimo umore avrebbe potuto
ucciderti a mani nude, e poi divertirsi a bruciare il tuo cadavere. Oppure avrebbe potuto spezzarti
braccia e gambe, strapparti la carne a morsi e mangiarla davanti ai tuoi occhi ancora coscienti.
- L'ho visto farlo. - confermò Salvatore, laconico.
Lara sussultò. Il suo primo pensiero fu rifiutare quelle rivelazioni. Poi ricordò le foto della
Polizia, i rapporti leggendo i quali aveva cominciato a interessarsi al giustiziere: si parlava di
mutilazioni, di corpi sventrati, di siringhe incandescenti nelle cornee, di segni di unghie e denti sui
cadaveri... Ripensò al suo incontro con il ragazzo incappucciato.
A loro piace portarmi dagli spacciatori e restare a guardare lo spettacolo, aveva detto il
giustiziere. Rabbrividì.
- Se mi state dicendo la verità... - azzardò - Se veramente è un pazzo... Perché lo aiutate?
Anselmo e Salvatore si guardarono negli occhi. A Lara sembrò quasi di cogliere, nell'aria
stantia di quella stanza polverosa, i lunghi messaggi che i due uomini si scambiavano senza
parole.
- Che male può farci, Anselmo? - considerò alla fine l'uomo tarchiato - Dille tutto.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Al museo nazionale di S.Martino c'è un ritratto. La targa non riporta il nome
dell'autore. Recita semplicemente "Tommaso Aniello, agitatore politico napoletano,
1620-1647".
L'uomo dipinto sulla tela ha il volto glabro, tondo e roseo come quello di un
bambino. Porta sul capo un berretto di stoffa nera e regge tra le dita qualcosa che
somiglia a una pipa. I suoi occhi, neri come l'umore di seppia, fissano il visitatore
con aria di sfida. In quello sguardo è facile intravedere il carattere fiero,
combattivo, dell'uomo che guidò l'assalto al Palazzo Reale, che incendiò la piazzaforte
della gabella, che abbatté le porte delle carceri, che costrinse il viceré duca d'Arcos
a concedere alla città una costituzione e a nominarlo, lui figlio di un pescatore,
Capitano Generale del Fedelissimo Popolo.
Di fronte al quadro, sulla parete occidentale della sala, si apre un'ampia bifora.
Il visitatore che vi si affacciasse noterebbe come l'antica abbazia, oggi museo, domini
la città e il golfo.
Ad attrarre l'occhio, il bastione turrito del Maschio Angioino, dal candore della
pietra tufacea annerito dai secoli; il sanguigno Castel dell'Ovo, dalla triste sagoma
di vascello arenato sugli scogli; la ferita irregolare di piazza Dante, i graffi lunghi
e sottili di via Toledo, di via Carlo III, di via Foria; il tracciato morbido della
costa, da Torre Annunziata sino alla collina di Posillipo. Sull'orizzonte, Capri a
sinistra, Ischia e Procida a destra. E, su tutto, l'ombra del Vesuvio, puntuta come una
freccia, cupa come un monito.
Dal dipinto, lo sguardo di colui che si fece chiamare Masaniello sembra indugiare
sulla bifora. L'uomo del ritratto pare contemplare il panorama, come a ricercare
assonanze tra ciò che si staglia oltre il vetro e la Napoli dei suoi tempi, quel
Seicento barocco e spietato dove pestilenze, guerre e carestie regolavano il tempo
concesso agli uomini e dove la figura di dio si confondeva con quella del re di Spagna.
Quel Seicento dove lui nacque, visse e combatté. Dove fu pezzente e condottiero. Dove
fu nemico da esecrare ed eroe osannato.
Dalla tela di un artista senza nome, attraverso l'abisso dei secoli, Tommaso
Aniello guarda la città. Che fu il suo regno. Per nove giorni.
C'è sempre un momento per la verità, e alla verità basta un momento
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Non sono certo di avere le risposte che cerchi. - mormorò Anselmo - Non più.
L'uomo mandò giù l'ultimo bicchiere di vino. La bottiglia era vuota.
2038: la rivolta Francesco Grasso
27
- Ho una gran confusione dentro, ed è difficile dirti da che parte sto. Una volta le cose erano
più semplici... C'era rispetto, e onore. Ci davamo da fare: contrabbando, si taglieggiava, ma non
c'era tutto questo sangue, e in fondo la gente ci sentiva vicini.
- Mi stai dicendo che sei un camorrista? - l'interruppe Lara, sbalordita.
Anselmo si esibì in un mezzo sorriso. - Camorra è una parola dai molti significati, giornalista,
non tutti meritati... Diciamo che facevo parte di una famiglia, i Pascarella...
- Pascarella?
Il vecchio scrollò le spalle - Vedo che il nome non ti dice nulla: una volta dettavano legge a
Ponticelli e dintorni. Sono passati più di dieci anni... Oggi i Pascarella non esistono più. Sono stati
cancellati dal piombo dei nuovi arrivati.
Lara batté le palpebre. - Parli della guerra Castellammarese? Quella del '15?
Il vecchio scosse la testa. - Non fu una guerra: fu un massacro. Quella era gente nuova, mai
vista. Avevano un'organizzazione militare, armi, appoggi e risorse incredibili.
- È 'o vero. - confermò Salvatore - Incredibili.
- Comprarono tutti quelli che era possibile corrompere e fecero a pezzi gli altri. Poi
cominciarono a vendere quella merda luccicante.
- L'exitrazina? - fece Lara.
- Exitrazina... - confermò Anselmo, allargando le braccia - Noi a volte spacciavamo... coca,
per lo più... ma non avevamo mai sentito parlare di un veleno simile. Da un giorno all'altro ne
portarono quintali e si dedicarono solo a quella...
Il suo volto cotto dal sole si atteggiò a una maschera pensosa. - Anche oggi, sono gli unici a
trattare il Sale Lucente... E sai una cosa, giornalista? Lo vendono solo a Napoli. Già a Roma è
introvabile.
- Dici sul serio? - esclamò Lara, stupita. - Com'è possibile?
- Se neanche voi dell'informazione ne sapete niente, la merda è proprio nera. - meditò il
vecchio.
- Ormai ho rinunciato a capire: mi basta essere sopravvissuto. - scrollò le spalle. - A volte
penso che io e Salvatore relitti di un naufragio...
L'uomo tarchiato annuì, solidale. Passò una sigaretta al vecchio, che lo ringraziò con
silenziosa complicità, battendogli una mano sulla spalla.
- In questi anni ci siamo uniti ad altri superstiti. Reduci di tutte le sconfitte, gente che si è
battuta sempre dalla parte del torto. Sfollati, barboni, squatters scampati alla distruzione dei Centri
Sociali...
- So di chi parli. - mormorò Lara, stuzzicandosi l'orecchino destro.
- Poi incontrammo lui. - Anselmo tacque un istante, pensoso - Non abbiamo mai saputo il
suo nome... A te lo ha detto?
La donna si irrigidì. - No. Mi ha detto tanto, ma non il suo nome. Forse non ne ha neppure
uno...
Lara si morse le labbra. I due uomini avevano risposto alle sue domande; ora era il suo
turno: doveva guadagnarsi la loro fiducia.
- Non ha nulla. - disse - Solo la rabbia. È così solo, così disperato. Io non voglio
intromettermi tra voi e lui, credetemi. Voglio solo aiutarlo: nessuno merita un'esistenza così
penosa.
- Hai ragione. Nessuno. - assentì il vecchio, amaro. - A volte mi fa troppo schifo vivere così.
Poi sembrò riprendere il controllo. S'inventò un tono ironico - E come vorresti aiutarlo,
giornalista? Gli offrirai un lavoro? Un posto al circo?
- Non so ancora. - ammise Lara - Ma credo che, più di ogni cosa, gli gioverebbe riconoscersi
in un simbolo, sentirsi addosso un'identità. Un ruolo, che gli dia una speranza.
- Ruolo? Identità? - ripeté Salvatore, dubbioso - Che maronn' dici, guagliona?
Anselmo lo zittì con un gesto. Negli occhi del vecchio si era accesa una luce. - Forse capisco
cosa intendi, giornalista. Va' avanti...
2038: la rivolta Francesco Grasso
28
Troppo intelligente, si disse Lara. Non poteva ingannarlo: doveva essere sincera.
- Non c'è molto altro. - confessò - Solo idee confuse, progetti appena abbozzati. Ho bisogno
di tempo, ma troverò un modo d'aiutarlo. Per ora mi basta che non si faccia uccidere.
Li fissò negli occhi, severa. - Sapete anche voi che è questo il suo scopo. Lui vuole farla
finita. Per questo cerca i depositi di exitrazina: per assalirli e uscire di scena con un bel massacro.
Anselmo sbarrò gli occhi, allarmato. - Aspetta un momento, giornalista. Cos'è questa storia
dei depositi?
- So che vi ha chiesto di scoprire dove si trovano. Non dovete. Non finché io abbia trovato il
modo di...
Si interruppe. I due uomini si guardavano tra loro, sconcertati.
- Che succede?
- Temo... temo sia troppo tardi, giornalista.
2038: la rivolta Francesco Grasso
29
5
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Chi vi fosse passato davanti non avrebbe veduto nulla di speciale: una cancellata
anonima, bruna di ruggine, larga quel tanto che bastava per permettere il passaggio di
un'automobile; muri sbrecciati, ingrigiti dallo smog e intrisi degli odori grevi del
vicino mercato di Sant'Anastasia.
Un'aria dimessa: niente citofoni, nessun campanello, solo qualche manifesto
pubblicitario biodegradabile semidissolto dall'umidità dell'aria. Le sbarre saldamente
piantate alle finestre del pianterreno non avrebbero attratto l'attenzione: nessun
edificio cittadino ne era privo.
Le imposte eternamente serrate, forse, avrebbero potuto incuriosire qualcuno, ma
neppure quelle erano una rarità... No, chiunque fosse passato dinanzi all'edificio non
lo avrebbe degnato di una seconda occhiata.
Chi avesse potuto varcare il cancello, però, avrebbe finito col cambiare idea. Il
piccolo cortile interno era chiuso da due pareti in muratura e da una terza di roccia,
costituita dal fianco di un rialzo del terreno, sagomato a guisa d'anfiteatro, che poco
lontano si congiungeva ai contrafforti del Vesuvio. Il cortile terminava con una brusca
rientranza, invisibile dal cancello.
Qui, scavata nella parete di tufo, vi era una rampa che portava, con forte
inclinazione, a una decina di metri nel sottosuolo.
Al termine della rampa si trovava una serie di ambienti a temperatura e umidità
controllate, in cui il livello di polvere nell'aria era mantenuto costante da un
sistema integrato di filtri e servomeccanismi. Gli ambienti disponevano di ogni
comfort, compresi giacigli, saune, alcolici, videolettori e terminali di rete, ed erano
adatti a fungere sia da deposito (d'armi, esplosivo e droga) che da rifugio: di fatto,
erano stati pensati per accogliere latitanti con necessità di rendersi irreperibili per
lunghi periodi.
Altre gallerie, perfettamente aerate e illuminate, costituivano vie di fuga verso
i tunnel della circumvesuviana e i condotti fognari. Montacarichi pneumatici
collegavano i sotterranei con i piani superiori dell'edificio, adibiti agli incontri
con gli spacciatori al dettaglio. Le pareti erano insonorizzate, le imposte a prova di
proiettile.
Il sistema di sicurezza del covo era basato più sulla prevenzione che sulla
punizione. La Rete Neurale che gestiva i sensori e le telecamere disposte intorno il
perimetro era un prodotto militare cinese, serie TZU2000. La sua programmazione era
impostata perseguendo uno scopo ben preciso: scoraggiare gli intrusi prima di arrivare
allo scontro, ed evitare quanto più possibile l'uso di armi che potessero svelare
l'esistenza del rifugio.
Il suo timer interno segnava 5:01:32 quando lo sconosciuto entrò nel raggio
d'interdizione.
La prima linea dei sensori, interrati pochi millimetri sotto l'asfalto stradale,
lanciarono l'allarme fornendo tutti i dati in loro possesso: l'intruso era alto un
metro e novantadue; pesava, con la sacca sulle spalle, centocinque chilogrammi; la sua
temperatura corporea era di trentasette virgola due gradi centigradi; la sua pelle
aveva un PH di cinque virgola tre e una resistenza elettrica di ventisei virgola cinque
megaohm. Era a piedi nudi, e una maschera nera gli copriva il viso. TZU si portò a
livello di attenzione due.
Masaniello si guardò intorno. Il disco del sole era una promessa sotto
l'orizzonte. Uno stormo di uccelli di passo cabotava il profilo del vulcano; la luce
2038: la rivolta Francesco Grasso
30
incerta dell'alba si rifletteva sui piccoli corpi accendendo cento fiammelle in
formazione a V nel cielo scuro.
Un'automobile sfrecciò alle spalle dell'uomo, scivolando silenziosa sul proprio
cuscino d'aria; dal finestrino, una cicca accesa volò sull'asfalto descrivendo un arco
di brace rossa, poi rimbalzò, spezzandosi in una minuscola fontana, breve e ardente
come una pioggia di lapilli.
Il giustiziere si avvicinò al cancello rugginoso, sembrò annusare l'aria. Poi
afferrò le sbarre e spinse. Il lucchetto scricchiolò.
TZU si portò a livello uno, valutò la situazione e impostò la strategia di
risposta più sperimentata: i circuiti si chiusero al suo comando, liberando una
corrente elettrica di medio voltaggio lungo il metallo delle sbarre. Allo stesso tempo,
la Rete Neurale attivò il piccolo altoparlante celato da un pannello sulla parete
esterna dell'edificio.
- Attenzione. - scandì con voce gentile - Lei sta violando una proprietà privata.
La preghiamo di allontanarsi.
L'intruso non diede segno di aver udito. Continuò a stringere le sbarre,
aumentando anzi la sua pressione. I cardini cominciarono a cigolare, mentre una pioggia
di intonaco si staccava dalle pareti.
TZU non cambiò strategia: nella sua banca dati tattica erano presenti ben sei
situazioni analoghe, che la R.N. usò come riferimento. L'intruso, valutò, era
senz'altro ubriaco o drogato, talmente privo di lucidità da ignorare la scossa
d'avvertimento. Raddoppiò quindi il voltaggio e aumentò, con moderazione, il volume
dell'altoparlante. Ma la sua voce restò perfettamente garbata.
- Gentile signore, la informo che in questo momento il suo tentativo di effrazione
viene ripreso da una microcamera. La prego di desistere e di allontanarsi
immediatamente. In caso contrario, mi vedrò costretto a inoltrare una richiesta
d'intervento alle Forze dell'Ordine.
Le dita di Masaniello cominciarono a sfrigolare. La pelle dei polpastrelli si
arrossò, si gonfiò in bolle, si lacerò. Ingrandendo l'immagine ripresa dalla
telecamera, TZU vide distintamente il sangue scuro misto a pus che sgorgava dalle
ferite. Ma il giustiziere non lasciò la presa: al contrario, strinse i denti e piantò
le gambe sul terreno, larghe, spingendo con forza.
La R.N. ricevette un nuovo segnale d'allarme: la pressione sul cancello aveva
raggiunto il limite di resistenza del metallo. Se fosse aumentata di un solo
chilogrammo per centimetro quadrato, il cardine avrebbe ceduto. TZU ricercò
freneticamente nella sua banca dati, ma non trovò alcuna spiegazione: secondo la sua
base di conoscenze, nessun essere umano disponeva di una simile forza e capacità di
resistenza al dolore.
- Questo è l'ultimo avvertimento, signore. - disse in tono ancora cerimonioso -
Sto portando il voltaggio oltre il livello tollerabile da forme viventi. Se non lascia
immediatamente la sua presa, morirà.
Nessuna reazione. TZU portò al massimo il voltaggio: lampi bluastri avvolsero la
sagoma di Masaniello; l'odore di ozono e di stoffa bruciata saturò l'aria.
In quell'istante il cancello cedette. Il cardine venne via dalla parete in uno
sbuffo di calcinacci, e la massa metallica piombò al suolo con fragore. L'intruso,
apparentemente illeso, balzò oltre il varco e s'inoltrò correndo nel cortile interno.
TZU si portò a livello zero. Fece scattare le sirene d'allarme nei sotterranei,
accese tutte le luci e lanciò una richiesta di soccorso alle unità di sorveglianza
gemelle sparse per la città. Mentre una parte delle sue risorse controllava che gli
ospiti del rifugio venissero destati e avvertiti dell'emergenza, il resto di sé
interrogò la seconda linea di difesa, valutando quale nuova strategia adottare.
2038: la rivolta Francesco Grasso
31
Visti i precedenti, escluse il blocco della rampa d'accesso con le saracinesche e
la rete elettrificata. Il sottosistema tattico suggerì il CX24.
(link) -> Miscela gassosa d'uso bellico. Produzione cinese. Impiegato
massicciamente nella repressione del Tibet del 2017 e nella successiva
guerra tra la Repubblica Popolare e la NATO. Composizione protetta da
segreto militare. Inalato direttamente, il CX24 risulta letale per gli
esseri umani; decade in un composto inerte in pochi minuti di esposizione
all'aria. (ritorna al testo principale)
TZU valutò la proposta per un millesimo di secondo. Poi aprì le valvole.
L'ingresso della rampa per i sotterranei venne avvolta dai vapori cremisi del
veleno nel giro di un secondo. Masaniello, che vi si era fermato proprio di fronte,
annusò ancora l'aria, si fermò, tolse la sacca dalle spalle, l'aprì e vi frugò dentro.
I fumi del CX24 si frapponevano tra la figura del giustiziere e la telecamera. TZU
non poté rendersi conto di cosa Masaniello stesse facendo finché questi non accese lo
straccio imbevuto di benzina. Allora la R.N. capì. Ma era troppo tardi.
Masaniello scagliò la bottiglia incendiaria giù per la rampa. Tutti i gangli della
Rete Neurale furono subissati dai segnali d'allarme, ma ormai non c'era nulla da fare.
Il CX24 prese fuoco, si espanse a velocità esplosiva.
L'intera galleria d'accesso fu spazzata via dal fronte dell'incendio; le porte
divisorie saltarono; i contenitori di exitrazina furono avvolti dalle fiamme. Tutti i
sensori e i servomeccanismi di controllo temperatura andarono fuori scala,
sovraccaricando il sistema. I cavi del generatore principale bruciarono.
Il timer segnava le 5:04:56 quando TZU cessò di funzionare.
Se conosci il tuo nemico, non temerai il risultato di cento battaglie
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Lara vide le fiamme balenare contro il cielo nella luce sanguigna dell'alba, e all'improvviso
avvertì un brivido correrle come un ragno lungo la schiena. Era troppo tardi, lo sentiva.
- Laggiù! - gridò.
Salvatore sterzò furiosamente. Le ruote della Fiat morsero il bordo del marciapiede, poi
aggredirono l'asfalto puntando l'incendio. Il puzzo di gomma bruciata invase l'abitacolo.
- Fermati! - ordinò Anselmo.
- Qui? - fece Salvatore.
- Esatto.
- Ma lui è laggiù. - protestò Lara.
- Lo so anch'io, giornalista! Credi che sia stupido? Ma non voglio farmi ammazzare. Non
senti gli spari?
La donna ammutolì, rendendosi conto che l'altro aveva ragione. Il ticchettio feroce delle armi
automatiche echeggiava contro le facciate vetuste delle case di Sant'Anastasia. Aguzzò le
orecchie: erano raffiche corte, intervallate da colpi isolati, tutti provenienti dalla medesima
direzione.
Attraverso la lamiera dell'automobile Lara avvertì un brontolio sommesso, come di un liquido
che bollisse sotto la superficie. Poi, all'improvviso, un'esplosione violenta fece scattare le sirene
degli antifurto lungo l'intera strada.
Ai piani più alti degli edifici intorno, qualche curioso era affacciato alla finestra sfidando il
fischiare delle pallottole; altri erano usciti in balcone o sui terrazzi, e scrutavano eccitati la
sparatoria nei loro pigiami a righe.
Il boato fece rientrare precipitosamente tutti. Le imposte vennero sprangate tra grida di
sorpresa e terrore. All'angolo della strada, Lara vide un randagio accucciato sul selciato coprirsi
con aria spaurita il muso con le zampe anteriori. La donna si stupì di non scorgere segno delle
Forze dell'Ordine, neppure dell'elicottero che era solito pattugliare di notte i sobborghi orientali.
2038: la rivolta Francesco Grasso
32
Mai quando servono, pensò.
- Spegni i fari, Salvatore. - mormorò il vecchio.
- Perché?
- Gira piano l'angolo. - spiegò - Vediamo che succede...
L'uomo tarchiato eseguì con cautela. La scena si svelò poco a poco ai loro occhi, senza per
questo apparire meno drammatica.
Il ragazzo dal volto mascherato era fermo sulla strada, stagliato contro il fondale cremisi
dell'incendio. Era piantato a gambe larghe, come avesse messo radici sull'asfalto; con la testa
gettata arrogantemente all'indietro, rideva di scherno all'indirizzo dei suoi avversari.
- Sparate, infami! - urlava a squarciagola. La sua voce gutturale era arrochita dallo sforzo. -
Cosa aspettate?
Intorno a lui regnava il caos. Uomini armati si gettavano alla cieca dalle finestre dell'edificio
in fiamme, si rotolavano al suolo, battevano frenetici i propri abiti per spegnere le lingue di fuoco,
bestemmiavano, gridavano per le ustioni. E sparavano, per rabbia e per terrore, contro le ombre,
contro il nulla, persino contro se stessi.
- Sono qui, infami! - urlava al loro indirizzo il ragazzo mascherato. - Qui!
Finalmente i camorristi si accorsero della sua presenza. Le armi automatiche crepitarono. I
colpi lo colsero al petto, all'addome, alle braccia. Il proiettile di un fucile a pompa lo sollevò in aria
e lo gettò violentemente contro la fiancata di un furgone.
Lara trattenne il fiato. Anselmo e Salvatore sbiancarono.
Il corpo del ragazzo scivolò a terra, inerte. Poi ebbe un fremito, come se fosse percorso da
un impulso elettrico. Si tirò su, si piantò a gambe larghe, esplose di nuovo nella risata. Un verso
brutale, inumano, che metteva i brividi.
A quella vista alcuni camorristi si diedero alla fuga. Altri, inebetiti, lasciarono cadere le armi e
rimasero lì, impietriti, mentre l'incendio serpeggiava alle loro spalle.
Uno solo sembrò reagire. Imprecando furiosamente, gettò lontano il fucile automatico e
imbracciò al suo posto un tubo brunito. L'oggetto aveva un'impugnatura a metà fusto e alette
aguzze all'estremità posteriore.
- Che cos'è? - balbettò Lara, inquieta.
- Uno Snak-B, giornalista. - mormorò a mezza voce Anselmo.
- Un che?
- Anticarro. Russo. Li hanno usati anche nel '15...
Il vecchio sembrò cedere ai ricordi. Proseguì sottolineando quanto diceva con cenni del
capo. - Vito Pascarella aveva una Mercedes corazzata. Aveva ricavato la blindatura dalla torretta
di un Abraham rubato in Kosovo: la fecero saltare con un solo colpo.
- È 'o vero. - confermò Salvatore - Al funerale, i resti del vecchio Pascarella non bastavano
neppure a riempire una ceneriera.
- Mio dio. - ansimò Lara. Con sgomento, vide che il camorrista era intento a puntare l'arma, e
che il ragazzo con la maschera sul viso non accennava neppure a cercare riparo. Restava lì, a
sfidare il fuoco avversario, con un ghigno malato, una smorfia che sembrava di soddisfazione,
stampata sulle labbra deformi.
- Fallo! - gridava, ormai quasi senza voce - Fallo ora, infame!
Il camorrista parve annuire. Il suo dito sfiorò il grilletto. Il pennello vermiglio del laser di
puntamento si accese, illuminando il petto del giustiziere. Lui non si mosse: Lara avrebbe giurato
che stesse sorridendo.
Poi la testa del camorrista esplose. Alla donna, orripilata, sembrò che avvenisse con una
lentezza innaturale. Un fiore rossastro di sangue, schegge d'osso e materia cerebrale sbocciò
nell'aria, si allargò, sfiorì spargendo i suoi macabri petali al vento. Il corpo decapitato rimase
ancora in piedi per qualche interminabile istante; poi si agitò come un manichino disarticolato,
cedette, si afflosciò al suolo. Il fusto metallico dello Snak-B tintinnò contro l'asfalto.
Lara, sbigottita, in preda allo shock, si voltò verso Anselmo.
2038: la rivolta Francesco Grasso
33
- Ma... cosa...?
- Queste nuove mproc funzionano bene anche coi proiettili esplosivi. - commentò il vecchio,
soffiando con ostentazione sulla canna della pistola - Non c'è bisogno di mirare.
- Muoviamoci, guaglio'. - sbottò Salvatore - Qui tra poco sarà pieno di essessì.
Un ronzio minaccioso si levò a occidente, quasi a dargli ragione. Avvertendo il suono,
d'istinto Lara alzò lo sguardo.
E li vide. La carlinga schiacciata, le ali corte e tozze, i lanciarazzi in gondola, le mitragliette
sul muso, la selva di antenne metalliche per l'ECM. Una linea inconfondibile: convertiplani EH301,
versione antiguerriglia, in dotazione alla Sezione Speciale delle Forze Armate Europee. Erano
due, e si stavano avvicinando.
- Qui, compagno! - gridò Anselmo sporgendosi dal finestrino - Sali, svelto!
Il ragazzo li fissò senza reazioni. In quel momento agli occhi di Lara era di nuovo il principe
nero di una scala reale da incubo.
- Avanti! - ringhiò Salvatore - Chilla cricca 'i malamenti ci sta addosso!
Ancora l'altro non mosse un muscolo. Si guardava intorno, come se non riuscisse a
capacitarsi che fosse tutto finito, e non compiva un solo passo in direzione dell'automobile. I
velivoli della SSI erano vicinissimi: il loro ronzio si avvertiva dolorosamente nelle mandibole.
- Acchitemmuort'! - sbottò Salvatore. Aprì la portiera, corse verso il ragazzo, lo afferrò per le
spalle, lo costrinse a salire.
L'altro lasciò fare senza opporre resistenza. Era cosciente, ma sembrava che nulla di ciò che
accadeva lo riguardasse.
- Vai! - esortò il vecchio.
Salvatore schiacciò il pedale. L'automobile sfrecciò per i vicoli, lasciandosi alle spalle
l'edificio ancora in preda alle fiamme. Un'ultima esplosione squassò il fondo stradale, aprendo un
cratere proprio dove il giustiziere si trovava qualche istante prima.
Lara si volse indietro, a fissare impressionata le macerie fumanti. La testa le girava: non
poteva credere che tutto questo capitasse proprio a lei. Non era un film, non era un'animazione in
RV, non era un videoclip. Era una guerra vera, e lei l'aveva vissuta in prima linea, assaporandone
tutto l'orrore.
- Mio dio... è un inferno! - esclamò in un tono che tradiva tutto il suo sconcerto, la sua
incredulità, la sua paura. - Ma cos'hai fatto, lì dentro?
Il ragazzo restò impassibile. - Storia lunga, orribile. Non vorresti sentirla.
E tacque. La donna lo fissò allibita.
- Naturalmente. - balbettò alla fine - Mi chiedevo quando l'avresti detto.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
La battaglia di Sant'Anastasia rappresenta, sotto molti punti di vista, una svolta
storica. Nel cammino di Masaniello, naturalmente, si configura come un giro di boa. Ma
per la popolazione di Napoli si delinea come un evento di rottura, un episodio
fondamentale con enormi (e rivoluzionarie) conseguenze sull'immaginario collettivo
popolare.
Analizziamo il perché... La battaglia di Sant'Anastasia non è certo il primo
scontro armato che si sia svolto nelle strade di Napoli: la malavita organizzata, è
noto, non si cura di scegliere luoghi isolati per i regolamenti di conti e gli agguati
tra le sue bande. Che passanti innocenti vengano coinvolti in sparatorie è la norma,
una legge di natura che i napoletani accettano seguendo il loro tradizionale fatalismo,
come la grandine d'inverno, gli incendi estivi sui monti, i bradisismi e i capricci del
vulcano.
Le statistiche, del resto...
(link) -> nell'ultimo anno, nell'area metropolitana, diciotto persone
sono rimaste vittime di pallottole vaganti, e trentuno hanno riportato
2038: la rivolta Francesco Grasso
34
ferite non mortali. Di queste persone, il quaranta per cento sono bambini
sotto i dieci anni. Naturalmente, le statistiche contemplano solo i casi
denunciati: la paura a volte è un manto che copre e nasconde. (ritorna al
testo principale)
...delineano un quadro più che drammatico, che non può non riflettersi nella
cultura quotidiana: di fronte a uno scontro armato che anche lontanamente sappia di
camorra, la reazione obbligata del cittadino medio è sempre stata di completa
passività, equidistanza terrorizzata tra i contendenti, omertà e rassegnazione.
Sant'Anastasia rappresenta il superamento di questa tradizione, l'abbattimento dei
ruoli definiti. Per la prima volta gli spettatori non rimangono a guardare, ma si
schierano e diventano attori, intervenendo in maniera addirittura determinante nello
svolgersi del dramma: Masaniello, di fatto, in quella battaglia trova degli alleati
inaspettati; ai suoi nemici, presi tra due fuochi, non resta che la fuga.
Chi sono questi eroi oscuri che infrangono il tabù e che osano sfidare la
potentissima malavita organizzata?
I media non impiegano molto a puntare su di loro i riflettori e a battezzarli.
Dall'alba di fuoco di Sant'Anastasia, nell'immaginario collettivo, al fianco di
Masaniello marcia il suo esercito, la sua armata, il suo seguito: i lazzari. Da quel
giorno, la guerra del giustiziere mascherato comincia a liberarsi della patina di
crociata personale, per configurarsi sempre più vigorosamente come un'insurrezione di
popolo.
A Napoli si more a tarallucce e vino
99 Posse
- Dorme?
Il vecchio annuì. - Ha beccato più di venti proiettili; ha perso un barile di sangue. Ma,
naturalmente, lui non è come noi...
- Se la caverà?
Un lampo, forse di invidia, forse di paura, illuminò gli occhi neri del vecchio. - Ma certo. Ha
solo bisogno di riposo.
Salvatore, di sottecchi, fece cenno in direzione di Lara. - Anche 'a quagliona ne ha bisogno.
Guardando oltre la spalla del compagno, Anselmo fissò la donna con aria dubbiosa. Lara era
seduta rigidamente su una sedia a spalliera sensibile, e guardava il vuoto con aria cupa.
Intorno a lei l'appartamento era angusto ma luminoso, e i tanti fiori ovunque lo facevano
sembrare una serra: c'erano mimose nei vasi, bouganville mollemente digradanti dai pensili lungo
le pareti, margherite nella carta da parato, rose dipinte sulle tendine raccolte agli stipiti delle
finestre, tulipani sulla stoffa che ricopriva i divani disposti ad angolo. C'erano persino dei gladioli di
plastica sul ripiano della cucina e mazzolini di lillà ricamati sul tappeto pseudocinese che copriva
metà del soggiorno.
Nell'angolo opposto della stanza, una gym-machine multifunzionale avvolta in un telo di
plastica dominava arrogantemente l'ingresso per la camera da letto e il minuscolo bagno. Il soffitto
era trapuntato di piccole sfere luminose disposte a corolla, e una grande lavagna a cristalli liquidi,
densa di annotazioni e schizzi vergati in una grafia frettolosa, era appesa alla porta d'ingresso.
- Va tutto bene, giornalista?
- Cosa...?
- Ti ho chiesto se stai bene. - scandì il vecchio.
Lara batté le palpebre, cambiando posizione sulla sedia. Questa si deformò, adattandosi alla
forma del suo corpo spigoloso.
- Star bene? - sibilò - Devi essere pazzo.
- Ehi! Che ti prende?
Lo stupore sincero nella voce di Anselmo la fece sentire anche peggio. Cominciava a capire:
il ragazzo dal volto mascherato, Salvatore e Anselmo facevano parte di un mondo sanguinario e
2038: la rivolta Francesco Grasso
35
brutale, disperato e oscuro, che lei si era illusa di poter esplorare senza esserne coinvolta. Nulla di
più sbagliato.
Non aveva mai visto morire nessuno sotto i suoi occhi. E scoprire di non essere in grado di
considerare l'episodio con indifferenza la sconvolgeva più dell'atto in sé. Forse Attilio era nel giusto
a disprezzarla come giornalista. Un professionista serio, avrebbe detto Lamberti, non si lascia
toccare da simili debolezze.
- Sono una stupida. - mormorò - Non dovevo farvi venire qui.
- Cosa!?
Lara evitò di guardarli negli occhi. Indicò con un cenno del mento il giovane addormentato
sul divano.
- Quando si sveglierà, voglio che lo portiate via. Io mi tiro fuori.
- Che stai dicendo, guagliona? - balbettò Salvatore, confuso - Credevo che...
- Lo credevo anch'io. - tagliò corto lei - Mi ero illusa di averne il fegato, ma non è così.
- E i tuoi progetti? - protestò Anselmo, deluso - Le tue idee? Io... noi ci aspettavamo grandi
cose da te, giornalista.
Lara non seppe replicare. Era consapevole di star mollando la presa sull'occasione della sua
vita, ma la paura e il senso di inadeguatezza dentro di lei tuonavano invincibili. I particolari della
battaglia che il ragazzo incappucciato aveva narrato prima di cedere alla stanchezza, il gas, la
Rete Neurale, le armi anticarro assurdamente in mano a semplici spacciatori di droga, avevano
inferto il corpo di grazia al suo coraggio. A volte - pensò - le occasioni sono troppo grandi, e le
persone troppo piccole.
- Va bene... - cedette il vecchio - Se è questo ciò che vuoi... Non è la tua guerra, in fondo.
E tacque. Il silenzio avvolse la stanza, e solo il ronzio improvviso del terminale impedì che
diventasse troppo pesante. Meccanicamente, Lara andò all'apparecchio e accettò la chiamata in
arrivo. Solo all'ultimo istante, in un guizzo di lucidità, ruotò la micro Zeiss in modo che non potesse
inquadrare i suoi ospiti.
Il viso rotondo e paffuto di sua madre invase lo schermo. Mancava solo questa, pensò
cupamente Lara.
- Tesoro! - esclamò gioviale la matrona. Era una donna corpulenta, con i capelli tinti di un
improbabile turchese e gli occhi dello stesso colore. Il viso era pesantemente truccato; intorno al
collo, spiccava un monile di vistosissimi cristalli orbitali, ciascuno sagomato nella foggia di un
segno zodiacale. Aveva una pelle sottile, rimaneggiata dal laser, che le si increspava sulle guance
e sul mento quando sorrideva mostrando orgogliosamente i denti rifatti.
- Ciao, mamma. - ricambiò blandamente Lara.
- Ieri sera non hai chiamato. - protestò la matrona.
- No, infatti.
- Cos'è successo?
- Ho avuto da fare, mamma.
L'altra si avvicinò allo schermo, sprizzando interesse da tutti i pori. - Un uomo, vero?
- No, nessun uomo.
La matrona non si diede per vinta. - Andiamo, tesoro, lo so che si tratta di un uomo. Il tuo
oroscopo di oggi è chiaro. Perché non vuoi dirmelo?
Lara sentì la nausea crescerle dentro. - Non c'è niente da dire.
Il donnone strizzò un occhio con fare complice. Le ciglia finte minacciarono di staccarsi e di
piombare sul pavimento di marmo rosa.
- Non c'è motivo di essere imbarazzata, tesoro. Hai venticinque anni, è giusto che tu sia in
cerca di un uomo con cui sistemarti... Chi è, dunque?
- Lascia perdere.
- Quell'Attilio, il tuo capo, vero?
- Andiamo, mamma! - protestò Lara, ormai decisamente infastidita - Piantala di dire
sciocchezze.
2038: la rivolta Francesco Grasso
36
L'altra equivocò. - Sciocchezze? E perché? Avrà al massimo dieci anni più di te, e di certo è
un bell'uomo. Se solo si liberasse di quegli occhiali preistorici... Potrei presentarlo al mio chirurgo,
tesoro. È proprio una cosa da niente: un tocco di laser e via.
Lara lanciò un'occhiata nervosa ai tre uomini che occupavano il suo soggiorno.
- Mamma, ho da fare, adesso.
La matrona non diede segno di aver udito. Aveva un impianto acustico Pioneer di ultima
generazione, ma nelle sue conversazioni riusciva ugualmente a ignorare quanto gli altri dicevano.
Non si trattava di un problema fisico, Lara ne era ormai convinta, bensì psicologico: i suoi timpani,
semplicemente, respingevano al mittente ogni segnale sonoro che la scompiacesse.
- Sì, quell'Attilio è proprio un uomo affascinante... - proseguì imperterrita - Sai che la figlia di
Ornella, la mia amica del circolo, il mese scorso ha sposato un alto funzionario di EuroBank? Era
la sua segretaria, pensa.
- Io non sono una segretaria! - protestò Lara, frustrata, già sapendo che non sarebbe stata
ascoltata.
- Ornella mi ha spedito il filmato del matrimonio. - proseguì giovialmente l'altra - La sposa
aveva un vestito fantastico. Elaborato ma semplice: perline, seta e tessuto clonato. Ho insistito, e
alla fine ho saputo il nome del bio-sarto... Everard, lo stilista che lavorava per Cartier... Non sai
quanto quella meraviglia ti starebbe bene addosso, tesoro.
- Mamma, ti ho detto che ho da fare, adesso. - tentò ancora Lara - Ti richiamo più tardi, va
bene?
- Hai saputo che la figlia di Marta ha avuto una coppia di gemelli? - incalzò l'altra, inesorabile
- Sono due maschietti adorabili, tesoro, una gioia per gli occhi... - il suo viso si fece penosamente
corrucciato - Sono l'unico membro del circolo a non avere ancora neppure un nipotino. Eppure so
che tu saresti un'ottima madre. Ricordo ancora con quanto amore curavi il tuo Babygochi, da
piccola... Quando mi darai la gioia di essere nonna, tesoro? Il mio oroscopo dice che...
Lara ebbe un nuovo urto di nausea, questa volta più forte. Far da moglie al suo principale e
da fattrice di nipoti per sua madre affinché potesse sfoggiarli in effigie al circolo della canasta...
Era quello il suo ruolo, lo era sempre stato e lo sarebbe stato sempre. Nel trascolorare dei ricordi,
forse aveva voluto dimenticare, ma sua madre era sempre stata lì, negli anni, a indicarle il
cammino, a mostrarle esattamente il Corretto Compito di una Figlia Conforme e Giudiziosa, e a
spiegarle come lei avrebbe dovuto agire per adempiervi.
All'improvviso, Lara ebbe un terribile attacco di panico. Era veramente questo ciò che voleva
dalla vita? Un vestito di perline e tessuto cangiante, una torta con sopra due pupazzi e olografie da
mostrare a turno a uno stuolo di parenti annoiati? E poi battesimi, biberon da scaldare alle sei del
mattino, pannolini sporchi, aspirapolvere sulla moquette e servizio buono da lustrare la domenica
pomeriggio? Lenzuola da lavare a sessanta gradi e ricette dettate alla RTV per piatti elaborati,
destinati comunque a finire nel colon? E poi la vecchiaia, i lifting e la parrucca turchese, il cerone
sul viso e un circolo di arteriosclerotiche cui mostrare il filmino dei nipoti? Era tutto qui? Non c'era
davvero nient'altro?
Aveva avuto un'occasione per imboccare una strada diversa, per vivere un'avventura, per
sfuggire al futuro e al ruolo incisi nella pietra delle convenzioni borghesi, ma la stava gettando al
vento...
Poteva veramente permetterselo? Negli anni che sarebbero venuti, avrebbe sopportato il
rimpianto? In un momento di lucidità estrema, Lara si chiese se davvero il sangue e la guerra
fossero l'orrore più grande cui poteva pensare.
Chiuse la comunicazione. Il terminale guizzò un'ultima volta, poi si spense. Anselmo e
Salvatore erano ancora lì, come li aveva lasciati: il vecchio la fissava gravemente, una Marlboro
accesa tra le dita ossute; l'uomo tarchiato si baloccava con dei pezzi di focaccia che aveva trovato
in cucina, indeciso se chiedere o meno il permesso di addentarli. Il ragazzo dal volto bendato era
ancora sul divano, immerso in un sonno agitato: il suo petto si alzava e si abbassava
ritmicamente, il suo corpo era scosso da brividi.
2038: la rivolta Francesco Grasso
37
- Ho cambiato idea. - disse alla fine la donna, semplicemente.
2038: la rivolta Francesco Grasso
38
6
PROCLAMA
Popolo mio,
ho combattuto al tuo fianco nella battaglia di Bagnoli. Mi hai visto lanciarmi
avanti, spezzare il cerchio dei nemici e condurre chi mi seguiva alla libertà. A te, e
a coloro che ancora non mi conoscono, rivolgo il mio grido.
Svegliati, popolo mio, apri gli occhi, combatti! Ci hanno coperto di catene, ci
hanno vessato, corrotto, umiliato. Ma è giunto il giorno di dire basta, di liberarci
dalla schiavitù. Io questo lo grido, e anche tu devi urlarlo, forte, insieme a me e a
tutti i compagni, finché il fragore delle nostre grida, e della nostra giusta ira, come
una tempesta, sommergerà chi ci opprime.
La schiavitù è una serpe dalle mille teste, popolo mio, e la più velenosa tra
queste si chiama droga. Io ho deciso che sconfiggerò, che schiaccerò questa bestia
strisciante, e comincerò tagliandole la testa che più ti avvelena. Ho cominciato a
farlo a Sant'Anastasia, e continuerò fino alla vittoria. Questo ti prometto, popolo
mio. E quando lo manterrò, tu crederai in me.
Oggi, 29 Giugno 2038, sono nato di nuovo.
Masaniello
- Che ne dici?
Anselmo socchiuse gli occhi, scorrendo per l'ennesima volta quelle poche righe. Giunto in
fondo, storse la bocca in una smorfia dubbiosa.
- Molto pretenzioso, giornalista.
- È una critica? - s'informò Lara.
- Forse. In realtà non lo so. - ammise l'altro.
- E allora? Che ti prende?
- È piuttosto diverso da ciò che avevo in mente. Mi chiedo se...
- Cosa?
- Mi domando se non stiamo pretendendo troppo dalle nostre capacità. - Anselmo rivolse lo
sguardo al divano - O dalle sue.
Lara si carezzò l'orecchino con aria combattuta. Cosa stava facendo, si chiese, a quel
povero ragazzo vestito di stracci, defraudato di una faccia da mostrare alla gente, privo persino di
un paio di scarpe? Cos'era il suo, un tentativo di organizzare una rivoluzione a tavolino? C'era
indubbiamente del marcio nell'edificio sociale della metropoli, lo aveva sempre pensato, ma chi le
dava il diritto, lei semplice giornalista priva d'ogni preparazione politica, di criticare, di sfidare
l'ordine?
No, si rispose. Lei era nel giusto. Senza il suo intervento, ne era certa, Anselmo e Salvatore
avrebbero fatto del ragazzo mascherato il golem della loro vendetta privata contro i nuovi signori
della camorra. Lei stava cercando di donargli uno scopo più nobile, un traguardo più alto.
Del resto, ricordava bene la loro prima conversazione: la rabbia e l'amarezza che aveva
colto nelle parole di lui erano le tracce carsiche di un risentimento popolare, spicciolo, ancora
senza forma, ma che aspettava solo un nome per concretizzarsi. Sì, lei non era nulla più di una
madrina di battesimo: doveva solo convincersene.
- Perché Masaniello? - chiese Salvatore.
- Domani è l'anniversario della nascita. - spiegò - Una coincidenza davvero appropriata, non
credi?
- Hai gusto per le trovate drammatiche, giornalista. - osservò Anselmo.
- È il mio lavoro.
- Naturalmente - concesse il vecchio - E il resto? Sei sicura di riuscire a...
2038: la rivolta Francesco Grasso
39
- Te lo ripeto: è il mio lavoro.
- Lo dici come se dovesse rassicurarmi. Ma io ho sempre diffidato di chi campa
maneggiando una penna.
Lara tentò di spezzare la tensione. - Hai letto Mark Twain?
- Qualche CD in prigione. - replicò Anselmo, stupito - Cosa c'entra?
- Sai cosa diceva dei giornalisti?
- No.
- Che sono quelli che sanno distinguere le notizie vere dalle balle... e poi pubblicano le balle.
Il vecchio fece un mezzo sorriso. - Divertente.
- Probabilmente vero.
Anselmo rilesse ancora una volta il proclama. Sembrò valutarne ogni passaggio, soppesarne
i pro e i contro. Era in lotta con se stesso, e si vedeva. Alla fine, sospirando, approvò con un cenno
del capo.
- E va bene, mi hai convinto. Facciamolo.
Lara sorrise, compiaciuta dall'accordo raggiunto. - Lo faremo.
- Solo una domanda, guaglio'. - intervenne Salvatore - Prima di brindare... Avete pensato
come dirlo a lui?
Lara tornò seria: l'uomo tarchiato aveva maledettamente ragione. Tornò a volgere lo sguardo
verso il corpo che giaceva sul divano a fiori del suo soggiorno.
E sobbalzò. Il ragazzo cui si era arrogata il diritto di dare un nome aveva aperto gli occhi. E
la fissava.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Per capire l'importanza del primo proclama di Masaniello, nonché l'impatto che la
sua pubblicazione ebbe sull'opinione pubblica, occorre riflettere sulla particolare
situazione in cui versavano a quei tempi le fonti d'informazione di massa. Esse
vivevano infatti un delicato momento di transizione: solo qualche anno prima l'exploit
mediatico di Masaniello non sarebbe stato tecnicamente possibile; appena sei mesi dopo,
a causa della nuova normativa (il decreto europeo Lecherche-Brandt), non sarebbe stato
più realizzabile.
Il quotidiano di Napoli, il Mattino, non costituiva un'eccezione al panorama del
servizio informativo all'alba del terzo millennio...
(link) -> à Già negli ultimi anni del ventesimo secolo il proliferare
delle E-zines era stato segnalato con preoccupazione dagli analisti del
settore. Allo scoccare del nuovo millennio il livello qualitativo delle
riviste amatoriali sulla Rete divenne paragonabile a quello delle testate
d'informazione professionali, grazie all'enorme larghezza di banda offerta
dalle nuove connessioni in fibra multifase, il crollo dei prezzi dei
dispositivi audio-video, il caos e i ritardi in campo legale. I vecchi
equilibri ne furono sconvolti.
La prima a crollare fu l'editoria tradizionale. Già nel 2015 la
produzione mondiale di testi cartacei poteva dirsi virtualmente cessata:
tra il costo della cellulosa, le spese di produzione e quelle di
distribuzione, semplicemente le Case Editrici non potevano reggere la
concorrenza.
Ma anche l'industria cinematografica tradizionale dovette affrontare
una crisi drammatica. A partire dagli anni venti, qualunque privato fu in
grado di realizzare in computer graphic film di livello professionale e di
rendere i prodotti finali disponibili a tutto il mondo tramite la Rete.
I software per la simulazione di attori famosi, contemporanei e del
passato, fecero il resto. Perché il pubblico avrebbe dovuto continuare a
pagare ciò che poteva ricevere gratis dalla Rete?
2038: la rivolta Francesco Grasso
40
Il mercato dell'home video crollò definitivamente tra il 2018 e il
2019. Il circuito delle sale cinematografiche tradizionali resistette
ancora qualche anno, ma alla fine seguì lo stesso destino.
A tali sconvolgimenti non sfuggì il mondo dei notiziari. Grazie alle
nuove tecnologie, chiunque avesse un'opinione da esprimere, un punto di
vista da supportare, una storia da raccontare, adesso aveva la possibilità
di rivolgersi a platee sterminate. E lo fece.
Il dilagare di notiziari fatti in casa, stilati senza il minimo
controllo, basati sull'eccesso e sullo scandalo quali unici mezzi per
emergere nel mare dell'informazione offerta on-line, portò a una drammatica
perdita di affidabilità dei media. La verifica delle fonti, difatti, non
preoccupava nessuno di questi ineffabili Orson Welles della domenica: se
andare in cerca delle notizie risultava troppo gravoso, bastava
inventarsele... Culmine di questo fenomeno, il caso Jackson-Halloway.
(link) à Nel settembre del 2014 Martin Luther Jackson,
primo uomo di colore mai giunto alla Casa Bianca, venne
accusato di violenza sessuale da una stagista, una giovane
bianca di nome Melissa Halloway. Alcune reti indipendenti
diffusero su Internet un filmato amatoriale, che si disse
ripreso da una microcamera nascosta dalla stessa Halloway. Tale
video, della durata di un paio di minuti, riprendeva il
presidente Jackson intento a strappare i vestiti di dosso alla
stagista e a brutalizzarla sul pavimento della Sala Ovale. La
reazione del pubblico, specie di quello strato della
popolazione esponente di una cultura ancora ben lungi
dall'essere scomparsa, fu violentissima. Inutilmente i tecnici
dello FBI dimostrarono che si trattava di un falso: il filmato,
benché sequestrato, rimbalzò sulle migliaia di siti non
ufficiali di informazione, e fece nascere una vigorosissima
leggenda metropolitana. Nonostante fosse innocente, Jackson
subì tali pressioni da essere costretto a dimettersi. (ritorna
al testo principale)
I giornali professionali poterono rispondere in un solo modo
all'offensiva dei "dilettanti dell'informazione": con la serietà e la
correttezza, screditando gli avversari e dimostrando il proprio rigore.
Solo la politica della certificazione della notizia permise ad alcuni
grandi quotidiani e a reti come la CNN di sopravvivere. Come fu detto, in
quei giorni nessun direttore avrebbe pubblicato una notizia di cui non
fosse sicuro quanto (e più) della propria moglie. (ritorna al testo
principale)
...ed era perciò anch'esso grandemente vulnerabile. E Masaniello lo colpì proprio
al cuore costringendolo, pena la sua stessa sopravvivenza come pubblicazione
professionale, a stare al suo gioco.
Lavoro sodo, per prepararmi al mio prossimo errore.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Come aveva previsto, la redazione era in subbuglio. Senza curarsi del caos, Lara attraversò
il corridoio, raggiunse la scrivania, appese la borsetta al gancio dell'appendiabiti, sistemò le pieghe
della gonna e sedette con la massima tranquillità, poggiando i gomiti spigolosi sul ripiano plastico,
intrecciando le dita e adagiandovi sopra il mento sottile. Poi si dedicò ad ascoltare i commenti
frenetici dei colleghi. Dal loro tono, capì che alcuni di loro erano in fibrillazione, altri
pericolosamente prossimi all'isteria.
- Com'è potuto succedere?
- Ha chiamato il Prefetto! È furioso!
- Ho dovuto staccare la linea esterna! Non smetteva più di squillare!
- Siamo rovinati!
2038: la rivolta Francesco Grasso
41
- Finiremo come quei disperati de Il Messaggero! Mio cognato era in redazione... Non è più
riuscito a trovare lavoro!
- Ah, no! Disoccupato no! Io mi taglio le vene!
- Ma non dire cazzate!
- Torno alle mie montagne, allora. Un paio di galline, un orto, qualche maiale... si può vivere
anche così, non credi?
- Puttanate! Voglio vederti, senza il cellulare e le carte di credito!
Lamberti sembrava il più lucido di tutti. Immobile, le braccia conserte poggiate sopra la
marmorea protuberanza del ventre, aveva uno sguardo duro, determinato.
Strano, considerò Lara. Che fosse troppo stupido per spaventarsi? Forse...
Attilio non si vedeva, ma la porta del suo ufficio era socchiusa, e dal piccolo varco tra il legno
e la parete giungevano echi di una discussione accorata. Con crudele compiacimento, la donna si
chiese quante camicie il caporedattore avesse già inzuppato di sudore, quella mattina.
- Hai saputo, ragazza? - sussurrò Rita, sulle guance un pallore spaurito che neppure il
pesante fard di marca francese riusciva a coprire.
- Cosa?
- Un pirata ha bucato il nostro firewall e sabotato l'edizione di oggi.
- Davvero? - commentò Lara, tranquilla.
- Guarda la prima pagina, se non ci credi.
Lara, naturalmente, non aveva alcun bisogno di accendere il terminale. Il proclama di
Masaniello troneggiava sullo schermo di tutti i colleghi.
- Perché non avete ancora cancellato l'intrusione? - azzardò, con l'aria più ingenua che riuscì
a mettere insieme.
Rita sussultò. Lara si accorse che tremava: sapeva bene perché.
- Ci stiamo lavorando da stamattina, ma ormai il danno era fatto.
Lara si toccò delicatamente l'orecchino sinistro. - Capisco... Avevate già scaricato l'edizione
sui siti mirror, vero?
L'altra annuì. Sotto le palpebre dipinte con l'henné aveva gli occhi lucidi, e sembrava
prossima a perdere i sensi.
- Chiunque sia stato, ha lavorato maledettamente bene. Ragazzi, siamo nei guai: dovremmo
smentire, denunciare l'accaduto e...
- Al diavolo! Non faremo niente del genere!
La mole massiccia di Lamberti s'interpose tra le due donne come un'eclissi improvvisa.
- Proprio niente.
- Carmine, noi...
L'uomo non si lasciò interrompere. - Te l'ho già detto, Rita. Non possiamo ammettere di
essere stati bucati, tantomeno in modo così clamoroso: tanto varrebbe chiudere su due piedi.
- E allora, cosa faremo?
- A parte licenziare in tronco la responsabile della sicurezza informatica, vuoi dire? - disse lui
con voce cattiva.
Un paio di colleghi volsero la testa e tacquero. Qualcuno annuì, scuro in viso. Rita compì
sforzi sovrumani per non cedere al pianto. Lara era certa che fosse la prospettiva del trucco
rovinato a darle la forza di trattenere le lacrime.
- Ragazzi, andiamo, perché dovete mortificarmi in questo modo? - piagnucolò - Sapete bene
che non ho colpe. Cambio le parole d'accesso ogni settimana, aggiorno costantemente gli
algoritmi di protezione, uso i software crittografici più recenti. Questa è la prima volta che un
hacker riesce a bucarmi.
- La prima e l'ultima, se dipendesse da me. - ringhiò Lamberti.
Rita sussultò nuovamente sotto la brutalità di quell'attacco. Lara ebbe un istante di rimorso
nei confronti della collega. Ma fu solo un attimo: sapeva che l'altra era in grado di difendersi, e che
aveva nella manica il miglior asso della partita.
2038: la rivolta Francesco Grasso
42
La donna, infatti, si riprese subito. Si erse al di sopra del suo bunker di rossetti e squadrò
acidamente Lamberti.
- Ma non dipende da te, ragazzo. - puntualizzò, gelida - E ora scusami. Il capo mi sta
aspettando.
Ignorando gli sguardi astiosi del collega, si diresse ancheggiando verso l'ufficio di Attilio, le
lunghe gambe rosee generosamente esposte tra la minigonna e i tacchi a spillo. Bussò e, senza
attendere risposta, entrò. Si chiuse la porta alle spalle.
Il suo profumo, una miscela riservata dal nome impronunciabile, che Rita le aveva spiegato
una volta estratto dalle ghiandole di un numero imprecisato di mammiferi tropicali, restò a lungo ad
aleggiare nell'aria condizionata dell'ufficio.
- Chissà che servizio dovrà fargli, per farsi perdonare. - borbottò Lamberti, forse dimentico
della vicinanza di Lara, forse volutamente ignorandola - Quella zoccola...
E si allontanò, di cattivo umore.
Lara, discretamente, girò di qualche grado il suo monitor verso la parete, di modo che
nessuno potesse vedere ciò che stava facendo. Poi digitò sulla tastiera la password di
amministratore del sistema, e attese.
Nulla di fatto. Com'era ovvio, Rita l'aveva cambiata.
Di sottecchi, la giovane aprì il terzo cassetto, frugò in una pila di appunti, estrasse la
fotocopia del catalogo di profumi che tempo prima aveva sottratto alla collega, lo sfogliò fino alla
pagina segnata.
Prese la matita, tracciò una croce sul nome del campione segnato con un circolo rosso, che
recitava Fraiqueure exotique, la password sino alla sera prima, lesse brevemente il nome
successivo.
Tendre Poison numero 6... Chiuse il catalogo, lo piegò accuratamente e lo ripose nel
cassetto. Poi tornò alla tastiera, digitò T-E-N-D-R-E-P-O-I-S-O-N-6 e attese. La schermata di
amministrazione si aprì docilmente.
Lara controllò che il suo lavoro della sera precedente non avesse lasciato tracce. Era così.
Soddisfatta, eliminò i log della connessione in corso e si scollegò velocemente.
Si rilassò sulla poltroncina. Scoprire quanto la stupidità umana fosse invincibile a volte
poteva essere di conforto.
Neppure dieci minuti dopo Attilio uscì di corsa dal suo ufficio. Lara udì i colleghi malignare
sottovoce sulla rapidità del servizio. Da parte sua, la donna cercò oziosamente macchie di rossetto
sul viso del caporedattore: sapeva che CyberMasque, la linea cosmetica usata da Rita, era
terribilmente difficile da smacchiare, sulla pelle come sui tessuti.
Non notò neppure un segno. Prova inconcludente, meditò: potevano essercene in parti del
corpo dell'uomo che lei non poteva vedere...
La camicia avana di Attilio, come si aspettava, dava tutto un nuovo significato al termine
"sudore"; la cravatta era in condizioni penose; i suoi capelli sembravano più che mai sbuffi di fumo.
Lamberti gli si fece subito incontro. Definirlo servizievole sarebbe stato pleonastico: Lara non
si sarebbe sorpresa di vederlo scodinzolare.
- Il direttore è furibondo. - sibilò Attilio.
- Sì, capo. - assentì l'altro.
- Il Prefetto gli sta addosso, capisci?
- Sì, capo.
- Anche i suoi capicorrente a Strasburgo vogliono spiegazioni... È un brutto momento.
- Strasburgo? - fece eco Lamberti.
- È tutto un gioco politico, capisci? La corrente di Jean Lecherche si sta battendo per un
controllo più stretto sui giornali locali. Non appena saprà di questa storia, lui...
Non terminò la frase. Non ce n'era bisogno. L'altro si appoggiò alla parete. Le cuciture del
vestito scricchiolarono in modo sinistro.
- Che cosa facciamo?
2038: la rivolta Francesco Grasso
43
Attilio vide una graffetta su un mobile, a portata della sua mano. D'istinto l'afferrò e cominciò
nervosamente a dipanarne il filo metallico.
- Il direttore mi ha dato un po' di tempo per pensarci...
- Quanto?
- Tra trenta minuti richiamerà. E vorrà la soluzione.
- Perché non confermiamo la nostra prima pagina? - disse amabilmente Lara.
Lamberti si voltò, la squadrò incredulo, come se fino a quel momento non l'avesse ritenuta in
grado di articolare parola.
- Un'intrusione informatica di tale livello testimonia mezzi, abilità e conoscenze. - proseguì la
giovane, in tono neutro - Questo Masaniello non è un mitomane qualunque. Forse è ciò che dice di
essere. Perché non dargli credito?
- Al diavolo! - sbottò Lamberti - Ma che stronzate stai dic...
- Secondo me stiamo prendendo questa storia per il verso sbagliato. - insistette lei, zittendolo
- Perché pensarla come un disastro? Forse è una magnifica opportunità. - la sua voce si caricò di
enfasi - Il Mattino è stato scelto come... come samizdat di questa rivolta prossima ventura. Un
contratto d'esclusiva ottenuto senza spendere un Euro: splendido affare, non credete?
Lamberti aprì la bocca con l'aria di chi sta per pronunciare un'oscenità. Ma Attilio lo
precedette.
- Un'interpretazione interessante... - ammise, colpito - E perché, secondo te, questo
sedicente rivoluzionario avrebbe scelto proprio noi come portavoce?
- Chi lo sa? - Lara si carezzò l'orecchino - Sarà rimasto compiaciuto degli ottimi articoli di
Carmine che lo riguardavano...
Stretto tra l'interesse dimostrato da Attilio e dalla lusinga nei suoi confronti, Lamberti capitolò.
Lara lo vide letteralmente sgonfiarsi come i palloni bucati del campetto del dopolavoro.
- Al diavolo, non è un'idea del tutto assurda, capo. - approvò alla fine - Potremmo dire...
vediamo... che abbiamo ricevuto il proclama da una fonte sicura cui abbiamo promesso
l'anonimato. Lasciamo che si pensi a un accordo segreto tra noi e questo Maraniello: andrà tutto a
nostro vantaggio.
- Masaniello. - corresse automaticamente Lara.
Attilio meditò qualche istante. Il filo della graffetta, tra le sue dita, si era mutato in un
ammasso informe di metallo.
- L'idea mi alletta, inutile negarlo. - mormorò - Però...
- Però cosa, capo?
- È rischioso, non lo capisci? Avremmo gli occhi di tutti addosso...
- Non è il sogno di qualunque giornalista? - replicò Lara con aria candida.
Attilio inarcò un sopracciglio. - Quali sono i dati dell'edizione mattutina? - chiese.
- Trentasettemila accessi nelle prime due ore, capo. - fu lesto a rispondere Lamberti.
- Duemila collegamenti in corso - fece eco un altro redattore, scrutando il terminale - In
crescita.
- Abbiamo più che triplicato la tiratura... - calcolò Attilio - Incredibile.
- La giornata è ancora all'inizio, capo.
Il caporedattore prese la sua decisione. Gettò nel cestino ciò che restava della graffetta e si
strinse il nodo della cravatta.
- D'accordo, Carmine. La nostra linea sarà confermare. Confermare tutto.
Alzò la voce, rivolgendosi all'intero ufficio - Da questo momento la posizione del giornale è
chiara: abbiamo pubblicato il proclama perché siamo certi che il suo autore sia lo stesso uomo che
ha guidato la rivolta di Bagnoli. Garantiamo col nostro nome l'autenticità. È ok per tutti?
La redazione annuì disciplinatamente. Attilio ne sembrò soddisfatto.
- Carmine, mi aspetto da te uno servizio coi fiocchi a commento del proclama. Valutazione
degli analisti politici, interviste, richiami storici e tutto il resto. Lo voglio sul mio terminale per... -
consultò l'orologio - ...per le dieci in punto. D'accordo?
2038: la rivolta Francesco Grasso
44
- Naturalmente, capo. - scattò il corpulento giornalista. Lara dubitò che avesse realmente
ascoltato quanto gli era stato chiesto.
Poi Attilio si volse verso di lei. Lara si vide riflessa nelle lenti dei suoi occhiali. Aveva davvero
quell'espressione sorniona? Fu lesta a cancellarla dal viso. Attilio non era Lamberti: poteva
detestarlo, ma non definirlo uno stupido.
- Lara, credo che potresti dare una mano a Carmine. - mormorò il caporedattore, in un tono
insolitamente gentile, che inquietò la donna - Credo che per te sia arrivato il momento di
rimboccarti le maniche.
- Non aspettavo altro. - disse lei, conciliante.
Lui indugiò a fissarla. Che sospettasse qualcosa, si chiese Lara? Doveva stare attenta. Era
una dilettante in quel gioco, e stava giostrando forse su troppi fronti.
- Ne ero certo. - concesse alla fine l'uomo, sorridendo lievemente - Buon lavoro.
- Altrettanto, capo. - leccò fino in fondo Lamberti.
Il grassone guardò la porta dell'ufficio di Attilio richiudersi, borbottò ancora qualcosa di
maligno a commento del prolungarsi dell'assenza di Rita, poi rimase a ciondolare, l'immenso
deretano puntellato contro il basso divisorio dell'open space. A Lara sembrò di poter scorgere sul
viso carnoso del collega i segni dei torpidi processi mentali in corso.
- Masaniello... Masaniello... - lo sentì meditare tra i denti - Eppure ho già sentito questo
nome...
- L'avevo sentito anch'io, Carmine. - suggerì gentilmente lei.
- Come dici?
- Semplice curiosità femminile - lo rassicurò con un sorriso docile.
- Uh...
- In effetti, la mia curiosità era tale che per soddisfarla ho dovuto compiere una ricerca sulla
Rete - sventolò tra le dita un disco ottico - Ho raccolto qui i risultati. C'è tutto.
Lui corrugò la fronte, come a farne defluire i pensieri. Lara ebbe un vigoroso attacco di deja
vù. Era realmente così stupido? Sì, lo era senza dubbio.
- Ho anche buttato giù qualche riga sull'argomento. - aggiunse, incoraggiante - Prendi: sono
certa che saprai adoperare questi appunti molto meglio di me.
- Uh... naturalmente. - bofonchiò Lamberti, afferrando d'istinto il dischetto con le dita
grassocce.
Poi sembrò ricordare qualcosa. La donna si stava giusto chiedendo a quale grado di
lentezza cerebrale potesse giungere un mammifero prima di perdere la funzione respiratoria.
- Uh... - balbettò - Cosa vuoi in cambio?
Lara sorrise. E glielo disse.
2038: la rivolta Francesco Grasso
45
7
Gli uomini sconfitti non dovrebbero parlare delle loro battaglie
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Moretti ne aveva abbastanza dell'ospedale. Le due lunghe operazioni con cui i chirurghi gli
avevano rimesso insieme, a mo' di mosaico, la gamba destra e la clavicola devastata lo avevano
prostrato. La microsonda che gli drenava quotidianamente il pus dai polmoni intossicati
dall'urticante era divenuta, nei suoi pensieri rancorosi, un aspide che gli mordeva le carni.
Ad abbatterlo definitivamente, ne era consapevole, era stata però l'astinenza forzata dalle
biostimoline, astinenza che si prolungava ormai da oltre una settimana. I sintomi della privazione
erano ogni giorno più forti, e l'agente scelto non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a
tollerarli. Si sentiva fiacco, svuotato di ogni forza, di ogni aggressività; il suo corpo gli appariva
vergognosamente fragile, inadeguato, orribilmente limitato in forza e resistenza al dolore. Non si
era mai sentito così debole, e odiava tale sensazione.
Ma, ancor di più del decadimento fisico, era la progressiva corruzione del suo raziocinio a
spaventarlo. Moretti avrebbe dato un braccio per provare di nuovo l'abbraccio obliante di
sicurezza, di verità assolute delle stimoline.
Priva della dose quotidiana, la sua mente una volta serena, al sicuro da ogni dubbio, si era
ritrovata vuota, indifesa, spaurita. Battaglioni di interrogativi inquietanti lo avevano vigliaccamente
assalito alle spalle; pattuglie di scrupoli lo avevano circondato, lui vagolante nella steppa nebbiosa
delle colpe, e lo avevano portato, somma di ogni orrore, a riflettere senza alcuna certezza definita.
Forse era stato ciò che aveva visto a Bagnoli a scatenare il processo. Non lo sapeva: di certo,
quando chiudeva gli occhi, rivedeva ancora quella scena da incubo, e dentro di sé gridava.
Solo e senza altra possibilità, aveva cominciato a interrogarsi. Idee balzane gli erano ronzate
in testa come convertiplani in picchiata. Punti di vista differenti, addirittura contrari a ciò che gli era
stato inculcato durante l'addestramento gli erano balenati agli occhi. Lui allora aveva trasalito,
cercando di ricacciarli indietro, ma non vi era riuscito del tutto... L'agente scelto teneva duro, ma si
sentiva sempre più teso, sempre più irritabile. Sapeva che, se qualcuno non lo avesse tirato fuori
in fretta da quella stanza silenziosa dipinta di bianco, ben presto sarebbe crollato.
- Signor Moretti?
- Sì?
- C'è una visita per lei.
L'agente scelto squadrò acidamente l'infermiera. Era una ragazza graziosa, vivace, dagli
occhi d'inchiostro e i movimenti aggraziati. Una bellezza tipicamente napoletana: mora, verace,
carnalmente sensuale. Moretti l'odiava.
- Non voglio visite. - sibilò - Voglio le mie razioni.
Lei scosse la testa con un sorriso dolce. - Ha sentito il dottore: niente stimolanti. - replicò,
con l'aria di scusarsi - Non finché è sotto drenaggio.
Lui non si lasciò convincere dall'apparente rammarico della ragazza. Puttanella sovversiva,
ringhiò in silenzio. Ne ho viste tante come te... Quando mi toglieranno i tiranti faremo i conti. Su
questo stesso letto.
- La sua visita, signore. - insistette l'infermiera, controllando con professionalità il display
degli strumenti di monitoraggio - Posso farla entrare?
- Chi è? - chiese lui, sgarbato.
- Una giornalista del Mattino.
- Che vada all'inferno!
- È autorizzata. - replicò la ragazza, picchiettando leggermente sul tubicino della flebo.
- Che diavolo vuole da me?
La ragazza scrollò graziosamente le spalle. - Intervistarla, credo. A proposito della battaglia
di Bagnoli, a quanto dice...
2038: la rivolta Francesco Grasso
46
Moretti cambiò espressione. Non gli piaceva parlare di quell'episodio; ma c'erano anche
delle domande, nel plotone di dubbi che lo tormentava, di cui in un modo o nell'altro voleva la
risposta.
- Va bene. - sbottò - Falla entrare. E poi sparisci.
- Fino all'ora dell'iniezione. - concesse la ragazza, imperturbabile.
- All'inferno!
Moretti tentò di mettersi a sedere sul letto, ma rinunciò dopo aver conquistato a stento una
dozzina di centimetri. Imprecò silenziosamente. Poi si scosse. La giornalista era di fronte a lui.
- Buongiorno. - esordì la donna - Come si sente?
- Signora... - Moretti lesse il nome sul NOS appuntato sulla camicetta di Lara - ...Lamberti?
- Mi chiami Lara. - fu pronta a replicare lei, sorridendo pudicamente, grata che il lettore di
chip identificativi del Cardarelli fosse eternamente fuori uso.
- Signora Lara. - ripeté Moretti, torvo. - Ho staffe d'accrescimento imbullonate nelle ossa, il
mio ginocchio è sotto vetro al reparto Patologia, e mi hanno infilato su per il naso un tubo largo
come la Monorotaia per Procida. Come crede che mi senta?
- Non saprei... - ammise la donna, azzardando un'aria svanita - Magnificamente?
Stupida oca, pensò Moretti. Poi la guardò attentamente. Il risultato dell'ispezione parve
deluderlo. Magra da far paura, chiacchierona e senza dubbio vergine, considerò. Ma certo: a chi
verrebbe mai in mente di farsi un chiodo del genere? Sembrerebbe di scoparsi un'antenna Yagi.
- Permette qualche domanda?
- No. - replicò seccamente Moretti.
Lara lo ignorò tranquillamente. - Lei fa parte della Sezione Speciale Interni delle Forze
Armate Europee, agente? - chiese, accomodandosi garbatamente sulla sedia che affiancava il
bilanciere per la trazione.
- No, dei boy scout. - bofonchiò lui.
- Davvero? - fece lei, candidamente - Credevo che fossero stati disciolti.
- Non ancora. - ghignò lui - Prima aboliremo l'Ordine dei Giornalisti.
D'un tratto, Moretti decise di averne abbastanza di quella schermaglia: nelle dispute
meramente verbali non si era mai divertito troppo.
- Guardi. - disse, agitando il piede sinistro, nudo, sino a farlo sporgere grottescamente oltre
l'orlo affilato del lenzuolo usa-e-getta.
Lara, incuriosita, obbedì.
Sull'esterno del piede, all'altezza della caviglia, un piccolo tatuaggio contornava il
rigonfiamento dell'articolazione. La donna socchiuse gli occhi, distinguendo sorpresa il cerchio di
stelle dell'Unione Europea, seguito da un simbolo che non conosceva, d'aspetto vagamente
orientale, e da una lunga sequenza di linee parallele di vario spessore.
- Lì c'è il mio curriculum. - disse Moretti, in tono ancora sgarbato - Grado, matricola, gruppo
sanguigno, allergie, addestramento specifico...
- Capisco. - considerò lei, colpita - In effetti, credo che i boy scout non abbiano nulla del
genere...
- No davvero. - confermò lui, con cattiveria - È un'esclusiva della Sezione.
Lara assunse un'espressione innocente. - Mi spiace, non sono capace di leggere i codici a
barre. - confessò, attenta a dosare il sarcasmo - Le dispiace dirmi semplicemente il suo nome?
- Jacques Xavier Moretti. - disse lui, asciutto - Nato a Nizza il ventinove gennaio 2009.
Qualifica agente scelto. Gruppo sanguigno AB, Rh positivo.
- Molto gentile. - ringraziò placidamente Lara.
Moretti si agitò indispettito, per quanto gli consentivano i tiranti cui era appeso. - Durerà
ancora molto, quest'intervista?
- Solo poche domande. - assicurò la donna, carezzandosi l'orecchino.
- Sarà meglio.
2038: la rivolta Francesco Grasso
47
Lara decise di venire al punto. - Mi dica... Come mai la SSI presidiava la manifestazione di
Bagnoli?
- Che significa?
- Non era un compito più adatto alla Polizia locale?
Lui scosse la testa. - Sospettavamo la presenza di sovversivi. E avevamo ragione...
All'improvviso, l'uomo sembrò irrigidirsi - Comunque, di chi fosse la competenza non è un
mio problema: la Sezione Speciale interviene dove le viene ordinato.
- Capisco. - Lara si sporse in avanti sulla sedia, puntellando i gomiti sulle cosce. La sua voce
si fece tesa, allusiva.
- E chi dà ordini alla Sezione Speciale, agente?
Lui batté gli occhi di un verde sciropposo, indignato. Quella giornalistucola stava
esagerando: in altre circostanze avrebbe troncato su due piedi l'intervista, l'avrebbe addirittura
minacciata di arresto...
Ma, con sorpresa, in quel frangente scoprì di non esserne in grado. In quel momento,
appeso al gancio come un quarto di bue, prostrato fisicamente e intellettualmente, Moretti realizzò
che la domanda della donna era più che valida. Egli stesso, ammise a se stesso, non era più certo
di conoscerne la risposta.
Nel constatarlo restò di sasso. Cosa gli stava accadendo, in quella sordida prigione
silenziosa, così lontana dai paradisi ovattati della stimolina?
- Non capisco. - mormorò, in un registro incerto.
Lara intuì di aver toccato un nervo scoperto. Valeva la pena, si chiese, di colpire più a fondo?
Senza dubbio, si disse. Ormai si era esposta, usurpando un NOS che non le spettava, mentendo,
mascherando la sua indagine personale per un'inchiesta del giornale. Tanto valeva insistere: non
avrebbe avuto mai più un'occasione altrettanto favorevole.
- Gli alti ufficiali della Sezione Speciale rispondono direttamente alla Commissione Europea,
non è così?
Moretti la guardò inespressivo. - E lei che ne sa?
- Be', ricordo che all'epoca si parlò di una sorta di FBI europeo... Mi è sfuggito qualcosa?
- L'FBI risponde al Congresso americano? O al Gabinetto di Stato? Da quando? - Lui provò
a scrollare le spalle. Dovette rinunciarvi. - Comunque, il paragone non regge. Non più, dopo gli
accordi di Parigi.
- Parla delle privatizzazioni?
Moretti annuì. - Lo snellimento delle strutture statali. - precisò, usando il termine udito
all'Accademia.
- Riformulerò la domanda, allora... - Lara si sfiorò l'orecchino - Chi detiene il pacchetto di
maggioranza della SSI?
- EuroBank possiede una golden share. Non è un segreto. - commentò Moretti, asciutto.
- Davvero?
- Per essere una giornalista mi sembra piuttosto ignorante. - disse lui, bruscamente - Per
quale quotidiano ha detto di lavorare?
La breccia stava per chiudersi, Lara se ne rese conto con disappunto. Si diede mentalmente
della stupida.
Calma, si disse: è vulnerabile, ma devi lavorartelo con attenzione.
- Se ho capito bene, agente... - insistette, scandendo bene le parole - La Sezione Speciale
prende ordini da EuroBank. Dunque il vostro non è un corpo di Pubblica Sicurezza, ma il braccio
armato del potere finanziario.
- Che stronzat...
Moretti non riuscì a terminare la frase. D'un tratto, gli era tornato alla mente il grintoso
manager di Francoforte che aveva apposto la propria firma elettronica sul contratto con cui egli era
stato arruolato. Rivide i consulenti in blazer blu e cravatta in tessuto clonato che, come ombre
2038: la rivolta Francesco Grasso
48
silenziose, assistevano puntualmente a tutte le azioni della Sezione, digitando in eterno misteriosi
appunti sui loro datapad bruniti.
Aveva sempre pensato a quelle presenze oscure come rientranti nell'ordine naturale delle
cose... Ma in quel momento, nella crudele lucidità donatagli dall'astinenza, ebbe una sensazione
inquietante, come se ci fosse qualcosa di mostruoso nascosto al limite della sua visuale, qualcosa
di enorme, di cruciale. Non riusciva in nessun modo a metterlo a fuoco, ma sapeva che era
terribilmente importante. E più se ne convinceva, più esso gli sfuggiva.
- Credevo che volesse chiedermi di Bagnoli, non discutere di politica europea. - protestò
debolmente, sentendo la conversazione sfuggirgli tra le dita.
- Ha ragione, agente. - concesse Lara, avvertendo la lenza che si tendeva - Allora mi dica:
perché EuroBank spreca il suo esercito privato in questioni di ordine pubblico?
- Perché no? - replicò l'uomo, a disagio - Non le sembra un compito importante?
- Riesco a pensare almeno a dieci impieghi più degni e adeguati al vostro Corpo... E non
sono che una giornalista ignorante. - aggiunse, schernendosi.
- Me ne dica uno.
- La lotta ai mercanti di droga, ad esempio. - esclamò - Perché la SSI non si occupa del
traffico di exitrazina?
- Exitrazina? - ripeté lui, gelido.
- Sale Lucente, orbitale... Come preferisce. Un giro illegale di milioni di Euro. Perché la SSI
non interviene?
Sul viso dell'agente, di nuovo, un'espressione ostile. - Sinceramente, signora, non sono
informato sull'argomento.
- Vuol farmi credere che non ha mai sentito parlare dell'exitrazina? - esclamò la donna, ben
decisa a non mollare la presa.
- Non voglio farle credere proprio niente. È stata lei a venire da me.
- Ma se...
- Mi spiace disturbare. - tossicchiò l'infermiera, comparsa all'improvviso sulla soglia della
stanza - È l'ora del trattamento.
- Oh! - sussultò Lara - Lei è molto silenziosa.
- Non abbastanza. - commentò acidamente l'agente scelto.
L'infermiera scambiò uno sguardo d'intesa con la giornalista.
- Io e il signor Moretti ci intendiamo magnificamente. Tra un po' mi chiederà di sposarlo.
L'uomo le scoccò un'occhiata velenosa. - Forza con questa iniezione, crocerossina del
cazzo. Non voglio morirci, in questo maledetto ospedale.
- Devo uscire? - chiese Lara.
- Cos'è, non ha mai visto le chiappe di un uomo, signora cronista? - ghignò Moretti.
Lara non riuscì a sorridere: l'uomo sembrava essersi ripreso. Peccato: poco prima le era
parso sul punto di crollare.
- Penso che rinuncerò a vedere le sue, agente. - ribatté, lasciando la porta accostata e
uscendo nel corridoio.
Per ingannare l'attesa, diede un'occhiata intorno. Il reparto in cui si trovava, come Rita le
aveva confidato, era stato riservato ai feriti di Bagnoli. Si trattava quasi esclusivamente di poliziotti,
circostanza che in fin dei conti non la stupiva: dopo quanto era successo, pensò, nessun
dimostrante, a meno che non fosse stato disperato, si sarebbe presentato spontaneamente in
ospedale.
Provava un leggero nervosismo. Si era diretta verso la stanza di Moretti non per scelta, ma
perché era sembrata la meno rischiosa. Intorno alle altre, infatti, stazionavano pattuglie di uomini
in uniforme. Alcuni erano senza dubbio sotto osservazione clinica; altri sembravano in visita di
cortesia; altri ancora, dall'espressione stolida e con le armi pendenti al loro fianco, erano impegnati
in un granitico quanto minaccioso piantonamento.
2038: la rivolta Francesco Grasso
49
Lara tentò di ignorarli. Oziosamente, notò come il reparto si trovasse in condizioni di gran
lunga migliori dello standard disastroso in cui versava il Cardarelli. Le piste magnetiche che
guidavano le lettighe automatiche alle sale operatorie non presentavano il minimo segno di
ruggine, i POI agli angoli del corridoio erano perfettamente funzionanti, il personale parametrico
era sorprendentemente pulito e cortese, le sale d'attesa e l'astanteria erano in ordine, l'aria sapeva
di disinfettante. I vetri insonorizzati, lindi e accuratamente chiusi, ricacciavano indietro l'eterno
frastuono dei questuanti e le geremiadi degli ex-mutuati in lista d'attesa che bivaccavano prostrati
nel cortile esterno.
Un crocchio di figure in piedi, accanto agli ascensori, attirò l'attenzione di Lara. Parlottavano
tra loro con fare misterioso, e ogni tanto si arrestavano con lo sguardo perso nel vuoto, come se
ascoltassero la voce di qualcuno che lei non poteva vedere.
Erano in tre. Uno indossava la divisa della Sezione Speciale, grigio cenere e giallo nicotina;
portava sulle spalline dei gradi che lei non sapeva interpretare, e dissertava a spezzoni,
pesantemente, lasciando cadere le sillabe come cadaveri.
Il secondo sembrava un medico: non aveva il camice, ma dava ugualmente l'impressione di
un chirurgo, forse per l'aria disinvolta con cui sembrava dominare la scena, forse per i riflessi di
sangue che si scorgevano nelle sue pupille. Aveva il volto affilato, i capelli bianchi, e parlava
descrivendo con le dita ampi gesti nell'aria asettica, come un direttore d'orchestra nel pieno di
un'esibizione.
Ma era soprattutto il terzo uomo ad attrarre lo sguardo di Lara: era alto, portava un completo
antracite di cui anche a distanza si indovinava la buona fattura. I suoi capelli, biondi, erano tagliati
a spazzola; le sopracciglia erano sottili, chiarissime, al pari della peluria che gli copriva il dorso
delle mani. La sua pelle era rosea, di un candore quasi infantile. Portava dei minuscoli occhiali a
specchio, e taceva. Più che ascoltare, sembrava assorbire a livello epidermico quanto gli altri
andavano esponendo.
Lara non sapeva cosa fosse ad attrarla in lui. Forse la gravità del suo viso perfetto, forse il
senso di potere che emanava dalla sua persona. Quando lui voltò la testa e la fissò, lei sussultò, e
d'istinto fece un passo indietro.
- Stia attenta. - l'ammonì l'infermiera, in quel momento comparsa sulla soglia della stanza di
Moretti.
Lara riprese l'equilibrio. Aveva rischiato di investire una lettiga automatica che, silenziosa
come un agguato, era uscita da una delle porte che davano sul corridoio, e adesso era immobile,
in sospensione giroscopica, in attesa che i suoi sensori le segnalassero il via libera.
- Mi spiace. - si scusò la giornalista - Stavo per caderci sopra.
- Non le sarebbe piaciuto. - commentò la ragazza, seria in viso.
- Perché... oh!
Lara, d'improvviso, realizzò cosa la lettiga trasportasse, e impallidì. Il lenzuolo era spesso,
scuro, ma al di là della stoffa s'intravedeva ugualmente la sagoma del corpo.
L'infermiera picchiettò sui comandi della lettiga. - Questi chindogu costano migliaia di Euro e
si impuntano come muli... Ecco qui. Patologia Legale. - digitò - Forza, bella: cammina!
- Chi era? - chiese Lara, spostando a disagio il peso da un piede all'altro. Non sapeva cosa
fare delle mani, e d'istinto le portò entrambe a sfiorare gli orecchini.
- Lui? - rispose l'infermiera, indicando il cadavere - L'occupante della 302. Linea piatta un
paio d'ore fa... Poveraccio: sentivo che non ce l'avrebbe fatta.
- Cosa aveva?
- Ustioni sul settanta per cento del corpo. Polmoni andati. Fratture multiple. Blocco renale. I
dottori l'avevano intubato e gli avevano sparato in corpo decine di nanomed, ma...
- Un incidente? - l'interruppe Lara, deglutendo.
- Incendio. Scontro a fuoco, la notte scorsa. L'avrà sicuramente sentito... - la ragazza sorrise,
imbarazzata - Sono proprio una stupida! Lei è una giornalista del Mattino, no? Saprà certo meglio
di me quel che è successo a Sant'Anastasia...
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Lara impallidì ancor di più, pentendosi di aver posto la domanda.
- Non aveva documenti addosso. - disse ancora la giovane infermiera - Non sappiamo
neppure che nome digitare sul registro dell'obitorio... Solo e sconosciuto. È veramente terribile
andarsene così, non trova? Sarà stato anche un camorrista, ma nessuno merita una morte tanto
brutta.
- Conosce un modo bello per andarsene? - mormorò Lara, seria.
- Ne ho visti di migliori. - ribatté la ragazza.
Poi sorrise. - Ecco: finalmente funziona.
La lettiga vibrò, cigolò, e con qualche sforzo riprese la sua corsa ferale. L'improvviso
spostarsi del baricentro fece scivolare via di qualche centimetro il lenzuolo, rivelando come in un
macabro scherzo il lembo di un piede.
- Non deve concludere l'intervista? - suggerì l'infermiera, in tono ingenuamente malizioso - Il
signor Moretti adesso è tutto per lei.
Lara non l'ascoltava. Continuava a fissare, sconvolta e affascinata, quel penoso frammento
di essere umano comparso oltre il lenzuolo...
E all'improvviso spalancò gli occhi, le mancò il respiro, si sentì venir meno. Quando le
orecchie cominciarono a ronzarle, dovette sorreggersi alla parete, e temette veramente di perdere
i sensi.
Dal calcagno in su, la pelle del cadavere non esisteva più, e la carne aveva il colore delle
caldarroste che lei da bambina vedeva rosolare al fuoco nelle bancarelle di piazza Dante. Ma,
sotto la caviglia, la scarpa doveva in qualche modo aver protetto l'epidermide. Laggiù essa si
presentava annerita, orribilmente gonfia, lacerata...
Ma il tatuaggio era ancora visibile. Piccole stelle superstiti di un cerchio europeo morso dal
fuoco, quel simbolo così simile a un ideogramma cinese, e poi le linee scure ormai illeggibili del
codice a barre, come pezzi del domino in fila sulla pelle di cenere.
- Si sente bene? - mormorò l'infermiera.
Lara, sotto lo sguardo attonito della ragazza, corse giù per le scale, a perdifiato, con la realtà
che le crollava a pezzi intorno.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Se "Lazzaro di Masaniello" fosse un titolo nobiliare, il primo uomo cui assegnerei
il diritto di fregiarsene sarebbe senza dubbio Anselmo.
Il vecchio Anselmo... Non ho mai saputo il suo cognome. Forse neanche lui lo
ricordava più. Dalla prima volta che lo incontrai, e poi per tutti i mesi che vissi con
il folle, grottesco, a suo modo eroico esercito di Masaniello, lo udii chiamare solo
"Anselmo", "vecchio", al massimo "compagno".
No, non mi rivelò mai il suo cognome. Ma mi narrò la storia della sua vita, senza
pudori e senza reticenze. E io ascoltai, affascinata e attenta. Ascoltai, colma di quel
desiderio osceno, come lo definiva Hemingway, di conoscere i segreti e i conflitti
della gente per farne poi letteratura.
Anselmo, quando lo conobbi, aveva quasi il doppio degli anni del nuovo secolo. Era
nato a Gragnano, un paesino sospeso tra l'ardesia dei monti Sorrentini e il cobalto
acceso del golfo.
Non aveva avuto un'infanzia felice. Il padre, Giuseppe, non riusciva a ottenere un
lavoro stabile: come si diceva (e si dice tuttora) da quelle parti, "si arrangiava",
tentando di sbarcare il lunario con mille attività, poche delle quali pulite.
Mentre il piccolo Anselmo cresceva, lui si dedicava a entrare e uscire dal
carcere, riservando i suoi sempre più caduchi periodi di libertà al precipuo compito di
donare nuovi fratelli e sorelle al primogenito.
2038: la rivolta Francesco Grasso
51
Nonostante i lati spiacevoli dell'esistenza, la famiglia s'ingrandiva e tirava
avanti. I veri guai iniziarono quando Giuseppe partì per la Germania inseguendo, come
lasciò scritto ai familiari, "la Grande Occasione".
Fu arrestato quasi subito, e questa volta gli vennero affibbiati dieci anni, da
scontare senza possibilità di appello nel penitenziario di Dortmund.
Le redini della famiglia passarono nelle mani della madre. Era una donna ancora
giovane e, malgrado le numerose gravidanze, piacente. Non impiegò molto a trovare
qualcuno che le risparmiasse la solitudine. Il suo errore fu quello di non usare il
dovuto riserbo: la notizia della tresca raggiunse in qualche modo i parenti del marito
e venne accolta (secondo il costume tradizionale) come un insulto mortale.
Anselmo non conobbe mai i dettagli della tragedia. Qualche anno dopo seppe di un
viaggio di alcuni zii paterni a Dortmund, di un acceso colloquio nel parlatorio del
carcere, di una spietata "autorizzazione a riscuotere il credito d'onore", come si
diceva a quei tempi e in quegli ambienti dove nulla veniva preso alla leggera.
Due settimane dopo, sua madre fu uccisa in modo particolarmente efferato. Suo
padre ne seguì il destino qualche mese più tardi, accoltellato durante una rissa tra
detenuti. Anselmo e i suoi numerosi fratelli passarono sotto l'ala protettrice dello
zio Gennaro, un lontano parente, schedato dalla Polizia come potente membro della cosca
Pascarella.
Anselmo aveva quattordici anni, e trascorse i successivi venti lavorando per
l'impresa dello zio. Fu un periodo intenso, produttivo, durante il quale Anselmo ebbe
l'opportunità di formarsi un curriculum professionale di tutto rispetto. Acquisì le
conoscenze di un perfetto contabile (applicandole con successo al ramo usura), di un
fiscalista (specializzandosi nelle attività di taglieggiamento a esercizi commerciali),
e di esperto di vigilanza (operando proficuamente in mansioni di guardia del corpo).
Nella sua formazione non venne trascurata ovviamente l'attività sportiva (Anselmo
lavorò quasi due anni nel giro del totonero), né gli venne negato lo sviluppo di una
naturale propensione artistica (per un anno fu apprendista del più noto falsario di
Ponticelli).
Ebbe anche l'occasione di viaggiare e di conoscere il mondo: visse quattro mesi in
Kosovo con l'incarico di organizzare il traffico di armi, due mesi in Turchia a curare
le public relations con i traghettatori clandestini, sei settimane a Bucarest nelle
vesti di uomo di fiducia di sedicenti finanzieri occidentali interessati agli
investimenti nei paesi dell'ex blocco comunista.
Al termine dei vent'anni decise di mettersi in proprio, pur restando nell'orbita
della cosca che lo aveva tirato su con tanto affetto.
Si sposò, ebbe una figlia, si trasferì a Castellammare, pochi chilometri a sud di
Napoli, ove si dedicò a curare le attività in espansione dei benevolenti Pascarella...
Ad ascoltarlo, sembra che Anselmo narri la sua vita come in un blues: a volte egli
scivola su altri accordi, variazioni di melodia, di ritmo, di malinconia, ma prima o
poi torna, sulle corde della memoria, all'accordo iniziale, quello che racconta la
storia.
E il suo accordo ha il suono della tragedia.
Tra il novembre 2015 e il febbraio 2016 una catena di scontri a fuoco si abbatté
sull'area vesuviana. Castellammare fu il campo di battaglia più violento.
Muovendosi con grande diplomazia, i capi di Anselmo stipularono con le cosche
"storiche" del napoletano un accordo di difesa comune contro i nuovi arrivati. Ma
neppure questa "grande alleanza" riuscì a cambiare il corso della guerra. Una guerra,
come Anselmo capì presto, in cui anche gli avversari avevano trovato potenti
confederati...
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Grandi retate di Polizia decimarono i ranghi dei Pascarella e delle cosche amiche,
blocchi stradali e perquisizioni sconvolsero i piani di difesa, soffiate e delazioni
favorirono in ogni modo l'ascesa dei nuovi signori della camorra.
Il 3 febbraio 2016 Anselmo venne arrestato con due compagni senza alcuna accusa
specifica, e interrogato brutalmente per tutta la notte in una caserma di Torre del
Greco.
All'alba, quando venne rilasciato, scoprì che il rifugio segreto che lui e i suoi
compagni avevano avuto l'incarico di proteggere era stato distrutto dall'esplosione di
un ordigno bellico ad alto potenziale.
Non era stato lui a rivelare la posizione del covo, ma in quell'istante desiderò
di averlo fatto. I suoi compagni, in quel caso, l'avrebbero ucciso. E lui, in quel
momento, desiderava solo la morte...
Nel rifugio ridotto a un cratere fumante, la sera prima, egli aveva condotto la
moglie e la figlia.
2038: la rivolta Francesco Grasso
53
8
'a camorra, l'eroina, 'o guverno, 'a polizia
a Napule fanno na consultaria
che ce tiene tutte quante 'mmano c''a forza 'e l'arroganza
pecciò arape l'uocchie invece 'e sta ca mmane 'ncopp'a panza
99 Posse
Lara aveva sempre visto l'ingresso de Il Mattino come un lascito immeritato di tempi ormai
lontani. Quell'atrio spazioso, elegante, così pretenzioso nelle sue pareti a specchio e nei suoi
marmi color salmone, poteva essere stato adeguato quando il Mattino era un'istituzione cittadina e
dava lavoro a un centinaio di giornalisti. Adesso, con la redazione ridotta a un pugno di persone e
la reputazione del giornale sotto assedio da parte delle reti informative semi-professionali, quella
hall era platealmente sovradimensionata, e si ammantava di un'ironia architettonica che non
mancava mai di farla sorridere, quando lei ne varcava la soglia.
E poi, gli ascensori. Erano quattro, disposti a coppie, l'una di fronte all'altra, come in un
grande albergo.
Le prime volte che li aveva veduti, Lara aveva pensato di trovarvi anche un Lift in livrea rossa
con gli alamari e i bottoni d'oro, come all'hotel Europa sul lungomare Caracciolo, e si era chiesto
se avrebbe dovuto lasciare una mancia per essere accompagnata in ufficio, ogni mattina.
Sembravano trascorsi secoli... Da tempo due degli ascensori, definitivamente spenti,
giacevano aperti a pianterreno, come gabbie di acciaio che avessero lasciato fuggire i loro ostaggi.
Dei due rimanenti, uno era quasi sempre guasto, visto che la direzione del Mattino aveva deciso di
tagliare le spese di manutenzione dello stabile. L'ultimo era in funzione, e la sua lucetta rossa
ammiccava frenetica quando Lara, ancora scossa da quanto aveva scoperto al Cardarelli, entrò
nell'atrio del giornale.
La donna si fermò davanti alle porte metalliche cercando di calmarsi. Inspirò ed espirò
profondamente. A livello razionale, non capiva perché fosse così inquieta. Potevano esserci mille
spiegazioni plausibili per ciò che aveva veduto, e non faceva che ripeterselo.
Pure, il senso di panico l'assediava. Che intrigo si nascondeva dietro quel cadavere senza
nome? Lara scosse la testa. Le sue erano solo sensazioni, ma presagivano il disastro.
I numeri del piano lampeggiavano vivaci sul display incassato nella parete tinta d'intonaco
color seppia. Quattro, tre, due... lucciole di fiamma imprigionate in trappole di vetro danzavano al
ritmo di sinfonie algebriche.
Le porte dell'ascensore si aprirono. Lara, assorta, arretrò istintivamente per farne uscire gli
occupanti. Fondi di bottiglia e sbuffi di fumo, cenere e nicotina... La donna alzò gli occhi.
- Che succede, capo? - chiese, allarmata.
- Tutto bene, Lara. - la tranquillizzò Attilio, sorridendo all'indirizzo dei due agenti in divisa
della Sezione Speciale che lo scortavano.
- Che succede? - ripeté lei.
- Sono stato invitato a presentarmi alla centrale di Capodimonte...
- La sede della Sezione Speciale?
- Una semplice formalità, ne sono sicuro.
Lei deglutì. - Ma... perché?
L'uomo scrollò le spalle. - Non so, Lara, sembra che la nostra prima pagina di oggi li abbia
interessati...
- Oh!
Attilio sorrise ancora, ma solo con le labbra. - Se stai salendo in redazione, troverai il dottor...
- chiese conferma ai due agenti, che lo guardarono inespressivi - Sarrese, vero?
Nessuna risposta. Attilio sembrava calmo, ma Lara colse il tremito sulle sue labbra.
- È un investigatore della Sezione, e sta raccogliendo i dati personali di tutti i cronisti. Mi
raccomando di offrigli la massima collaborazione. È importante che... ops!
2038: la rivolta Francesco Grasso
54
La cartelletta, sfuggitagli di mano, era caduta sul pavimento incerato, spargendo fogli
plastificati e documenti, come petali morti, intorno alle scarpe dal tacco basso di Lara. La donna,
d'istinto, si chinò per aiutarlo a raccoglierli. Attilio fece lo stesso.
Quando la sua bocca fu accanto all'orecchio di lei, egli sussurrò velocemente qualche
parola.
- Scappa, Lara!
Lei tentò di aprire bocca, ma lui non le lasciò il tempo.
- Vattene in fretta. Non tornare. Scopri cosa c'è dietro questa fogna.
Si rialzò, le mani piene di carte e il viso scuro dietro il falso sorriso. I due uomini in divisa gli
si affiancarono.
- Dobbiamo andare. - bofonchiarono all'unisono.
- Naturalmente. - concesse lui, docile.
- Capo, io...
- A presto, Lara. - tagliò corto Attilio.
La donna rimase immobile, costernata, mentre il trio si incamminava verso l'uscita, gli agenti
ai lati, Attilio al centro, leggermente in difficoltà nel sostenere il passo marziale degli altri due.
Fu solo quando vide la pistola far capolino dalla fondina ascellare di uno degli uomini in
divisa che la giovane cedette al panico.
Le pareti a specchio sembrarono vorticarle intorno, mentre il cuore le tuonava in petto. Se la
scoperta dell'ospedale era stata un presagio di tragedia, questo era un incubo. Le vennero in
mente racconti sussurrati a mezza voce da informatori con le mani tremanti e le pupille dilatate;
ripensò a voci popolari, a leggende metropolitane cui lei non aveva mai dato credito...
No, si disse, non poteva essere. Tutto questo non poteva accadere davvero. Non a lei.
Fuggire. Andare lontano. Nascondersi. Tutto il suo essere gridava un unico imperativo. Ma
Lara non poteva obbedirgli. Doveva aspettare, immobile, che il terzetto di uomini compisse
quell'interminabile percorso di pochi metri che lo separava dal portone, e finalmente svanisse,
concedendole la fuga.
Combattendo le ondate di svenimento, la donna si costrinse a restare imperturbabile, a
fissare immobile il trio che si allontanava...
I secondi gocciolavano crudeli. Batté le palpebre. Uno, due passi, un altro ancora.
Frammenti di un tempo orrendamente dilatato, fotogrammi di vecchi filmati di repertorio, immagini
di astronauti vaganti sul suolo lunare...
Il primo agente giunse sulla soglia. Il suo corpo massiccio fece scattare la fotocellula. Il
portone si aprì. Attilio uscì nel sole. Lara si concesse un respiro. Forse...
- Non stava salendo?
La donna sobbalzò. Il secondo agente la fissava con aria sospettosa, e Lara capì che stava
seriamente prendendo in considerazione l'idea di tornare sui suoi passi.
- Io...
- Qualcosa non va? - chiese ancora l'uomo, inesorabile. Attilio, alle sue spalle, le lanciò
un'implorazione muta dietro il sorriso da clown sfinito.
- Nulla, agente. - si costrinse a rispondere.
Poi entrò nell'ascensore e premette il pulsante dell'ultimo piano. Le porte si chiusero con
lentezza esasperante, e Lara sentì per tutto il tempo lo sguardo inquisitore dell'uomo in divisa che
le frugava dentro.
Finalmente la scatola di metallo si mosse, portandola lontano e, pregò silenziosamente Lara,
al sicuro. E lei si avvolse addosso quell'acciaio come una corazza contro gli artigli del panico,
finché la belva non parve quietarsi, smettere di ringhiare, e rinunciare esausta a ghermirla.
La donna respirò a fondo, riordinando i pensieri.
Calmati! si impose. Non devi far altro che tornar giù e uscire in strada. Nessuno ti sta
aspettando.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Il ping! dell'ascensore l'informò che era giunta a fine corsa. Lara premette velocemente il
pulsante del pianterreno e portò le dita, perché smettessero di tremarle, agli orecchini. Ma,
all'ultimo istante, qualcuno impedì che la porta si chiudesse.
- Va giù? - interloquì una voce decisa, scandendo le sillabe, in tono da constatazione più che
da domanda.
- Io...
- Scendiamo con lei, se non le dispiace.
Lara arretrò verso la parete dell'ascensore, mentre i nuovi arrivati invadevano a passi risoluti
quel piccolo ambiente.
La prima a entrare fu una donna. Robusta. Alta: una vera gigantessa. Zigomi pronunciati e
mento volitivo... Cenere e nicotina. Con un sussulto, Lara capì che si trattava ancora di un'agente
della Sezione Speciale. La fronte le si imperlò di sudore.
Ma il colpo peggiore fu l'apparizione del secondo arrivato. Capelli biondi a spazzola, pelle
rosea e perfetta, occhiali a specchio: l'uomo dell'ospedale. Quando lui la fissò, Lara sentì il sangue
arrestarsi nelle vene.
- Signore? - mormorò la gigantessa, in tono servile.
- Sì? - replicò l'uomo dagli occhiali a specchio.
- Vuole che le chiami l'elicottero?
- No.
- Desidera la sua macchina, allora? Posso ordinare che...
- Va bene, Cerruti. - approvò lui, condiscendente, ma con una traccia d'irritazione appena
avvertibile nella sua voce.
La gigantessa avvicinò il sat-com alle labbra e prese a parlottare nel microfono. Lara si
addossò alla parete, in preda al panico. La paura era un insetto dalle lunghe zampe che le risaliva
delicatamente la spina dorsale.
I numeri del piano diminuivano sul display a un ritmo orribilmente lento, quasi ipnotico, e lei
si ritrovò a pregare che scattassero più in fretta, a fissare il quadrante luminoso mormorando un
mantra, quasi che l'intensità del suo desiderio potesse accelerare il tempo e donarle la salvezza.
Tre. Resisti Lara. Due. Ancora solo un paio di piani, ce la puoi fare. Uno. Ormai ci siamo.
Non può più succedere niente. Non può più succedere nie...
- Non ci siamo già visti? - disse l'uomo, gelido.
Il mondo dell'ascensore sembrava avvolto in una nebbia acida, e la paura entrava a ondate
nelle narici della giovane, inumidendole finanche la pelle delle braccia.
- Non... non credo. - balbettò lei.
- È sicura? - infierì lui.
- Sì. - ribatté debolmente Lara.
L'uomo scosse la testa, non muovendo neppure un muscolo facciale più del dovuto: Lara
pensò che aveva l'emotività di un manichino.
- Io non dimentico mai un viso... - insistette - Lavora al giornale?
- No. - replicò la giovane, in un registro meno fermo di quanto avrebbe voluto.
- Davvero? E cosa fa qui?
- Sono un'agente pubblicitaria. - azzardò Lara - Il mio ufficio è all'ottavo piano.
- Un'agenzia pubblicitaria? Qui? - l'uomo corrugò le sopracciglia bionde e sottili, spezzando
la simmetria esemplare della fronte spaziosa, dalla pelle rosea priva di qualsiasi imperfezione. -
Alla sede del Mattino?
- Il giornale non è proprietario dello stabile. - annaspò la giovane, prossima alla disperazione.
- No?
- Ci sono almeno altre sei imprese che affittano i locali. - spiegò Lara.
- Capisco... - considerò lui, con un sorriso gentile e spietato - Capisco tutto.
Le porte, finalmente, si aprirono. Timido sollievo, solo una speranza, ancora troppo gracile
per competere con l'angoscia.
2038: la rivolta Francesco Grasso
56
Lara guardò attraverso lo spiraglio che si allargava poco a poco nel metallo, ma riuscì a
vedere solo il portone aperto, luminoso come un faro nella nebbia del panico, e il lago di asfalto
della piazza, dove avrebbe voluto tuffarsi, e nuotare sotto la superficie come faceva da bambina,
nel mare scuro di Miliscola, fino a sparire agli sguardi del mondo.
Fece per uscire, ma si rese conto che le era impedito: l'uomo bloccava il passaggio.
- Permette? - chiese con voce incrinata.
- Naturalmente. - concesse lui, scostandosi. - Dopo di lei.
- Grazie. - mormorò la giovane. - Buona giornata.
Ce l'hai fatta, Lara, esultò dentro di sé. Non ti ha riconosciuto. Sei salva.
- Un'ultima domanda, mia cara. Prima che vada...
La giovane raggelò. - Sì?
- Mi tolga una curiosità...
- Ho fretta. - tentò lei, debolmente.
- Mi dica... - infierì lui, ignorando la protesta. Si concesse una pausa d'attesa, mentre
l'angoscia lievitava. Poi colpì.
- Mi dica... Come riesce un'agente pubblicitaria a intrufolarsi in una corsia d'ospedale
interdetta ai non autorizzati? Chi le procura un NOS? Cosa la porta a interrogare e a provocare un
militare ferito e sotto choc, a rischio di turbare un equilibrio già scosso?
Lara indietreggiò piano, terrea in viso. - Io...
- Cerruti. - disse piano l'uomo, senza alcuna intonazione - La prenda.
- Subito, signore.
La gigantessa scattò. Era forte, e veloce. Le fu addosso prima che Lara potesse muovere un
solo muscolo. Puntò la mano destra, congiunse due dita, e la colpì al plesso solare, procurandole
un istante di dolore assoluto. Poi, mentre Lara boccheggiava, le passò alle spalle, l'afferrò ai polsi,
fece leva, la costrinse a piegare all'indietro le braccia e a inginocchiarsi.
Lara accennò una reazione, ma la gigantessa la dissuase subito, colpendola con una
ginocchiata feroce al fianco destro.
Un muro di oscurità si alzò davanti agli occhi di Lara. Mugolò di sofferenza e serrò le
palpebre, sopraffatta. Quando riuscì di nuovo a connettere, scoprì di avere le braccia fuse insieme
all'altezza delle scapole.
La pelle pizzicava ancora al contatto del dermocollante, ma la giovane sapeva che presto
sarebbe diventata del tutto insensibile.
- Trattamento completo, signore? - chiese la gigantessa, in tono neutro. Non aveva neppure
il fiatone.
L'uomo approvò gravemente. - La porterai tu fino alla macchina, Cerruti, se non ti dispiace.
- Certamente, signore.
- C'è stata anche troppa approssimazione, in questa storia... - mormorò l'uomo,
controllandosi le unghie.
La gigantessa annuì. Aveva occhi bovini, mani come tenaglie, zigomi come bastioni di
roccia. Afferrò Lara, ancora in ginocchio, per le spalle, e la spinse a terra. Con decisione, ma
freddamente, senza cattiveria.
La giovane, sbilanciata e dolorante, rovinò su un fianco. L'altra le sedette sul bacino,
inchiodandola al suolo. Poi le lacerò la stoffa della gonna, mettendole a nudo le gambe, e impugnò
di nuovo la bomboletta del KC21. Lara tentò di dibattersi, ma presto sentì il dermocollante
scivolarle sulla pelle. La gigantessa le afferrò le ginocchia e strinse, finché l'interno delle cosce
non si saldò. Poi la rimise in piedi.
- Questo è sequestro di persona! - strillò sgomenta Lara, incapace di muoversi. Tentò una
reazione, almeno verbale. - Non... potete farlo! Voglio... voglio un avvocato! Vi denuncio!
L'uomo non la degnò di uno sguardo. - Andiamo, Cerruti. La macchina è arrivata.
La gigantessa le passò un braccio intorno alla vita, la sollevò come una bambola di stoffa, la
portò di peso in strada.
2038: la rivolta Francesco Grasso
57
Una Mercedes Cobre attendeva di traverso sul marciapiede, l'impianto di dissuasione
elettrica a tenere lontani gli scugnizzi questuanti, i getti d'aria dell'hoverdrive a sollevare mulinelli di
polvere e foglie morte dai colori chimici.
L'autista azionò l'apertura delle portiere, e Lara fu gettata senza troppi riguardi sul sedile
posteriore. L'altra le sedette accanto, piazzandosi in modo che Lara non potesse in alcun modo
tirarsi su. L'uomo dagli occhiali a specchio diede un'ultima occhiata intorno, poi sedette dall'altro
lato.
- A Capodimonte. - ordinò all'autista.
L'automobile si sollevò sul cuscino d'aria, delicata e silenziosa come una brezza vespertina.
Poi partì.
La natura della clemenza è di non essere forzata
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Lara non avvertiva alcuna sensazione di movimento, ma intuiva che la Mercedes stava
sfrecciando sulla corsia riservata di qualche arteria cittadina. Forse via Toledo, forse corso
Umberto. Non avrebbe saputo dirlo.
Non che dalla sua posizione potesse discernere molto... La giovane era riversa in modo
scomposto sul sedile, il suo viso costretto al contatto della stoffa sintetica della tappezzeria
odorosa di detergente batterico e d'arbre magique; all'altezza dei suoi occhi, l'unico panorama
erano i calzoni color antracite di Sarrese, la lunga linea diritta della stiratura che terminava in un
paio di risvolti leggermente sfibrati, e in due scarpe lucide dalla punta rotonda.
Più in alto, Lara riusciva a vedere la mano dell'uomo, le sue dita nervose che tamburellavano
sulla stoffa della giacca, e la pelle del polso, rosea e traslucida, oltre la quale s'indovinava il
quadrante del bio-timer.
Sull'altro lato, torcendo il collo, la donna poteva scorgere un frammento dell'abitacolo
dell'automobile, la consolle dell'autista, il display del sistema di navigazione satellitare. Una lucetta
rossa indicava la posizione del veicolo sulla mappa, ma lei non riusciva a trovare un riferimento in
quelle linee cangianti.
Tentò di issarsi al livello del finestrino per dare un'occhiata fuori, ma una zampata della
gigantessa la costrinse nuovamente carponi sul sedile. Il fatto di non poter difendersi in alcun
modo, e la costrizione di avere le braccia e le gambe grottescamente incollate assieme, le fecero
saltare i nervi.
- Adesso basta! - strillò, furiosa - Io sono una libera cittadina! Se questo è un arresto, voglio
saperne le ragioni!
- Come dice? - si informò Sarrese.
- Ho diritto di conoscere la causa dell'arresto!
- Mi duole informarle che si sbaglia. - replicò in tono distratto Sarrese, appena una punta di
compiacimento nella voce mellifluamente burocratica. - Secondo il decreto duecentododici bis del
quattro-trenta sul terrorismo politico, la Sezione Speciale ha diritto di fermare per accertamenti
qualunque persona sospetta, e di interrogarla a piacimento secondo le modalità prescritte dal suo
statuto.
- Terrorismo? - Lara si agitò, non ottenendo altro risultato che rafforzare la stretta della
gigantessa.
- Proprio così.
- Che c'entro io col vostro terrorismo? Avete sbagliato persona!
Lui scrollò le spalle. - C'è anche questa possibilità.
- Mi lasci andare, allora!
- No.
- Perché?
- Il leone che è stato punto non cerca la pulce colpevole dell'offesa. - commentò lui,
guardando oziosamente dal finestrino - Le uccide tutte.
Lei impallidì. - Ma... che volete da me?
2038: la rivolta Francesco Grasso
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- Detesto perdere tempo. - mormorò Sarrese, volgendo lentamente lo sguardo verso di lei,
come se la vedesse per la prima volta. Vedendosi riflessa negli occhiali di lui, Lara rabbrividì - Lo
considero il peggiore delitto di cui possa macchiarsi un uomo.
- Di... di cosa sta parlando?
- Io non perderò tempo a farle domande, mia cara, né ad ascoltare le sue menzogne. In
Centrale abbiamo strumenti magnifici per ottenere tutte le risposte che ci servono. Li sperimenterà
presto... - annuì, come se proseguisse un discorso lasciato in sospeso - E, quando avremo
ottenuto le risposte, potremo agire. Tutto tornerà sotto controllo, come dev'essere.
Paura. Odio. E incredulità. Tutto questo non poteva succedere, pensò ancora Lara. Non a
lei.
- Voglio parlare col mio avvocato! - intimò - I lettori de Il Mattino sapranno di questo
trattamento!
- Non era un'agente pubblicitaria? - sorrise lui. E lei, per la prima volta, si sentì realmente
terrorizzata.
- E va bene. - confessò - Le ho mentito. Cos'è, sono in arresto per questo?
- Vedo che ancora non ha capito... - Sarrese si leccò le labbra - Mi spiegherò meglio...
Cerruti?
- Signore?
- Codice nove, per favore.
La gigantessa annuì silenziosamente. Poi afferrò Lara per le spalle e la costrinse a girarsi
sulla schiena. Impose quindi una delle tenaglie che aveva per mani sul collo della giovane, e con
l'altra le bloccò vigorosamente le gambe.
Sarrese si chinò su di lei con un sorriso da rettile. Le carezzò lascivamente una guancia. Poi
si spinse più in basso, si accostò a lei, cominciò a sbottonarle la camicetta.
Lara, dapprima sorpresa, poi imbarazzata, infine agghiacciata, sentì le dita di lui frugarle
sotto il vestito, slacciarle il reggiseno, indugiarle sui capezzoli. Non riusciva a crederci.
Avvampò. - Toglimi le mani di dosso, maiale! - gridò, dibattendosi. - Io ti denuncio! Io...
- Denunciarmi? - ripeté lui, tranquillo - No, vede... Lei non ricorderà assolutamente nulla,
dopo il trattamento: i nostri specialisti sono molto abili... Dovrò badare soltanto a non lasciarle
troppi segni.
Fece scattare l'ultimo bottone e le mordicchiò la pelle intorno all'ombelico. Lara si sforzò di
reagire, ma non riusciva a muoversi. Con le braccia dietro la schiena e le gambe bloccate dalla
gigantessa, era completamente inerme. Con la coda dell'occhio, vide che l'autista della Mercedes
sistemava lo specchietto, e capì che anche lui voleva godersi lo spettacolo.
- È più in carne di come sembra, mia cara... - ghignò l'uomo - Ha un paio di cosce davvero
invitanti, lo sa? Credo proprio che le assaggerò. Lei non ha niente in contrario, vero?
- Bastardo. - sibilò lei.
- Cerruti?
La gigantessa la colpì brutalmente, un tocco feroce col taglio della mano sulla gola, a
toglierle il respiro. Doloroso, molto doloroso. Gli occhi di Lara si riempirono di lacrime.
- Ha un modo davvero criticabile di usare la bocca, mia cara. Ce ne sono di più appropriati. -
ghignò ancora, sbottonandosi i calzoni - Questo, ad esempio. Avanti, mi faccia vedere che ha
capito.
Lara spalancò gli occhi, in preda allo shock. Ansimò, i polmoni chiusi come sacchetti di caffè
sottovuoto. La mano della gigantessa si posò sulla sua nuca, la spinse crudelmente in avanti.
Un tonfo improvviso. La Mercedes risuonò come un gong, sbandò sul cuscino d'aria.
- Che succede? - chiese Sarrese, riabbottonandosi con disappunto i pantaloni.
Nello specchietto interno, il viso dell'autista apparve all'improvviso pallido.
- Credo... credo che ci sia qualcuno sul tetto, signore.
- Che dici? È impossibile!
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Il fragore del metallo lacerato coprì le sue parole. Sarrese e la gigantessa alzarono di scatto
lo sguardo. Il tettuccio dell'abitacolo si stava squarciando come sotto i colpi di un martello
pneumatico.
D'improvviso cedette. Una mano stretta a pugno apparve oltre l'orlo frastagliato della
fenditura. La pelle delle dita era a brandelli, e schegge di metallo brillavano conficcate nella carne;
le ossa fratturate sporgevano in orribili gonfiori violacei; il pollice era piegato in posizione
innaturale, e l'unghia era saltata via; sangue scuro e denso colava dalle ferite sulla moquette
immacolata della Mercedes.
L'autista gridò. - Ma... cosa... Lasciami! Lasciami! - Lara vide che la mano l'aveva
avvinghiato per l'attaccatura dei capelli e lo tirava a sé.
Frazioni di secondo: l'uomo perse il controllo della vettura; la Mercedes sobbalzò, sbandò,
colpì il guardrail, lo sfondò, uscì dalla corsia riservata, invase contromano la carreggiata centrale,
si scontrò col flusso del traffico che giungeva in senso opposto. Clacson disperati, sibilo di getti
frenanti, imprecazioni. Sfrigolio di lamiere.
Lara rotolò su se stessa, batté violentemente contro il sedile. Mentre la testa le ronzava,
colse qualche immagine quasi in visione stroboscopica, luci e ombre, come riproduzioni distorte di
una vecchia VHS. Sarrese che tentava di ripararsi il cranio dagli urti, la gigantessa che metteva
mano alla fondina, l'autista che gridava e si dibatteva con due dita conficcate negli occhi. Non
ebbe il tempo per capire cosa succedeva, solo per pregare di uscirne viva.
Poi l'auto uscì di strada e impattò violentemente contro l'impalcatura di un edificio in
costruzione. Una trave sfondò il cofano, un tubo d'acciaio s'infilò nel motore. Il parabrezza andò in
pezzi.
L'abitacolo si colmò di schiuma da collisione. Un attimo prima dello schianto, Lara fece in
tempo a scorgere l'autista, lasciato finalmente andare dal suo assalitore, afflosciarsi inerte sul
sedile. Poi la gelatina s'espanse e l'avvolse, bloccandole la visuale, e ci fu spazio solo per il
fragore dell'impatto.
Quando la vibrazione smise di risuonare nelle sue ossa, Lara scoprì con stupore d'essere
ancora viva.
Accanto a lei, Sarrese imprecava sommessamente, tentando di inforcare di nuovo gli occhiali
a specchio incrinati. La gigantessa si fregava gli occhi, mentre un rivolo di sangue le colava dal
setto nasale tumefatto.
Ma non era ancora finita. Con un terribile rumore di ferraglia, la portiera accartocciata della
Mercedes venne strappata via. La schiuma, ormai gelificata in sferette della consistenza del
polistirolo, tracimò oltre l'apertura, liberando l'abitacolo.
E lui apparve. Era a piedi nudi su un tappeto di vetro in frantumi, e vi lasciava impresse,
senza curarsene, impronte di sangue. Il braccio destro gli pendeva spappolato lungo il fianco. La
maschera gli era stata parzialmente strappata via, e un orecchio deforme faceva capolino oltre i
brandelli della stoffa.
Nella mano sana stringeva qualcosa di rotondo, di biancastro e pulsante, che gocciolava
sangue. Riversa sul sedile, Lara lo guardò confusa, senza capire cosa fosse. Fu solo quando lui lo
mise in bocca e l'addentò con aria di esultante provocazione che lei riconobbe, attonita, l'occhio
cavato all'autista.
- Cerruti! - ringhiò Sarrese, in un registro incerto tra la paura e l'odio - Lo prenda!
La gigantessa scattò. Con un balzo si lanciò fuori dall'automobile, con un altro fu addosso al
ragazzo mascherato.
Un istante dopo erano entrambi a terra, a rotolare nella polvere e nei frammenti di vetro. Ma
la mischia durò pochi secondi: veloce come un Cray, Masaniello si liberò della presa della donna,
si rialzò, le sferrò un calcio alle costole. La gigantessa rotolò fuori portata, aprì la fondina, estrasse
la pistola, la puntò.
2038: la rivolta Francesco Grasso
60
Un colpo violento al polso le fece saltare l'arma di mano. L'agente, incredula, tentò di
recuperarla, ma il suo avversario la spinse lontano con la punta del piede scalzo. Poi la colpì
ancora, al volto.
La gigantessa digrignò i denti. Parò e si rimise in piedi.
Era addestrata, forte, e consapevole d'esserlo. Si guardò intorno, si chinò, raccolse una
sbarra di metallo caduta dall'impalcatura distrutta, tornò all'attacco. Masaniello l'aspettò a pie'
fermo. Un sorriso oscuro, estasiato, gli modellava le labbra dalla linea irregolare.
Il primo colpo lo prese al torace, risuonando col verso dei tamburi che Lara aveva udito a
Bagnoli. Lui barcollò sulle gambe, ma non cadde.
- Più forte, zoccola! - urlò, nel suo accento strascicato - Più forte!
La gigantessa roteò di nuovo la sbarra, lo colpì di punta, all'altezza dello stomaco. Questa
volta il ragazzo fu spinto all'indietro, a sbattere pesantemente contro una pila di sacchi di cemento.
Scosse la testa, sputò saliva e sangue. Poi rise, un verso che non aveva nulla d'umano.
- Non sai far meglio di così, zoccola?
L'espressione della gigantessa divenne furiosa. Impugnò la sbarra con entrambe le mani,
tenendola orizzontale davanti a sé, e la spinse contro il collo del suo avversario, con violenza, a
spezzargli la trachea. Masaniello alzò il braccio sano, afferrò la sbarra, la bloccò senza sforzo
visibile.
Per un istante restarono immobili, la donna col viso paonazzo, il giovane ieratico sotto la
maschera. Poi, alla fine, lui sorrise. Troppo veloce perché l'occhio potesse seguirlo, scattò col
capo in avanti, in una testata maligna, colpendo la gigantessa proprio all'attaccatura del naso.
Lara udì un rumore secco, come quello che udiva un tempo, quando sua madre mandava in
pezzi col martello il guscio delle mandorle per il dolce di Natale. La gigantessa crollò con occhi
vitrei al suolo, sollevando intorno una nuvola di intonaco e calcinacci. La giornalista dovette
distogliere lo sguardo.
- Che significa TAP due minuti? - strillava Sarrese al sat-com anulare - Voglio quella
maledetta pattuglia adesso! Dove sono gli EH301? Esigo che...
- Scendi, infame.
Sarrese squadrò incredulo Masaniello. Quando vide la pistola che era stata della gigantessa
nella mano del ragazzo, i suoi occhi si spalancarono. Le sue dita, che avevano cominciato a
correre verso l'automatica nel taschino, si congelarono. Il sat-com ronzò ancora un paio di volte,
poi si spense.
- Ho detto scendi. - ripeté tranquillamente Masaniello, puntando l'arma.
- Sono un alto ufficiale delle Forze Armate Europee. - protestò Sarrese, obbedendo a
malincuore.
- Sono contento. - replicò il ragazzo, strascicando le parole - Mi sarebbe spiaciuto cacciare
una palla in fronte a un cacaordini qualunque.
Sarrese fissò la canna della Beretta, il foro perfettamente circolare, scuro come l'inferno, che
vi si apriva. Lara, che assisteva alla scena dal sedile della Mercedes, vide all'improvviso il volto
candido dell'uomo dipingersi di rabbia.
- Io non credo che sparerai. - sibilò Sarrese.
- Davvero?
- Secondo me non la sai neppure usare. - insistette, furioso.
- No?
- E non spareresti a freddo su un uomo disarmato. Non ne hai le palle.
Masaniello lo squadrò con aria divertita. Poi brandì l'arma, alzò il braccio ferito, mirò,
premette il grilletto. Un boato scosse l'aria calda del cantiere. Il proiettile aprì un foro irregolare nel
palmo del ragazzo, rosso al centro e nero di bruciature ai bordi, impressionante come una
stimmate.
Masaniello considerò l'arto squarciato con sublime indifferenza, poi lo mostrò sprezzante a
Sarrese, schizzandogli di sangue il completo antracite. E rise ancora, sguaiatamente.
2038: la rivolta Francesco Grasso
61
- Cosa dicevi delle mie palle, signor alto ufficiale?
L'uomo impallidì. Fece qualche passo indietro, incespicò, si appoggiò alla lamiera contorta
della Mercedes
Poi la sua espressione cambiò. Socchiuse gli occhi, inarcò le sopracciglia sottili.
- Io... io ti conosco... - mormorò, in un tono confuso, affascinato, che sorprese Lara, ancora
costretta al ruolo di testimone inerme.
- Di cosa parli, infame?
- William...? - disse piano Sarrese, quasi in un sussurro.
Il ragazzo si bloccò. Completamente. Come un meccanismo cui qualcuno avesse staccato la
spina. Sarrese batté le palpebre, quasi stesse decidendo se fidarsi e cogliere la possibilità. La sua
mano corse alla tasca interna. Le sue dita, grate, sfiorarono il calcio della pistola.
- Fermo! In alto quelle mani.
- Via dalla macchina, piezz' 'i mmerda! Svelto!
Gli ordini, inaspettati, giungevano dalle sue spalle. Sarrese si voltò, trovandosi di fronte a un
gruppetto di uomini apparso come per incanto tra gli scheletri d'acciaio del cantiere.
Erano una dozzina, forse di più, e avevano il volto celato da stracci e bende scure, in
un'allusione persino troppo dichiarata alla maschera di Masaniello. Almeno un paio di loro erano
armati, e ciò convinse Sarrese, contrariato, a obbedire.
Lara avvertì numerose mani stringersi intorno alle sue caviglie, rese ormai quasi insensibili
dalla lunga giacenza in quella posizione grottesca. D'improvviso fu tratta fuori dalla Mercedes,
avvolta con una coperta e caricata in spalla da uno degli incappucciati.
- Tutt' buono, giurnalist'? - le sussurrò costui, un tipo tarchiato che odorava di tabacco.
- Salvatore? - azzardò lei, stordita.
- Song' io. - confermò l'altro. Poi si rivolse agli altri. - Iamuccenn', guaglio'. Chilli malamenti
stenno 'rrivando.
Il gospel delle ambulanze e dei clacson che giungeva sulle ali del vento gli dava ragione.
Lara guardò in alto. Una coppia di convertiplani era in picchiata sul cantiere. Gli uomini mascherati
si gettarono al coperto. Due di loro affiancarono Masaniello, ancora in stato catatonico, lo presero
per le braccia e lo portarono via. Nel giro di un paio di secondi erano scomparsi.
Salvatore afferrò più saldamente il corpo di Lara e cominciò a correre. La giovane avvertì
con sorpresa la forza nascosta nei muscoli di quel piccolo colosso, e ne fu confortata.
Raggiunsero un tombino, si calarono giù. Il coperchio di metallo si chiuse sulle loro teste,
separandoli dalla superficie, e il mondo sfumò nel buio.
I convertiplani atterrarono con perfetta sincronia sullo spiazzale del cantiere. Le ambulanze
si fermarono sul ciglio della strada. Le auto della Polizia varcarono invece a tutta velocità il
guardrail sfondato e inchiodarono a un passo dalla Mercedes.
Gli uomini in blu si gettarono fuori dai loro veicoli, armi in pugno, formarono un cordone per
tenere lontani i curiosi e gli sciacalli che già accorrevano dalle strade intorno, e presero quindi a
setacciare il cantiere.
Quelli in giallo e grigio tennero loro dietro con aria diffidente. Poi uno di loro si diresse verso
Sarrese, scoccò un'occhiata distratta al corpo della gigantessa e a quello dell'autista, fece scattare
i tacchi di fronte all'alto ufficiale.
- Colonnello? Signore?
Sarrese si scosse. Guardò trasognato l'uomo in divisa.
- Mi spiace, colonnello. - si scusò, con il labbro inferiore mosso da un tremito appena
avvertibile - Ci sono sfuggiti. Dobbiamo inseguirli?
- Non importa, agente. - scandì lentamente Sarrese, inforcando di nuovo gli occhiali a
specchio. - Ho scoperto ciò che volevo.
Un timido raggio di sole brillò su quei vetri.
Poi, come spaventato, si spense.
2038: la rivolta Francesco Grasso
62
9
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Salvatore Capasso era, a suo modo, un napoletano esemplare.
La storia della sua vita, nella versione che egli usava narrare, mi parve subito
un archetipo della commedia umana che il nostro secolo aveva voluto inscenare sul
teatro quotidiano partenopeo.
Salvatore mi disse una volta di aver amato, da ragazzo, la Commedia dell'Arte
napoletana, ma che nessuno Scarpetta, nessun De Filippo avrebbe potuto concepire farse
così tragicomiche e assurde come quelle che il destino costrinse lui a interpretare.
Salvatore era nato a Pomigliano d'Arco negli anni novanta del secolo scorso. La
sua infanzia e adolescenza non racchiudevano nulla d'alieno dagli episodi tipici della
vita giovanile nell'hinterland napoletano: un'approssimativa formazione scolastica,
inverni all'ombra del vulcano ed estati presso parenti a Ischia, eterni problemi
economici in famiglia, qualche furtarello, piccole storie di droga senza conseguenze
penali, partite di pallone, capitone fritto e pastarelle a Natale, passioni immature e
iniziazioni sessuali clandestine...
Allo scoccare del suo diciottesimo compleanno Salvatore era inserito nella casta
più popolosa in cui si dividesse la sua generazione: quella dei giovani in cerca di
prima occupazione.
Dopo troppi mesi perduti in inutili tentativi, frustrato e spinto dal bisogno,
Salvatore fece ciò che tanti avevano dovuto compiere prima di lui: comprò un posto di
lavoro. Chiese un prestito ad amici di famiglia, impegnò ogni oggetto di valore
posseduto, scorse la lista degli impieghi che l'organizzazione (potentissima, di cui si
vociferava, forse neppure come provocazione, che dovesse essere quotata in Borsa)
offriva, e scelse il posto che più si accordava al diploma di perito elettronico che
figurava solitario nel suo curriculum scolastico.
Così entrò in Alenia come operaio specializzato.
Il moloch industriale a partecipazione statale scricchiolava già da tempo, e
minacciava burrasca a chiunque avesse voluto scrutare con attenzione nel suo futuro...
Ma per Salvatore era un sogno che si realizzava, il Posto Fisso e Intoccabile la cui
conquista per i giovani della sua generazione designava il successo.
Così egli accese un mutuo, comprò la casa di Pomigliano su cui aveva messo gli
occhi fin da ragazzo, acquistò a rate una Fiat Punto color speranza, sposò una collega
e offrì ceri a San Gennaro in ringraziamento per avergli cambiato la vita.
La protezione del santo fu poco più longeva della fiamma dei ceri votivi. Neppure
due anni dopo, il governo, su indicazione di EuroBank, decise di non poter più
sostenere il cronico passivo dei conti dell'Alenia. Un consorzio di imprese europee si
offrì di rilevare gli impianti produttivi dell'azienda italiana, e nel giro di sei mesi
lo scorporo fu ratificato dalla Commissione di Bruxelles. I sindacati, neppure
consultati, protestarono lungamente, vigorosamente, con ogni mezzo... Un'opposizione
che si rivelò, come certo sapete, del tutto inutile.
Il manager designato dal consorzio alla riconversione degli impianti di Napoli, lo
ricordate tutti, si chiamava Paul Kernig. Era un potente satrapo dell'industria
europea, un professionista conteso a suon di miliardi dai cacciatori di teste
dell'intero continente.
Kernig si applicò con impegno e coscienza a risolvere i problemi dello
stabilimento. Non era uno stupido, e seppe dissimulare in modo ammirevole quella che
gli analisti, a posteriori, riconobbero come una delle più massicce manovre di
downsizing industriali del decennio.
2038: la rivolta Francesco Grasso
63
Salvatore e sua moglie Maria furono convocati da Kernig nello stesso giorno, ma il
destino prospettato loro dal manager fu diverso.
A lei venne proposto un trasferimento a Tolosa a stipendio invariato, a lui fu
ventilato un passaggio ai lavori socialmente utili presso l'amministrazione comunale di
Napoli. Salvatore, raccolto il coraggio a due mani, fece timidamente osservare a Kernig
che l'accettazione di una simile proposta avrebbe spaccato in due una famiglia.
Il manager alzò un sopracciglio, colpito. Poi aprì una cartelletta di cuoio. Al
suo interno, già firmate, vi erano due lettere di licenziamento: Kernig, col cinismo
della sincerità, chiese se i due coniugi tenessero davvero così tanto a restare uniti.
Il mese successivo Maria partì alla volta di Tolosa. Salvatore l'accompagnò a
Capodichino, la salutò tristemente attraverso la griglia del metal detector, poi lasciò
l'aeroporto e si presentò presso l'Assessorato ai Lavori Socialmente Utili del Comune.
Vi rimase quasi tre anni. Anni di avvilimento e frustrazioni, vissuti da solo,
vedendo la moglie a stento una volta al mese. Anni di sacrifici, patiti nella speranza
di raccogliere abbastanza denaro per pagarsi il viaggio e una sistemazione decente a
Tolosa...
In quei tre anni di lavori socialmente utili, Salvatore cercò il conforto
nell'amicizia dei colleghi. Non vi riuscì. Molti tra i giovani che condividevano quelle
giornate buttate girando i pollici e ciondolando per i corridoi dell'Assessorato
avevano un'istruzione, persino una laurea. Avrebbero dovuto essere pieni d'energia,
d'ambizione, di sogni... Invece si lasciavano vivere in un limbo, accettavano uno
stipendio che sapeva di regalia, se non addirittura d'elemosina, come se non osassero
chiedere nient'altro alla vita.
Salvatore li osservava sconcertato, a volte attonito. I suoi colleghi erano di una
pasta differente dagli operai che Salvatore aveva conosciuto in Alenia. Erano
paurosamente diversi da lui, e gli anni che li separavano non bastavano a giustificare
quel baratro che si apriva tra loro.
Erano terribilmente docili, spaventosamente indifferenti.
A volte, Salvatore ne aveva paura.
Durante un pomeriggio particolarmente noioso e avvilente, trascorso bighellonando,
sorseggiando caffè e fumando Nazionali senza filtro nei corridoi del Comune, Salvatore
si imbatté in una donna di mezza età, una signora dai modi cauti e dallo sguardo acuto.
Salvatore l'aveva vista più volte in compagnia dell'Assessore e del Prefetto.
Le rivolse la parola per stanchezza, per noia, e lei sembrò incuriosita dal
risentimento che trapelava dalla voce di lui. Disse di chiamarsi Luisa Barbieri, e si
definì una consulente politica. Gli chiese cosa non andasse.
Lui, dopo qualche riluttanza, rispose con la massima franchezza.
I lavori socialmente utili erano poco meno di una truffa, disse. Erano uno
sperpero inutile di risorse pubbliche, assegnate male e gestite peggio. Con gli stessi
fondi, si lamentò, il governo avrebbe potuto salvare l'Alenia.
Lei non si scompose. Replicò con un sorriso. Parlava come un software didattico,
ricorda Salvatore. Disse che era sbagliato giudicare sciocco chi amministra lo Stato
soltanto perché non si comprendono le sue decisioni. Il cittadino, chiosò, vede solo un
frammento del mosaico, e ne percepisce un disegno distorto; chi sta in alto scorge
invece tutto il quadro, e ogni sua scelta, sebbene possa non apparire chiara, ha uno
scopo preciso.
Salvatore, testardo nella sua amarezza, le chiese allora quale fosse lo scopo dei
lavori socialmente utili. Lei, scrollando le spalle, li definì uno strumento di
pacificazione temporanea dei conflitti sociali, una sorta di Valium.
2038: la rivolta Francesco Grasso
64
La crisi è un fenomeno enorme, disse, è un cancro di cui la gente vede solo le
metastasi esterne. Il modo di curare questo male non è stato ancora trovato; i lavori
socialmente utili sono un ripiego, spiegò, un farmaco a breve scadenza, utile a evitare
lo scontro.
Fino a quando? volle sapere Salvatore.
Finché non si troverà la soluzione vera, disse lei, chiudendo la conversazione. E,
mentre la porta dell'ufficio si chiudeva, aggiunse ancora qualcosa. Un semplice
bisbiglio, una riflessione fatta a mezza voce per le orecchie di nessuno, ma che
Salvatore, tuttora, non riesce a dimenticare.
...o fino a quando qualcuno non si sentirà pronto per lo scontro, aveva detto.
Ogni volta che Salvatore narra questo dialogo, sembra sciogliersi per un istante,
e nei suoi occhi traspare un frammento della rabbia di cui per anni dev'essere vissuto.
Ma dura solo un momento. Invariabilmente, al termine del racconto, lui incrocia le
braccia, tira una boccata dall'eterna sigaretta, e torna a riabbottonarsi in se stesso
come in un vestito di cui non sia del tutto convinto.
Con una smorfia ironica sul viso, da quell'istante egli cambia registro, e
infallibilmente prende a narrare in toni accesi il periodo della grande campagna di
stampa contro i lavori socialmente utili.
Credo che tutti voi ricordiate quei giorni: sui media transitò una sequenza
d'inchieste, di scandali, di rivelazioni, di denunce e attacchi politici. L'istituzione
venne fatta a pezzi.
Salvatore seguì gli articoli dapprima con cupa soddisfazione, con l'amara rivalsa
di veder denunciate ad alta voce le storture che lui da anni era costretto a
sopportare. Poco alla volta, però, i suoi sentimenti si mutarono in inquietudine, e poi
in stupore, quando vide i volti di coloro che sui media criticavano, accusavano,
esecravano.
Lui conosceva quei volti. Li aveva visti dietro scrivanie, seduti nei Consigli
Comunali e negli Assessorati, a braccetto di coloro che gestivano il sistema, a fianco
o all'ombra dei signori delle clientele su cui ora allegramente spargevano letame.
Fu quando vide l'onorevole Luisa Barbieri, membro del parlamento europeo,
impostare la sua campagna di rielezione sugli attacchi ai "lavori atrocemente inutili",
come lei li definiva nei comizi, che Salvatore capì.
Aprì gli occhi. Ma forse era troppo tardi.
Chi voleva lo scontro adesso era pronto. Quando il governo tagliò i finanziamenti
e chiuse i progetti non produttivi, gettando migliaia di persone sulla strada,
l'opinione pubblica era cotta a dovere, e le proteste furono minime. Salvatore, anche
lui tra i colpiti, fu tra i pochi che tentarono di reagire.
Durante la sua esperienza di operaio aveva imparato come organizzare blocchi
stradali, sfilare in corteo, battersi in scontri di piazza. Ma lo spirito dei giorni
dell'Alenia, si rese conto, non esisteva più: i suoi apatici colleghi, tranne rare
eccezioni, si disinteressarono alla protesta, preferendo cercare soluzioni personali al
problema.
La solidarietà era un concetto che non li sfiorava neppure: dal loro punto di
vista, il non appartenere a un giro di clientele era una colpa che meritava qualsiasi
punizione, anche la morte per fame.
Salvatore rinunciò al loro aiuto e tenne duro. Partecipò a un paio di sparute
manifestazioni, che vennero disciolte con la forza dalla Polizia nell'indifferenza
generale. Dopo il secondo pestaggio subìto, egli concluse che la guerra era perduta.
2038: la rivolta Francesco Grasso
65
Deluso, amareggiato, ferito nel corpo e nell'orgoglio, Salvatore decise che era
giunto il momento di lasciare Napoli. Raccolse i suoi risparmi, mise in vendita la
casa, e scrisse per posta elettronica a Maria, assicurandole che contava di
raggiungerla nel giro di qualche settimana.
'o cane mozzica 'o stracciato, dice Salvatore, ripetendo un antico detto. La
sfortuna si accanisce sui disgraziati.
Egli, racconta, aveva trovato un compratore per l'appartamento: la firma del
contratto era fissata per il mattino successivo. Era il quindici gennaio del 2025. Il
giorno della sciagura di Pomigliano.
(link) -> Un EFA3 dell'aeronautica militare in volo d'addestramento,
alle ore 16:45 del quindici gennaio si schiantò sul centro abitato di
Pomigliano.
Solo il caso impedì che l'accaduto si risolvesse in un massacro.
Miracolosamente, oltre all'equipaggio del caccia, perirono soltanto due
persone, e altre sedici restarono seriamente ferite. Ma i danni all'abitato
furono ingenti.
La commissione d'inchiesta sentenziò la sciagura era stata causata da
un malore improvviso del pilota, e che l'aeronautica militare non era
responsabile dell'accaduto. Le cause di risarcimento andarono in tribunale,
ove furono bloccate più volte dai vertici delle Forze Armate. Come sapete,
a più di dieci anni di distanza dalla prima udienza, il processo è ancora
in corso... (ritorna al testo principale)
A Salvatore, come a tanti abitanti di Pomigliano, non restò che piangere sulle
macerie. La compagnia di assicurazione, come stoccata finale, rifiutò di pagare i
danni, e al processo dimostrò come l'intero quartiere fosse abusivo, circostanza che
secondo la nuova normativa rendeva invalide le polizze stipulate con i proprietari.
Braccato dalle parcelle degli avvocati, senza una casa né un lavoro, Salvatore
ricevette il colpo di grazia sotto forma di una E-mail da Tolosa.
Maria, la sua Maria, in risposta al suo ultimo messaggio, gli comunicava una
notizia raggelante. Già da molti mesi, rivelava la lettera, ella conduceva una
relazione con tale Gilles Dunant, un dirigente della Matra.
Maria si scusava di non avergli confessato prima la verità, ma aveva preso tempo
per riflettere. Ora lo aveva fatto.
Insieme a Gilles, scriveva, si sentiva felice. A Salvatore non restava che
concederle il divorzio, e dimenticarla.
Il peso di quella terribile E-mail si unì al fardello di disastri che gravavano
sulle spalle di Salvatore, facendolo sprofondare invincibilmente in un baratro
esistenziale, una palude dell'anima da cui avrebbe impiegato anni a riemergere... E la
rabbia, il rancore, l'amarezza accumulata durante quegli anni erano la cenere calda che
Masaniello, col suo messaggio di redenzione popolare, era destinato ad attizzare.
I liberi cittadini sono il più grande ostacolo allo sviluppo di una nazione moderna.
Joseph B. Sarrese, Rapporto 82
- Sta' ferma, adesso.
- Perché?
- Brucerà un po'.
Lara sentì il liquido giallo scivolarle dolcemente sulla pelle dei polsi e inondarle poi le cosce.
Era viscido, della consistenza del miele, e ne aveva anche il profumo. Mentre veniva
assorbito dal suo corpo, ella avvertì una sensazione di calore, un pizzicore intenso, che si
diramava dall'epidermide ai muscoli sottostanti, e poi di nuovo in superficie, finché le chiazze del
dermocollante non cominciarono a fumare.
2038: la rivolta Francesco Grasso
66
- Che cos'è? - chiese, allarmata.
- Non ha un nome. - bisbigliò la donna, come se stesse violando una consegna segreta. Era
giovane, asciutta, occhi verdi e una selva di riccioli rossi a cingerle il capo. Al collo portava una
catenina con un piccolo crocifisso di legno.
- Come sarebbe?
- I compagni dicono che, se lo avesse, qualcuno potrebbe scoprire che esiste...
- Oh! - commentò Lara. - Capisco...
- Sai, quello che sto usando è di seconda scelta - aggiunse l'altra, con l'aria di volersi
scusare - So che a Pozzuoli ne hanno una mescola eccezionale... Qui bisogna accontentarsi.
- Purché funzioni...
- Funzionerà. - ribatté l'altra. Poi cominciò a contare. - ... otto... nove... dieci. Dovremmo
esserci. Prova a liberarti. Uno strattone deciso, mi raccomando.
Lara eseguì. I tendini delle braccia protestarono per la lunga inattività, poi si misero al lavoro.
Uno, due colpi, e le mani furono libere.
Mugolando di sollievo, la giovane massaggiò i polsi indolenziti, frizionò la pelle arrossata,
fletté le articolazioni per riattivare la circolazione.
- Come le senti?
- Di legno.
- Passerà.
Per le gambe fu più complicato. Il KC21 si staccava a placche, si ammorbidiva lentamente e
cedeva all'improvviso, piegandosi a una reazione chimica che Lara non riusciva a capire. La
donna dai capelli rossi versò altre gocce del preparato, attese lo sviluppo dei vapori, poi esortò
nuovamente Lara a tentare.
Lei provò, e finalmente il dermocollante cedette. Potersi nuovamente rimettere in piedi le
procurò una gioia indicibile.
- È fantastico. - esclamò.
- I tuoi abiti sono rovinati. - disse la donna, porgendo a Lara una tuta azzurra di tessuto
spugnoso - Metti questa.
- Grazie.
- Laggiù c'è la doccia. Non posso assicurarti l'acqua calda, ma...
Lara sgranò gli occhi. - Per una doccia anche fredda, in questo momento potrei dare un
braccio.
Si aspettava che l'altra ridesse. Invece la donna restò misteriosamente seria.
- Prendi quest'asciugamano. - commentò, brusca.
Con la sensazione di aver commesso una gaffe, Lara ringraziò ancora ed entrò nel cubicolo.
Lo smalto una volta candido era pesantemente graffiato, e i tubi vantavano come ornamenti
lunghe spirali di ruggine. Ma a lei sembrò il bagno di un re. Aprì il rubinetto e si arrese al getto
d'acqua appena tiepida.
Era un sogno: i cattivi ricordi, la paura, le umiliazioni le scivolarono ai piedi insieme alla
schiuma del sapone da due soldi. Si deterse con cautela la pelle arrossata dal dermocollante. A
parte una leggera irritazione, non sembrava che la reazione chimica avesse procurato danni.
Di nuovo, si interrogò su quel misterioso liquido giallo: a quanto sapeva, il KC21 usato dalla
Sezione Speciale non veniva attaccato neppure dagli acidi; la formula dell'unico solvente era un
segreto militare gelosamente difeso.
Sul Mattino, neppure tanto tempo prima, aveva scritto di quel ladruncolo d'auto che era
riuscito a fuggire dalla Centrale della SSI: aveva usato un coltello dalla lama arroventata e si era
scuoiato le gambe. Aveva avuto la meglio sul dermocollante, certo, ma era morto per l'infezione
dopo due giorni. All'epoca le voci di un virus tossico contenuto nel KC21 si erano fatte più
insistenti, ma era bastato un intervento del Prefetto per mettere tutto a tacere...
Ad occhi chiusi, con i rivoli d'acqua che le correvano sul viso e sui fianchi, Lara pensò che
avrebbe potuto restare per sempre in quel cubicolo, fuori dal mondo e da tutti i suoi orrori. Fu con
2038: la rivolta Francesco Grasso
67
un grande sforzo di volontà che riuscì, dopo un tempo che le parve infinito, a chiudere la manopola
e avvolgersi nell'asciugamano ruvido, odoroso di talco dozzinale e di bucato.
Oltre la tenda di plastica, la donna era nella medesima posizione in cui l'aveva lasciata. Lara
dedusse che l'aveva attesa tutto il tempo, e ne fu colpita.
- Chi sei? - le domandò, indossando la tuta e raccogliendo i capelli ancora umidi sulla nuca.
- Gloria.
- Nome impegnativo... - mormorò tra sé Lara. - Io sono...
- Lo so. - rispose tranquillamente l'altra.
Lara ebbe un brivido. - Dove siamo, Gloria?
- Al sicuro. - replicò lei scrollando le spalle, come se la risposta fosse ovvia.
Poi le indicò un tavolino poco distante, basso e rotondo, ove troneggiava un canestro
coperto da un tovagliolo di stoffa liso agli angoli. - Hai fame? Sete? Ti serve qualcos'altro?
Anselmo mi ha detto di...
- Anselmo? È qui?
L'altra annuì. Aveva le dita corte, rugose, dita da contadina. Lara si scoprì a fissarle
affascinata.
- Dove?
- Ti sta aspettando. Ma prima devi riprenderti: hai passato dei brutti momenti.
Lara approvò, pensosa. - Credo che accetterò il tuo cibo.
Sedette e sollevò il tovagliolo. Fu alla vista dei piatti che capì quanto fosse affamata. Da
quanto non mandava giù qualcosa? Venti? Trenta ore? Dal suo drammatico incontro con Sarrese
aveva perduto la cognizione del tempo.
Guardò l'orologio sul tavolino, e quel che vide la sconcertò. Erano davvero le sette del
mattino?
Le focacce al pomodoro erano fredde, ormai, ma Lara non faticò a spazzolare il piatto. Fece
altrettanto con il prosciutto e il formaggio, poi passò al canestro di frutta. Era un pasto povero, ma
la giovane non avrebbe saputo augurarsi altro.
- Ho qualcosa di tuo, credo... - azzardò la donna dai capelli rossi, quando Lara ebbe finito.
- Cosa?
- Ecco.
La vista degli orecchini restituì l'ultimo frammento di normalità alla giovane. Con un sorriso di
gratitudine, li prese tra le dita, rincuorata di non averli perduti, meditò qualche istante, li ripose al
sicuro nella tasca della tuta.
- Grazie. Ci tengo molto.
- Lo so. - commentò ancora la donna. Lara considerò la possibilità che la sua ospite non
fosse del tutto normale. Benché gentile e disponibile, aveva un non so che di inquietante.
Si alzò e si guardò intorno. La stanza sembrava scavata nella roccia. Era buia, umida, più
intima che sinistra. Lara vide un'unica finestra, in alto, vicino al soffitto a schiena d'asino. La sua
ospite, mentre lei mangiava, aveva chiuso l'imposta per impedire alla luce crescente del mattino di
entrare, ma sembrava che un po' ne filtrasse attraverso di lei, come se fosse una nuvola a forma
di donna che ondeggiava nel sole.
Sulla parete di fondo si aprivano tre porte. Quella di destra, da cui Lara era entrata, portava
al bagno. Quella centrale era sbarrata, e la maniglia sembrava essere stata mozzata con l'accetta.
La terza era socchiusa, e dallo spiraglio di pochi centimetri una lama di luce elettrica balenava a
intervalli sul pavimento di piastrelle sporche di polvere e d'impronte antiche.
Nell'angolo opposto della stanza, la giovane distinse una serie di brande dalle lenzuola
disfatte, avvolte da una bolla di calore quasi visibile, come se i loro occupanti le avessero appena
abbandonate lasciandosi dietro traccia del proprio passaggio...
E, accanto alle brande, vestiti gettati alla rinfusa in ceste di vimini, piatti sporchi, scarpe, un
cappello sfondato, pacchetti di sigarette, cicche in bicchieri rotti usati come approssimativi
portacenere, penne a sfera, mozziconi di matita, blocchi di carta riciclata che dovevano avere più
2038: la rivolta Francesco Grasso
68
di vent'anni, fazzoletti, un paio di occhiali, una torcia elettrica dal vetro rotto... Un arcipelago di
oggetti vetusti, indizi polverosi della presenza di esseri umani, come se quell'antro ombroso fosse
un museo sulla quotidianità.
E silenzio. Immoto. Non un respiro, non uno scalpiccio. Come se qualcuno avesse spento
l'audio del mondo. A rendersene conto, Lara si sentì affliggere da un accenno di claustrofobia.
- Vogliamo andare? - chiese Gloria.
Lei annuì, sollevata dalla prospettiva di uscire da quella stanza muta.
- Sono pronta.
- Bene. Seguimi.
Stringendosi nel tessuto azzurro della tuta, Lara si alzò e andò dietro la sua ospite.
Attraversarono la terza porta, ritrovandosi ai piedi di una tromba di scale. Le rampe
piegavano ad angolo retto formando, tra i pilastri di cemento a vista, un pozzo quadrato. Lara vide
che i gradini s'inerpicavano per tre, quattro piani, forse di più. La struttura dell'edificio, se di edificio
si trattava, le era sempre meno chiara. Non ricordava nulla del suo arrivo: doveva essere giunta lì
svenuta, rifletté. Chissà in che zona della città si trovava...
Gloria afferrò vigorosamente il corrimano e prese a salire i gradini due alla volta. Lara la
seguì con docilità. Giunsero alla sommità della rampa, svoltarono, salirono ancora. E,
all'improvviso, non furono più soli.
Come se avessero varcato una frontiera invisibile, l'edificio si fece d'un tratto affollato di una
umanità singolare, colorata di sguardi cupi e di vestiti laceri. Le due donne percorsero scale zeppe
di gente accampata, di cani addormentati e bambini sentinella. Lara, incuriosita, avrebbe voluto
domandare, capire, guardarsi intorno, ma Gloria proseguiva spedita, e lei non poteva far altro che
andarle dietro.
Finalmente la donna dai capelli rossi si fermò davanti a una porta di legno consunto, chiusa,
oltre la quale si avvertivano voci concitate. Qui, come se la sua consegna fosse terminata, salutò
Lara con un cenno del capo e si allontanò in silenzio.
Strano personaggio, meditò la giovane, guardandola sparire nuovamente giù per le scale...
L'annotò mentalmente nel suo libro di appunti: meritava più di un ricordo.
La porta si aprì.
- Giornalista! - esclamò Anselmo - Vieni dentro, avanti!
Lara si mosse, titubante. Il vecchio era in compagnia di una dozzina di persone che lei non
aveva mai visto. Anselmo fece brevemente un giro di presentazioni, e i nomi le scivolarono
addosso come acqua sul Goretex.
Erano quasi tutti uomini, piuttosto male in arnese, dalla stretta di mano decisa e dagli occhi
carichi d'aspettative. Tra loro non c'erano giovani.
- Come ti senti, giornalista?
Lei scrollò le spalle. - Potrebbe andar meglio.
- Ma anche molto peggio. - osservò il vecchio.
- Hai ragione. - ammise lei - Tutto considerato, credo che sarei un'ingrata a lamentarmi.
Anselmo approvò gravemente. - Quando abbiamo saputo che gli essessì organizzavano una
perquisizione al tuo giornale abbiamo cercato di avvertirti, ma era già troppo tardi...
- Avete saputo... come?
- Ci stiamo organizzando. - rispose evasivamente lui.
- Vedo. - commentò Lara, squadrando i presenti.
- Ma non ci siamo mossi abbastanza in tempo. È un miracolo che tu sia riuscita a venirne
fuori.
- A proposito... Dov'è lui? - chiese Lara, guardandosi intorno - Devo ringraziarlo per avermi
salvato.
I presenti si scambiarono un'occhiata imbarazzata. - Questo è il motivo per cui stiamo
discutendo... - confessò Anselmo, carezzandosi a disagio le unghie rotte.
- Che significa?
2038: la rivolta Francesco Grasso
69
Lui si morse le labbra. - Masaniello è scomparso.
2038: la rivolta Francesco Grasso
70
10
È la differenza di opinioni ciò che rende possibile le corse di Agnano
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- E questo è tutto. - concluse Anselmo. - Abbiamo diviso la città in zone, organizzato vedette
e spedito pattuglie dei nostri a cercare. Ma siamo pochi, e il tempo stringe...
Gli altri annuirono. - Più di quanto pensi.
- Perché perdiamo tempo a discutere? - esclamò un tipo allampanato, curvo come un punto
interrogativo, una testa enfiata su un corpo smilzo - Andiamo anche noi per le strade. Forse...
- Stai sbagliando, compare. - si oppose un altro, un uomo basso, calvo, dalle spalle ampie e
le orecchie grottescamente a punta - Se gli essessì prendono un guaglione qualunque, che
importa? Ma se prendono uno di noi, e lo fanno parlare, siamo tutti in pericolo. Ormai siamo troppi,
e non possiamo spostarci così in fretta.
- Sarai tu, forse, a non saperti muovere in fretta! - sbottò una donna scura, dai capelli
stopposi e gli occhi pungenti - I miei sono capaci di sparire in uno schiocco di dita.
- Fesserie! - ribatté l'altro - I tuoi sono mariuoli buoni soltanto a svaligiare appartamenti.
- Pulisciti la bocca, settantuno. - sibilò la donna - Puliscitela, prima di parlare dei miei.
L'altro non accettò la provocazione, e rispose tranquillo. - Forse sapranno far fessi gli sbirri,
ma hanno mai affrontato i rilevatori termici, i traccianti ormonali, tutti la merda elettronica della
Sezione Speciale?
- Stefano ha ragione. - approvò un quarto membro del gruppo - Quei figl'i zoccola non
scherzano.
- Perché, noi siamo dei pagliacci? - ringhiò ancora la donna.
- Non volevo dire questo, ma...
- Allora fai meglio a star zitto, settantuno!
Il tono della discussione si accese, e presto l'intera assemblea ne fu coinvolta. Le opinioni si
accavallavano, si sommergevano l'un l'altra senza che nessuna prendesse decisamente il
sopravvento.
Del resto, notò Lara, quasi nessuno dei presenti prestava veramente attenzione alle parole
altrui. Tolleravano semplicemente una pausa d'attesa finché l'oratore di turno non prendeva fiato,
e poi tornavano testardamente a ribadire i loro preconcetti, battendosi ognuno su posizioni fisse,
ripetendo le stesse idee, utilizzando finanche sempre le stesse parole. Era un accanirsi sterile,
senza scopo, e la giovane valutò che avrebbe potuto trascinarsi in quel modo per un tempo
indefinito.
Isolata, respinta alla periferia dal dibattito, Lara approfittò per afferrare Anselmo dalla manica
del giubbotto di poliestere e trarlo in disparte.
- Chi è questa gente? - bisbigliò.
- Amici.
- Che ci fa qui?
Lui sorrise. - Strana domanda... Sono qui per te.
- Che significa?
- Intendo dire che è a causa tua se si trovano insieme.
- Non capisco.
Il vecchio alzò il dito, descrisse un cerchio approssimativo nell'aria satura del fumo delle
troppe sigarette accese.
- Alcuni di loro erano a Bagnoli, la sera che ci siamo incontrati... Altri vivevano nel sottobosco
umano della periferia, altri ancora in clandestinità, e non osavano alzare la testa perché si
pensavano soli... Vedevano il marcio, ma forse non avrebbero mai pensato di battersi per
cambiare le cose. Poi hanno letto il tuo proclama, e improvvisamente si sono riconosciuti
compagni.
- Il proclama di Masaniello?
2038: la rivolta Francesco Grasso
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- Proprio così.
La giovane batté le palpebre - E sarebbe bastato per.. E questo posto, allora? Come l'avete
trovato? E l'organizzazione? Chi...
Lui tagliò corto con un gesto della mano. - Lascia perdere, giornalista. Qui c'era gente che
pensava e studiava da anni per fare ciò che noi abbiamo teorizzato in una notte appena. Come
dicevi tu, mancava soltanto un simbolo... e forse un po' di abilità con le parole.
Lara si quietò, nonostante tutto gratificata dall'apprezzamento.
- A proposito... - sorrise ancora Anselmo - Sarebbe bello che tu lavorassi a un nuovo
proclama.
Lei s'irrigidì nuovamente, scorgendo le implicazioni celate dietro la richiesta. Ma poteva
veramente adombrarsi, se qualcuno tentava di usarla? In quella storia, doveva riconoscerlo,
ciascuno aveva cercato di far muovere gli altri nel suo teatrino personale. E lei non aveva fatto
eccezione. Anzi, forse aveva agito con meno scrupoli di chiunque.
Nel capirlo, realizzò un pensiero di colpevolezza bruciante.
- Attilio, Carmine... - mormorò, contrita.
- Chi sono?
- I miei colleghi del giornale... - spiegò lei - Cosa gli sarà accaduto? Devo chiamarli, sentire
se stanno bene.
Anselmo scosse la testa. - Dimenticali.
- Come?
- Ho detto dimenticali. - ripeté perentorio - Una volta che entri a Capodimonte, sei fottuto: ti
innestano segnalatori sottocutanei dappertutto, e con quelli ti tengono poi gli occhi addosso
persino quando stai seduto sulla tazza.
- Queste sono paranoie! - protestò lei. Poi pensò a quanto aveva visto in ospedale, e la sua
voce si spense.
- ...hai mai sentito parlare delle estrazioni mnemoniche, le sedute di bio-indagine, i
condizionamenti? - proseguì Anselmo - Quelli hanno specialisti, mezzi e conoscenze incredibili. A
volte penso che tutti i professori del mondo abbiano finito per lavorare solo per la SSI...
- Hai proprio ragione, compare. - intervenne l'uomo dalle orecchie a punta, allontanatosi per
un istante dal battibecco che ancora infuriava - Quei settantuno hanno tutto. Noi abbiamo soltanto
Masaniello. Non possiamo permetterci di perderlo...
- Settantuno... - ripeté Lara, confusa - Usate questa cifra come un insulto. Perché? Che
significa?
I due uomini si guardarono in faccia. Poi Anselmo scoppiò a ridere. - Davvero non lo sai?
- No.
Il vecchio rise ancora. - Spiegaglielo tu, Stefano.
L'uomo dalle orecchie a punta le si rivolse contrariato. - La Smorfia. Settantuno. "L'omm' 'i
merda".
Lara sgranò gli occhi, stupefatta: la Cabala napoletana era una cosa a cui non aveva
pensato. Anselmo la guardò ancora divertito.
- Non c'è niente da ridere, Anselmo. - protestò Stefano - Senza Masaniello...
- Non l'abbiamo perso. - lo rassicurò il vecchio.
- E allora dov'è?
- Ha deciso di sparire. È un uomo libero, non un soldato. Tornerà quando vorrà... Speriamo
soltanto che sia presto.
- Ma dove è andato? - insistette l'altro, cocciuto - Non si vede da ieri. Non è in nessuno dei
nostri rifugi. E se invece lo avessero preso?
- No, è impossibile, lui...
- Lui cosa? Come puoi esserne sicuro? Potrebbe essere morto, per quello che ne sappiamo.
Un pensiero cominciò a formarsi nella mente di Lara. Lei assistette alla sua nascita come
un'osservatrice imparziale, affascinata dal fenomeno, desiderosa più di goderne la vista che di
2038: la rivolta Francesco Grasso
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valutarlo. Poi il pensiero si concretizzò, e la mente di Lara cominciò a girargli intorno, a sfiorarlo, a
immergersi in esso, a muoversi tra la superficie dell'idea e la sua polpa solida. Infine, l'accettò.
- Credo di saperlo. - disse, asciutta.
- Cosa? - echeggiarono i due uomini.
- Dove si trova lui. Forse l'ho capito.
- E dove?
Lei scosse la testa. - È solo un'intuizione. Ma la seguirò e andrò a cercarlo.
- Vuoi dire andremo.
- No. - la sua voce si fece più decisa - Da sola.
PROCLAMA
Popolo mio,
so di chiederti tanto. Soffrirai, sanguinerai, verserai lacrime a causa mia. Io
non prometto, non giuro a nessuno tra coloro che mi seguono gioie e abbondanza. La
strada su cui cammino è lastricata di tormenti. E su questi dovremo posare i piedi a
lungo, insieme, prima di giungere alla meta.
So di chiederti tanto, popolo mio. E per convincerti non posso dirti altro che ti
amo, che ti amo come la libertà e la dignità, come amo ogni cosa per cui mi batto, come
amo il diritto di tutti gli uomini di lavorare e di non aver fame.
Tu, come me, dovrai dare tanta importanza al nostro sentimento e ai suoi motivi
che il dolore, il sacrificio, la stessa morte, a quel punto, diverranno irrilevanti. Da
evitarsi, certo, ma solo perché sarebbero di ostacolo all'adempimento del dovere che ci
siamo imposti.
Perché il mio, il nostro sentimento, la nostra necessità, si possono esprimere in
un solo modo: combattendo. E noi combatteremo, popolo mio, per rabbia e per amore,
finché la vittoria non ci sorriderà. E allora ci volteremo indietro, insieme, e
contempleremo la nostra opera.
Masaniello
Trovò il vecchio portone dai battenti di bronzo ancor più annerito di smog di come lo
ricordava. Lo toccò, le parve chiuso. Provò a spingere. Dovette appoggiarvisi con tutto il suo peso,
ma alla fine il cardine, cigolando, acconsentì a svolgere il proprio dovere.
La giovane si addentrò con cautela nel cortile interno, aggirando i cumuli di rifiuti e i cespugli
di erbacce che in alcuni punti raggiungevano altezza d'uomo. Un sole preistorico faceva capolino
tra i tetti a spiovente, illuminando quello scenario degradato di brutti colori dalle tinte chimiche.
Le semisfere delle paraboliche vegliavano il cortile come sentinelle armate. Le finestre dei
bassi le parvero oblò di una nave affondata nel cemento. Lara combatté qualche istante coi ricordi,
poi scelse la terza apertura della fila: non era del tutto certa che fosse quella che cercava, ma
decise che avrebbe corso il rischio.
L'imposta si aprì dolcemente, e lei entrò, facendosi strada con le dita tra i veli impalpabili
delle ragnatele. L'ambiente era angusto, il soffitto incombente e curvo come in una fiabesca casa
di gnomi.
L'umidità trasudava dalle pareti e sembrava un essere vivente, una creatura stanziale che
avesse eletto quelle mura a propria dimora, un mostro con macchie di muffa come occhi, il cui
respiro si poteva ascoltare nel lento muoversi dei tendaggi alle finestra, il cui battito cardiaco si
rivelava nel ritmico gocciolio del rubinetto rotto.
- Era la casa di tua madre, vero? - chiese alla figura assisa nella poltrona, immobile, nella
stessa posizione in cui ella lo aveva veduto la prima volta che si erano parlati, come se quegli
ultimi giorni non fossero mai trascorsi, come se in qualche modo il tempo avesse curvato, pietoso
e beffardo, riportandoli indietro per una seconda chance.
2038: la rivolta Francesco Grasso
73
Lui annuì, illuminato nel buio come un quadro di Caravaggio, per nulla sorpreso di vederla
dinanzi a sé. Portava ancora le bende intorno al viso, ma si era cambiato di abito. Indossava un
paio di Jeans troppo grandi per lui, arrotolati più volte intorno alle caviglie nude, e una casacca
spiegazzata, bianca con macchie giallastre sul colletto e intorno ai polsi.
- Perché sei scomparso? - chiese la giovane.
Lui la fissò in silenzio, a lungo, mentre la distanza tra loro sembrava crescere e farsi
immensa. Poi afferrò una caffettiera rugginosa, la rigirò tra le dita, un'aria malinconica dipinta nello
sguardo indecifrabile.
- Perché? - insistette lei.
Ancora silenzio. Il ragazzo sembrava combattuto.
- Lei... - mormorò alla fine.
- Tua madre? Cosa...
- Lei... mi chiamava William. - disse, quasi mordendo le parole - Lo ricordo bene...
- William. - ripeté Lara - È il tuo vero nome, allora.
Il ragazzo strinse le dita intorno alla caffettiera, la scagliò contro la parete, facendone
piangere intonaco. Il suo tono si fece all'improvviso rabbioso.
Lara formulò in quel momento l'immagine che altre volte aveva tentato di definire, ma che
puntualmente, in precedenza, le era sfuggita. Foglie secche. Quando la voce roca e stentata di
Masaniello la toccava, era come se foglie secche le venissero strofinate sulla pelle. Trasalì.
- Chi è lui? - urlò il ragazzo - Mi ha chiamato William! Mi ha chiamato William!
Diede un pugno alla parete. L'unghia del suo pollice saltò via in uno spruzzo di sangue e
pus. Lara rabbrividì, ma il ragazzo non sembrò neppure rendersene conto.
- Mi ha chiamato William! - ripeté, stravolto - Chi è? Chi?!
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Lo trovai dove pensavo, nel luogo che era insieme suo rifugio ed eremo di
meditazione.
La chiesa del Carmine era deserta. Sui lunghi banchi di legno verniciato e
rivestito di smalto, soltanto qualche vecchina vestita di nero e col capo coperto da
veli, inginocchiata a pregare, le lunghe catene dei rosari a pendere mollemente tra le
dita ossute.
Il soffitto a cassettoni decorati, altissimo, ispirava reverenza e una devozione
fatta più di timore che di affezione. L'altare, con le sue forme barocche, occupava con
aria tracotante l'abside dal profilo convesso. Ieratiche statue di santi dominavano,
nella loro marmorea fissità, le navate laterali.
In una nicchia sulla destra dell'altare, due dipinti del tardo settecento
raffiguravano oscuri personaggi nobiliari, grandi benefattori del clero napoletano del
passato.
Tra i dipinti vi era la lapide. Era semplice, spoglia, soltanto l'incisione del
nome e della data a interrompere la nuda linearità della superficie. Così l'aveva
scelta il popolo della città, che aveva voluto nuovamente al sicuro il corpo del suo
sfortunato campione, dopo che re Ferdinando IV aveva fatto sottrarre le spoglie dal
cimitero per distruggere il mito, non pago di aver ucciso l'uomo.
E davanti alla lastra di pietra, nella penombra della chiesa, lui era in piedi,
assorto, il viso celato dalla maschera e le braccia conserte. Lo raggiunsi, portandomi
al suo fianco lentamente, in punta di piedi, respirando con cautela per rispettare il
suo desiderio di raccoglimento.
- Perché sei scomparso? - gli chiesi bisbigliando, quando lui diede segno di
accorgersi della mia presenza.
2038: la rivolta Francesco Grasso
74
Masaniello non rispose direttamente. Guardava la lapide, e le sue labbra si
muovevano appena masticando qualche parola inintelligibile. Il filo dei suoi pensieri
lo aveva portato chissà dove, e a me non restava che tentare affannosamente di
seguirlo.
- Sai come fu vinto, alla fine? - mormorò in un timbro neutro, facendola suonare
più come un'affermazione che come una domanda.
Le sue parole mi lasciarono interdetta. Parlava dell'uomo il cui corpo giaceva
dietro la lastra di pietra, questo era ovvio. Ma il tono con cui le aveva pronunciate
faceva pensare che stesse proseguendo una discussione aperta da tempo. Una discussione
in cui io non ero mai entrata, cui non ero neppure stata invitata. Mi sentii
un'intrusa, e non riuscii a far altro che scuotere la testa in silenzio.
- Eppure dovresti.
- Dimmelo tu. - sussurrai.
- Fu fatto impazzire con la roserpina. - disse serio lui, mordendosi le labbra.
- La roserpina? Cos'è?
- Un allucinogeno. Il più potente, all'epoca... Come il Sale Lucente lo è oggi.
- Non lo sapevo. - ammisi.
Lui si strinse nelle spalle - Che strano... Il destino si diverte a rimescolare le
nostre storie... O forse siamo noi, stupidi, che non impariamo nulla dal nostro
passato, che continuiamo a ripetere gli stessi errori, in eterno.
Non trovai nulla da replicare. Ma non avevo bisogno di farlo: capivo che, ancora
una volta, mi aveva scelto come confidente per le sue riflessioni più intime, e non
volevo far nulla che rischiasse di spezzare la fragilità del momento.
- Forse non sono degno di portare il suo nome. - considerò Masaniello, un filo di
emozione a colorare la sua voce roca.
- Perché?
- Lui è stato un gigante... io nessuno. Come posso sperare di ripetere le sue
gesta? Di trionfare come fece lui?
Battei le palpebre, perplessa.
- Trionfare? - protestai, tirando faticosamente le fila dei miei ricordi
scolastici - Lui non trionfò affatto.
- Ti sbagli.
- Davvero? - ribattei, piccata dal suo tono di riprovazione - Non rammento bene,
ma mi sembra che...
- Masaniello vinse. - tagliò corto lui.
- Ma... non è vero. - protestai - Lui incitava alla rivolta col grido "Viva il
re", fu proprio Ferdinando a decretarne la rovina... Fu abbandonato dai suoi fedeli,
denigrato, imprigionato, e alla fine venne giustiziato.
- Quanto sei sciocca... - esclamò Masaniello.
La sua voce echeggiò stentorea nella navata. Una vecchina alzò la testa e si voltò
nella nostra direzione. Ma la penombra, o forse la miopia dell'età, le impedirono di
scorgere alcunché d'insolito, e dopo qualche istante tornò a dedicarsi al suo rosario.
- Forse fu ucciso... - sussurrò - Ma non venne sconfitto.
2038: la rivolta Francesco Grasso
75
- Non capisco.
- Pensaci... - insistette in tono sognante - Lui viveva in un'epoca in cui la
Storia era scritta da Papi e da Re. Il popolo non aveva voce né dignità, non sapeva
neppure di esistere come entità, non ne aveva nessuna cognizione. Era possesso
personale dei potenti, una semplice estensione fisica del loro dominio: era bestiame,
merce di scambio, massa cieca da cui esigere tributi e pretendere obbedienza, era carne
da macello per guerre sanguinose senz'altro scopo che la conquista di un titolo o la
successione a un trono.
- E allora?
Masaniello si avvicinò. Il suo viso e il mio si sfiorarono. Avrei voluto muovermi,
scostarmi da lui, ma non potevo, sedotta dalla carica magnetica che vibrava nella sua
voce.
- Lui arrivò e s'impose in quello scenario ostile con la forza di un uragano. -
ringhiò, soffiandomi il fiato nelle orecchie - Abbatté le convenzioni, sconvolse il
pensiero e una tradizione vecchia di secoli. Dimostrò al mondo incredulo che il figlio
di un semplice pescatore poteva sollevare moltitudini e far tremare sui loro scranni le
teste coronate e i cardinali vestiti di porpora. Inventò un concetto che prima di lui
mai era esistito: il concetto che gli umili, i poveri, gli sfruttati, come li chiamava
lui i lazzari, potevano lottare non soltanto per servire in armi il proprio signore
feudale, ma in difesa dei loro diritti, contro i loro sfruttatori.
Le sue parole si fecero accese. Io trattenevo il respiro, soggiogata.
- Lui fu il primo. Il suo spirito, lo spirito del riscatto degli sfruttati,
percosse la terra col marchio del fulmine, bruciando tutto ciò che toccava, facendo
vacillare gli imperi, echeggiando nelle menti e nei secoli a venire. Uno spirito così
potente, credimi, non ha nulla da temere da un'inezia come la morte fisica; uno spirito
del genere è immortale. Per questo lui non è stato vinto. Forse è stato ucciso, ma non
vinto. Chi combatte per idee così grandi non può mai essere veramente sconfitto.
- Lo credi davvero? - bisbigliai, confusa.
- Ne vuoi la prova? - sorrise, sicuro di sé.
Io annuii. La fluidità del discorrere, l'abilità oratoria, in un uomo d'azione
come lui, mi affascinavano.
- Sai dirmi il nome dei persecutori di Masaniello? Il nome dei nobili e dei membri
del clero che lo giudicarono? Il nome del governatore che firmò la sua condanna? Quello
dei suoi carcerieri?
- No... - ammisi - Non credo.
- Eppure tu dici che sono stati loro a vincere... - pungolò lui, beffardo - E
perché? Forse perché hanno vissuto un pugno d'anni più a lungo? Loro sono morti e
sepolti, cibo per vermi, proprio come Masaniello. Ma, a differenza di lui, la Storia li
ha cancellati. Della loro futile vita si è tramandato solo un frammento, il poco che
costoro hanno avuto in comune con l'uomo che tu credi loro vittima, e che invece è
stato il vero vincitore...
Sorrise di nuovo - Capisci, adesso, perché lui ha trionfato? Il suo nome si è
tramandato nei decenni, nei secoli. Nessun uomo può aspirare a una vittoria più grande.
Se è scritto che due pesci del mare debbano incontrarsi,
non servirà al mare essere cento volte più grande.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Chi è lui? - ripeté, accasciato nella poltrona di panno stinto, la testa tra le mani, il corpo
scosso da tremiti convulsi - Devo scoprirlo. Devo...
2038: la rivolta Francesco Grasso
76
Lara si avvicinò a disagio, allungò un braccio, gli sfiorò una spalla con le dita. Lui sussultò, e
lei si ritrasse, intimorita.
- William... - tentò.
Lui non si mosse. Lara si augurò che la stesse ascoltando.
- William, vieni con me, ti prego.
Lui scattò, respingendo il contatto. - Voglio stare da solo.
- Anselmo e gli altri ti stanno cercando. Hanno bisogno di te.
Lui scosse la testa.
- Capisco ciò che senti... - tentò ancora la giovane - È un momento difficile, ma è meglio
anche per te se restiamo tutti uniti.
Il ragazzo si passò una mano sulla nuca. Poi fissò le ciocche sfibrate e i brandelli rossastri di
cute che gli erano rimasti tra le dita, e storse la bocca.
- Perché?
- Be', Anselmo e gli altri hanno fatto dei piani per...
Lui balzò in piedi con fare rabbioso. Diede un calcio al mobile dagli sportelli laccati,
sventrandolo senza sforzo, mandando all'aria i suppellettili che conteneva. Tazzine di ceramica,
piatti dai colori tristi, piccoli vassoi dal taglio dozzinale si schiantarono al suolo, riducendosi in
frammenti minuti.
- Io me ne sbatto della vostra rivoluzione, vuoi capirlo o no?! - urlò.
Lara arretrò, spaventata. - Ma... ma tu...
- Me ne sbatto dei discorsi di quei vecchi imbecilli! - ringhiò, la voce spezzata - Me ne sbatto
dei loro problemi e delle loro proteste! Me ne sbatto di Anselmo! E me ne sbatto anche di te!
- Guardami! - ingiunse, mostrando il sangue che gli macchiava le dita, l'unghia orribilmente
mutilata, le ciocche cadenti - Sto marcendo! Sto andando a pezzi! Mi sento mordere dentro,
divorare! E a nessuno importa!
La giovane s'impose di restare calma. Il ragazzo le sembrava sul punto di perdere il
controllo, ma gli eventi e le rivelazioni degli ultimi giorni l'avevano temprata, e sentiva di essere
divenuta in qualche modo una donna diversa, dura, risoluta.
- A me importa. - disse, con la voce che le tremava appena.
- Non è vero.
- Lo è. E vale anche per i tuoi amici. Tu lo sai bene: finora vi siete battuti dalla stessa parte.
Questo deve pur significare qualcosa, no?
- Non mi sono battuto dalla parte di nessuno! - urlò ancora lui, con voce spezzata - Volevo
solo vendicarmi... Sì, vendicarmi. Ma adesso... adesso voglio qualcos'altro.
Afferrò una sedia dalla spalliera di metallo, la torse tra le dita. Lara intuì i singhiozzi che
l'altro tentava di reprimere.
- Quest'uomo che mi conosce... - balbettò - ...che mi chiama come faceva mia madre... Lui
può dare risposte alle mie domande... Io devo trovarlo...
- Anch'io lo voglio. - disse d'impulso Lara.
Lui le scoccò un'occhiata sospettosa.
- Ha un conto in sospeso con me - spiegò la giovane.
Il ragazzo la fissò ancora, in silenzio. Tra le sue mani, le sbarre d'acciaio della sedia si
deformavano come creta umida.
- Come vedi, abbiamo lo stesso obiettivo.
Masaniello non reagì. In quel momento, finalmente, le apparve come un ragazzo, soltanto un
povero ragazzo smarrito.
- Vieni con me? - insistette lei, speranzosa.
Dopo un tempo che le parve infinito, lui mosse avanti la testa, annuendo quasi
impercettibilmente. Poi allungò un braccio, si protese verso di lei.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Lara, sorpresa, stentò a capire cosa il ragazzo volesse. Quando realizzò, una sensazione di
calore le percorse le membra. Turbata e commossa, si avvicinò, gli prese le mani, e lasciò che il
ragazzo le affondasse la testa in grembo.
Poi sussurrò piano parole senza senso, e lo carezzò finché non lo sentì calmarsi. Finché non
scoprì che era lei, adesso, ad avere gli occhi umidi.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Giudicare l'indolenza, la rassegnazione, il fatalismo come tratti fondamentali
dello stile di vita partenopeo è un luogo comune da sempre ben radicato. Tra le virtù
universalmente riconosciute al popolo di Napoli c'è forse l'arte di arrangiarsi, o la
cucina e il bel canto, ma non certo la grandezza eroica e lo spirito di sacrificio
necessario per una rivoluzione.
Tali preconcetti sono alla base dello stupore e dello scetticismo con cui
l'opinione pubblica (soprattutto gli analisti politici) accolsero le prime notizie
della rivolta di Masaniello. Non soltanto il significato di ciò che accadeva non venne
colto, ma vi fu, da parte di chi avrebbe dovuto sentirsi minacciato, una clamorosa
sottovalutazione del pericolo.
Questo giudizio erroneo influì in modo decisivo sul corso della rivolta. Difficile
dire cosa sarebbe avvenuto se le autorità avessero compreso dall'inizio la portata
dell'emergenza. Di certo i rapporti di forza, e l'esito dei primi scontri, sarebbero
stati ben diversi...
A posteriori, non possiamo che assegnare agli avversari di Masaniello il fardello
di una miopia assoluta e di una profonda ignoranza (dovuta a disinteresse, se non
addirittura a disprezzo) per la storia della città che governavano.
Chiunque avesse guardato con occhio obiettivo al passato di Napoli, infatti,
avrebbe scorto tutti i precedenti di cui aveva bisogno per allarmarsi. Senza bisogno di
giungere al Masaniello seicentesco, sarebbe stato sufficiente pensare a cosa avvenne
nel corso dell'ultimo conflitto mondiale.
Dal 27 al 30 settembre del 1943, come forse non tutti sanno, la città di Napoli
insorse contro gli occupanti nazisti. Hitler, furioso, telegrafò al feldmaresciallo
Kesserling ordini terribili: i guastatori della Wehrmacht e i panzer, testualmente,
dovevano lasciare dietro di loro soltanto "cenere e fango". Ma in quelle magnifiche
quattro giornate, una popolazione in gran parte femminile, quasi senza armi, inflisse
all'esercito tedesco l'unica sconfitta popolare da esso subita nel corso della guerra.
La routine è la nostra stampella. Se si spezza cadiamo in ginocchio.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
L'agente scelto Moretti avvertì il sat-com vibrare contro la stoffa della tasca interna del
giubbotto. Si liberò bruscamente dei piccoli questuanti che lo attorniavano implorando centesimi di
euro, che gli strattonavano il vestito, che lo assillavano con improbabili storie di genitori malati e di
fami ataviche.
Con calma e circospezione, si guardò intorno in cerca di un luogo appartato. Scelse il rudere
di una chiesa, vittima di chissà quale passato vandalismo e mai più restaurata, intorno al quale si
aggirava solo un branco di cani d'aspetto tremebondo.
Dietro un basso muretto di mattoni sbrecciati, vide un paio di travi crollate su cui erano
incongruamente cresciuti folti ciuffi di margherite. L'agente vi si sedette, aprì il giubbotto, controllò
ancora una volta che nessuno lo stesse tenendo d'occhio, portò il comunicatore all'orecchio.
- Sì?
- Qui Boselli. - disse la voce all'altro capo dell'apparecchio - Dove ti trovi? Non riesco a
tracciarti.
- Aspetta. - replicò Moretti. Pigiò un pulsante sul fianco del sat-com e attese il bip! di
conferma.
- Ho acceso il segnale. - avvertì. Poi il suo tono si fece cupo. - Ma la consegna è tenerlo
disattivato, lo sai.
2038: la rivolta Francesco Grasso
79
La voce ridacchiò. - Che stronzata. Come se quei morti di fame potessero intercettarci...
Comunque, adesso ti vedo. Tre, sette, uno... Ho capito. Sarò da te tra un paio di minuti.
- Muoio dalla voglia. - brontolò Moretti, spegnendo il comunicatore.
Poi si alzò per sgranchirsi le gambe. Il ginocchio non doleva più, ma continuava a
manifestare la sua voglia di protagonismo con sporadiche fitte e un continuo prurito intorno
all'articolazione, laddove i trapianti di pelle sintetica erano attecchiti. La clavicola, dal canto suo,
non voleva essere da meno, e lo tormentava ancora con periodiche punture di fastidio e
un'irritante contrattura dei fasci muscolari.
Anche in quel momento, gli sembrava di avere una lastra di cemento tra la base del collo e
l'attacco dell'omero. Moretti provò a sollevare il braccio, a toccarsi con la mano la sommità della
testa. Sollecitò l'articolazione per quanto gli era possibile; alla fine, grugnendo per lo sforzo, tornò
a sedersi, frugò nelle tasche alla ricerca del flacone, tirò fuori le pillole, ne inghiottì tre in rapida
successione.
Non più di una al giorno, almeno per la prima settimana, aveva raccomandato il medico.
Moretti fece una smorfia, poi ne mandò giù altre tre con ostentazione.
Dottori del cazzo, pensò. Lo avevano tenuto per giorni e giorni senza stimoline, lo avevano
infilzato d'aghi come un puntaspilli, gli avevano infilato sonde in ogni orifizio disponibile, lo
avevano lasciato appeso ai cavi della trazione come un quarto di bue, e alla fine di tutti quei
supplizi non poteva dirsi neppure soddisfatto del lavoro...
Il ronzio del motore lo destò dal suo malumore. Voltandosi, Moretti scorse una motocicletta
male in arnese che emergeva dal fronte del traffico e gli si avvicinava sollevando mulinelli di
polvere e immondizia. A cavalcioni della sella affusolata c'era Boselli. Anche lui, come Moretti, era
in borghese.
- Jacques? - azzardò il nuovo arrivato, incerto - Sei tu?
Moretti annuì seccamente, sfiorando con le dita lo strato di plasticarne che gli addolciva la
curva del naso e gli alzava gli zigomi. Detestava subire sedute di camuffamento, ma facevano
parte della consegna.
- Belle trecce. - lo canzonò il collega - Una perfetta acconciatura kazako-rasta. Complimenti.
Moretti gli scoccò un'occhiata truce. - Stronzo... Almeno io non sono vestito come un
pagliaccio.
L'altro accettò il colpo con aria sorniona. Dimostrava una ventina d'anni, era robusto, le
gambe lunghe, i capelli color mattone tagliati a spazzola, gli occhi chiari. Indossava una casacca di
tessuto plastificato tinta a colori vivaci, portava uno zainetto XL-free sulle spalle, stivaletti russi alla
caviglia, braccialetti di moda tra i teenager, e una bandana intorno al collo come il protagonista
della soap-opera che spadroneggiava sulla RTV.
- Monta, Jacques. - ingiunse - Dobbiamo andare.
Moretti salì a cavalcioni della motocicletta, sistemandosi alle spalle del collega. Infilò il casco
in monofibra che l'altro gli porgeva e gli fece cenno di essere a posto. Boselli mise in moto e
s'immise nel flusso del traffico, imboccando la corsia da cui era appena giunto.
- Sei già in missione... - considerò, parlando all'interfono - Sono sorpreso, Jacques...
Moretti faticò qualche istante a individuare il microfono inserito nel casco, poi rispose di
malumore. - Perché?
- Be', ti avevo visto piuttosto conciato, lassù al Cardarelli.
- Lo ero. - ammise.
- Be', allora cosa ci fai già in giro?
- Ho chiesto di prendermi un periodo di congedo... Domanda stracciata.
- Ti sei fatto l'infermiera, almeno? - ghignò Boselli, schivando di pochi centimetri il furgone
Iveco di un venditore ambulante - Era un bel pezzo di carne, ricordo...
L'altro si morse le labbra. Ci aveva pensato più volte... Perché non le era saltato addosso, a
quella puttanella, quando finalmente lo avevano liberato dalla trazione? Cos'era stato a
trattenerlo? Il senso d'intimità che nonostante tutto si era stabilito tra loro, in quei giorni di aghi
2038: la rivolta Francesco Grasso
80
nella pelle e di silenzio? I pensieri strani, quei fastidiosi scrupoli figli dell'astinenza? Non avrebbe
saputo dirlo.
- No... - ammise, a denti stretti.
- Davvero? - Boselli sembrò stupito - Da non credere.
- Invece è così. - tagliò corto Moretti.
Boselli diede gas. - Be', puoi tornare e darle il dovuto a tuo comodo: lei non scappa di certo. -
poi ridacchiò. - Di' un po', l'hai mai fatto con una ragazza imbottita di stim? È fantastico!
Moretti brontolò qualcosa di riflesso, senza il minimo interesse.
- I civili non reggono le nostre miscele. Ascolta: il mese scorso mi sono fatto la fioraia
all'angolo di Capodimonte. Era un pezzo che mi tirava, quella zoccola... Ho aspettato che
abbassasse la serranda per chiudere il negozio, sono entrato e ho sbarrato la porta. Poi l'ho
sbattuta sul tavolaccio e l'ho costretta a tirare una boccata... Vuoi?
Moretti guardò contrariato l'inalatore logorato dall'uso che l'altro gli stava porgendo.
- No, grazie. - disse di malumore: avrebbe preferito che il collega tenesse entrambe le mani
sul manubrio - Ho appena fatto il pieno.
- Come vuoi. - concesse l'altro.
Continuando a guidare la motocicletta con un braccio solo, schiacciò il tubetto, lo scosse
finché il preparato in esso contenuto non cambiò colore, lo infilò nella narice e inspirò
profondamente. I suoi occhi chiari si appannarono per un istante, poi divennero luccicanti di
soddisfazione chimica.
- Dicevo... l'ho costretta a tirare un fiato. Avresti dovuto vederla, dopo... - ghignò - Non
riusciva assolutamente a controllarsi. Strillava e si dibatteva, ma il corpo le andava per conto suo.
Le ho fatto di tutto, e non ho avuto neanche bisogno di legarla. Mugolava come una gatta in
calore... Alla fine voleva denunciarmi. Stupida... - ridacchiò ancora - Certa gente non riesce
davvero a capire.
Moretti non espresse alcun commento. Boselli intuì finalmente il cattivo umore del collega, e
decise d'interpretarlo a suo modo.
- Non essere incazzato per il tuo congedo, Jacques. - disse in tono leggero - Il Comando ha
respinto tutte le domande: siamo in emergenza.
- Lo so. - mormorò Moretti, tornando con la mente alla figura incappucciata che incombeva
nei suoi incubi da quella notte di fiamme e di vetri infranti.
- Emergenza Masaniello. - specificò Boselli - Hai visto il nuovo proclama di quello stronzo?
- Un po' difficile ignorarlo. - bofonchiò Moretti - Sta su tutti i siti della Rete.
- Infatti. Abbiamo fatto vedere i sorci verdi, a quei rottinculo de Il Mattino, ma non è servito a
un cazzo...
Moretti, che cominciava a essere infastidito dalla petulanza e dalla volgarità del collega,
ripiombò nel silenzio.
- Sai cosa penso? Quei finocchi dell'informazione hanno troppa libertà. - proseguì Boselli,
sterzando per imboccare una strada laterale meno affollata - Ha ragione "Denti di ferro". Hai
sentito il suo discorso alla RTV?
- Il discorso di chi? - chiese Moretti, perplesso.
- Jean Lecherche. I ragazzi lo chiamano così per l'innesto vocale che...
- Lascia perdere. - tagliò corto Moretti, ormai decisamente nervoso - Qual è la situazione?
Boselli accondiscese. Il suo tono divenne più eccitato.
- Warn-con4... Lo so, è un po' poco, ma sempre meglio di un calcio nei coglioni. Sarrese si
sta battendo per il tre. Per il momento, però, il Comando rifiuta.
- A Francoforte devono avere altre idee. - mormorò a mezza voce Moretti. Chissà perché,
quel pensiero lo rendeva particolarmente depresso.
- Come? - chiese l'altro, che non aveva afferrato.
- Lascia perdere, Nico. Va' avanti.
2038: la rivolta Francesco Grasso
81
Boselli scrollò le spalle. - Livello quattro, dicevo. Pattuglie intorno a tutti gli hot spot della
mappa, convertiplani in volo h24, presidi in forze a Poggioreale, Capodichino e al Porto... - fece
lampeggiare le frecce, sorpassò un veicolo da trasporto dalla targa improbabile, con tutta l'aria di
essere stato rubato - A noi stronzi, come al solito, è toccata l'infiltrazione. Il Comando vuole
informazioni di prima mano.
- Seguiamo una traccia precisa? - s'informò Moretti.
L'altro annuì. - Qualcuna...
Accostò, spense il motore e smontò. - Siamo arrivati.
Puntò il dito verso un edificio poco distante. - Vedi quel portone?
- E allora?
- L'ho tenuto d'occhio tutta la notte. È l'ora di salire e dare un'occhiata dentro. Vieni con me.
Moretti lasciò la motocicletta in equilibrio precario sul suo cavalletto incrostato di fuliggine e
andò dietro al collega. Il portiere dello stabile lanciò loro uno sguardo interrogativo, ma
l'espressione truce dei due uomini lo indusse a farsi da parte.
Salirono alcune rampe di scale, fermandosi su un pianerottolo ornato da felci in grandi vasi di
plastica verde. Boselli si avvicinò alla parete, prese tra il pollice e l'indice quella che sembrava una
farfalla notturna, la girò, le premette il polpastrello sul ventre. Gli occhi dell'insetto emisero uno
scintillio.
- Da qui non è passato nessuno. La quaglia ha preso il volo. - sentenziò l'uomo, riponendo la
farfalla-sensore nello zainetto - Non resta che entrare.
Moretti lanciò al collega uno sguardo inespressivo. Perché doveva parlare tanto? La testa gli
doleva. Forse aveva bisogno di un'altra pillola...
- Scostati. - lo esortò Boselli - Questa è la specialità di zio Nico.
Osservò con cura professionale la serratura, fece scorrere le unghie lungo la fessura per la
carta d'identificazione. Alla fine sembrò soddisfatto.
- Siemens Saesam II. - gongolò - Dovrei averla...
Aprì lo zaino, vi frugò dentro, ne trasse un minuscolo digipad. Lo accese, picchiettò
brevemente sulla tastiera, lo puntò contro la serratura. I led si accesero in sequenza. La porta si
aprì con un sibilo.
- Prego. - disse Boselli, sardonico.
Moretti entrò nell'appartamento sbuffando. In quel momento, avrebbe voluto solo potersi
stordire con l'alcool e le stim, e poi dormire per una settimana.
- Non vuoi sapere come riesco a fare questi giochetti? - lo punzecchiò il collega.
- Sinceramente no. - replicò lui in tono cupo, guardandosi intorno.
- Sei il solito stronzo. - commentò Boselli, deluso - Be', io te lo dico lo stesso. Siemens, SGSThompson,
AEG, Philips e quasi tutti gli altri paperoni europei dell'elettronica hanno firmato un
accordo: ogni loro chip ha una funzione di controllo "dormiente", sensibile a un codice noto ai
reparti speciali. Se ci gira possiamo bloccare i sistemi di autoguida, intercettare le comunicazioni,
aprire le serrature elettroniche e tanti altri scherzetti. Oggigiorno, se ti difendi con la cibernetica, è
come se girassi a chiappe nude in un locale di froci... Ecco perché io uso una Yamaha di vent'anni
fa. - concluse, strizzando l'occhio.
Moretti rifiutò ostentatamente di prestare attenzione alle rivelazioni da quattro soldi del
collega. Gli voltò le spalle e rimase chiuso nel suo silenzio.
Che pallone gonfiato, pensò. Volgare e imbecille. I tipi come lui mi danno allo stomaco. Il
problema è che ce ne sono tanti, alla Sezione...
Badando bene a dargli sempre e comunque le spalle, si diresse alla porta scorrevole che
chiudeva l'angolo del piccolo soggiorno.
- Io mi occupo del bagno. - disse freddamente - Procedura standard. Tu fa' quel che ti pare.
Senza aspettare conferma, varcò la porta scorrevole e accese la luce del minuscolo
cubicolo. Il soffitto s'illuminò di un chiarore diffuso.
2038: la rivolta Francesco Grasso
82
Le pareti e il pavimento erano rivestiti da piastrelle color papiro; un armadietto a muro
tracimava pettini, spazzolini e necessaire per il trucco, segno inequivocabile che la casa aveva
un'occupante femminile. Un accappatoio ripiegato giaceva in ordine sull'asciugatore a microonde.
L'uomo l'annusò: appena umido; odori leggeri, lavanda e talco, nessun profumo particolare.
Uno specchio rettangolare cinto da una cornice bianca si estendeva dal lavandino al pensile
portasciugamani. Moretti batté le palpebre, si vide riflesso: spalle larghe, la sinistra più alta della
desta, addome asciutto, collo nervoso; viso reso irriconoscibile dal camuffamento, espressione
guardinga e rancorosa, paradigma del suo stato d'animo.
Distolse lo sguardo. Non aveva voglia di confrontarsi con l'uomo nello specchio, meno che
mai di affrontare con lui una discussione. Ne sarebbe uscito certo sconfitto.
Meglio concentrarsi sul lavoro. Dalla tasca interna del giubbotto trasse l'equipaggiamento
"H". Aprì la busta, scelse un paio di pinzette e un set di provette, si inginocchiò di fronte al water e
nel box doccia, eseguì con coscienza la procedura.
Quando ebbe finito, tornò nel salone. Boselli era intento a battere il perimetro del piccolo
ambiente in tappe devastatrici. Aveva già sventrato i divani, strappato le tende, rovesciato i vasi,
abbattuto i pensili, sparso mimose e bouganville sul tappeto pseudocinese, lacerato la carta da
parato, sfondato le scansie dell'angolo cottura. E proseguiva con metodicità, con evidente
intenzione di non lasciar nulla intatto.
- Stai cercando qualcosa in particolare, Nico? - chiese Moretti, in tono neutro.
- No. - disse lui, affondando il coltello d'ordinanza nella stoffa dipinta a tulipani.
- Cosa stai facendo, allora? Ti stai divertendo?
- Yep! - esclamò Boselli - Ho aspettato tutta la notte che questa stronza tornasse a casa.
Devo pur ripagarmi in qualche modo, non credi?
- Hai controllato il terminale? - disse Moretti, asciutto.
- Stavo per farlo. - l'uomo accese lo strumento, meditò qualche istante di fronte alla richiesta
di password, impugnò nuovamente il digipad.
I controlli d'accesso si arresero docili. Boselli scorse il registro delle ultime chiamate.
- Interessante... - mormorò, mentre lo schermo si riempiva dell'immagine d'una donna
corpulenta dai capelli turchese.
Moretti diede un'occhiata, provando una vaga sensazione di familiarità.
- La tizia che cerchiamo... - disse controvoglia - Chi è?
- Ah! - esclamò Boselli, illuminandosi d'un sorriso fatuo - Ti è restata un po' di curiosità, in
fondo! Perché fai la scena del lobotomizzato, allora?
- Va' all'inferno, Nico.
L'altro rise. - Più tardi, magari. Adesso ci aspetta una visita a una vecchia signora...
Andiamo.
Non si curarono di chiudere la porta dell'appartamento. Scesero le scale, scoccarono una
seconda occhiata truce al portiere, intento a sorvegliare le attività di un gruppetto di scugnizzi
elemosinanti all'angolo del palazzo, attraversarono la strada, inforcarono la motocicletta.
Boselli salì davanti, eccitato; Moretti dietro, cupo: il suo senso di malessere in quel momento
toccava un vertice. Sentiva di disprezzare il vanitoso collega che lo accompagnava, di detestare la
squallida missione che gli era stata assegnata, di odiare quella città psicopatica e l'intero mondo...
Partirono. La strada correva ai fianchi della Yamaha, ma Moretti quasi non se ne accorse.
Era stato vittima altre volte di una depressione simile. Mai, però, quando aveva in corpo così tanta
stimolina.
Era quest'ultimo pensiero, soprattutto, a renderlo inquieto. Dentro di lui, lo intuiva, si era rotto
qualcosa di più profondo di una clavicola o di un ginocchio, qualcosa di tremendamente più
importante, che si era spezzato forse in modo definitivo.
- Ho tracciato la chiamata. - blaterò Boselli, in un tono che gli parve odioso - Ci siamo.
2038: la rivolta Francesco Grasso
83
Moretti si guardò intorno. Non aveva badato alla strada, ma dovevano essere dalle parti di
Agnano. Non che la folla di ambulanti, scugnizzi in lacrime, contrabbandieri e taroccatori fosse
diversa lì che in altri punti della città...
Accostarono di fronte a una schiera di palazzi a tre piani di architettonica bruttezza. La
facciata era verde bile, i balconi sembravano registratori di cassa, i vetri polarizzati alle finestre
guardavano il mondo come occhi strabici. I platani intorno agli edifici erano consunti dalla necrosi
ossida, come del resto l'intero patrimonio boschivo della metropoli.
Boselli spense il motore, controllò le indicazioni del digipad, si diresse con passo sicuro
verso uno dei portoni. Suonò.
L'abbaiare di un cane precedette di qualche istante il Chi è?
Boselli indirizzò un'occhiata propositiva al collega. Moretti scosse la testa. L'altro atteggiò i
lineamenti del viso a un plateale punto interrogativo.
Di malumore, Moretti scrollò le spalle. - Improvvisa. - ingiunse.
- Siamo colleghi di sua figlia, signora. - azzardò Boselli.
Una sezione della porta si fece traslucida. Oltre il composto attivo, adesso polarizzato,
apparve la figura corpulenta della matrona che i due avevano visto al terminale. Di nuovo, Moretti
trovò che i tratti della donna avevano un che di familiare. L'aveva mai vista? Probabilmente no, si
disse. Eppure gli rammentava qualcuno.
- Siamo preoccupati, signora. - insistette Boselli - Non vediamo sua figlia da due giorni. Ne
ha notizie?
La matrona restò qualche istante in silenzio. La sua espressione era stolida, e Moretti intuì
che aveva difficoltà di comprensione.
- Come dite? - balbettò.
Boselli ripeté la richiesta. Questa volta la porta si aprì. Ai piedi della donna, un dog-tek
agitava la coda di plasticarne e fissava gli intrusi con occhi sintetici e acquosi.
- Siete amici di Lara? - chiese, con una giovialità appena oscurata dall'ansia. Le ciglia finte,
malamente sistemate, le donavano un'aria bizarra. Un monile di vistosi cristalli orbitali scintillava
intorno al collo carnoso.
- Amici intimi. - confermò Boselli, impassibile.
- Oh! Che cari...
- Sa dove possiamo trovarla?
- Mi dispiace, tesori. - si scusò lei - Lara non si fa sentire da Martedì. È molto disdicevole da
parte sua, lo so... Quella ragazza mi farà morire di crepacuore. Lasciare sua madre senza notizie
così a lungo... Tipico del suo segno.
Moretti, disgustato, ammiccò in direzione del collega.
- Sta dicendo la verità. - bisbigliò Boselli, leggendo il report del digipad - Almeno ne è
convinta.
- Stiamo perdendo tempo, allora. - disse cupo - Andiamo.
L'altro sorrise, scoprendo i denti. - Non aver fretta.
Estrasse la pistola d'ordinanza, sparò al dog-tek. Diede una spinta alla matrona, mandandola
a sbattere contro la parete.
Ed entrò.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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12
L'America è 'rrivata, s'è pigliata 'e meglio posti 'e chesta città
Mentre nuje jettammo 'o sang' dinto 'e Quartieri e 'a Sanità
Pino Daniele
Il sole precipitava tristemente oltre la cortina di cemento. La sera saliva e si diffondeva
inesorabile, avanzando in una lama netta e scura che ghigliottinava i palazzi.
Il genofalco si librò nell'aria, incerto. Volteggiò sull'incrocio intasato dal traffico, tornò indietro,
batté le ali meccaniche e cabrò di nuovo. Uno sparuto stormo di rondini gli si affiancò, ma bastò
uno stridio sintetizzato dalla sua ugola in kevlar per far allontanare quei curiosi ingenui e
inopportuni.
A dispetto del nome, la sagoma del genofalco ricordava più quella tondeggiante di un
gabbiano che il profilo a freccia di un predatore. Ma se la mimetizzazione gli aveva imposto altre
forme, il suo ruolo era pur sempre quello del cacciatore, e nessun abitante del cielo poteva
permettersi di equivocare.
- Dannato chindogu! - sibilò Boselli, sterzando per stargli dietro - Rottame tecnologico! È già
la terza volta che passiamo di qui! Ci sta facendo girare in tondo!
Poi, rivolto al compagno. - Con cosa l'hai caricato?
- Tessuti. - replicò secco l'altro, senza guardarlo in faccia.
- I soliti capelli e unghie? Perché stenta tanto a trovare la traccia, allora?
L'altro rimase in silenzio. E questa volta, finalmente, Boselli non poté fare a meno di cogliere
il suo malumore.
- Sei nero, Jacques?
Silenzio.
- Non ti è piaciuto lo show laggiù, a casa della vecchia?
Finalmente, Moretti reagì. - Perché l'hai fatto, Nico?
Il suo tono risentito sorprese il collega. - Che ti prende?
- E me lo chiedi? È stato disgustoso.
L'altro strabuzzò gli occhi, incredulo. - Disgu... che? Di che cazzo stai parlando?
- Lo sai benissimo. - ringhiò Moretti, nauseato al pensiero di ciò che si erano lasciati alle
spalle una manciata d'ore prima.
- Stai scherzando? Ehi, Jacques, non è la prima volta che ci divertiamo un po' fuori
ordinanza... Ricordi la perquisizione all'Eremo dei Camaldoli? Ricordi le suore? Allora non hai fatto
obiezioni. Mi sbaglio?
Moretti si morse le labbra, torvo. Il fatto che l'altro avesse ragione non bastava a giustificarlo.
Niente affatto. Boselli era un bastardo. Un totale, irreparabile, compiaciuto bastardo. Cultore della
violenza inutile, amante della sopraffazione, artista della tortura e del pestaggio. Una volta, doveva
riconoscerlo, l'aveva ammirato, se non altro per la naturalezza con cui eseguiva quegli exploit di
efferatezza. In quel momento, la sua sola presenza bastava a disgustarlo.
- Fammi un favore, Nico. - concluse, cupo - Sta' zitto.
L'altro schioccò la lingua. - Come vuoi... Guarda: l'uccello ha trovato la pista.
Moretti alzò lo sguardo. Nel chiarore turpe del tramonto, il genofalco piegava le ali e compiva
cerchi sempre più stretti, puntando un edificio massiccio e scuro circondato da un reticolato
rugginoso, affacciato sul litorale come un enorme scoglio turrito.
- Guarda guarda... - commentò Boselli a mezza voce - La vecchia base NATO. Un buon
nascondiglio...
- Credevo fosse stata sigillata. - mormorò Moretti, in un tono che tradiva tutto il suo
disinteresse.
- Yep! - assentì l'altro - Quando gli yankee sono andati a casa dopo gli accordi di Brest,
hanno lasciato trappole termiche, bio-tossine, recinzioni elettrificate... Evidentemente ci sono topi
molto laboriosi, da queste parti... - accostò, spense il motore, smontò - Andiamo a vedere.
2038: la rivolta Francesco Grasso
85
Nascosta la Yamaha dietro una staccionata, i due avvicinarono all'edificio, guardingo Boselli,
con aria apatica Moretti. Il terreno intorno alla base, una volta curatissimo, si era ridotto a una
discarica di rifiuti. Sul vecchio campo da baseball, un branco di cani randagi si disputava un osso
sanguinolento. Un pubblico di gabbiani assisteva pigramente allo scontro dagli spalti colorati di
ruggine. Il vento sollevava mulinelli di polvere. Il suono della risacca, lontano, parlava di tempi
andati, migliori, rimpianti.
Boselli si accostò alla recinzione, controllò il digipad, scosse la testa.
- Qui c'è tensione. - avvisò - Non si passa. Proviamo più a sud.
Cabotarono la barriera per alcune centinaia di metri. Ogni tanto Boselli dava un'occhiata al
suo strumento e storceva la bocca.
- Eppure dev'esserci... - mormorava.
Moretti sollevò la testa, cercando il genofalco. Non dovette faticare molto a trovarlo: l'uccello
bionico era appollaiato sul tetto di uno degli edifici della base, e compiva esercizi motori di autodiagnosi.
I suoi sensori ottici lampeggiavano, deboli ma nettamente visibili, se uno sapeva dove e
quando guardare.
- Ci siamo. - esclamò Boselli. - Ecco.
Moretti seguì istintivamente lo sguardo del collega. Non vide nulla di strano: quel segmento
di recinzione era del tutto uguale agli altri.
- Allora? - disse, in tono piatto.
- Tensione zero, Jacques. - rispose l'altro, trionfante - Hanno isolato questo tratto e messo
un passante intorno. Vedi i cavi?
Moretti annuì, apatico.
- Dev'essere una specie di uscita di sicurezza. - valutò l'altro, scrutando intorno -
Ingegnoso... Scavalchiamo, avanti.
L'uomo si arrampicò agilmente sulla recinzione, s'issò a cavalcioni, atterrò dall'altro lato.
Dopo un istante d'indecisione, Moretti lo seguì.
Nessuno in giro. Quella solitudine era inquietante. Moretti vide il nervosismo affiorare sul viso
del collega. L'altro dovette superare una soglia personale di tolleranza, perché tirò fuori l'inalatore
e si servì una boccata abbondante di stimolina. Pochi secondi, e il suo volto tornò a distendersi
nell'abituale ghigno di sfida.
- Vuoi? - offrì.
Moretti non gli rispose neppure. Gelido, puntò il dito sull'edificio su cui incombeva il
genofalco.
- Andiamo laggiù.
Evitarono l'ingresso principale. Sul retro si apriva una sbrecciata porticina di servizio e la
serranda di un montacarichi. Oltre la soglia, una rampa di scale conduceva verso i piani interrati.
Entrarono e si chiusero la porta alle spalle. Poi cominciarono la discesa.
- Senti anche tu? - bisbigliò Boselli.
Moretti annuì. Una musica dai ritmi ancestrali faceva vibrare le pareti, sempre più forte man
mano che procedevano verso il basso.
Sintobatterie, pensò Moretti, Basso-Moog, vibrochitarre... Note strane si rincorrevano
attraverso l'aria. Chiuse gli occhi: non udiva nulla di simile dai tempi dei raid nei Centri Sociali,
quando gli accordi del posse scandivano il ritmo dei pestaggi.
- Andiamo a vedere. - sbottò, abbandonando la tromba delle scale e dirigendosi decisamente
verso la sorgente della musica.
- Aspettami, cazzo! - protestò Boselli, risalendo tre alla volta i gradini che aveva appena
disceso. - Cos'è questa fretta, accidenti?
Senza badargli, Moretti si addentrò in un corridoio polveroso, lo percorse in tutta la sua
lunghezza. Boselli arrancava dietro. Varcarono un divisorio di lamiera. E all'improvviso non furono
più soli.
- Guarda guarda... - commentò Boselli - Guarda guarda...
2038: la rivolta Francesco Grasso
86
Il vasto ambiente in cui erano giunti rivelava in numerosi dettagli un passato da hangar di
rimessaggio. Vecchi copertoni d'aereo giacevano accatastati in pile traballanti lungo una parete
corrosa dall'umidità. Cavi elettrici e guarnizioni in gomma erano aggrovigliati assieme intorno a
fusti metallici divorati dalla ruggine. Il pavimento era cosparso d'antiche macchie d'olio dalle forme
di test di Rorshach...
Ma se i segni del passato non erano stati ancora rimossi, il presente riservava una nuova
identità a quell'antro di cemento. Un palco di lamiera, un paio di metri più alto del pavimento,
ospitava una band intenta a esibirsi in un sintrock sfrenato. Moretti distinse due, tre musicisti,
chiaramente dilettanti, che si dimenavano intorno alla selva degli amplificatori Akai e delle
centraline a laser.
Davanti a loro, il pubblico: una piccola folla di corpi frementi nella semioscurità umida del
locale, uomini e donne, che pogavano, pogavano con violenza, con rabbia, senza respiro, come
se vi si giocassero l'anima. I loro movimenti erano onde e creste di spuma nella notte. Pallottole di
rock sibilavano fuori dal palco, sparate dalle vibrochitarre della band e riflessi in echi distorti dalle
pareti rivestite d'isolante ignifugo.
- Guarda guarda... - continuava a berciare Boselli, un tocco d'eccitazione nella sua voce -
Credevamo di averli spazzolati tutti, questi posti. Invece ce ne sono ancora. Incredibile...
Indicò la folla, che li ignorava - Credo che il nostro camuffamento non serva a un cazzo:
quegli imbecilli sono talmente fatti che potrebbero sbattersi la propria sorella... o il proprio fratello.
Guarda come saltano... Si ammazzano a testate in faccia!
- Vedi il nostro bersaglio? - tagliò corto Moretti, torvo.
- Con questo buio? Scherzi? Non troverei neanche il mio pisello, quaggiù!
- Ma dev'essere in quest'edificio. - insistette Moretti - Il genofalco...
L'altro gettò indietro la testa. - Lo so, lo so. Adesso ci infiliamo l'equipaggiamento X e diamo
un'occhiata in giro. - schioccò le labbra con aria incerta. - Ci serve dell'acqua... Dove sarà il
cesso?
Moretti indicò con un gesto del mento verso la propria sinistra, dove una porticina lungo la
parete lasciava trasparire un'affilata lama di luce.
- Credo sia quello laggiù.
L'altro approvò. - Ne ha tutta l'aria. Andiamo.
La maniglia girò a vuoto nella mano di Boselli. Grugnendo, l'uomo diede una spallata. L'uscio
cedette facilmente. Entrarono e bloccarono la porta alle loro spalle.
- Però! - commentò Boselli, sarcastico - Niente male. Le latrine della Centrale a
Capodimonte sono una vera fogna a confronto.
Fece scorrere il dito sul bordo dei lavandini, ritraendolo appena velato d'umidità. - Lo sai,
Jacques - ghignò - Mi ero sempre chiesto cosa facessero tra una manifestazione e l'altra, questi
idioti. Non avrei mai pensato ai concerti e alle pulizie domestiche...
- Tira fuori le lenti, Nico, avanti. - lo zittì l'altro, spazientito.
- Yep! - assentì Boselli, mettendo mano allo zaino - Equipaggiamento X di prima scelta,
Jacques, non i chindogu che ci davano in addestramento. Con queste puoi vedere in posti più
scuri del culo di un negro. Dicono che ti fottano le cornee, ma secondo me sono stronzate. Certo
funzionano molto meglio di quegli occhiali fotomoltiplicatori del cazzo che usano i nostri paperoni,
Sarrese in testa. E poi...
Il rumore dello sciacquone gli spense la frase sulla lingua.
- Merda! - sibilò - C'è qualcuno.
Moretti fece cenno di tacere. Poi puntò l'indice oltre la fila dei lavandini. C'erano quattro porte
lungo la parete. Una di queste si stava aprendo. Velocemente, l'uomo si appiattì contro la parete.
- Perché non le hai controllate prima, dannazione? - bisbigliò, teso.
- Americani del cazzo! - ribatté l'altro - Perché non le hanno fatte con lo spazio alla base,
come le porte di tutti i cessi del mondo?
2038: la rivolta Francesco Grasso
87
Sul riquadro della porta apparve una donna. Era giovane, asciutta, un piccolo crocifisso al
collo, occhi verdi e una selva di riccioli rossi a cingerle il capo. Vide i due uomini e sobbalzò.
- Ehi! - esclamò, in tono risentito - È il bagno delle donne, questo!
Boselli roteò gli occhi. Poi si rivolse al compagno con un gesto plateale, battendo il pugno
contro il palmo dell'altra mano.
- Hai visto, idiota? Ti avevo detto che era il cesso sbagliato, ma tu niente, cocciuto come un
commercialista di Zurigo! Perché devi farmi fare sempre queste figure di merda?
- Uscite di qui! - protestò la donna, sospettosa.
- Sì, certo. - concesse Boselli, parlando in fretta e avvicinandosi lentamente - Il fatto è che il
mio amico Alphonse, qui, doveva vomitare. Non sopporta l'alcol, lui. Quando esagera, hai suoi
attacchi e combina un vero schifo. Dovreste vedere il risultato: nessuno riesce a credere che una
poltiglia simile possa essere uscita dallo stomaco di un uomo... Insomma, anche stasera ha
mescolato il Jack Daniel's con il Limoncello, è diventato verde bottiglia e mi ha implorato:
"Bartolomeo, trovami un cesso prima che erutti anche l'ostia della prima comunione, proprio qui in
mezzo ai compagni che ballano"...
- Chi siete, voi due? - inquisì la donna, socchiudendo gli occhi - Non vi ho mai visto.
Boselli completò la sua manovra di avvicinamento, non smettendo per un istante di parlare. -
...e questo è niente: una volta si è messo a vomitare su un vagone della monorotaia. La poveretta
seduta di fronte a noi è svenuta. Ho dovuto rompere un finestrino e lasciare che svuotasse lo
stomaco sui tetti di Procida, o avrebbe corroso il pavimento del vagone.
Scattò. Un colpo maligno col taglio della mano sulla trachea. La donna si portò le mani alla
gola, boccheggiando. Boselli la spinse brutalmente contro la parete, inchiodandola con il suo peso.
- Adesso facciamo un bel gioco, amica mia. - disse crudele. - Come ti chiami?
- G-gloria. - ansimò la donna, gli occhi velati dalle lacrime.
- Bene, Gloria. Facciamo un bel gioco, dicevo. Io ti farò delle domande e tu mi risponderai
con la verità. Semplice, vero? Non perdere tempo a gridare aiuto: quegli ossessi che pogano di là
non potrebbero mai sentirti, con il casino che hanno nelle orecchie...
- Chi... chi siete?
Boselli, con aria gioviale, le affibbiò un manrovescio. - Beeep! Primo errore. Sono io che
faccio le domande. Attenta: al secondo sbaglio si paga pegno.
La donna ammutolì. Un rivolo di sangue le scaturì dal labbro inferiore. Moretti distolse lo
sguardo, irritato col collega, e soprattutto con se stesso.
Boselli estrasse il digipad, regolò lo schermo alla massima luminosità e lo mostrò alla sua
prigioniera.
- Stiamo cercando questa donna. - sibilò - Dov'è?
- Non... non l'ho mai vista. - balbettò l'altra.
L'uomo gettò indietro la testa. - Beeeeeep! Secondo errore.
Senza preavviso, le diede una ginocchiata alla bocca dello stomaco. La donna si accartocciò
su se stessa con un gemito. Boselli la prese per i capelli, la trascinò verso il water, la costrinse in
ginocchio.
- Hai visto, Jacques? - gongolò all'indirizzo del collega - Gli yankee non usano le turche.
Comodo, vero?
Ghignando, sollevò la tavoletta, impose entrambe le mani sulla testa della donna, la spinse
nella tazza, faccia nell'acqua, tenendola ferma mentre lei si dibatteva.
- Cristo, Nico, hai il flacone di Verosint! - esclamò Moretti, disgustato - Usalo e facciamola
finita.
- Yep! - approvò l'altro, brutalmente gioviale - L'userò senz'altro. Ma prima lasciami divertire
un po', vuoi?
Allentò la presa in modo che la donna potesse rialzare la testa e respirare. Lei boccheggiò,
tentò di scalciare, ma l'uomo l'immobilizzò facilmente, mostrando di aver buona pratica di quel tipo
di interrogatori.
2038: la rivolta Francesco Grasso
88
- Allora? Ti è tornata la memoria? - chiese sarcastico. Poi, senza attendere risposta dalla
donna, le fece rituffare nuovamente la testa nel water.
Qualcuno bussò alla porta. Colpi appena avvertibili contro il fondale sonoro del concerto,
eppure concreti, inequivocabili.
- Hai sentito? - esclamò Moretti, con la gola secca.
L'altro scrollò le spalle con noncuranza. - Niente di grave: qualcuno che se la sta facendo
sotto. Si stancheranno...
Poi tornò a dedicarsi alla sua vittima. La tirò su. Lei si afflosciò sul pavimento con gli occhi
vitrei.
- Di già? - si lamentò Boselli - Ho capito: ci vuole qualcosa di caldo. Un po' di brace sui
capezzoli, magari, o una cicca tra le cosce. Hai una sigaretta, Jacques?
Moretti gli voltò la schiena, tremando d'irritazione e di disgusto. Lo sguardo gli cadde sullo
schermo del digipad, ancora acceso.
Con sorpresa, riconobbe il viso che vi campeggiava. Era dunque lei la donna che stavano
cercando? La giornalista dell'ospedale? Si diede dello stupido. Naturalmente era così. Come
aveva fatto a non afferrare?
E mentre i fili sciolti nella sua mente si annodavano insieme, il malumore che Moretti provava
si mutò in quella sensazione che lo aveva colto allora, in quel letto di trazione, di fronte alle
domande della donna le cui tracce seguivano dall'alba. I dubbi che erano sbocciati allora come
semi al disgelo tornarono a fiorire, nutrendosi della contrarietà e della nausea che lo pervadeva. E
all'improvviso, egli capì l'enormità dell'orrore e della prevaricazione cui stava assistendo.
I colpi alla porta continuavano. Moretti si voltò duro verso il collega. Boselli incombeva sulla
donna semisvenuta, ed era intento a strapparle i vestiti di dosso.
- Ora basta! - ingiunse - Lasciala!
L'altro lo guardò inespressivo. Poi sorrise. - Vuoi fartela prima tu? E va bene, zio Nico è
generoso. Ti cedo il turno.
Moretti lo colpì sulla bocca. Boselli barcollò, un'espressione incredula sul viso volgare. Si
portò le mani alle labbra, le ritrasse sporche di sangue.
- Ti sei bevuto il cervello, Jacques? - strillò.
Moretti non si lasciò distrarre. Fissava le mani dell'altro, e si accorse subito di cosa Boselli
stava facendo.
- Non toccare la pistola, Nico.
L'altro abbassò ancora di più la mano.
- Lasciala stare, ti ho detto: possiamo ancora chiuderla qui.
- Ma certo, Jacques. - approvò l'altro, afferrando il calcio della Beretta alla cintura e facendo
per estrarla.
Moretti gli fu addosso, gli afferrò il polso, strinse. Boselli tentò un calcio al basso ventre.
Moretti schivò, recuperò l'equilibrio, afferrò anche l'altro polso del collega. I colpi alla porta erano
martellate, adesso.
- Questo ti costerà caro, Jacques! - minacciò Boselli, finalmente spaventato.
- Lo so. - ribatté Moretti, serio - È ora che io cominci a pagare.
Il suo braccio destro scattò veloce. Il diretto colpì Boselli sulla fronte, all'attaccatura del naso.
L'uomo cadde all'indietro, incespicò sul corpo di Gloria, rovinò contro il lavabo, colpì con la nuca il
piano di ceramica smaltata. Prima di toccare terra, era già privo di sensi.
Moretti si chinò sulla donna, che singhiozzava debolmente, la prese in braccio con tutta la
dolcezza di cui era capace.
- Mi dispiace. - disse, e non riuscì ad aggiungere altro.
Poi si diresse alla porta, che tremava sotto i colpi provenienti dall'esterno. Tolse la sbarra
con cui Boselli l'aveva bloccata, l'aprì.
Dieci paia d'occhi lo guardarono spiritati.
- Abbiamo bisogno d'aiuto. - disse semplicemente.
2038: la rivolta Francesco Grasso
89
La vita è come l'anticamera di un cavadenti: c'è sempre chi sta peggio di te.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Uccidiamoli.
Moretti, l'acconciatura rasta zuppa di sudore, sollevò gli occhi verdi dal pavimento e squadrò
amaro gli uomini di cui era prigioniero. Il capo, rifletté, doveva essere quel vecchio dal viso rugoso
che tamburellava sul ginocchio le dita rese nodose dall'artrite. Diede un'occhiata carica di
disprezzo a Boselli: il suo compagno si massaggiava la nuca contusa con aria di sfida.
- Sì - sentì dire dal vecchio - È la cosa migliore.
Moretti si sentiva troppo stanco per perorare la sua causa. Boselli, però, aveva ancora
qualche risorsa: si agitò contro i legacci e provocò sprezzante.
- Se volete tagliarci la gola, fatelo adesso! - gridò sputando saliva - Forse è la vostra ultima
occasione!
Al fianco del vecchio, un secondo uomo ridacchiò, scuotendo le spalle ampie e la testa
calva. - Mi spiace disilluderti, settantuno, ma se conti sull'arrivo dei tuoi ti sbagli. Puoi anche
spegnere il segnalatore: questo posto è completamente schermato.
- Idioti... Credete che basti? - insistette Boselli.
L'altro esplose in una risata plateale. - Ah, capisco... Stai pensando al tuo gallinaccio. Be',
eccotelo. Mi dispiace, i miei lo hanno un po' spennato...
L'uomo scostò una coperta sul pavimento, lasciando Boselli a fissare esterrefatto i resti del
genofalco. Boselli, all'improvviso, sembrò sgonfiarsi. Quando riaprì la bocca, la sua voce tremava.
- Io... io sono solo un soldato... - balbettò in tono supplichevole - Eseguo ordini...
- Piantala. - mormorò Moretti, disgustato.
L'altro si illuminò, come se avesse scorto la salvezza. Puntò il dito verso il collega.
- Lui è un agente scelto. È lui che dà gli ordini. Io sono solo un sottoposto, sono una vittima
come voi. Volevo disertare e unirmi alla rivolta: per questo mi ha colpito, laggiù nel cesso. Io...
Moretti avvampò di rabbia. Il suo primo impulso fu di saltare addosso a Boselli, ma si sentiva
troppo stanco, troppo svuotato. Scrollò le spalle, rassegnandosi agli eventi.
L'uomo calvo ridacchiò ancora. - Davvero divertente, settantuno. Ma dimmi, perché
dovremmo crederti?
- Vi dimostrerò che sono dei vostri! - farfugliò ancora Boselli, sputando parole come proiettili
contro Moretti - Cosa volete che faccia? Che uccida io stesso questo porco macellaio, questo
nemico del popolo? Lo farò con piacere! Anche subito!
L'altro si grattò pensieroso le orecchie a punta. - Tu gli credi, Anselmo?
Il vecchio si accese una sigaretta. - Sì, credo che lo farebbe. Non che questo dimostri nulla. -
commentò tranquillo. Poi guardò oltre la spalla dei prigionieri - Tu che ne dici, Masaniello?
Dall'angolo in ombra della stanza, la voce roca si levò raggelante. - Perdiamo tempo. C'è un
solo modo di trattare questi infami.
Cerco la regione cruciale dell'anima, laddove il male assoluto si oppone alla fraternità.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Lara alzò la testa, perplessa. Le era sembrato di udire un grido. Un urlo disperato, un vertice
di terrore e dolore concretizzatosi in suono. Si affacciò al corridoio, ascoltò, ma senza distinguere
nulla oltre gli echi del silenzio. Forse si era sbagliata. Tornò al capezzale di Gloria, le versò ancora
dell'acqua.
- Grazie... - farfugliò la donna.
Lara le sollevò maggiormente la testa. La donna respirava a fatica. Le ecchimosi
circondavano la pelle candida del suo collo in una spietata collana di macchie violacee, sulla quale
la catenina con la croce di legno risaltava minuscola e inerme.
- Lascia perdere.
- No, dico davvero.
- Pensa a riprenderti. - replicò Lara - Sei tu, adesso, ad aver passato un brutto momento.
2038: la rivolta Francesco Grasso
90
L'altra scrollò le spalle, sottili e delicate. - Fa parte del mio cammino. - mormorò in tono
fatalista.
Lara le sistemò meglio il guanciale e fece per andare, ma Gloria la fermò sulla soglia.
- Non andartene.
Lei batté le palpebre, interdetta. - Hai bisogno di riposo.
- Ti prego.
- Ma...
- Non voglio restare sola.
- Forse c'è... - balbettò Lara, vagamente a disagio - ...qualcuno che dovrei avvertire? Voglio
dire... una persona particolare?
Gloria annuì, massaggiandosi la gola offesa. - Lui verrà presto, io lo so. Ti prego, aspettalo
con me.
Lara sedette sul materasso accanto alla donna. Sorrise incerta. Accennò qualche gesto
imbarazzato di rassicurazione. Poi, non sapendo cosa fare delle mani, le portò a carezzare gli
orecchini.
C'era un atmosfera strana, lo aveva colto, tra la gente che divideva quei sotterranei un po'
rifugio un po' baraccopoli. Era un'intimità complice, una comunanza e una confidenza che univa a
livelli più profondi del conscio. Lara non capiva bene perché ciò avvenisse: forse, pensava, era la
consapevolezza di non avere più tempo per il riserbo a unire così tanto persone tra loro estranee.
Si chiese quanto avrebbe impiegato per disfarsi anche lei delle difese e delle convenzioni di una
vita.
- Lui chi è? Tuo marito? - domandò.
- Qualcosa del genere. - rispose Gloria. Poi fece leva su un gomito e si issò sul materasso, lo
sguardo perso nel vuoto.
- Ero ancora una bambina, quando lo vidi per la prima volta. - mormorò.
- Capisco. - approvò Lara.
- Lui era l'uomo più bello che avessi mai visto. - proseguì l'altra, come non l'avesse
nemmeno ascoltata - Alto, bruno, gli occhi d'angelo, il corpo di un divo del cinema...
- Come.. come si chiama? - chiese Lara, imbarazzata.
- Guido. Ma tutti lo chiamavano 'o Pascià... - Gloria sorrise - Era un mito per tutte le
ragazzine di Secondigliano, e io ero tra loro. Gli andai dietro per anni, sognandolo a occhi aperti,
andando ad assistere alle partite di calcetto del quartiere solo per vederlo, affacciandomi al
balcone quando sentivo rombare la sua vespa, conservando come tesori le rare parole che lui mi
rivolgeva... Non che non mi avesse notata, ma era sempre circondato da ragazze magnifiche,
donne fatte, al cui confronto io ero un'adolescente brufolosa e insignificante...
Gloria vuotò di nuovo il bicchiere, riprese in tono da confessionale. Lara, sempre più a
disagio, si sforzò di trovare il modo di arginare quelle confidenze così intime, che la donna eruttava
come spinta da singhiozzi della memoria, viscerali, inarrestabili.
- Gloria, io...
L'altra la ignorò. - Era talmente pieno di vita, di vigore, irradiava come un sole e il mondo
splendeva intorno a lui... Lo amavo da lontano, e aspettavo, perché sapevo che non era il mio
momento. Lui non giocava con me, no. Avrebbe potuto schioccare le dita quando voleva e io sarei
caduta ai suoi piedi. Altri ne avrebbero approfittato, lui non lo fece mai. Forse mi considerava
un'amica insolita, una ragazza strana e silenziosa ai margini del suo mondo. A volte mi sorrideva
con l'aria di chi aveva capito, e poi si allontanava da me avvolto in quel vortice di energia vitale di
cui erano illuminate le sue giornate...
- Non è... un po'... passivo, amare così? - azzardò Lara.
- Ognuno lo fa a suo modo. - replicò Gloria - Non credi?
Lara pensò ai suoi trascorsi sentimentali, pochi dei quali sereni. Non poteva che essere
d'accordo con l'altra.
- Credo di sì.
2038: la rivolta Francesco Grasso
91
- Io sentivo di dover aspettare. Era il mio cuore a dirmelo.
- E cosa successe?
La donna deglutì, si abbandonò con la schiena contro il materasso, fissò il soffitto
- Un giorno, al cantiere dove lavorava avvenne uno dei quegli orrori criminali che voi
giornalisti chiamate "incidenti sul lavoro". Il software di controllo di una motoscavatrice aveva un
baco. Ci furono sei operai morti e dieci feriti prima che il capo cantiere riuscisse a isolare il gruppo
elettrogeno...
- Mio Dio...
- Ci fu un processo, ma il proprietario dell'impresa non aspettò la sentenza. Scappò in
Sudamerica coi fondi della ditta. Sei mesi dopo Guido fu dimesso dal Cardarelli, e scoprì che
insieme ai pezzi del suo corpo se n'erano andati il lavoro, gli amici, le donne che fingevano di
adorarlo, il rispetto del quartiere e la fortuna, che lo aveva sempre ingannato con un falso sorriso...
Gloria incrociò lo sguardo di Lara - Ma io ero lì, pronta a prendermi cura di lui. Per me lui non
era cambiato, era ancora l'uomo che avevo sempre amato. Dovevo solo farglielo comprendere.
Passammo dei momenti difficili, ma lui alla fine capì le verità più importanti, si convinse che c'è un
cammino tracciato che ci trascende, e che Nostro Signore non toglie mai nulla ai suoi figli se non
per dare in cambio una gioia più grande.
- Gloria!
L'uomo entrò di corsa nella stanza senza nemmeno guardarsi intorno. Lara fece appena in
tempo a sollevarsi dal letto.
Il nuovo arrivato si precipitò al capezzale di Gloria, l'investì con voce gravida di apprensione.
- Amore, amore mio... Me l'hanno appena detto. Come ho potuto lasciarti sola? Non potrò
mai perdonarmelo.
Gloria tossì in cerca di aria, e l'uomo si allontanò per farla respirare. La donna si riprese
subito.
- Lara, lui è Guido.
- Tutti mi chiamano Pascià. - aggiunse l'uomo, visibilmente sollevato.
Lara si sforzò di non fissare quelle che dovevano essere state le braccia del nuovo arrivato.
Il destro era cauterizzato appena sopra il polso, e il moncherino, solcato da orribili cicatrici
bluastre, sporgeva oltre la stoffa della camicia. Il sinistro era scomparso fin oltre il gomito,
rimpiazzato da una protesi plastica d'aspetto scadente che terminava in tre dita prensili.
- Io... io vi lascio... - balbettò - Avrete molte cose da dirvi.
Gloria fece per obiettare, ma Lara uscì in corridoio e si chiuse la porta alle spalle, restituendo
alla coppia nella stanza la sua intimità.
- Buona fortuna. - disse, senza preoccuparsi che i due potessero sentirla. Non ne avevano
bisogno.
2038: la rivolta Francesco Grasso
92
13
Scegli bene i tuoi compagni, perché nessuno vince una guerra da solo.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Questa volta non poteva essersi sbagliata: era stato un grido, senza alcun dubbio. Lara voltò
l'angolo del corridoio, vide la luce trapelare dalla porta socchiusa, vi si diresse in fretta. Ma
qualcuno, all'improvviso, le sbarrò il cammino.
- Non è spettacolo per te, giornalista.
Il viso di Anselmo era truce. Ma Lara non si lasciò impressionare.
- Se questo è uno spettacolo, siete stati voi a invitarmi. - ribatté decisa - Coraggio, fammi
entrare.
Il vecchio, con titubanza, si fece da parte. Lara gli sfilò accanto, gettò uno sguardo nella
stanza, si arrestò portandosi una mano alla bocca.
- Dio santo... Che sta facendo? Fermatelo...
Tra gli uomini che assistevano alla scena dalla penombra, ci fu qualche mormorio d'assenso,
timido, come voci sospese tra il fascino e il raccapriccio.
- Avanti, ragazzo, lascialo... - azzardò alla fine Stefano.
Masaniello alzò piano la testa. Ma non allentò la presa. Continuò a mordere selvaggiamente
la guancia dell'uomo che giaceva, dibattendosi e gemendo, sotto di lui.
Il secondo prigioniero, gli occhi chiari pieni di terrore, era seduto a terra, con la schiena
contro la parete, i capelli color mattone irti sulla testa, e fissava Masaniello, intento a sbranare il
suo compagno, come se non riuscisse a credere a ciò che vedeva.
- Cos'è quest'orrore? - gridò Lara - Siete impazziti?
Masaniello atteggiò il volto a un ghigno. Poi, all'improvviso, diede uno strattone. La pelle del
prigioniero si lacerò con un suono orribile. Un brano di carne restò in bocca al ragazzo
incappucciato.
Il prigioniero ricadde all'indietro gemendo e restò a terra, portandosi le mani al viso ridotto a
una maschera di sangue.
- Plastica. - dichiarò con voce roca Masaniello, in tono disgustato, sputando schiuma bianca
e brandelli di tessuto sintetico - Forse l'altro ha un sapore migliore.
- No! - strillò Boselli, terrorizzato, addossandosi ancor di più alla parete - Io no! Cosa volete
sapere? Vi dirò tutto!
Masaniello, ancora a quattro zampe, gli si avvicinò con un sorriso da lupo.
- Lei! - disse in fretta Boselli, puntando il dito verso Lara - Era lei il nostro obiettivo.
Il ragazzo incappucciato, con un balzo, lo afferrò alla gola. Snudò i denti.
Un canino ballonzolava vistosamente oltre il labbro inferiore. Masaniello lo saggiò con la
lingua, lo strinse tra l'indice e il pollice. Poi scrollò le spalle e lo staccò senza sforzo dalla gengiva.
Lo fissò con blanda curiosità. Un istante dopo, lo affondò nella carne dell'agente.
Boselli urlò.
- Aspetta! - intervenne Lara - Lascialo parlare.
- Parlare? - ripeté Masaniello, come se non riuscisse ad afferrare il senso dell'obiezione -
Non servono entrambi vivi, per parlare.
- Uccidi lui, non me! - strillò Boselli, indicando Moretti che respirava affannosamente, gli
occhi vitrei e il sangue che gli colava scuro dalle ferite.
Poi vide che Masaniello non l'ascoltava, e la sua voce si fece stridula. - Diglielo tu, ragazza,
ti prego! È con lui che dovrete prendervela, non con me! È lui che ha picchiato la vostra amica,
laggiù nel cesso! È lui che ti sta braccando da due giorni! Ti ha anche devastato l'appartamento! Io
l'ho visto!
- Il mio appartamento? - ripeté Lara, sconcertata. Masaniello si fermò e si volse indietro con
aria interrogativa.
2038: la rivolta Francesco Grasso
93
- Te l'ha fatto a pezzi! - accusò Boselli - È un vero bastardo. Merita la vostra punizione. Ma io
no. Io sono dalla vostra parte!
Stefano e gli altri borbottarono pensierosi. Lara intuì che, per qualche misteriosa alchimia di
gruppo, avevano stabilito che fosse lei a prendere la decisione. Ciò la stupì. Aver riportato indietro
Masaniello l'aveva forse resa membro de facto del Collettivo? Scrollò le spalle e rimandò le
domande a un momento migliore.
- Tu non hai niente da dire? - chiese a Moretti, che cercava faticosamente di trarsi a sedere.
- La tasca interna della casacca. - biascicò l'uomo, sputando sangue e brandelli di
epidermide dalle labbra spaccate. - Guardagli lì.
Lara colse l'improvviso pallore sul volto del secondo uomo, e s'incuriosì. - Cos'hai nella
tasca?
- Non farti fregare, ragazza. - balbettò Boselli - È un bastardo, te l'ho detto. Uccidetelo e
basta.
Lara fece un cenno a Masaniello. Il ragazzo incappucciato, senza farsi pregare, strappò la
casacca di dosso a Boselli e la lanciò verso la donna.
- Aspetta! - strillò l'agente della Sezione - Tu...
Ma le dita di Lara tastavano già la rigidezza dell'oggetto celato tra le pieghe della stoffa. La
donna aprì la cerniera della tasca interna, vi frugò dentro, ne estrasse un monile di cristallo
orbitale. Toro, Cancro, Gemelli: ogni pietra raffigurava un segno dello Zodiaco.
Batté le palpebre, attonita, riconoscendo il gioiello.
- Mia madre... - mormorò - Cosa... cosa c'entra mia madre? Che le avete fatto?
Boselli balbettò qualcosa di incomprensibile. Masaniello, visibilmente stanco di attendere,
grugnì soddisfatto.
- Va bene, hai fatto la tua scelta.
Artigliò Boselli, che si mise a urlare disperatamente. Ben presto le grida si ridussero a un
gorgoglio atroce. Lara, inebetita, distolse lo sguardo.
- Tua madre è viva. - ansimò Moretti - Manda... qualcuno da lei, se vuoi... Ma non andare...
di persona... Boselli ha riempito il posto... di VB15 regolati... sul tuo tracciato ormonale... Ti
beccherebbero... subito.
- Ma io... devo. Mia madre...
- Mando due dei miei guaglioni. - assicurò Anselmo - Sono fidati.
- Mia madre... - ripeté ancora Lara, quasi incredula - Perché?
Moretti tossì espellendo umori giallastri e sangue. Un fiotto scuro schizzò dalla sua narice,
insozzando il pavimento.
Lara si scosse. - Portate dell'acqua. - esclamò - E delle bende.
- È meno grave di quello che sembra, giornalista. - commentò Stefano, dando gli ordini -
Quella che il ragazzo ha azzannato era una specie di maschera.
Moretti trangugiò voracemente il contenuto del bicchiere, poi ne versò ancora e si ripulì la
bocca. Poco a poco, smise di tremare. Afferrò la salvietta, l'uso per asciugarsi il viso. I pezzi
malconci di cartilagine posticcia si staccarono definitivamente.
Lara sobbalzò, ravvisando in lui l'agente dell'ospedale. - Sono strani i casi della vita, agente
Moretti, vero?
- Lo conosci!? - proruppe Stefano, allibito.
- Abbastanza per sapere che può esserci utile.
Stefano si fregò pensieroso le orecchie a punta. - Dev'esserlo per forza, 'sto settantuno. Ha
visto cosa lo aspetta, se prova a fare il furbo.
Moretti non lo degnò di una risposta. Con dignità, si tolse anche l'innesto di cuoio capelluto,
lo gettò via.
- Il tuo nome non è Lamberti, vero? - chiese.
- Il NOS era di un collega. - ammise la donna - Ma non ti avevo mentito: mi chiamo Lara.
2038: la rivolta Francesco Grasso
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- Lara... - ripeté Moretti, asciutto - Farò ciò che vorrete. Ma non per paura di quel mostro. -
aggiunse, accennando verso Masaniello.
- No? - rise Stefano. Ma la sua risata si mutò in tremito, quando vide cosa ancora il ragazzo
incappucciato stava facendo sul corpo esanime di Boselli. Anche lui dovette distogliere lo sguardo.
- No. - confermò Moretti, guardandosi le unghie sporche di sangue, e fissando poi il vuoto, e i
ricordi. - Lo farò per me stesso.
Per un'immagine nello specchio che mi sentirò in grado di affrontare, aggiunse, ma solo nella
sua mente. Gli uomini che lo circondavano, del resto, non avrebbero capito.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Se la rivolta napoletana fu grandemente sottovalutata dagli osservatori e dagli
analisti, non altrettanto lo fu Masaniello. Sin dall'inizio, al contrario, egli fu
temuto. Dicerie su una sua presunta ferocia e spietatezza lievitarono negli ambienti a
lui ostili, sino a donare alla sua figura sanguinari contorni da belva disumana.
Masaniello, dal canto suo, non mosse un dito per sopire le fiamme che avvolgevano
la sua leggenda: nei mesi della rivolta, una simile fama non era nociva, e lui lo
percepiva con grande acutezza. Ma oggi, mentre gli echi delle sue gesta si frangono
contro il vento della Storia, è giusto che la verità venga ristabilita. A me, come
cronista, spetta questo compito.
Masaniello non fu una belva, non fu un mostro sanguinario. Era un uomo d'azione, e
in battaglia lasciava certamente che la violenza riscuotesse il suo tributo. Ma non era
uomo da infierire inutilmente sull'avversario vinto, non tollerava torture, né inutili
spargimenti di sangue.
Questa, signori, era la sua natura. Voci e testimonianze presunte che affermino il
contrario sono, senza ombra di dubbio alcune, menzognere.
Le conseguenze delle nostre azioni sono incubi per i vigliacchi e sogni per gli eroi.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Perché mi cercavate?
Moretti accettò la sigaretta che Lara gli offriva. L'accese e aspirò il fumo con quieta passività.
- Ordine del Comando. - disse alla fine - La nostra missione era rintracciarti e comunicare la
tua posizione a...
- A Capodimonte?
Moretti scosse la testa. - Direttamente al Nucleo Operativo. Il colonnello ha disposto che...
- Sarrese? - l'interruppe Lara.
L'uomo annuì. - Lo hai conosciuto?
Al ricordo, Lara sussultò, brividi di umiliazione mescolata a rabbia.
- Ho avuto il piacere.
- L'uomo che mi chiama William? - ringhiò interrogativamente Masaniello.
Lara annuì con espressione glaciale, senza rivolgergli una sola sillaba: l'esplosione di ferocia
del ragazzo non le era piaciuta affatto. Non si illudeva certo di riuscire a cambiare la sua natura
bestiale, ma voleva almeno fargli sapere che non approvava.
- Quell'uomo. - ringhiò ancora Masaniello - Dove si nasconde?
- Sarrese? - Moretti spense la sigaretta - Non lo so. A warn-con4 i vertici della Sezione
abbandonano i compiti di routine e attivano le procedure di sicurezza. Potrebbe essere ovunque.
- Non capisco perché questo pezzo da novanta ti giudichi così importante, giornalista... -
commentò Anselmo, versandosi un bicchiere odoroso di Falanghina - Se vuole arrivare a
Masaniello, avrebbe tanti altri modi... - all'improvviso, sembrò colpito da un'idea illuminante. - Ma,
forse... Aspetta.
Aprì un cassetto, ne trasse un involucro scuro. - Quando Salvatore e gli altri ti hanno liberato,
accanto alla Mercedes, hanno raccolto questo.
2038: la rivolta Francesco Grasso
95
Il vecchio aprì l'involucro, rivelando un dischetto bruno delle dimensioni di una moneta. Era
sottile ai bordi, rigonfio al centro, e solcato da sottili venature radiali.
- Un'unità bio-zip Seagate. - commentò Moretti, sorpreso.
- Una cosa? - ripeté Lara.
- Tecnologia militare, riservata alla Sezione. - spiegò Moretti - Chi porta un memobox
innestato nel lobo parietale usa questi dispositivi come archivi di backup... - osservò meglio il
dischetto - Questa deve appartenere al colonnello.
Lara ripensò all'incidente d'auto, al corpo di Sarrese che gli franava addosso nell'abitacolo
ricolmo di schiuma da impatto.
- Può essere. - ammise.
- Forse è questo bottone, ciò che il pezzo da novanta vuole. - meditò Anselmo,
tamburellando le dita sul bicchiere scheggiato.
- Le mie consegne non ne parlavano. - commentò Moretti, laconico - Ma non significa nulla:
Boselli poteva avere istruzioni a me segrete...
Lara si carezzò gli orecchini. - Sarebbe interessante leggere cosa c'è dentro. Ma non siamo
in grado di farlo, vero?
Anselmo scrollò le spalle, di cattivo umore. - Io sono di un'altra generazione, è vero, ma
quando vedo le meraviglie che questi bastardi usano, mi sembra di essere un cavernicolo.
- È vero. - gli fece eco Lara, amara, pensando alle cure raffinate che aveva visto
somministrare agli agenti al Cardarelli e confrontandole con la rozza protesi che sostituiva
grottescamente le braccia perdute sul lavoro di Pascià.
- Forse possiamo. - mormorò Moretti.
- Cosa?
- Credo che potremmo leggerla.
- E come?
- Lo zaino. - spiegò Moretti, a voce più alta. - Quello che portava il mio compagno. Dov'è?
Anselmo diede gli ordini, e qualche istante dopo un ragazzino dalla faccia bitorzoluta portò
correndo la sacca di Boselli. Lara si sforzò di ignorare le macchie di sangue che ne imbrattavano
la stoffa robusta.
Moretti, con aria impassibile, aprì lo zaino, scartò ammennicoli di varia foggia e dimensioni,
scelse il digipad di Boselli e un paio di adattatori.
- Forse con questo... - trafficò sull'interfaccia multipla, accese il digipad. - Ci sono: datemi la
Seagate.
Anselmo fissò Lara con aria interrogativa. La donna annuì. L'anziano, sospettoso, consegnò
il dischetto all'agente e tornò al suo vino.
Moretti picchiettò nervosamente sui tasti. - Chiede una parola d'accesso. Me l'aspettavo...
- E allora? - chiese Lara - Come facciamo?
L'uomo scrollò le spalle. - Tentiamo. Quel bastardo di Boselli collezionava software di
intrusione... Vediamo se qualcuno dei suoi programmi è abbastanza potente...
Impostò i comandi e attese. Nulla. Tentò di nuovo. Questa volta, dopo qualche secondo, sul
digipad si accese una spia verde.
- Ci siamo. - commentò Moretti, asciutto - Ho forzato i controlli.
- Forza, allora. - lo esortò Lara - Andiamo avanti.
- Non ho un monitor. - mormorò Moretti, a labbra strette - Imposto la lettura vocale.
Il digipad ronzò lamentosamente. Poi il sibilo crebbe d'intensità, virò in una voce umana.
Lara, Anselmo e Masaniello, dapprima scettici, poi attoniti, infine agghiacciati dalla rivelazione,
ascoltarono.
- Mio Dio... - balbettò la donna. - Mio Dio...
2038: la rivolta Francesco Grasso
96
14
Attraverso gli occhi umiliati dei miei fratelli io vedo il mio stesso passato.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Ehi tu, sbirro. Vieni qui.
Moretti si alzò con cautela. I vestiti che i suoi ospiti - non riusciva ancora a considerarli
alleati, al massimo complici di ribellione, anche se con motivazioni diverse dalle sue - gli avevano
fornito gli calzavano un po' stretti, specie alle spalle. La clavicola e l'articolazione, compresse dalle
cuciture, gli rammentavano a sprazzi la sua perdurante condizione di convalescente.
In compenso, ora che aveva potuto lavarsi e disinfettarsi a dovere il viso ferito, si sentiva
molto meglio. Le escoriazioni sarebbero guarite in fretta. Certo molto prima delle lacerazioni della
sua coscienza.
- Dite a me?
- Vedi altri sbirri in giro? - gli fu risposto a muso duro.
Più che giusto, si disse Moretti, amaro. Chi voleva prendere in giro? Se il codice a barre
tatuato alla sua caviglia era indelebile, la sua condizione di mercenario al servizio degli oppressori
della città lo era anche di più.
- Cosa c'è?
- Seguici. Devi darci una mano.
Moretti non era sicuro di voler andare con i due lazzari. Li scrutò con uno sguardo obliquo. Il
primo era l'uomo calvo con le orecchie a punta che aveva sentito chiamare col nome di Stefano;
l'altro era un tizio tarchiato che odorava di tabacco e che si esprimeva quasi esclusivamente in
dialetto. Salvatore? Era questo il suo nome? Forse... Di certo, nessuno dei due aveva mosso un
dito in sua difesa, mentre quel mostro, quella belva dal corpo di ragazzo e dal viso bendato gli
aveva affondato i denti in faccia. Senza dubbio lo avrebbero lasciato sbranare con la massima
tranquillità, se in suo soccorso non fosse intervenuta...
- Devo aspettare la giornalista... - obiettò guardingo - Lei e il vecchio mi hanno detto di...
- Lascia perdere. - tagliò corto l'uomo calvo - Li aspetteresti a vuoto: ne avranno per
parecchio.
Moretti dovette riconoscere che l'altro aveva ragione. Sia la donna che il vecchio erano
rimasti più che colpiti dal contenuto della Seagate: non sarebbe stata un'impresa semplice
recuperare quel tanto di lucidità e chiarezza mentale necessaria per definire una linea d'azione.
Quanto a lui, quanto aveva appreso lo aveva sì stupito ma anche, in fondo, convinto dei
sospetti che da tempo nutriva sul ruolo della Sezione e della sua stessa presenza in quella città. I
misteri, le eterne domande che lo assillavano avevano infine avuto la loro risposta.
Nel modo peggiore.
Si mosse verso i due lazzari. Attento.
- Ti sei deciso, sbirro?
- Non chiamatemi così. - protestò Moretti.
Il tizio tarchiato roteò gli occhi, sorpreso. - E comm' t'aggio 'a chiama'?
- Il mio nome è Jacques.
- Comm' vuo' tu, sbirro. - concordò pacificamente l'altro.
Moretti scrollò le spalle: non aveva diritto di pretendere di più, in fondo.
I due lo condussero attraverso un dedalo di lunghi corridoi male illuminati e grevi di odori
umani. Percorsero un breve tratto allo scoperto, durante il quale Moretti si sorprese a scrutare il
cielo terso alla ricerca di genofalchi. Ma nessuna forma scura, neppure i gabbiani, solcava
l'azzurro. Tornati al coperto, discesero una breve rampa, che li portò rapidamente a un angusto
sotterraneo dall'aria fumosa.
Su un lungo tavolaccio, consunto agli angoli e solcato da graffi profondi come ferite, erano
ammonticchiate delle armi.
- Le conosci? - chiese Stefano, brusco.
2038: la rivolta Francesco Grasso
97
- AIM32. - rispose automaticamente Moretti - Armamento individuale multifunzione.
Fabbricazione tedesca.
- Non sparano. Neppure a bestemmiare in crucco. Devi aiutarci.
Più che una richiesta, un imperativo. Moretti batté le palpebre, confuso. Il caldo, in quel
sotterraneo claustrofobico, era una presenza tangibile, e i suoi abiti erano troppo pesanti. Sentiva
già il sudore inumidirgli la schiena.
- Questo è equipaggiamento della Sezione. - osservò, scorgendo i codici a barre - Come lo
avete avuto?
Stefano sembrò contrariato dalla domanda. Atteggiò il viso a una smorfia, ma Salvatore lo
prevenne.
- 'no guaglione dei nostri ha razzolato un furgone essessì. - spiegò.
- Avete rubato un trasporto della Sezione? - esclamò Moretti, incredulo - Non è possibile!
Come diavolo...
- Teniamo guaglioni, alla Sanità, che potrebbero pitturare il culo del presidente senza farlo
neppure svegliare. - assicurò il lazzaro.
Ripresosi dallo sbalordimento, Moretti realizzò un pensiero inquietante.
- Tutti i mezzi della Sezione, trasporti compresi, hanno segnalatori satellitari incapsulati nella
carrozzeria. Il furgone rubato... Non... non lo avrete portato qui, vero?
Stefano e Salvatore si scambiarono un ghigno di derisione.
- Chisto ci ha preso pe' fessi. - ridacchiò l'uomo tarchiato.
- Sbirro, il furgone fa compagnia alle mezzancolle sotto gli scogli di Nisida. - garantì Stefano.
- Dove sta anche la due ruote giapponese del tuo compare. - aggiunse l'altro.
Moretti annuì. Ragionevole, pensò. Ciò nonostante, lo sapeva bene, le risorse dei suoi excolleghi
della Sezione erano di gran lunga superiori a quei rudimentali stratagemmi: i lazzari,
concluse, avevano avuto fortuna, ma non poteva durare.
- Basta perdere tempo, sbirro - esortò Stefano, duro - Spiegaci come si usano questi affari.
Moretti sussultò. Non si era ancora abituato a quel tono.
- Questi... affari, come li chiami tu... - lui avrebbe detto chindogu, ma il gergo cino-nipponico
non era così diffuso nel proletariato napoletano, a quanto sembrava. - sono diverse dalle mproc.
Non avete fatto un buon affare, rubandoli.
- Che vuoi dire, sbirro?
Infastidito dal continuo insistere con quell'appellativo e dal tono di Stefano, Moretti si irrigidì.
- Solo gli operativi della Sezione possono usare gli AIM. - disse secco - Voi no.
Stefano socchiuse gli occhi. Moretti capì che l'altro non solo non si fidava di lui, ma che lo
odiava. Si chiese se lo aveva mai avuto davanti, in uno scontro, dall'altra parte del suo bastone.
Forse.
- Spiegaci perché, settantuno. - replicò Stefano in tono di sfida, indicando il mucchio d'armi.
- Prima che ti vengano in mente idee strane... - aggiunse - Sappi che abbiamo tolto le
munizioni.
Moretti vide che Salvatore indirizzava una smorfia di rimprovero all'indirizzo del compagno, e
ciò lo confortò. Non tutti i lazzari, concluse, erano restii ad accettare la sua "conversione".
- Vedete questo? - disse, indicando il piccolo rigonfiamento, a malapena avvertibile, che
aveva sul palmo della mano destra, proprio alla base del pollice.
Salvatore aggrottò le sopracciglia. - Che maronn' è?
- Un biochip termico. - spiegò Moretti - Ci viene innestato all'arruolamento, proprio come il
tatuaggio alla caviglia... Guardate adesso.
Moretti imbracciò l'AIM32, sistemando il calcio brunito dell'arma contro l'incavo del braccio e
carezzando la canna con il palmo della mano.
Immediatamente il display a cristalli accanto al grilletto si accese, sciorinando una serie di
dati tecnici e di vettori di puntamento.
Salvatore fischiò tra i denti. - 'azz!
2038: la rivolta Francesco Grasso
98
- L'AIM è un modulo integrato da combattimento con funzionalità di ricerca e appoggio
tattico. - recitò Moretti - Senza i codici d'attivazione memorizzati nel biochip, è solo un ammasso di
ferraglia.
- Va bene, sbirro - sibilò Stefano, maligno - in questo caso... è chiaro cosa ci serve.
Fece scattare il lungo coltello a serramanico.
Salvatore fu lesto a intervenire. - Ohì! - gridò - Sei uscito pazzo?!
- Non voglio mica ammazzarlo. - replicò tranquillamente l'altro - D'oggi in poi 'sto sbirro si
tirerà le seghe con la sinistra, tutto qui.
- Tu sì che ssi furbo! - protestò energicamente Salvatore, frapponendosi tra Moretti e il
compagno - Che ci guadagni a tagliarlo? Solo un fucile. Questa è cazzimm' e basta.
L'altro lo squadrò torvo. - Tu lo difendi, Salvato'? A questo infame? Hai dimenticato cosa
hanno fatto 'sti settantuno a mio fratello? E a mio padre?
Moretti cercò di sovrapporre i singolari tratti del viso di Stefano ai volti di Bagnoli, e dei suoi
avversari in tanti scontri precedenti. Inutile: ne aveva veduti troppi, e il sangue sul suo bastone era
sempre stato dello stesso colore.
- Perdonami. - mormorò.
- Lascia perdere - tagliò corto Salvatore, tornando ai fucili - Puoi sistemare questi affari in
modo che anche noi possiamo usarli?
Moretti stava per rispondere di no, poi incrociò lo sguardo di Salvatore, e capì che la sua era
una richiesta di quelle che non si potevano rifiutare.
- Mi occorre un saldatore. - disse con cautela - Un cacciavite, e pinze di precisione.
- Laggiù c'è una borsa di attrezzi. - ringhiò Stefano, rinfoderando il coltello. Moretti capì che
la crisi era superata. Per il momento.
- Mettiti al lavoro, sbirro.
Moretti rovistò nella borsa, scelse una chiave multipla, un saldatore a stagno dalla punta fine,
e un tester per circuiti integrati. Poi sedette su un angolo del tavolaccio e impugnò uno degli AIM.
Facendo leva contro il solco tra la canna e il corpo centrale dell'arma, con un po' di sforzo e
tanto sudore, mise a nudo i meccanismi interni. Muovendosi con attenzione, fece scattare il
grilletto, bloccò l'otturatore e soffiò per togliere la polvere dalle piste di rame.
Forse, si disse, era possibile isolare la CPU. Accese il saldatore e tagliò un segmento di
stagno della lunghezza di un dito.
L'odore del metallo fuso lo riportò indietro negli anni, ai laboratori tecnici del centro
addestramento di Nizza. Come si chiamava il docente del corso? Rentier? Bertier? Aveva la barba
eternamente sporca di gesso, abiti stinti e stazzonati, e si diceva che usasse tenere accanto al
letto un oscilloscopio piuttosto che un abat-jour. Moretti ricordò quanto detestasse quel corso, e
come non perdesse occasione per svignarsela e correre al poligono di tiro. Era strano pensare che
ora, forse, la meno stimata delle sue conoscenze potesse salvargli la vita.
- Vedi come s'impegna? - sentì mormorare Salvatore - Non ti fidi ancora?
- No. - sentì ribattere brutalmente Stefano - E non capisco come possa farlo tu. Non hai
sentito... la registrazione...?
L'altro abbassò ancor di più la voce. Moretti faticò a seguire la conversazione. Ma sapeva di
doverlo fare.
- Tu ci credi, allora?
- Tutto torna, Salvato'. Io lo sapevo che c'era qualcosa di grosso, sotto. - il tono di Stefano
era teso, quasi tremante - Solo... non credevo che fosse qualcosa di così orribile.
- Se non fosse stato per lui. - considerò Salvatore, facendo un cenno verso Moretti - Non
l'avremmo mai saputo. Ha trovato lui il codice, ricorda.
- È vero. - ammise Stefano, piccato dall'osservazione - Vorrà dire che lo ringrazierò. Prima di
tagliargli la gola.
- Masaniello lo ha risparmiato. - insistette l'altro - Perché non puoi farlo anche tu?
2038: la rivolta Francesco Grasso
99
- Masaniello... - l'uomo calvo cambiò registro - Credevo che non lo avremmo più rivisto...
Come avrà fatto quella giornalista a convincerlo a tornare?
Salvatore scrollò le spalle. - Chilla guagliona è in gamba.
- Tu credi che... Sì, insomma... - Moretti colse nella voce dell'uomo calvo una nota
d'imbarazzo - Dici che... se l'è fatto?
Moretti sentì che Salvatore sussultava. - Tu ssi pazzo!
- Perché? Li hai visti quando sono tornati? Lui camminava curvo, e lei gli teneva un braccio
intorno alle spalle... Sì, anch'io so cosa il ragazzo ha sotto le bende, ma so anche che ci sono
femmine ricche che ci godono, con l'orrido.
- Non sai chillo che dici. - obiettò Salvatore, lo sguardo cupo.
- Perché? Una volta, una sciacquetta del Vomero...
- Statte citto! - tagliò corto l'altro, ora decisamente rabbuiato - Non so che è successo tra
Masaniello e la giornalista, ma certo non è stato niente di quello che pensi tu.
- Come puoi dirlo?
- Tu hai visto il ragazzo senza la maschera, ma io l'ho visto senza vestiti... Tra le gambe è
combinato peggio che in faccia.
- Maronn' mia! - esclamò l'altro, orripilato.
- Mi ero sempre chiesto cosa gli fosse successo... Ora l'ho capito.
- Mio Dio... - esclamò silenziosamente Moretti - Cosa abbiamo... cosa ho fatto a questa
gente?
La voce dura di Stefano lo scosse. - Come andiamo, sbirro?
Moretti chiuse l'otturatore con un gesto secco e strinse la giuntura con la chiave.
- Prova. - disse, lanciando l'AIM verso l'uomo calvo.
L'altro afferrò il fucile al volo, digrignando i denti con aria di sfida. L'imbracciò, lo puntò. Il
display si accese.
- 'azz! - esclamò Salvatore - Ce l'ha fatta!
- Un momento. - protestò Stefano - Che significa E-07?
- Un messaggio d'errore dal sistema operativo. La Eprom non riconosce il segnale sul
piedino di ACK.
Stefano lo guardò inespressivo. - E allora?
- Allora niente. Gli upgrade sono disabilitati. Potete usare l'AIM come un fucile ordinario,
senza le opzioni del tiro automatico, del reticolo e del database tattico. Mi dispiace, ma è il
massimo che posso fare.
Stefano considerò sospettoso le parole di Moretti. - Uhm... diciamo che va bene. Ma puoi
fare lo stesso lavoro con gli altri fucili?
L'ex agente infiltrato fissò sconsolato il cumulo di armi. - Be', ci metterei un mucchio di
tempo, ma...
- Allora ti consiglio di muoverti. - l'interruppe malignamente Stefano - Credo che stiamo per
entrare in azione.
Oggi ci troviamo, in questo scorcio di secolo, a vivere un'esperienza del tutto
nuova. La tecnologia ha finalmente reso possibile realizzare ciò che, a livello
concettuale, era stato teorizzato in passato dai più grandi analisti di dinamica
sociale. Rinunciare a questa opportunità è un'opzione che non possiamo in alcun modo
permetterci.
Joseph B. Sarrese, Rapporto 82
- Criticità?
La risposta giunse dopo qualche secondo d'attesa.
- Rivolta nel braccio C di Poggioreale. Sollevazione al Porto. Scomparsa di due informatori
stipendiati dalla Sezione. Attentato su via Cavour.
Sarrese aderì contro lo schienale della poltrona e allargò le gambe. Qualcosa si mosse
appena più in basso del suo campo visivo. Lui non vi badò.
2038: la rivolta Francesco Grasso
100
- Prima criticità: dettaglio.
- Centoundici detenuti. - replicò docilmente la voce - Venti per cento reclusi per reati comuni,
ottanta per cento politici. Sopraffatti i guardiani, saccheggiata l'armeria. Totalità del braccio C sotto
controllo dei rivoltosi. Due deceduti, cinque ostaggi. Probabili complicità esterne.
Il colonnello si carezzò la punta del naso, dalla pelle ancora più candida del resto del viso.
Soffocò un'imprecazione di disappunto.
- Grado di isolamento dai media?
La voce si incrinò. - Basso. Il funzionario responsabile ha dovuto consegnare il suo sat-com
ai rivoltosi.
- E...?
- E sono state completate sei chiamate prima che riuscissimo a isolarlo.
L'uomo si morse le labbra. - Le chiamate sono state intercettate?
- Sì, signor colonnello. Vuole le trascrizioni?
Sarrese scosse la testa. - No. Ricerca testuale. Il termine è "Masaniello".
La voce si fece attendere qualche istante. Poi riprese in tono efficiente.
- Vocabolo rintracciato in tutte le conversazioni. Da un minimo di tre a un massimo di dodici
istanze per chiamata.
- Fa' piano, stupida! - sibilò Sarrese, agitandosi sulla poltrona rivestita in pelle d'antilope.
- Signor colonnello?
- Non dicevo a voi, Controllo... - l'uomo sospirò - Seconda criticità?
- Agitazione ai moli tre e quattro. Grado nove punto cinque scala Reimann. Danni ingenti
inflitti alle strutture portuali e alle imbarcazioni da carico. Traghetti per Capri dati alle fiamme.
Contenimento in corso.
- Maggiori dettagli. - mormorò Sarrese.
- Unità coinvolte valutate tra ottocento e mille. Lavoratori portuali, marinai e disoccupati.
Tracciata la presenza di individui bio-marchiati a Bagnoli... Esoscheletri da carico e elevatori
individuali usati come armi. Blocco stradale e ferrato completo della zona compresa tra via
Caracciolo e Piazza Santa Lucia. Impossibile l'allontanamento dei media. Agenti in loco:
quarantadue. Previsto impiego degli EH301. Probabilità di contenimento: ottanta per cento.
Sarrese rimuginò qualcosa tra sé. - Causa scatenante?
- Incerta. Gli analisti stanno lavorando sugli slogan e gli striscioni in mano ai manifestanti.
- Termine a maggiore frequenza? - chiese Sarrese, con l'aria di chi conosce già la risposta.
- Masaniello. - confermò la voce.
- Sì, così... - sussurrò Sarrese. Poi, alzando la voce. - Reazioni alla mia nota da parte del
Comando?
- Respinta. - replicò la voce.
- Dettaglio.
- I reparti di stanza a Roma non saranno mobilitati. - aggiunse la voce - È previsto l'arrivo del
contingente di Strasburgo, ma solo il mese prossimo, in accordo alla pianificazione ordinaria. L'uso
esclusivo e continuativo dell'occhio orbitale è stato escluso.
L'uomo si morse ancora le labbra, questa volta d'incredulà. - Puoi confermare, Controllo?
- Le decisioni del Comando sono agli atti della Rete, signor colonnello.
- Idioti... - Sarrese scosse la testa, fremendo di rabbia - Mentecatti incapaci. Di cos'altro
hanno bisogno, per convincersi?
Si scosse. - Controllo, ti invio una seconda nota per il Comando. Sei in ricezione?
- Quando vuole, colonnello.
- Signori, a seguito dei... - sulla scrivania di Sarrese si accese una luce azzurra. L'uomo
s'interruppe.
- Termina l'operazione, Controllo. Richiamerò più tardi.
- Come preferisce, signor colonnello. - assentì la voce, facendosi sempre più flebile e infine
spegnendosi.
2038: la rivolta Francesco Grasso
101
Sarrese chiuse la connessione, tolse la ventosa dalla fronte e la ripose nel taschino
dell'uniforme. Poi assunse un'aria interrogativa.
- Non risponde alla chiamata, signorina?
La ragazza, ancora in ginocchio, sussultò. Si rimise in piedi con aria imbarazzata,
allontanandosi con le dita smaltate i capelli che le erano franati sul viso.
- Subito, colonnello. - blaterò - Mi scusi. - aggiunse, mettendo la cuffia e premendo il
pulsante accanto alla luce azzurra.
- Una chiamata su linea hi-sec. - disse, digitando i controlli regolamentari - Il codice è Uno
Otto Tango Verde.
- Ovvero?
- Agente scelto Boselli Dominic in missione di infiltrazione, classificata "coperto livello 3".
Sarrese si fece interessato. Tirò su la cerniera dei calzoni e prese a tamburellare
nervosamente sul ripiano della scrivania. - Non dorma, signorina. Veda cosa vuole, avanti.
La ragazza, rossa in viso, premette il secondo pulsante.
- Qui Nucleo Operativo. - esordì.
Ascoltò qualche istante con aria assorta, in piedi, mentre l'uomo la scrutava attentamente
dalla sua poltrona.
L'ufficio era immerso nella penombra. Piccoli fari incastonati nel soffitto, come gemme sul
velluto, lanciavano strali di luce verso i quadri rinascimentali affissi alle pareti. Un Rubens, un
Goya e un Tiziano rendevano artisticamente omaggio alla carica dell'alto ufficiale. Una possente
pianta di ficus bio-alterato, piantato accanto a una pila di monitor, dominava l'angolo opposto alla
scrivania. L'impianto a microprocessore manteneva umide le grandi foglie spruzzando minuscole
goccioline tutto intorno, in una nebbia leggera che sfocava i contorni degli oggetti.
- Mi dispiace, non è la procedura standard... - iniziò a protestare la ragazza. Poi sembrò
cedere - Ah, capisco. Ma non so se il colonnello può... - infine, più debolmente - Attenda, prego.
Si voltò verso l'uomo, ancora più imbarazzata. - Non è l'agente Boselli.
- E allora?
- È una donna. Non ha voluto dirmi il suo nome. Insiste per parlare con lei.
- Davvero? - Sarrese aggrottò le sopracciglia bionde, esili come speranze - E perché, di
grazia?
La ragazza ascoltò quanto le veniva detto in cuffia, poi tornò a rivolgersi al colonnello.
Dice - Abbiamo l'ottantadue. Vogliamo trattare.
Sarrese, le cui dita stavano picchiettando frenetiche sulla scrivania, smise di muoversi,
persino di respirare. Per un istante, sembrò non trovare le parole. Poi il suo viso divenne di pietra.
- Mi passi quella cuffia ed esca da questa stanza. Adesso.
La ragazza, colpita dal tono gelido del superiore, arretrò, senza fiatare, verso la porta. Prima
che potesse raggiungerla, Sarrese raccolse qualcosa da terra e glielo lanciò contro di malagrazia.
- Ma che fa, dorme? Si rimetta questi addosso, prima.
Lei, rossa in viso, afferrò i vestiti, affrettandosi a indossarli. - Mi... mi scusi, signor colonnello.
- La scuserò più tardi. - replicò lui, duro - Se completerà a dovere il compito che le era stato
assegnato. Fuori, adesso.
Sarrese attese che la ragazza si chiudesse la porta alle spalle, poi riattivò la comunicazione.
- Con chi parlo? - intimò.
- Lo sa benissimo. - replicò Lara all'altro capo della linea, in tono ugualmente deciso - D'ora
in avanti giochiamo a carte scoperte, colonnello.
Sarrese, riconoscendo la voce, storse le labbra in un ghigno gravido di sarcasmo. - La nostra
impavida giornalista... Che sorpresa... Mi fa piacere sentire che sta bene. Pensavo che, dopo il
nostro piccolo incidente...
- La chiami pure battaglia. - tagliò corto Lara - E la smetta di recitare. Giochiamo a carte
scoperte, le ho detto.
2038: la rivolta Francesco Grasso
102
Sarrese incrociò le braccia, affondando le spalle messe in mostra dall'uniforme nell'abbraccio
morbido della poltrona.
- Come preferisce... Cosa vuole, giornalista?
- Non così. - obiettò Lara - Di persona.
L'uomo inarcò un sopracciglio. - E perché mai?
- Prendere o lasciare, colonnello. Lei sa cosa ho da offrire. Se non le interessa...
Sarrese riprese a tamburellare sulla scrivania. Ogni quattro tump, un toc!, quando l'anulare
innestato di congegni elettronici batteva sul mogano del ripiano.
- D'accordo. - disse alla fine - Ha vinto, giornalista. Dove si trova?
- Non faccia lo stupido, colonnello. - lo gelò la donna - So benissimo che potete tracciare la
mia chiamata. Lei ha trenta minuti di tempo. Non attenderò un istante in più.
- Aspetti, giornalista, non crederà che... - Sarrese imprecò: l'altra aveva chiuso la
comunicazione.
L'uomo si alzò furibondo. D'un colpo, spazzò via i diagrammi, gli stampati, le lettere e i
documenti affastellati sulla scrivania. Poi accese i monitor e premette i pulsanti d'allarme.
- Qui Sarrese. - sibilò.
- Agli ordini, colonnello. - risposero più voci all'unisono.
- Voglio che mi siano assegnati tutti i mezzi e tutti gli uomini disponibili. E li voglio adesso.
La generazione del consenso è la chiave di volta. È il punto cruciale su cui si
gioca il successo o la sconfitta di ogni esperienza di controllo sociale. La
generazione del consenso è il problema cardine, il nodo che legioni di teorici si sono
affannati a risolvere negli ultimi due secoli, già ben prima che la conquista e la
gestione del Potere acquisissero rango di scienza.
Come generare il consenso, dicevamo. Le soluzioni più efficienti sperimentate fino
a oggi, è noto, vertono sul condizionamento dello strato di popolazione ancora in età
evolutiva. Irreggimentare le nuove generazioni, isolarle dalle famiglie, inquadrarle e
vestirle in modo opportuno, assegnare loro modelli di comportamento ben definiti e
rispondenti alle esigenze della classe dirigente si è rivelata nel recente passato una
scelta di innegabile successo.
E tuttavia, oggi ne siamo consapevoli, il lavoro di indottrinamento richiesto da
tale soluzione risulta troppo oneroso. La manipolazione dei giovani cervelli ottiene
buoni risultati, ma deve ricominciare da capo a ogni generazione. Nel lungo periodo, il
costo di tale operazione diviene insostenibile.
Oggi, per la prima volta, abbiamo modo di aggirare il problema. La tecnologia
biogenetica ci consente di intervenire a livello più basso, manipolando il nucleo di
comportamenti innati codificati nella stessa spirale del DNA umano.
Tale nucleo, da alcuni teorici definito "istinto", da altri "etica ancestrale",
finalmente può essere riscritto a piacimento, rimarcando gli elementi utili e potando
quelli fuorvianti, eliminando alla radice ogni ostacolo al formarsi di quell'obbedienza
verso i capi e di quella disciplina che sono i valori essenziali alla nascita di una
Grande Nazione.
Ma, soprattutto, la tecnologica biogenetica può rendere il risultato della
manipolazione ereditario, facendo sì che i geni indotti risultino dominanti. Le classi
inferiori, una volta condizionate al consenso, trasmetteranno i loro schemi mentali
alla generazione successiva, e così via, in una spirale auto-alimentante di
indottrinamento che nessuna organizzazione di Figli della Lupa, di Giovani Comunisti o
di Azionisti Cattolici è mai riuscita a raggiungere.
La tecnologia, signori, è pronta. I metodi e gli strumenti che essa ci offre sono
già stati utilizzati, in una sperimentazione scientifica, eseguita non in RV ma
totalmente sul campo. I risultati di tale sperimentazione vi saranno illustrati nel
proseguo della presente relazione.
Joseph B. Sarrese, Rapporto 82
2038: la rivolta Francesco Grasso
103
- Riesci a vederli?
Annuendo, Salvatore replicò in una fiatata che sapeva di limoncello e di tabacco di seconda
scelta.
- Tenevi ragione: vengono coi motoscafi.
- Hover-jet Saab G-17. - precisò Moretti - È logico: sono gli unici mezzi della Sezione in
grado di raggiungere questa spiaggetta in così poco tempo. Avete scelto un terreno davvero
favorevole.
- Uno... due... tre... - contò Salvatore - Non sono molti, chilli malamenti.
L'altro scosse la testa. - Sono sufficienti.
- Che significa?
- Mi spiace dirtelo, ma i G-17 hanno potenza di fuoco superiore a quella di un carro
Abraham. E poi possono trasportare una squadra di diciotto uomini, completa di armi ed
equipaggiamento... Spero che i tuoi compagni siano pronti.
Salvatore non raccolse la provocazione. - Nisida sembra 'na capa 'i muorto, 'stamattina. -
meditò, assorto.
- Vuoi dire un teschio? - Moretti fissò l'isola, valutando la metafora. I fianchi rocciosi ricoperti
dalla macchia mediterranea si ergevano in curve quasi innaturali.
- Forse hai ragione. - ammise - non l'avevo mai vista così.
- Neanch'io.
- Sarà la luce... Speriamo che non sia un brutto segno.
- I segni non sono né belli né brutti, guaglio'. Sono messaggi, da interpretare, o da giocare
sfidando 'a suorte.
Quasi soddisfatto dell'epitaffio, Salvatore brandì uno specchietto, si sporse dal rifugio dentro
il quale era appostato insieme a Moretti, e cominciò a lanciare messaggi luminosi verso la parete
di tufo che si ergeva quasi verticalmente a ridosso della minuscola spiaggia.
Dall'imboccatura di una delle caverne che si aprivano sulla parete, giunsero in eco bagliori
riflessi, in una sequenza che Moretti non comprese.
- Potete tenere tutte le scatolette e i computer che volete, voialtri malamenti. - mormorò
l'uomo tarchiato, cogliendo lo sguardo interrogativo dell'altro - 'o sole non riuscirete mai a
togliercelo.
Moretti scrollò le spalle. Poi gesticolò in direzione della battigia. - Eccoli. Stanno sbarcando.
Gli hover-jet dalla fusoliera tinteggiata in toni gialli e grigi superarono la linea della risacca e
puntarono decisamente sulla spiaggia, sollevando intorno ai bassi cuscini pneumatici nuvole di
sabbia polverosa e di rifiuti. I rotori intonavano una sinfonia meccanica di inquietante potenza.
Uno stormo di gabbiani che banchettava tra i sacchetti di plastica, spaventato dagli
inaspettati intrusi, si sollevò in volo schiamazzando. Gli uccelli si dispersero, poi tornarono a
riunirsi sulla verticale dello sbarco; ma non osarono avvicinarsi, e restarono a volteggiare ad ali
spiegate, roteando quasi senza sforzo, simili a coltelli volanti nella brezza.
Dal rifugio tra le rocce, i due uomini osservarono i mezzi anfibi giungere sino a ridosso della
scarpata, sistemarsi ai vertici di un triangolo, puntare le armi all'esterno, aprire i portelloni e
partorire una nidiata di uomini in assetto da combattimento. Il tutto in pochi secondi e nel silenzio
più assoluto.
Salvatore, suo malgrado, fischiò di ammirazione.
- Cos' 'e pazzi! - gli sfuggì - Sembrano i ballerini del San Carlo.
- Addestramento Seals. - sussurrò Moretti, non perdendo d'occhio la scena. - Quello è un
commando d'assalto... E c'è anche Sarrese.
- Qual è?
- Al centro del primo gruppo. L'unico senza casco.
- L'aggio visto. - assentì Salvatore - Ha abboccato all'amo...
- Ammesso che sia il pesce, e non il pescatore... - mormorò l'altro a mezza voce.
- Non aggio capito. - confessò l'altro.
2038: la rivolta Francesco Grasso
104
- Lascia perdere. - Moretti aggrottò la fronte - Guarda... Stanno salendo verso la grotta. Lo
sapevo: hanno visto i vostri stupidi segnali.
- Calma, guaglio'. - lo rassicurò l'altro, addentando una cicca scura di tabacco - Va tutto
bene.
Poco convinto, Moretti riprese a osservare i movimenti dei militari. Inconsciamente,
rabbrividì: il commando si era diviso in due gruppi; il primo era rimasto a ridosso degli hover-jet, e
scrutava tutto intorno con le armi spianate; il secondo si era disposto in colonna, guidata da
Sarrese, e aveva cominciato a inerpicarsi lungo la parete di tufo. Moretti contò venti soldati, tra cui
due donne, tutti dotati di equipaggiamento completo, casco e tuta antiproiettile inclusa. Avevano
un aria decisa, e il loro vigore nel risalire il ripido pendio, nonostante il caldo e il peso delle armi,
suggeriva a Moretti che avessero fatto il pieno di stimoline prima di partire per la missione.
Un lampo di desiderio, bruciante, percorse i muscoli dell'uomo. Ma egli lo respinse risoluto:
aveva preso la sua decisione, e non poteva tornare indietro.
Con tempi da primato olimpionico, la squadra raggiunse l'imboccatura della caverna. Sarrese
vi indugiò qualche istante, scambiando poche battute concitate col sottufficiale di colore che gli
procedeva al fianco.
- Che fanno? - ansimò Salvatore, improvvisamente nervoso.
- Cosa vuoi che ne sappia? - protestò Moretti.
- Non sei della loro stessa parrocchia?
- Lo ero, certo. E allora?
Salvatore lo guardò storto. - E allora devi dirmi che fanno. Stai qui apposta.
Moretti scrollò le spalle. - Non so. Forse controllano le coordinate del tracciante.
- Ma tu guarda che cazzimma! - ringhiò l'altro, sputando boli nerastri di tabacco sulla rena
fangosa - Avanti, figl' 'i zoccola, mancano pochi metri.
Quasi in risposta all'esortazione, Sarrese varcò la soglia della caverna. Uno dopo l'altro, i
componenti della squadra lo seguirono. L'ultimo entrò camminando all'indietro, AIM in pugno,
un'espressione guardinga celata tra le ombre disegnate dal casco.
Salvatore parve rilassarsi. All'improvviso, sorrise compiaciuto. - Bravi guaglioni. E mo' pe' voi
comincia la musica.
- Musica? - ripeté Moretti, confuso - Che musica?
- Musica di paradiso, compare. Ascolta e godi.
Salvatore diede un calcio a quel che sembrava un insignificante mucchio di terriccio. I
granelli caddero, rivelando un antiquato deviatore elettromeccanico, collegato a un cavo che si
perdeva nella rena.
L'uomo tarchiato calcò lo stivale sulla leva del deviatore, vi montò sopra con tutto il suo peso.
La leva si abbassò.
- A soreta. - recitò, a mo' di epitaffio.
L'esplosione fu assordante. La terra tremò. Sullo strapiombo divamparono lingue di fuoco.
Schegge di roccia schizzarono come proiettili in ogni direzione. D'impulso, Moretti affondò il viso
nella sabbia e si coprì la testa con le mani, stupendosi che nessun macigno volante si abbattesse
sul loro rifugio.
La pioggia di pietre e fango durò interminabili istanti. Quando l'ex agente scelto osò alzare la
testa, la sua prima occhiata fu per l'imboccatura della caverna.
Non c'era più. La parete di tufo era franata ad arte, ostruendo completamente l'apertura. Alla
base della scarpata, uno dei G-17, investito dalla frana, giaceva rovesciato sul fianco. Profondi
squarci si aprivano sulla sua carena; i finestrini erano in frantumi; dal blocco motore, lesionato, si
levava una colonna di fumo nerastro.
Gli uomini in grigio e giallo correvano lungo la spiaggia come formiche impazzite. Un paio
erano riversi a terra e si agitavano debolmente; un terzo gridava col viso coperto di sangue; altri si
erano gettati al riparo delle rocce, e puntavano le armi contro inesistenti cecchini.
I gabbiani erano spariti. Il sole dardeggiava nel cielo deserto.
2038: la rivolta Francesco Grasso
105
- Almeno venti chili di C-3... - valutò Moretti, incredulo - Dove diavolo avete preso tanto
esplosivo?
Salvatore lo guardò sornione. - Fai troppe domande, guaglio', per uno che fino a ieri giocava
nell'altra squadra.
- Ma...
- Statte citto e quando sarà finita, forse, mi fiderò di te... - Salvatore si alzò e cominciò a
raccogliere la sua roba - Adesso andiamo.
Travolto dagli eventi, l'ex agente scelto replicò debolmente.
- Andiamo? Andiamo dove?
- A raggiungere Masaniello. Dove, se no?
- E come possiamo? L'ingresso della caverna è saltato.
- Ah... fidati. Come direbbe Eduardo, tutti in scena per l'ultimo atto... E questo vale anche per
te, guaglio'. Non vorrai perderti il finale, vero?
E scappò via. A Moretti, interdetto, non rimase altro da fare che corrergli dietro.
2038: la rivolta Francesco Grasso
106
15
La sperimentazione, riferita nel seguito del documento come "Progetto 82", è stata
impostata su un campione statisticamente significativo della popolazione comunitaria.
Inizialmente si è ricercato uno strato censuario rappresentativo dell'universo oggetto
di studio (ceppo europeo, cultura occidentale, grado di istruzione e di sviluppo fisico
standard, ecc.), una collocazione geo-economica ottimale (tensione sociale,
disoccupazione, scarsa coscienza civica), una modalità di esecuzione facilmente
replicabile e monitorabile.
Le classi sotto-proletarie residenti nell'area metropolitana di Napoli incarnavano
tutti i requisiti richiesti, e sono state perciò scelte per l'esperimento. Quando è
stato necessario, i parametri politici ed economici dell'area sono stati modificati (o
esasperati), finché lo scenario non si è presentato soddisfacente.
Identificato il target, si è sviluppato il vettore. L'enzima trans-genico KJH82
(Khrisnagandha - Jones - Hokuto, in onore ai ricercatori che lo hanno sintetizzato) è
stato polimerizzato su un substrato collagenico. Si è realizzato così un composto
organico battezzato exitrazina, lievemente tossico ma tollerato (in piccole quantità)
dal sistema immunitario umano.
L'exitrazina, sostanza cristallina facilmente solubile, può penetrare nel sistema
sanguigno con una semplice iniezione ipodermica, può essere ingerita con gli alimenti,
o ancora essere inalata allo stato gassoso.
Imponendo ai soggetti campione un'assunzione regolare di exitrazina, si è
registrato (in tempi dell'ordine del mese solare) un accumulo di KJH82 nelle ghiandole
genitali (tessuti ovarici nelle femmine, testicoli nei maschi). Esaminando la
generazione successiva, nel settantacinque per cento dei casi si è osservata una
modifica del patrimonio genetico.
Di tale percentuale, il novanta per cento risulta composta da mutazioni
rispondenti ai parametri impostati, il nove per cento da mutazioni letali (causa di
decesso entro il primo anno di vita), e il restante uno per cento da mutazioni
inaspettate, non previste, dalle caratteristiche ancora sotto indagine.
Il Progetto 82 è tuttora in corso. Il numero attuale di soggetti sotto dosaggio
controllato di exitrazina si aggira intorno alle ventimila unità. Duemila bambini sono
stati e sono tuttora sotto osservazione. Tra questi, 1350 hanno con certezza assunto il
profilo caratteriale ereditario che rappresentava il fine ultimo della sperimentazione.
Non possiamo ancora definirlo un successo globale, ma si tratta di un risultato
estremamente incoraggiante.
È da sottolineare l'aspetto finanziario del progetto. In pieno accordo con le
linee strategiche della Nuova Ricerca Europea (vedi cfr. Eureka2000, EuroJoint Focus
Group) la nostra sperimentazione non impegna risorse esterne, ma risulta anzi
totalmente auto-finanziata. Il budget necessario, unito a un non trascurabile surplus
finanziario, proviene dallo stesso campione oggetto del test.
Questo brillante risultato è stato reso possibile donando alla molecola
dell'exitrazina proprietà narcotiche e neurotropiche. L'exitrazina possiede, dal punto
di vista biologico, interessantissimi effetti collaterali: di fatto, il suo ruolo da
vettore chimico viene a essere totalmente oscurato dalle sue capacità di sostanza
stupefacente.
La realizzazione di una struttura di vendita e diffusione capillare
dell'exitrazina alla popolazione ha costituito, nella vita del progetto, un parentesi
pregna di interessanti traguardi secondari...
Joseph B. Sarrese, Rapporto 82
Le pareti della grotta vibravano ancora, risuonando sonoramente come la cassa armonica di
uno strumento a corde. Lara fissò col cuore in gola le crepe irregolari, lunghe e scure come
2038: la rivolta Francesco Grasso
107
presagi, disegnate sulla volta giallastra di tufo, e la polvere sottile come ricordi che ne cadeva
piano. Rabbrividì.
- Non preoccuparti, giornalista. - sussurrò Anselmo, a rassicurarla - Questo tunnel ha
cinquecento anni, ha resistito a ben altro che il nostro petardo.
- Non tremavo per questo. - replicò la donna.
- Per cosa, allora?
- Pensavo a ciò che abbiamo ascoltato, alla registrazione, ai dati che abbiamo visto...
Il vecchio corrugò la fronte. - Allora?
Lara era terrea in volto. - Quei reparti speciali dell'ospedale, i bambini sottoposti a biopsie
cerebrali, le vivisezioni... Non riesco a farmene una ragione.
- Vuoi dire che non ci credi?
Lei deglutì. - Magari potessi farlo.
Anselmo annuì, comprensivo ma con gravità rancorosa. - Ne hai parlato a Masaniello? A te
lui ha raccontato molto più che a chiunque altro. Forse...
Lara scosse la testa. - Ho provato. Sai cosa mi ha risposto?
- Cosa?
- "Storia lunga, orribile" ha detto "Non vorresti sentirla".
Anselmo annuì. - Dovevo immaginarmelo.
Flebili bagliori rischiararono in lontananza il tunnel, rivelando agli occhi di Lara complesse
strutture di pietra, archi, volte, stalagmiti alte come canne d'organo, macigni immensi e rampe che
si perdevano nell'oscurità. I colori variavano dal giallo del tufo al verde delle deiezioni di pipistrello,
dal nero dei rivoli d'acqua al bianco del gesso e delle ragnatele.
- Non avevo idea... - mormorò.
- Cosa?
- Non avevo idea che la collina di Posillipo fosse un simile groviera. - ripeté la donna,
sottovoce, quasi temesse di contaminare il silenzio umido di quella grande bolla nella roccia.
Anselmo annuì con aria vissuta. - Tutta Napoli è un... un "groviera", come dici tu, giornalista.
Una vera città sotterranea, il posto ideale per nascondersi. Quando ero più giovane io...
Dalla sua posizione, Stefano segnalò con la torcia. Anselmo si zittì. Lara segnò nel suo libro
di ricordi di essere in debito di un ringraziamento verso l'uomo dalle orecchie a punta: l'aveva
appena salvata da una delle inesauribili storie di camorra del vecchio, e ciò costituiva un merito
non trascurabile.
Stefano accese e spense la torcia sette volte. Lampi di luce rossastra, occhi di drago nella
semioscurità di quell'antro informe e avvolto dagli echi.
- Soltanto sette uomini. - mormorò Anselmo - Non dovremmo avere problemi.
- Sono ben armati.
- Non importa.
- Pensi che la frana possa tenere fuori gli altri a lungo?
- Credo di sì.
- Quanto?
Anselmo scosse la testa. - Non so. Questo potrebbe dircelo quel tuo... Moretti.
- Peccato che non sia qui.
Il vecchio carezzò la sua Beretta. - Non importa: il tempo ci basterà, in un modo o nell'altro.
Avanti... Procediamo come stabilito.
Il panico è una buona coperta di sicurezza.
Puoi usarlo per coprirti, chiudere gli occhi e fingere che nulla faccia più differenza,
perché il peggio è garantito
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Movimento. - segnalò il sergente, leggendo il suo strumento alla fioca luce del visore del
casco.
- Dove?
2038: la rivolta Francesco Grasso
108
- Cinquanta metri. Nord ovest.
- Ho rilevamento anch'io, signore. - echeggiò un secondo soldato.
- Anch'io. - approvò un terzo.
- Spegnete le torce e passate all'infrarosso! - ringhiò Sarrese - In fretta!
- Idioti... - aggiunse tra sé, mentre gli uomini eseguivano l'ordine con qualche imbarazzo -
Cosa ho fatto per meritarmi simili incapaci?
- Signore... - azzardò il sergente, tenendo lo sguardo fisso a terra, e strascicando gli stivali
grigi con la banda laterale gialla.
- Cosa c'è?
- Non sarebbe meglio aspettare che la pattuglia in retroguardia liberi il passaggio dalla frana?
Siamo rimasti in pochi, e...
Sarrese squadrò gelidamente il sottoposto. Era un uomo di colore, dai tratti del viso grezzi,
quasi fossero stati appena abbozzati nel mogano, e folti baffi, sporchi di cenere e di terra
rossastra.
- Ha paura, sergente? - inquisì.
- Non è questo, signore. - protestò il sottufficiale.
- E allora?
- L'esplosione ha procurato gravi danni alla squadra. Abbiamo molti feriti, e...
- Va bene. - tagliò corto Sarrese, glaciale - Lasci pure la testa della colonna e vada a
occuparsi di loro.
- Io... Va bene, signore. - acconsentì l'altro. Nella voce, netto, un registro di sollievo. - Agli
ordini.
Sarrese lo guardò allontanarsi. Vene azzurre, pulsanti, affiorarono sulle sue palpebre
candide. Poi scomparvero. La pelle perfetta del suo viso tornò a distendersi.
- Brandi?
- Signore? - rispose prontamente un agente al suo fianco, un giovane colosso dal naso rotto
e dallo sguardo bovino.
- Il sergente Ortega. Codice due.
- Codice due? - ripeté l'altro, in tono incredulo - È sicuro, signore?
- Codice due. - scandì Sarrese, fissandosi distrattamente le unghie.
Il giovane agente batté le palpebre, sconcertato. Poi sembrò irrigidirsi. Alzò il FAL, sfiorò col
dito i comandi a sensore posti sul grilletto. Sparò.
Il proiettile colpì con precisione crudele, conficcandosi alla base del collo del sergente, nei
pochi millimetri di carne lasciati scoperti tra l'elmetto anatomico e il giubbotto corazzato.
Il sottufficiale stramazzò al suolo senza un lamento. I suoi arti si agitarono scompostamente,
poi rimasero immobili. Il terreno morbido della caverna si colorò di rosso.
Sarrese passò in rassegna con lo sguardo quanto restava della sua squadra.
- Ci sono problemi? - chiese in tono di sfida.
Gli rispose solo il silenzio.
Il memobox di Sarrese comunicò un avviso tattico. L'uomo annuì, pensieroso.
- Alta probabilità di cedimenti della volta. - disse ai suoi - Niente granate.
- Movimenti a nord, a nord ovest e a est, signore. - balbettò Brandi.
- Rilevo tracce termiche, colonnello - disse un altro agente.
- Quante?
- Molte. Credo... credo che siamo circondati.
Un sibilo. Un tonfo. Sarrese guardò ai suoi piedi. Un coltello si era piantato nel terreno, a
pochi centimetri dalla punta del suo stivale. L'acciaio vibrava ancora.
- In nome dell'esercito popolare di Masaniello... - gridò una voce dal ventre oscuro della
caverna - ...vi ordino di gettare le armi.
- Gas. - replicò tranquillamente Sarrese, infilandosi i filtri nelle narici.
2038: la rivolta Francesco Grasso
109
Gli uomini in giallo e grigio, come l'ufficiale aveva sperato, reagirono positivamente alla sua
freddezza. Si disposero a coppie, schiena contro schiena, impugnarono i lanciatori e lasciarono
partire le cariche chimiche.
Si udirono tre tonfi e tre sibili in rapida successione, poi il foop degli involucri che si
laceravano.
Dalle rocce intorno, imprecazioni e scariche di pallottole. Stormi di pipistrelli, spaventati, si
levarono in volo dalla volta, disperdendosi nei meandri della grotta. Alcuni agenti, colpiti,
barcollarono. Ma i loro corpetti erano pesantemente blindati, e riuscirono a rimanere in piedi.
In pochi secondi il gas, denso come nebbia, invase la caverna, sollevando una cortina
impenetrabile tra gli assedianti e gli assediati.
- Presto, metti questi! - farfugliò Anselmo.
Lara fu lesta ad afferrare i tamponi che il vecchio le porgeva. Erano umidi, odorosi, della
consistenza del cotone. Lei li palleggiò tra le dita, perplessa, non sapendo cosa dovesse farne.
- Legali con un fazzoletto! - le ingiunse Anselmo, facendole vedere come sistemava i suoi
intorno al viso cotto dal sole. - E speriamo che si tratti solo di L-5.
- Altrimenti? - ansimò la donna, respirando a stento attraverso il tessuto greve del tampone.
- Altrimenti niente. - tagliò corto il vecchio - Abbiamo vissuto anche troppo.
- Cosa? - ansimò Lara, sperando di aver sentito male.
- Mi dispiacerebbe solo perché non vedrò la fine di questa storia... - tagliò corto Anselmo.
Lara sussultò. Si toccò gli orecchini, sforzandosi di ricordare qualche brandello di preghiera.
Non vi riuscì: la sua mente era un muro imbiancato dalla tensione.
- Eccoli che arrivano! - esclamò Anselmo, tossendo.
- Corrono! Come fanno a non finire contro le rocce?
- Vedono nella nebbia. Ma è logico: hanno gli infrarossi, quei bastardi... Ci sarà mai qualcosa
che non hanno?
- Che facciamo? - chiese la donna.
- Tu fermati qui, giornalista: è il posto più sicuro.
Per qualche istante, Lara meditò su una possibile replica che suonasse eroica. Mi hai già
invitata a questo ballo, ricordi? oppure L'unico posto sicuro è col nemico di fronte e un'arma in
mano! o ancora Sono loro che devono avere paura, non io!
Appuntò quelle frasi per migliori usi futuri, e tacque. Anselmo aveva ragione: non era una
combattente, e doveva accettare il suo ruolo. Erano altri i modi in cui avrebbe potuto essere utile.
Si appostò dietro una delle tante colonne di roccia che si alzavano sino a raggiungere la
volta della caverna, e attese. Poco a poco, la tensione lasciò il posto alla voglia di capire, di
assistere agli eventi. Era un momento decisivo, lo sentiva.
Negli squarci nel muro di nebbia, sipari della battaglia si aprivano e si chiudevano di fronte ai
suoi occhi, illuminati dai lampi degli spari, sciabolati di luce dal raggio delle torce impugnate a
mano o legate alle canne dei fucili, soffusi di chiarore dallo stesso gas e dai suoi misteriosi
processi chimici.
Scorse Stefano, il colorito cianotico e gli occhi iniettati di sangue, che tossiva immerso nei
vapori di nebbia, sputando saliva mista a sangue scuro. Lara lo vide puntare il fucile contro un
agente della Sezione che gli si avvicinava e premere il grilletto. Il colpo echeggiò a lungo,
riverberando contro le pareti, stillando nuove piogge di polvere di roccia dalla volta.
Il suo avversario, un uomo massiccio, dal collo taurino, sussultò. Ma non cadde. Si volse
subito nella direzione del colpo ricevuto e alzò il suo FAL. Il cerchio violaceo del laser di
puntamento si accese sul petto di Stefano.
Il lazzaro imprecò, si strappò dal viso il tampone e si gettò addosso al soldato prima che
questi avesse il tempo di premere il grilletto. Rotolarono nella polvere, avvinghiati. Nessuno
intervenne. Le volute del gas isolavano quel duello solitario, riservando la scena ai soli occhi
angosciati di Lara.
2038: la rivolta Francesco Grasso
110
Interminabili secondi dopo, Stefano si rialzò, mentre il suo avversario restava a terra, la lama
di un coltello affondata nella gola. L'uomo dalle orecchie a punta gli strappò il visore infrarosso e lo
lanciò a Pascià, che sopraggiungeva.
Ma era stato il suo ultimo sforzo. Lara lo vide afflosciarsi, la lingua ormai nera fuori dalla
bocca, in un estremo tentativo di trarre ossigeno dall'aria avvelenata che lo circondava.
Un refolo di nebbia cancellò la scena. Lara batté le palpebre, aspettando l'aprirsi di un arco
varco.
E il gas, impietoso, si squarciò, rivelandole una scena inaspettata e agghiacciante. Due
uomini della Sezione Speciale, appostati al riparo di una parete di nebbia, facevano strage di
lazzari, colpendo metodicamente e con precisione letale, uno dopo l'altro, uomini, donne e ragazzi.
I loro bersagli erano guidati dal tizio allampanato e dalla donna scura dagli occhi pungenti, i
due membri del Collettivo che Lara ricordava di aver conosciuto durante la sua prima riunione al
rifugio clandestino. Costoro abbaiavano ordini confusi e facevano sparare i loro uomini alla cieca,
non rendendosi assolutamente conto della posizione dei due cecchini. Il gas doveva alterare la
percezione, pensò con angoscia Lara: non sapeva spiegarsi in altro modo perché quei disgraziati
restassero lì, caparbi, a farsi massacrare.
I corpi cadevano l'uno sull'altro, come spighe in una mietitura di sangue. Lara non avrebbe
saputo contarli, ma erano decine. Con la coda dell'occhio, vide Pascià vagare nella nebbia alla
ricerca della sorgente degli spari. L'uomo con le braccia artificiali, valutò Lara, non era stato
individuato dai cecchini, e aveva buone possibilità di prenderli d'infilata.
- Pascià! - gridò, incurante di rivelare la sua posizione - Alla tua destra!
Il lazzaro afferrò subito la situazione, e fu pronto a reagire con energia.
- Questo è per Gloria, figli 'i zoccola! - gridò, rivolgendo la canna del fucile contro i refoli di
gas e facendo partire una serie di raffiche furibonde.
La maggior parte dei colpi, vide con angoscia Lara, andarono a vuoto. Uno dei proiettili
staccò schegge di roccia dalla parete, che rimbalzarono prendendo al viso uno dei cecchini.
Imprecando, costui lasciò andare il suo AIM e prese a fregarsi gli occhi.
L'altro, sul viso un'espressione imperturbabile che sconvolse Lara, si guardò intorno alla
ricerca del nuovo avversario. Al visore che portava sugli occhi, il calore corporeo di Pascià dovette
apparirgli distintamente nella nebbia, perché il soldato sprecò una sola pallottola. L'uomo senza
braccia cadde senza un lamento.
Lara smise di respirare. Il cecchino si era accorto anche di lei. E la fissava.
Come un passero incantato da un serpente, la donna vide il laser di puntamento che la
cercava bucando la cortina di gas, sempre più vicino, sempre più mortale, finché non arse violaceo
sulla sua carne.
Nessuna direzione in cui fuggire, nessun posto in cui nascondersi. Era finita.
- Sono morta. - pensò Lara, chiudendo gli occhi in attesa del colpo finale.
- Masaniello! Masaniello!
Le urla le fecero capire che, per qualche strano motivo, il suo momento era stato rinviato. La
donna batté le palpebre e scrutò nella nebbia. Spalancò gli occhi per la sorpresa.
Il manipolo di lazzari doveva aver approfittato della distrazione dei cecchini per
riorganizzarsi, e adesso era decisamente passato al contrattacco. Ripetendo ossessivamente il
nome del Vate della rivolta, i membri del neonato "Esercito Popolare", incuranti delle pallottole,
erano balzati addosso ai due agenti della Sezione, li avevano sopraffatti con la forza del numero, e
adesso li stavano letteralmente facendo a pezzi.
Quando le urla cessarono, e la mischia si diradò, Lara azzardò un nuovo sguardo. I lazzari
ancora in piedi non erano molti, osservò la donna. E, tra i sopravvissuti alla carneficina, Lara non
riusciva a scorgere traccia dei due membri del Collettivo. Erano le due figure stese sul terreno,
appena alla base del pendio? Forse: fuori dal cerchio delle torce, il chiarore era troppo fioco per
distinguere alcunché.
2038: la rivolta Francesco Grasso
111
Ma non sembrava che l'assenza dei capi mitigasse l'ardore degli uomini. Ormai, pensò Lara,
lo scontro era andato ben oltre il punto di non ritorno.
- Laggiù! - sentì Anselmo che gridava - Ecco gli ultimi!
Lara aspettò che le lanterne dei lazzari venissero puntate nella nuova direzione. Fu allora
che li vide.
Sarrese e due uomini attendevano a piè fermo in una zona della caverna libera dal gas, un
piccolo pianoro di qualche decina di metri di lato, a ridosso di un arco di pietra il cui apice si
perdeva nell'oscurità.
Ciò che restava dell'esercito di Masaniello investì Sarrese e i suoi con furia cieca. Lara vide
gli uomini in divisa esitare, arretrare, addossarsi alla parete e sparare sempre più concitatamente.
All'improvviso Sarrese fece cenno ai suoi soldati, indicandosi le orecchie. Loro annuirono.
Lara non fece in tempo a chiedersi cosa l'ufficiale avesse in mente. Un ronzio penetrante pervase
la grotta, dapprima solo fastidioso, poi sempre più intenso, sempre più acuto, sempre più
insopportabile.
La donna sentì un dolore atroce esploderle nei timpani, come se avesse ricevuto
all'improvviso una stilettata incandescente. Fu colta dalle vertigini. Si portò le mani alle orecchie e
premette con forza, tenendo di resistere a quella tortura. Urlò, ma senza sentire il suono della
propria voce. Cadde in ginocchio, mugolando, con gli occhi pieni di lacrime.
Quando ormai credeva, o sperava, di impazzire dal dolore, il suono cessò. Si scosse, attese
che il mondo smettesse di tremare e acquisisse di nuovo contorni definiti. Si guardò intorno: i
lazzari erano a terra; alcuni gemevano contorcendosi; altri giacevano immobili, in pose scomposte,
innaturali.
Sarrese incombeva su di lei. Alla sua destra e alla sua sinistra, due agenti in tenuta cenere e
nicotina gli facevano ala. Avevano acceso di nuovo tutte le luci del loro equipaggiamento,
ostentatamente, come per dimostrare di avere ormai in pugno la situazione.
- Venti metri - considerò quietamente l'ufficiale - Proprio sul limite d'efficacia del blast-sonic.
Lara non riusciva ancora a rimettersi dagli effetti del colpo sonico, e soprattutto dall'enormità
dell'accaduto.
- Cosa... come... - balbettò.
- Lei è sempre fortunata, giornalista.
- Sono... sono tutti morti?
Sarrese scosse la testa. Il suo viso dalla pelle perfetta non rivelava la minima emozione.
- È davvero deprecabile, ma devo rispondere di no... - ammise in tono professionale, come
se la carneficina che li circondava fosse una semplice dimostrazione accademica.
- Ma...
Lui diede una pacca sul calcio dell'arma sonica. La somiglianza con un revolver era solo
apparente: in realtà, visto da vicino, il dispositivo ricordò agli occhi di Lara più un telecomando che
una pistola.
- Questo prototipo non fornisce ancora la potenza richiesta dalle specifiche. - considerò in un
registro di rammarico. - Al momento provoca soltanto lesioni cerebrali... Lesioni notevoli, devo
riconoscere.
All'improvviso, cambiò tono. - La Seagate, giornalista.
- Cosa...?
- L'unità bio-zip. Quella che mi avete rubato.
Una sferzata di orgoglio, potente come adrenalina, fece riprendere Lara, almeno per un
istante.
- L'ho qui con me, figlio di puttana, ma non ti servirà a niente. - sibilò, stringendo i denti per
resistere al ronzio che ancora echeggiava nelle sue orecchie.
- Davvero? - commentò Sarrese, tranquillo.
- L'abbiamo letta e duplicata. Possiamo renderne pubblico il contenuto quando vogliamo.
Per la prima volta, lui parve divertito. - Perché, pensate che io voglia lasciarlo privato?
2038: la rivolta Francesco Grasso
112
La donna batté le palpebre, confusa. - Cosa?
- Sono quasi vent'anni che curo il progetto 82. - ridacchiò Sarrese - È ben ora che ne illustri i
risultati... E che ne riceva il giusto riconoscimento. - aggiunse.
Lara, interdetta, indietreggiò, incespicando, riuscendo solo a malapena a reggersi in piedi.
- Non... non capisco...
- Pensava che volessi indietro la mia unità per paura che la leggeste? Lei è una sciocca.
Sarrese ripose l'arma sonica nella custodia alla cintura. Incrociò le braccia e sorrise: una
smorfia finta, raggelante, orribile.
- Mi preme il possesso del documento originale. Lei sa come vanno le cose nel mondo della
ricerca... C'è sempre qualcuno pronto a batterti sul tempo, plagiando la tua pubblicazione e
firmandola al posto tuo... E, lei sarà d'accordo, la paternità del progetto 82 rappresenta un titolo
non indifferente. Mi seccherebbe davvero trascorrere i prossimi sei mesi a combattere battaglie
legali. Le vincerei, intendiamoci, ma provo più gusto a battermi in scontri reali... Perciò, le ripeto:
mi renda la mia bio-rec. Adesso.
Lara pensò che l'arma sonica doveva averle annebbiato il cervello, o che i rudimentali filtri di
Anselmo non l'avevano protetta a dovere dal gas: ciò che sentiva non poteva essere reale.
Batté le palpebre, respirò a fondo, senza riuscire a liberarsi dalla sensazione di galleggiare in
un limbo onirico e crudele, dove le coordinate del buon senso e della morale si erano smarrite,
dove la stessa verità era deformata.
- Pubblicazione? Titolo? - ripeté, attonita e furiosa, forse furiosa perché attonita. - Di cosa
stai parlando, figlio di puttana? Il tuo "progetto 82" è un incubo! Uomini ridotti a esemplari da
laboratorio, manipolazioni genetiche, indottrinamento, droga... Come osi chiamare questi orrori
"ricerca"?
Sarrese rise senza trattenersi. Lara, lucidamente, capì che l'avrebbe uccisa: glielo leggeva in
quegli occhi tondi, assurdamente infantili.
- Sciocca ragazzina... Crede davvero che il progetto 82 sia l'unico esperimento in corso sulla
popolazione di questa città?
- Cosa?
Lui gettò indietro la testa. La sua sagoma si interpose tra il fascio di luce proiettato dal fucile
d'assalto dei due agenti e la parete della caverna. Sul tufo e le ragnatele si stagliò un'ombra
minacciosa, deforme.
- Le classi inferiori sono serbatoio di cavie umane per definizione. Specie in città come
questa, dove le condizioni ambientali creano campioni numericamente significativi. Lei crede
davvero che io sia stato il primo?
Lara arretrò ancora. Sentiva le gambe molli; il suo senso d'equilibrio rispondeva solo a tratti.
Sotto la suola delle sue scarpe, il terreno cosparso di bossoli scricchiolava sinistramente.
- Non... non ti credo. Le persone non si usano come cavie.
Sarrese restò divertito. Ma sul suo viso corse un'ombra di disappunto.
- Temo che lei usi il vocabolo "persona" in modo inappropriato. Non vorrà porre, spero, i
membri delle classi inferiori al mio stesso piano... Non è solo un concetto deprecabile: è del tutto
errato.
Lara pensò che se avesse ascoltato un'altra volta ancora la parola "deprecabile" avrebbe
cominciato a urlare. La fraseologia di Sarrese l'irritava quanto e più del tono trionfale, arrogante
della sua voce. Classi inferiori? Da quanto tempo non sentiva un termine simile?
- Io... - tentò di protestare, ma senza successo: la testa le doleva, le orecchie martoriate
continuavano a fischiarle. Avrebbe voluto bere qualcosa di forte, ma lì non c'era nulla, solo lei e
quel pazzo assassino in divisa.
Sarrese compì un gesto ampio con la mano, ad abbracciare la distesa di corpi inerti che
punteggiavano il terreno della grotta.
2038: la rivolta Francesco Grasso
113
- Queste misere creature hanno in comune con me un'origine biologica, forse, ma nulla di
più. A separare i membri della mia classe e costoro ci sono decenni di tecnologia, nuove branche
scientifiche, ritrovati, mezzi, risorse e privilegi che lei neppure immagina...
Sorrise di nuovo. - Ma vedo che non afferra. Mi permetta allora di chiarire con qualche
esempio. Quanti anni crede che io abbia, giornalista?
Assurdamente, Lara si trovò a pensare all'ultima volta che qualcuno le aveva rivolto la stessa
domanda, in una casa abbandonata alla polvere e ai ricordi. Le sembrava fosse trascorsa
un'intera vita, da allora.
- Non risponde? - insistette Sarrese - Non importa, difficilmente potrebbe indovinare... Ho
compiuto settantanove anni da pochi giorni. Sono perfettamente sano, e potrò conservare l'aspetto
e la forma fisica attuale per almeno altri tre decenni. Le tecniche di bio-innesto a disposizione della
mia classe lo consentono senza problemi. Mi guardi bene, e poi mi dica: cosa ho in comune io, o
quelli come me, con questi bipedi quasi senzienti, con queste misere bestie da laboratorio?
Lara sbarrò gli occhi. Settantanove anni? Sarrese era più anziano di Anselmo? La donna
sovrappose il viso regolare, perfetto dell'uomo in divisa all'arabesco di rughe, bruciato dal sole e
dagli scempi della vita, del vecchio camorrista; accostò l'ottimismo vincente, da dominatore, del
colonnello, con il pessimismo rancoroso, da settantenne che intravede la fossa scura, dell'amico
dai capelli grigi. Il paragone suonava di una crudeltà indicibile.
- Loro non sono... noi non siamo cavie. - ripeté, cocciuta nonostante la debolezza che si
sentiva addosso - Non siamo sudditi da rendere geneticamente schiavi.
- Siete già schiavi. - tagliò corto l'uomo - Molti di voi sono persino felici di esserlo. Io cerco
solo di rendere il processo più rapido.
Di nuovo, Sarrese gettò indietro la testa. - Adesso basta, però: lei mi ha fatto perdere anche
troppo tempo, giornalista.
- Brandi. - ordinò al giovane colosso che gli era al fianco - La prigioniera ha indosso un'unità
Seagate che mi appartiene. Codice undici, prego.
Lara vide l'agente della SSI avanzare minaccioso verso di lei. Tentò di voltarsi e fuggire, ma
il suo senso dell'equilibrio la tradì di nuovo. Cadde a terra carponi, mentre le orecchie le
ronzavano furiosamente e il mondo le vorticava intorno.
Con gelida efficacia, il soldato le piantò un ginocchio sulla schiena, immobilizzandola, e
cominciò a frugarle violentemente i vestiti. La stoffa si lacerò con un suono acuto, come urla di
bambini contro la roccia.
- La... lasciami, animale. - protestò la donna, tentando disperatamente di opporsi, mentre
l'uomo le strappava di dosso la blusa e i calzoni elastici della tuta, gettandoli poi lontano.
- L'ho trovata, signore. - esclamò l'agente, soppesando il dischetto bruno sul palmo della
mano.
- Molto bene. - commentò Sarrese. Poi ghignò. - Ma la prego, Brandi, continui: la prigioniera
potrebbe nascondere ancora qualcosa d'interessante.
L'agente, con docilità assoluta, obbedì all'ordine, tornando a chinarsi su Lara. La donna,
senza fiato, si dibatté debolmente, in bocca il sapore orribile della vergogna e dell'umiliazione.
- Anche la biancheria. - specificò serafico Sarrese - Servizio completo, Brandi.
- Maledetti... maiali... - ansimò Lara, sopraffatta dalla rabbia impotente.
Il colonnello assunse un'espressione sorniona. - Pudore, giornalista? E perché? Le ho già
dato un'occhiata una volta, ricorda? Ora che ci penso... - ghignò ancora - Avevamo lasciato
qualcosa in sospeso... Possiamo rimediare adesso.
Lara, ancora immobilizzata dal peso di Brandi e dai postumi del colpo sonico, sentì che i suoi
slip le venivano abbassati fino alle caviglie. Gridò, mentre veniva afferrata brutalmente per i fianchi
e costretta ad allargare le gambe.
Osò alzare la testa. Sarrese incombeva su di lei, adesso. Si era slacciato i calzoni con
intenzioni inequivocabili. Il pene dell'uomo era roseo, regolare, neppure troppo turgido, la pelle
sottile, una corta peluria bionda all'inguine e intorno ai testicoli.
2038: la rivolta Francesco Grasso
114
Alle spalle del colonnello, il terzo agente della Sezione aveva abbassato il suo fucile
d'assalto, ed era intento ad osservare la scena con aperto interesse.
- La tenga bene ferma, Brandi. - ordinò Sarrese - Ho intenzione di farle male.
Lara tentò di mordere la mano che l'agente le stava calcando sul collo. Ma, prima che
potesse stringere i denti, si trovò libera.
Avvertì uno spostamento d'aria, rapidissimo. Poi un urlo. Rotolò sulla schiena, appena in
tempo per vedere Brandi scagliato violentemente contro l'arco di pietra che chiudeva il piccolo
pianoro. Il volo dell'uomo fu assurdamente soave, una parabola di perfetta armonia alla luce delle
torce.
Ma l'impatto fu atroce: Brandi rovinò a terra e giacque immobile, la schiena piegata in un
angolo non previsto dall'anatomia umana.
Uno, due, tre secondi. Agli occhi della donna, scene accelerate, immagini quasi
stroboscopiche. Lara vide il secondo agente che puntava il FAL, il cerchio violaceo del laser che
cercava il bersaglio; un corpo smunto che correva a una velocità folle; un cencio che svolazzava,
nero forse più di fuliggine che di tintura. Un nuovo urlo, un nuovo volo verso il nulla.
- Che fine avevi fatto? - ansimò Lara, provando un sollievo tale da dimenticare persino di
coprirsi.
- Non avevo voglia di combattere. - tagliò corto Masaniello, le parole come foglie secche
sotto la lingua - Volevo solo lui.
Indicò Sarrese, che non sembrava capacitarsi della velocità di quell'attacco. Era immobile, i
calzoni ancora abbassati. Non spaventato, solo incredulo.
- Una sola domanda, infame. - ringhiò il ragazzo - Sei tu mio padre?
2038: la rivolta Francesco Grasso
115
16
Come accennato nel paragrafo precedente, l'uno per cento dei bambini facenti parte
del campione presenta caratteristiche genetiche indotte non previste dalle specifiche.
Si tratta di una percentuale compatibile con la qualità del tracciato cromosomico usato
nel corso del progetto, nonché con l'instabilità residua dell'enzima KJH82. Tale
risultato collaterale è dunque da ascrivere alle due cause predette.
La descrizione delle mutazioni impreviste esula dagli scopi del presente
documento. A titolo d'esempio, si segnala soltanto la nascita di soggetti (denominati
nel seguito "gruppo X") dalle caratteristiche estremamente singolari.
L'organismo dei bambini appartenenti al gruppo X sembra possedere un orologio
biologico assolutamente non umano: i normali meccanismi cellulari, in particolare
l'accrescimento e la ricostruzione dei tessuti, in tali soggetti risultano accelerati
di un fattore oscillante tra il venti e il cinquanta rispetto al normale. Sono presenti
inoltre anomalie a livello sensoriale, concentrate soprattutto nella percezione del
dolore, dei suoni e della temperatura.
Evitando di addentrarci nell'analisi clinica (riportata comunque in appendice al
documento), sembra che ogni singola cellula dei soggetti "gruppo X" goda delle
proprietà delle cellule cancerose, soprattutto per quanto riguarda la resistenza e la
capacità di proliferazione. E sottolineo ogni singola cellula: tutti i tessuti corporei
dei soggetti presentano le medesime caratteristiche. Test di mutilazione eseguiti su
bambini del gruppo X hanno confermato l'asserzione di cui sopra: ossa, pelle e
cartilagine dei soggetti sono in grado di crescere e di ricostruire gli arti perduti.
Anche la velocità degli impulsi nervosi, nel gruppo X, sembra essere superiore
rispetto ai normali standard umani. Il test di Fitzgerald-Hume, imposto ai soggetti
gruppo X di età inferiore ai due anni, ha dato punteggi variabili tra dodici e
quattordici virgola cinque.
La mutazione, tuttavia, presenta anche aspetti negativi: l'invecchiamento dei
tessuti, ad esempio, risulta parimenti accelerato; la proliferazione cancerosa delle
cellule produce deformazioni fisiche, malfunzionamento degli organi, emorragie e
lesioni interne.
L'analisi di tale mutazione, essendo al di fuori delle finalità immediate del
progetto, non è stata approfondita, né tantomeno esaustiva. Si suggerisce fortemente la
costituzione di un gruppo di lavoro dedicato all'argomento. Data l'esperienza maturata
nel corso del progetto, si propone il presente relatore in qualità di coordinatore di
tale gruppo.
Joseph B. Sarrese, Rapporto 82
Semina il coraggio negli animi,
raccoglierai sulle braccia dei tuoi compagni la forza di combattere
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- È la seconda volta che mi interrompi in un momento inopportuno, William. - mormorò
Sarrese, non ostile, solo in tono di tranquilla riprovazione - Comincio a pensare che tu lo faccia
apposta. Non sarai geloso di questa stupida, spero... È la tua amichetta, forse?
- Sei tu mio padre? - chiese ancora Masaniello, emettendo questa volta una sorta di ruggito,
un verso da belva ferita che fece sussultare Lara.
Il ragazzo, lei si rese conto, stava tremando. La benda nera si era slacciata, e pendeva
mollemente sull'orrore informe del suo volto. La figura magra di Masaniello, curva, dalle
articolazioni gonfie, le unghie spezzate, la pelle giallastra sporca di muco e di sangue rappreso,
avrebbe potuto spaventarla, se non l'avesse riempita di pietà.
Il colonnello, con la massima serenità, tirò su la cerniera dei calzoni.
2038: la rivolta Francesco Grasso
116
- William, William... - disse - Non puoi ricordarti di me. Quanti anni avevi, quando mi sono
mostrato a te per l'ultima volta? Tre? Quattro? Ti ho seguito anche dopo di allora, è vero, ma solo
da lontano: altri sono stati i miei occhi, e le mie orecchie.
- Rispondimi! - gridò il ragazzo, facendo piovere polvere di roccia dalla volta della caverna.
Un pipistrello, l'ultimo rimasto appeso agli speroni di tufo, nonostante il frastuono della battaglia,
nel sonno letargico della sua specie, aprì le membrane color ardesia e volò via, verso il buio.
Istintivamente, di fronte alla violenza sonora di Masaniello, anche Sarrese arretrò. Ma senza
mostrare paura. Lara credette di cogliere persino un'ombra di compiacimento sul viso curato
dell'uomo.
- Mi chiedi se sono il tuo genitore biologico? - disse serafico - Buona domanda. Potrei anche
esserlo, in effetti... Anche se in genere preferisco servirmi del sesso come mezzo di umiliazione,
non ho mai disdegnato l'uso delle femmine delle classi inferiori, dove e quando ne valesse la
pena. E tua madre, a quell'epoca, valeva il tempo che le ho dedicato. Me ne sono servito più di
una volta... Prima di mandarla sulla strada, beninteso: perdo sempre l'interesse, poi, per gli articoli
di seconda mano.
Masaniello si lanciò verso Sarrese con un urlo che non aveva nulla di umano. Lara vide che
il colonnello accennava un movimento con la mano destra, e intuì il pericolo.
- Alla cintura! - gridò - L'arma sonica!
Un istante dopo, capì che Masaniello doveva aver assistito alla battaglia, perché si muoveva
con estrema chiarezza e lucidità, senza il minimo dubbio su cosa dovesse fare.
Il ragazzo strappò il blast-sonic a Sarrese prima che questi anche solo accennasse a
toccarlo, lo strinse nel pugno, lo stritolò in un'esplosione di sangue e metallo. Poi colpì, col palmo
aperto della mano, il colonnello sul petto, mandandolo a finire lungo disteso sul terreno.
Si stagliò su di lui nella luce crudele delle torce che ancora brillavano dai corpi inerti degli
agenti uccisi e dai fucili abbandonati, che illuminavano la caverna come un tragico presepe
blasfemo.
- Ora ti ucciderò, padre. - Masaniello sputò parole impastate a saliva scura - Lo farò coi miei
denti, e le mie unghie. Sarà una cosa molto, molto lunga. Sono vissuto per questo momento,
padre, e lo farò durare.
Sarrese alzò la mano destra, le dita chiuse, l'anulare teso. Oltre la pelle e l'unghia dalla
mezzaluna delicata, si intuiva un lampeggiare di congegni elettronici. D'un tratto, lampi di luce
fulgida scaturirono dal dito dell'uomo, bagliori rapidi, violacei, in successione frenetica. Il viso di
Sarrese e quello di Masaniello ne furono illuminati come dalla vampata di un flash.
Subito il ragazzo si portò le mani agli occhi, cadde in ginocchio, si contorse, gemette. Si
artigliò la carne, come per resistere a un dolore terribile.
Con la massima tranquillità, il colonnello si rialzò, scosse la polvere dall'uniforme, raccolse
un fucile e lo puntò contro Masaniello e Lara.
- Dicevo, potrei essere il tuo padre biologico, William... Di certo, sono il tuo genitore in senso
lato. Devi a me la tua esistenza, il tuo aspetto, i tuoi poteri. Io ho fatto di te ciò che sei. Ti conosco
bene, William. So cosa ti muove, e ciò che può fermarti.
- Cosa gli hai fatto, maledetto? - sibilò Lara, angosciata.
Barcollando, aiutandosi con mani e ginocchia, la donna si precipitò a soccorrere il ragazzo.
Masaniello tremava dalla testa ai piedi, l'occhio sano girato a mostrare il bianco, e muoveva le
labbra senza riuscire a emettere un solo suono.
Lara mise insieme alla bell'e meglio le scarse nozioni di Pronto Soccorso che ricordava, e
infilò due dita in bocca al ragazzo per evitare che si troncasse la lingua a morsi.
- Ancora qualche istante di pazienza, mia cara giornalista. - assicurò Sarrese, ghignando - Si
tenga in caldo: tra un po' potrò tornare da lei... Anche se mi è passata la voglia, a dire il vero. Non
è poi questa gran bellezza, lo sa...
In quell'istante Lara fu sopraffatta da un odio assoluto, quale mai prima di allora aveva
provato, in tutta la sua vita e oltre. Si sarebbe gettata contro Sarrese e il suo fucile a mani nude, se
2038: la rivolta Francesco Grasso
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solo fosse riuscita a muoversi. Non era l'insulto, né la minaccia, né la violenza o l'umiliazione
subita.
Era la totale tranquillità del suo avversario a sconvolgerla: Sarrese giocava con lei, con
Masaniello, con gli altri. Aveva giocato con loro sin dall'inizio, da sempre. Capirlo era terribile.
Scosse il ragazzo, lo schiaffeggiò tentando di farlo riprendere. - Svegliati, presto! Svegliati, o
ci ucciderà!
Masaniello ebbe un sussulto, emise un lamento quale unico, flebile segno di vita. Il tremito
diminuì appena.
- Avanti! - esortò Lara - Alzati! Puoi farcela!
- Dove... chi...? - balbettò il ragazzo.
- Perde il suo tempo, giornalista. - l'assicurò Sarrese, sorridendo - William non ha i recettori
tattili, ed è impossibile fermarlo col dolore. Però reagisce all'ultravioletto: alla giusta frequenza,
posso provocargli una crisi epilettica a comando.
Quasi a confermare quanto diceva, il colonnello fece scattare ancora il lampeggiatore
innestato nel dito. Masaniello scattò, si dimenò come sotto l'effetto di una scossa elettrica.
- L'ultima volta che ci siamo incontrati mi ha colto alla sprovvista: non credevo che il
giustiziere mascherato fosse proprio William... - continuò Sarrese - Sinceramente, lo credevo
morto da tempo... Quando ho scoperto la verità, ho creduto doveroso prepararmi a un nuovo
incontro. Una buona pianificazione è essenziale, non crede anche lei?
- Basta! - urlò Lara - Smettila! Lo ucciderai!
Sarrese, condiscendente, spense il lampeggiatore. Masaniello rantolò, strisciò sul terreno
tentando invano di arrestare il tremito. Macchie scure erano affiorate un po' ovunque sul suo
vestito sdrucito, e si allargavano.
- Ucciderlo? - considerò Sarrese - Sì, già dopo un paio di attacchi, questa frequenza gli è
letale. Lo abbiamo verificato, su soggetti con le sue stesse caratteristiche fisiche.
- Allora... ci sono... - ansimò il ragazzo - ...altri... come me?
Lara, incredula, si rese conto che per la prima volta, da quando conosceva Masaniello,
coglieva nella voce del ragazzo un registro particolare, un accenno diverso. Qualcosa che
superava la sofferenza, e l'odio, che pure in quell'istante dovevano contendersi invincibili la mente
del giovane.
Speranza. Sbigottita, Lara capì che era proprio speranza il tono che sentiva, che avvertiva
affacciarsi, timoroso e guardingo, nella domanda tremante di Masaniello.
- Ci sono... altri come me...? - chiese ancora il ragazzo, con la voce del naufrago allo stremo
che vede profilarsi all'orizzonte la luce dei soccorsi.
- C'erano. - rispose Sarrese, controllandosi distrattamente le unghie.
- Cosa...?
- Almeno una di loro dovresti ricordarla, William. Era nella tua stessa corsia, all'ospedale.
Volevi portarla via con te, ricordi? Il giorno prima della tua fuga la feci trasferire al Centro di
Biopsia Specifica per altri esami.
- Ro... Rosanna? - balbettò Masaniello, sotto lo sguardo incredulo di Lara.
- Chi è questa Rosanna? - chiese la donna, attonita.
- Una bambina. - mormorò Masaniello, sostenendosi a lei.
- Una bambina? - ripeté lei.
Masaniello sputò sangue e saliva. - Era piccola... Aveva paura... delle cose che si
muovevano nel suo corpo... E temeva anche... i dottori... nei loro camici bianchi... e le maschere
sterili...
Poi, rivolgendosi a Sarrese in un tono gravido di aspettativa, balbettò ancora.
- Lei... lei è come me? Io... io lo sentivo... E dove... dov'è, adesso?
Sarrese scrollò le spalle, gelido. - Be', con me. In parte.
- Co... come?
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118
- Ho una teca piena di suoi tessuti, in ufficio. Il resto... credo sia sparso tra i laboratori di
Patologia e i gabinetti di Analisi.
La visione della speranza che si spegneva nell'occhio di Masaniello superò in crudeltà
qualsiasi orrore a cui Lara avesse mai assistito: il sangue e la violenza di quella battaglia tragica,
al confronto, non erano stati nulla.
Il ragazzo si raggomitolò su se stesso, le mani al viso, singhiozzando come un capretto
ferito. Lara capì che era in agonia. Sarrese bilanciò il fucile, poi lo bloccò nell'incavo del gomito,
prendendo tranquillamente la mira.
- Allora? - chiese in tono leggero - Chi è il primo? Precedenza alle donne? O ai bambini?
Questa volta Lara non chiuse gli occhi. Ricacciò indietro le lacrime e puntò lo sguardo dritto
contro la canna del FAL. Era giusto così, lo sentiva.
Alle spalle di Sarrese, all'improvviso, echeggiò un rumore di metallo che grattava sulla pietra.
Sassi e terriccio rotolarono lontano. Una lama di luce solare dardeggiò nell'aria immota della
caverna.
- La squadra di rinforzo è arrivata. - considerò Sarrese - Ce l'hanno fatta, alla fine, quegli
idioti... Bene, cari amici, qui si chiude la vostra ridicola rivoluzione. I miei uomini sanno che non
devono prendere prigionieri. Del resto, a che varrebbe arrestare dei decerebrati?
Sorrise ancora, prendendo la mira. - Questo piacere, però, lo riservo per me. Addio,
giornalista.
Il ringhio che si levò dai polmoni di Masaniello fece accapponare la pelle di Lara. Sorpreso,
Sarrese alzò d'istinto il dito, a far scattare di nuovo il lampo violaceo.
Ma il ragazzo, questa volta, non sembrò risentirne. Drizzò la schiena, si alzò lentamente e
allargò le braccia, le dita protese come artigli.
- Come... com'è possibile? - balbettò Sarrese, continuando ad azionare il lampeggiatore al
dito, freneticamente, inutilmente.
Quando la luce violacea investì in pieno il viso di Masaniello, Lara capì. A stento riuscì a non
urlare. Fiumi di sangue correvano sulle guance del ragazzo e zampillavano fino a inzuppare il
colletto sfilacciato della camicia. Le sue orbite erano due pozzi scarnificati.
Masaniello si era cavato gli occhi con le unghie.
- La tua luce non serve a niente, padre. - ansimò, tossendo saliva nerastra - Io non posso più
vederla... Ma posso sempre sentire il tuo odore.
Si gettò su Sarrese.
- Ho poco tempo, padre. - boccheggiò, rotolando con lui a terra - Ma lo farò bastare.
- Uomini, a me! - gridò il colonnello - Aiuto! Aiu...! Aaarrrrggggghhhhh!
Lara si volse spaventata verso l'apertura nella parete della caverna. Due figure stavano
allargando il varco. Questione di attimi e sarebbero entrati. Cercò disperata un'arma.
Poi, come svegliandosi da un incubo, capì che era finita.
- Siamo noi, guagliona. - disse Salvatore, precipitandosi in suo aiuto - Che è successo?
Lara si voltò di nuovo. Le urla di Sarrese si erano mutate in un gorgoglio, poi si erano spente.
Né il colonnello né il ragazzo incappucciato si muovevano.
Lei raggiunse Masaniello, lo toccò sulla schiena, lo staccò dal corpo esanime di Sarrese.
Quando riuscì a voltarlo e vide cosa il ragazzo aveva tra i denti, arretrò e si portò una mano alla
bocca.
- Cristo. - sussurrò Moretti, sopraggiungendo - Non credevo che si potesse scannare un
uomo così, a morsi.
Dietro di lui, Salvatore fissò trasognato il pezzo di carne sanguinolento in bocca a
Masaniello, come se rifiutasse di capire cos'era.
- 'sto sfaccimm' aveva un cuore, dopotutto. - mormorò alla fine.
- Dobbiamo andare. - intervenne Moretti, togliendosi la camicia e posandola con un gesto
protettivo sulle spalle di Lara - Tra pochi minuti questo posto scotterà. Possiamo solo portare al
sicuro Masaniello e gli altri.
2038: la rivolta Francesco Grasso
119
- Non serve più. - disse la donna, mentre lacrime troppo a lungo represse le scorrevano
lungo le guance. Si inginocchiò, prese il ragazzo in grembo, lo guardò a occhi bassi come una
madre rassegnata in una composizione michelangiolesca.
- Che dici?
- È morto. - disse lei, piangendo.
Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono
Da molti mi viene chiesto, spesso, perché io non diffusi mai una fotografia, né un
filmato, neppure un disegno, del viso che Masaniello nascondeva sotto la maschera.
"Sei stata la sua cronista esclusiva, un tazebao umano durante tutto il corso
della rivolta" mi viene rimproverato "Hai raccolto persino i suoi aforismi, le sue
parole d'ordine, le sue riflessioni partorite ai piedi del Vesuvio, e ne hai fatto un
libro. Eppure non hai mai voluto svelare il mistero celato sotto il drappo nero.
Perché?"
Devo dare atto ai miei critici: mi sono ostinatamente rifiutata di assegnare
contorni precisi a una figura che si aggirava troppo vicino al confine del mito, con il
risultato, forse, di spingerlo io stessa oltre la barriera.
La conseguenza è che molti, oggi, pensano che Masaniello non fosse neppure un uomo
in carne e ossa. Altri, i più, sono convinti che i piedi scalzi, la maschera nera e il
vestito sdrucito da pescatore non celassero un uomo solo, ma che fossero in tanti a
indossarli, secondo i casi e le situazioni.
Per smentire queste illazioni, non posso portare che la mia testimonianza.
Io conobbi Masaniello, vissi con lui per i due mesi che sconvolsero la metropoli
partenopea e poi tutta la nazione. E so che esisteva, che era reale, e che era solo;
dall'inizio alla fine, anche quando il numero delle sue apparizioni si moltiplicò, e
molti si chiesero come egli potesse guidare al contempo la rivolta delle carceri,
l'insurrezione al porto, il blocco delle linee di comunicazione, l'assalto alle
caserme, il linciaggio dei trafficanti di exitrazina, le trattative col governo e la
diffusione dei proclami.
Lui poteva. Aveva un'energia, una forza di vivere e di lottare, tale da
rivaleggiare in fulgore con il sole di Napoli. A spingerlo era una pulsione interiore
che è difficile spiegare, o anche solo nominare, in un'epoca cinica e priva di valori
come la nostra.
Col rischio di apparire retorica, e persino pretenziosa, io lo farò ugualmente: è
giusto così.
L'energia di Masaniello era l'amore. L'amore per la sua gente, per la libertà, la
felicità e la vita. Il suo amore, viscerale, immenso, totalizzante, era tale che,
quando egli decise di rientrare nell'ombra, da solo come ne era uscito, esso gli
sopravvisse, fecondo, incarnandosi nel ricordo e nelle opere che egli lasciava dietro
di sé.
Donandogli in definitiva, come meritava, l'immortalità.
2038: la rivolta Francesco Grasso
120
18
Il traguardo più alto che un eroe possa perseguire nel nuovo secolo
è quello di entrare in una nota a pie' di pagina.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Come ti senti?
Anselmo non si mosse. Continuò a fissare il soffitto dall'intonaco butterato, intensamente,
come se cercasse di leggere nelle screpolature della scagliola tracce carsiche del futuro.
Lara sedette accanto al letto dell'anziano. La sedia cigolò piano. Lei si chinò in avanti,
appoggiò i gomiti aguzzi sulle ginocchia nude. Fece correre lo sguardo lungo la stanza.
Le lenzuola a righe bianche e azzurre erano pulite, ma consunte, gli angoli sfilacciati come
ricordi perduti; sul comodino metallico, dipinto in un'improbabile tinta magenta, un posacenere a
forma di conchiglia traboccava sigarette mutilate e polvere di tabacco. Il chiarore dell'alba filtrava a
stento dal finestrone socchiuso, alto sulla parete, oscurato da una veneziana sgangherata,
disegnando losanghe di luce sul pavimento di linoleum.
- Sono io, Anselmo. - insistette Lara, alzando la voce.
Il vecchio si voltò verso di lei. - Giornalista...
- Riesci a sentirmi?
Anselmo scrollò le spalle. - L'orecchio destro è andato. Il sinistro funziona ancora, in qualche
modo... Il dottore ha detto che il timpano non è perforato del tutto.
- Mi dispiace. - mormorò la donna - Di quanto è successo. Io...
- Posso leggere le labbra. - l'assicurò il vecchio, orgoglioso - Ci sono sempre riuscito bene...
Lara non replicò. Anselmo lo prese per un incoraggiamento.
- Una volta io e Ciro Pascarella venimmo incaricati di sorvegliare il covo degli Afragolesi.
Ricordo che il loro sistema ICM disturbava il microfono direzionale, ma la camera telescopica
funzionava benissimo; potevo contare le pulci che saltavano sulla testa brillantinata di quegli
idioti... E leggevo ciò che dicevano. Perfettamente.
La falsa allegria di Anselmo non ingannò Lara. Il vecchio soffriva terribilmente, lei se ne
rendeva bene conto. Gloria e gli altri le avevano spiegato la gravità delle sue lesioni. Le
connessioni nervose distrutte dal colpo sonico non ricrescevano. Potevano solo peggiorare. Era
una semplice questione di tempo, prima che...
- Mi hanno detto che riesci a muoverti. - azzardò.
- Riesco ad andare a pisciare da solo, questo sì. - replicò seccamente il vecchio - Anche se
mi sembra di camminare su una barca in mezzo alla burrasca... Ma non voglio lamentarmi. Dimmi
cosa succede là fuori.
Lara annuì, lieta che lui le avesse rivolto così presto la domanda che lei, in fondo, si
aspettava.
- Intendi la rivolta?
- Cos'altro?
- Preferisci che inizi con le notizie buone o con quelle cattive?
Il vecchio tentò di accendersi una Marlboro. Ci riuscì solo dopo averne spezzate tre. Le sue
dita si muovevano senza alcuna coordinazione. Lara non osò aiutarlo.
- Scegli tu, giornalista.
- Bene... - mormorò la donna - La polizia e gli SSI sembrano impazziti: stanno battendo i
quartieri senza tregua. Ci sono blocchi stradali ovunque, perquisizioni senza preavviso, arresti in
massa. E di notte c'è il coprifuoco. Non si sono mai viste tante autoblindo e convertiplani in giro...
Abbiamo dovuto abbandonare la vecchia base NATO: scottava troppo. Anche questo rifugio,
forse, non è più sicuro.
Anselmo aspirò il fumo. Tossì malamente, deglutendo a fatica.
- Adesso dammi le notizie cattive.
Lara sgranò gli occhi. - Perché, queste ti sembravano buone?
2038: la rivolta Francesco Grasso
121
Il vecchio annuì. - Certo. Significa che il Prefetto e il Sindaco se la stanno facendo sotto.
- Sei sicuro?
- Ma certo. Il coprifuoco... Ti rendi conto? Qui a Napoli non lo avevamo dal 1977. Va tutto a
nostro vantaggio.
- Perché?
- Farà crescere l'odio e il risentimento in città. Spingerà la gente dalla nostra parte. Anche gli
indecisi, anche i rassegnati, anche quelli che, come sempre, tirano a campare.
Lara ripensò alle parole di Sarrese, sul condizionamento latente e sugli schiavi felici di
esserlo. Si morse le labbra dubbiosa.
- Sei sicuro? - ripeté.
- Certo che sono sicuro. - protestò il vecchio - Cos'altro mi resta, se non la sicurezza? Avanti,
dimmi il resto.
Lei riprese, condiscendente. - A Poggioreale sono arrivati i carri armati. Gli insorti volevano
attaccarli, ma noi li abbiamo convinti a tagliare la corda. È stata una fuga di massa spettacolare.
Gli incendi al Centro Direzionale sono durati per ore.
Anselmo batté le palpebre, visibilmente impressionato. - Siete riusciti a farvi ascoltare da
quel branco di ossessi? Da non credere.
Lara scrollò le spalle. - Avevamo Masaniello. Loro non chiedevano che di seguirlo.
Anselmo socchiuse gli occhi. - Questa era una notizia cattiva, vero?
- Cattiva? Non capisco...
Lui sorrise amaro. - Dove nasconderemo tutti quei ricercati? I rifugi non bastano neppure per
noi. E come li nutriremo, come li cureremo? Non possiamo certo sostenere un esercito, lo sai
benissimo.
- Salvatore e gli altri pensano che basti armarlo. Si stanno preparando per assaltare
l'Arsenale di Capodimonte.
Anselmo annuì, colpito. Meditò a lungo, poi rispose pensieroso. - Forse hanno ragione loro...
- Credo di sì.
- E del resto, ormai è tardi per tirarsi indietro. A cosa puntano, dopo l'Arsenale?
Lara si dondolò sulla sedia. Era molto scomoda per il suo corpo spigoloso. Avrebbe voluto
alzarsi e passeggiare per la stanza, ma non le sembrava giusto nei confronti di Anselmo. Si sforzò
di rimanere seduta.
- Abbiamo deciso di bloccare Capodichino. Non è poi così difficile... Moretti ha calcolato che
sia sufficiente un annullatore di campo e un centinaio di chili di C-3.
- L'aeroporto? Ma è presidiato da due battaglioni! È un suicidio!
- Non sarà un'insurrezione, come al Porto. Pensiamo a un attacco "mordi e fuggi".
Distruggeremo la pista e lasceremo sulle macerie il nuovo proclama di Masaniello. E questa volta
ci rivolgeremo al governo centrale. Non potranno ancora far finta di ignorarci.
- Il nuovo proclama di... - ripeté Anselmo, cupo. Spense la sigaretta. - Quanti tra noi sanno la
verità, giornalista?
Lara abbassò gli occhi. - Moretti e Salvatore, naturalmente. E un altro paio di compagni,
quelli che ci hanno aiutato a portarlo... a portarvi fuori dalla caverna.
- Troppi.
- Sono fidati... Hanno capito quanto sia importante.
- E noi lo abbiamo capito, giornalista?
Lara accavallò le gambe, inquieta. - Che vuoi dire?
- Tu ne stai facendo un eroe. - mormorò il vecchio - Ma non è giusto. Lui non era così.
- Che vuoi dire?
- Non si interessava affatto a noi, alla nostra lotta. Non credo che ci fosse posto, nella sua
testa, per qualcosa di diverso dalla sua follia.
- No, aspetta...
2038: la rivolta Francesco Grasso
122
- C'ero anch'io in quella caverna! - tagliò corto Anselmo - Ha lasciato che ci facessero a
pezzi senza muovere un dito, e tu lo sai benissimo.
- Non lo nego. Ma non volevo dire questo.
- E allora cosa?
Le dita di Lara corsero istintivamente agli orecchini. Poi si fermarono: non li portava più. La
donna intrecciò le mani sotto il mento. Fissò Anselmo negli occhi.
- Io credo... credo che la cosa veramente importante nella vita... non sia come la si affronta,
ma come si riesce a raccontarla, a se stessi e agli altri.
Il vecchio considerò a lungo l'affermazione di Lara.
- Sei molto cambiata, da quando ti ho conosciuta - disse alla fine.
- Non credo. - ribatté la donna, con serenità - L'ho sempre pensata così.
- Ne sei sicura?
- L'unica differenza, credo, è che una volta non avrei tradotto i miei pensieri in azioni. O in
scritti... - ammise Lara - In questo, sì, sono cambiata. E il merito è vostro.
- In scritti... - Anselmo sollevò il cuscino, sfogliò una manciata di appunti vergati a mano - Ho
dato un'occhiata alla roba che mi hai lasciato ieri, quando sei passata e credevi che io dormissi...
- Mi avevi visto, allora? E perché...
- Non mi sentivo in vena di chiacchiere. - tagliò corto il vecchio - Ma non preoccuparti: i tuoi
appunti mi hanno fatto compagnia, stanotte.
- Allora? - chiese lei, apprensiva.
- Be', quant'è vero che il mare del Golfo è salato, non ho mai sentito nessuna di quelle frasi
dalla bocca del ragazzo. A dirla tutta, non gli ho mai sentito pronunciare qualcosa di più prolisso di
un monosillabo. Dove hai pescato quel campionario di sermoni, giornalista?
- Ho saccheggiato i classici. - confessò Lara - Tolstoi, Twain, Brecht, Shakespeare...
- Una bella plagiaria.
Lei sorrise. - Non lo scoprirà mai nessuno: quegli autori ormai non si leggono più, né in
questa città né altrove...
- Cosa hai in mente?
- Pensavo di farne una sorta di "Libretto Rosso" della nostra... chiamiamola pure rivoluzione.
"I pensieri di Masaniello", se vuoi. Oppure "I pensieri all'ombra del Vesuvio". Il titolo possiamo
deciderlo insieme.
Lui scosse la testa. Ma alla fine sorrise. - Gli hai assegnato azioni non sue, attribuito meriti
non suoi... e adesso gli metti in bocca parole non sue... L'importante in una vita è come la si
racconta agli altri, vero?
- Anche a se stessi. - ripeté la donna, con voce ferma.
- E va bene, forse hai ragione tu... - Anselmo si accese una nuova sigaretta. Tossì, mentre il
fumo si levava faticosamente in volo verso la finestra socchiusa e la sua illusoria libertà.
- Pensi mai alla morte, giornalista?
- Come? - replicò Lara, sorpresa da quel repentino cambio d'argomento.
- Rammenti cosa ti dissi nella caverna, prima che mi facessero... - il suo sguardo corse lungo
le lenzuola - ...questo?
- Di cosa parli?
- "Mi dispiace solo perché non vedrò la fine di questa storia"... Ti ricordi?
Anselmo mosse in tondo la mano; la brace della sigaretta delineò un cerchio rosso nell'aria
sonnolenta.
- È ancor più vero oggi, giornalista. Questa storia si sta facendo sempre più interessante, e
mi piacerebbe davvero sapere come andrà a finire... Purtroppo, non ne avrò il tempo.
- Smettila! - lo redarguì Lara, mentre un nodo le stringeva l'anima.
- Tu come vedi la morte, giornalista? - proseguì il vecchio, ignorandola - Resterà qualcosa, di
noi, o si spegnerà tutto, come da un video quando si stacca la spina?
- Non mi piace sentirti parlare così...
2038: la rivolta Francesco Grasso
123
- E se davvero sarà la fine di tutto, che senso avrà avuto lottare, soffrire, prodigarsi in nome
di qualcosa? Comunque sia andata, vincitori o sconfitti, ci dovremo alzare dal tavolo di gioco,
tornare nel buio da cui siamo venuti e lasciare le nostre fiches nelle mani di altri...
Anselmo tossì ancora, questa volta più dolorosamente - Se vivremo ancora soltanto nel
ricordo dei nuovi giocatori di questa assurda partita, allora, giornalista, forse hai ragione tu:
l'importante è come la nostra esistenza verrà raccontata.
Lara, all'improvviso, lanciò uno sguardo di soppiatto verso la finestra, come se avesse
sentito qualcosa attraverso la veneziana e i vetri socchiusi. Anselmo se ne accorse subito.
- Che succede, giornalista?
- Masaniello è tornato, credo.
Il vecchio annuì. - È meglio che tu vada, allora.
- Perché?
- Ci sarà bisogno di te, laggiù.
- Anselmo, io...
- Solo una cosa, giornalista, prima che tu ti chiuda quella porta alle spalle. - Anselmo si issò
faticosamente sulle ginocchia. Il suo viso cotto dal sole si raggrinzì in un sorriso. - Non fare lo
stesso con me.
- Lo stesso cosa? - balbettò la donna.
- Lo sai benissimo. - il sorriso del vecchio si spense - Non rendermi un martire, giornalista.
Né un eroe. Raccontami per quello che sono, per quello che ero.
- Io...
- Va', adesso. - tagliò corto Anselmo, come un epitaffio - La tua Storia aspetta... O meglio,
sei tu ad aspettare lei. Vai.
Lara, controvoglia, obbedì. Uscì dalla stanza di Anselmo, scese le scale, affollate come
sempre da piramidi di masserizie, animali pulciosi e bambini sentinella, si diresse verso quella che
Masaniello, nella fraseologia militare non priva di ironia che esibiva adesso, aveva battezzato
"Centrale di coordinamento tecnico".
Non era nient'altro che uno stanzone schermato, con mappe della città e dei sotterranei,
sfregiate da segni di pennarello e trafitte da spilli, affisse alla parete, ma il nome bastava a
conferirgli un'aura di rispetto.
Vide che gli altri stavano entrando in quel momento. Sembravano eccitati. Desiderosa di
risposte, Lara cercò di individuare nel gruppo qualche figura nota.
Il Collettivo, rifletté, era molto cambiato, dal giorno della battaglia nelle caverne di Posillipo:
Stefano e gli altri caduti erano stati rimpiazzati da nuovi arrivati; lo stesso era avvenuto con i
vecchi capi, che avevano ceduto volontariamente il loro posto a compagni più giovani. Moretti, poi,
aveva contribuito in modo decisivo al rimescolamento delle carte: Lara ricordava ancora con
sgomento la rivelazione di due giorni prima: l'ex agente della Sezione, finalmente accettato da
tutti, aveva spiegato che l'Intelligence governativa infiltrava regolarmente tutti i gruppi considerati
eversivi, e che quindi anche in mezzo a loro dovevano esserci informatori, coscienti o meno di
esserlo.
Moretti aveva illustrato delle tecniche standard per l'individuazione delle spie, e aveva
dimostrato la loro validità smascherando tre "lazzari" della prima ora. Fra i vestiti e sotto la pelle
dei tre, fra lo stupore di tutti, erano stati scoperti segnalatori e microfoni in biofibra.
Moretti aveva verificato che, fortunatamente, gli strumenti erano ancora "dormienti", ma certo
si sarebbero attivati da un momento all'altro, visto che adesso erano tutti ricercati. Grazie a l'ex
agente, con ogni probabilità, il cervello della rivolta era al sicuro da delatori e spie.
- Ce l'abbiamo fatta! - disse a Lara il primo lazzaro che si calmò quel tanto che bastava a
darle retta - Siamo sbucati dalla fogne, proprio dietro le loro linee di difesa!
- Non ci aspettavano davvero, quei cornuti! - echeggiò un secondo - Gli abbiamo fatto 'o
mazzo!
- Abbiamo perso solo due dei nostri! - aggiunse un terzo - Una grande vittoria!
2038: la rivolta Francesco Grasso
124
- L'arsenale? - azzardò Lara, sorpresa - Lo avete assaltato? Ma...
- Masaniello non ha voluto aspettare. - spiegò il lazzaro - C'erano rischi di soffiate, ha detto.
E aveva ragione.
- Quello sa sempre tutto. - mormorò il secondo, la voce carica di rispetto.
- Hai ragione! - approvò il terzo, ridendo soddisfatto - Se mi desse i numeri, andrei subito a
giocarli.
- Dov'è, adesso? - li interruppe Lara.
Il lazzaro gesticolò, spargendo goccioline odorose di sudore intorno. - Di sopra, in infermeria.
- Infermeria? - ripeté la donna, inquieta - Forse...
- Non è lui ad averne bisogno, naturalmente - disse l'uomo, con sufficienza, come se avesse
a che fare con un'interlocutrice non troppo sveglia - È il suo braccio destro, quel Moretti, a essere
stato ferito.
Lara gli rivolse un vago cenno di saluto e corse di nuovo su per le scale. Imboccò il corridoio
opposto a quello in cui si trovava la stanza di Anselmo, voltò l'angolo, percorse ancora una
cinquantina di passi, in una corsa affannosa.
Giunse nel locale adibito ad approssimativa infermeria col fiatone, ma non perse tempo a
calmare le sue pulsazioni. Vagò tra le brande, lanciò occhiate tra i pochi feriti che giacevano o
sostavano seduti in attesa di essere medicati. Un paio, a gambe incrociate su una lettiga, aveva
improvvisato una partita a carte; un altro, atteggiando la mano insanguinata, si divertiva a
proiettare ombre cinesi sul muro imbiancato. Nessuno, neppure tra i più gravi, emetteva un
lamento. Nell'aria c'era odore di disinfettante e di caffè.
- Lara!
La donna si voltò, incrociando gli occhi verde sciroppo di Moretti. L'ex agente speciale,
appollaiato su un alto sgabello, aveva la gamba sinistra dei calzoni arrotolati fin sopra il ginocchio,
e una brutta ferita dai bordi frastagliati che si estendeva intorno al polpaccio tatuato. Una ragazza
dai capelli d'inchiostro, sedutagli di fronte, stava provvedendo a pulire e cucire insieme i lembi
dello squarcio. L'ago sterile si muoveva tra le sue dita con movimenti aggraziati. Lara,
inspiegabilmente, ebbe la sensazione di una scena già vissuta.
- Una scheggia. - spiegò Moretti - Ho avuto sfortuna.
- Mi dispiace.
- Non preoccuparti: ho chi si prenderà cura di me. Ricordi Teresa, vero?
Il deja-vù si concretizzò. Con meraviglia, Lara riconobbe nella ragazza mora l'infermiera del
Cardarelli.
Senza il camice bianco, le sembrò ancora più graziosa dell'ultima volta che l'aveva veduta.
- Cosa le avevo detto, signora? - rise la giovane, cogliendo lo stupore di Lara - Io e Jacques
siamo fatti uno per l'altra. Tra un po' mi chiederà di sposarlo.
- E una sorpresa vederti qui... Teresa. - considerò la donna.
L'infermiera diede l'ultimo punto, poi avvolse con una garza elastica il polpaccio di Moretti.
Valutò il suo lavoro, e infine annuì soddisfatta.
- Io e i miei colleghi abbiamo visto troppe porcherie, da quando i militari hanno
monopolizzato il reparto... Abbiamo mandato una delegazione al Prefetto, per protestare e
denunciare gli abusi... Non sono mai tornati. Pensavamo a uno sciopero, ma avevamo paura. Poi
abbiamo letto il proclama di Masaniello, e molti di noi hanno deciso di passare alla clandestinità.
- Capisco... - commentò Lara, impressionata dal vedere come si allargavano i cerchi
concentrici di onde dalla superficie che lei, quasi per gioco, aveva cominciato a increspare.
- Ho finito, Jacques. - informò Teresa, lanciando all'ex agente un sorriso complice.
- Mi duole ancora. - protestò Moretti - Potrò camminare?
- Mi spiace, Jacques. - si scusò lei, aiutandolo a scendere dal trespolo - Non ho microsonde
né tessuto cicatrizzante, qui. Dovrai stare a riposo per almeno quattro giorni. Niente movimenti
bruschi, né sforzi con quella gamba.
2038: la rivolta Francesco Grasso
125
Lui si appoggiò alla ragazza. Nonostante le fitte di sofferenza che gli attraversavano il volto,
sembrava felice.
- Sono completamente ai tuoi ordini, crocerossina.
Tra la sorpresa e l'imbarazzo, Lara colse l'intimità crescente tra i due, e comprese di essere
di troppo.
- Dov'è Masaniello? - chiese, cercando un pretesto per allontanarsi.
- Lui torna sempre da solo, come sai. - rispose Moretti, in tono allusivo - Lo troverai al solito
posto.
Lei fece per andare, ma l'uomo la trattenne.
- Aspetta!
- Che succede?
- Qualcuno mi ha chiesto di te. - Moretti accennò alle proprie spalle - Laggiù.
Lara seguì il dito dell'ex agente, indugiò con lo sguardo sul gruppetto che sostava oltre
ingresso opposto dell'infermeria. Alla fine sorrise. - Be', decisamente è il giorno delle sorprese,
questo.
L'uomo le voltava le spalle. Lei poté giungergli accanto senza che questi si accorgesse di lei.
Lara provò un senso di sollievo misto a piacere nel ritrovarsi di nuovo di fronte, come frantumi di
quotidianità in un mondo andato in pezzi, quegli aloni odorosi intorno alle ascelle della camicia,
quei fondi di bottiglia calcati sulla punta del naso aquilino, quei capelli sottili come sbuffi di fumo.
- Come stai, Attilio?
Il caporedattore la riconobbe, avanzò di un passo, esitò. Lara pensò che volesse
abbracciarla, ma alla fine l'uomo le prese semplicemente una mano, la tenne a lungo stretta nella
sua.
- Non so dirti quanto mi faccia piacere rivederti, Lara.
Il suo tono era sincero. La donna notò gli ematomi sul viso, i vestiti stazzonati, la barba mal
rasata... Pigramente, si chiese se anche il suo aspetto fosse così terribile. Forse. Non le
importava, in fondo.
- Come sei finito qui? - chiese.
- Ero a Poggioreale. - rispose lui, scrollando le spalle.
- In carcere? Perché?
Attilio scosse la testa. Lara si accorse che teneva qualcosa nel pugno chiuso. Le sue dita si
muovevano metodicamente. Guardò meglio.
Sorrise, riconoscendo una graffetta ormai informe. Quei replay di normalità la facevano
rivivere.
- Dall'ultima volta che ci siamo visti, ho passato tutto il mio tempo dietro le sbarre. - raccontò
il caporedattore - E senza nessuna accusa, capisci? Credo volessero spaventarmi, ma poi
dev'essere successo qualcosa, perché si sono dimenticati di me... Quando è scoppiata la rivolta,
mi sono ritrovato coinvolto. Sapevo di rischiare ma, capisci, non reggevo più quella cella. Ho
seguito gli uomini del tuo Masaniello, ed eccomi qui.
Lara sorrise, ma senza la minima cattiveria. - Dev'essere stata un'esperienza notevole, per
te.
- Lo è stata di più per lui. - replicò Attilio, indicando un uomo intento a sgomitare di fronte al
tavolo con le provviste che il Collettivo aveva fatto preparare in fretta e furia per i nuovi arrivati: si
dava da fare con molta energia, e ogni tanto imprecava "Al diavolo!" all'indirizzo dei suoi avversari
di tavolata.
- Carmine? - esclamò Lara, incredula - Non lo avevo riconosciuto.
- Il carcere non era per lui. Ha perso dieci chili in due settimane... - Attilio gettò quel che
restava della graffetta lontano; infilò una mano in tasca, ne trasse una ancora integra, riprese a
tormentare il metallo. - Dieci chili, capisci? È un genere di dieta che non raccomanderei a
nessuno.
Poi la fissò negli occhi. - Credi che potremo tornare a casa?
2038: la rivolta Francesco Grasso
126
- Non ancora, temo. - rispose lei, seria - Il meglio... o il peggio, a seconda dei punti di vista...
deve ancora venire.
Si aspettava che l'altro protestasse, o che chiedesse spiegazioni. Attilio invece annuì con
aria responsabile.
- Credi che potrei essere utile, allora?
Lei rimase interdetta. - Questa è una guerra, Attilio.
- Lo so. - assentì lui, deciso. - E non è giusto che tu la combatta e io resti a guardare. Non
credi?
Il rispetto che Lara provava nei confronti del suo ex capo crebbe. Non l'aveva mai
considerato uno stupido, ma forse non era mai riuscito a pensare a lui come a un alleato.
Oziosamente, si chiese se sua madre, in fondo, non avesse visto più lontano di lei.
Attilio teneva la sua mano ancora stretta nella sua, come se traesse energia da quel
contatto. Lara lo fissò a lungo. Alla fine annuì.
- Credo ci sia bisogno dell'aiuto di tutti.
- Dimmi cosa potrei fare, allora.
- Meglio raccontarti tutto dall'inizio. - commentò Lara.
2038: la rivolta Francesco Grasso
127
Prefazione
L'ipertesto che state per leggere è qualcosa di più della cronaca di una rivolta.
Ho tentato di riversare nei suoi capoversi e nei suoi link tutte le sensazioni, i
valori, i drammi, le verità e i segreti di un evento unico nella storia di questo
nostro giovane secolo, un evento nel quale sono entrata forse indegnamente, seguendo
gli indizi di un'inchiesta giornalistica, ma che poi ho vissuto in pieno, accettandone
compiutamente le sofferenze e i rischi.
Questo ipertesto, sappiatelo, è il mio ultimo lavoro. La cronista che ero un tempo
non esiste più: la Lara Mastrantuono di oggi ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla
ricostruzione della città, alla cura dei diseredati e delle vittime della nostra breve
ma furiosa guerra civile.
In accordo a tale scelta, i proventi che deriveranno dalla vendita di questo
saggio saranno interamente devoluti al Fondo Sociale Masaniello. Sappiatelo, quando
acquistate il disco o scaricate il testo via rete: non state solo pagando per un
frammento di Storia, ma state anche contribuendo a edificare le fondamenta di un nuovo
vivere civile.
Il resoconto che state per leggere è stilato quasi sempre in prima persona. Benché
possiate trovare la cronologia degli avvenimenti in appendice, scopo del testo che
avete di fronte non è narrare freddamente lo svolgersi degli eventi.
Tutti voi, ne sono sicura, avete letto i proclami sulla Rete, siete stati
informati dai notiziari sui media, avete assistito sul teleschermo a tutte le immagini
possibili, dagli scontri di piazza alle battaglie fino all'armistizio; tutti voi avete
seguito lo smascheramento del complotto, i negoziati di Anacapri, il processo ai
vertici della Sezione Speciale, l'elezione del governo provvisorio, il graduale ritorno
alla normalità...
Io non ripeterò banalmente ciò che è stato detto, non mostrerò ciò che è già stato
visto. Anche se presenterò i fatti e i personaggi attraverso le lenti fredde della
Storia, il mio punto di vista sarà comunque soggettivo, interno agli eventi, pregno di
essi.
Io andrò a fondo, sviscererò le psicologie degli attori e il perché delle
decisioni. Omaggerò chi ha perduto la vita credendo in ciò per cui lottava; ricorderò
non solo i capi, ma anche i gregari. Ricorderò chi non si rassegnava, chi aveva a cuore
il futuro proprio e quello degli altri, chi anteponeva la dignità e il diritto al
conformismo...
Da tutto ciò, forse, sarò tentata di trarre una morale, e finirò magari nel cadere
nel retorico. Non importa. Ciò che conta è che il messaggio giunga a destinazione.
Voi lettori, alla fine, capirete che la rivolta di Masaniello non è stato, come
qualche sciocco urlatore dei media ha insinuato, un accadimento tra il folkloristico e
il surreale, una guerra dialettale di tarallucci e mandolino. Capirete che essa ha
concretizzato invece un pericolo latente, sospeso su tempi e luoghi anche molto diversi
da Napoli e dai giorni nostri.
Ciò che è avvenuto nella città del Golfo e del Vulcano è già avvenuto e può
ripetersi. Possiamo solo sperare che, ovunque avvenga, ci sia sempre un Masaniello
pronto ad affrontare la minaccia e chi la rappresenta.
Di eroi come lui ci sarà sempre bisogno.
2038: la rivolta Francesco Grasso
128
Epilogo
Quando guardo gli scugnizzi di Forcella mi trafigge una pietà, ingiustificata, certo irrichiesta, per queste
creature innocenti, condannate dai potenti a diventare, senza speranza, vili e cattive.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
- Mi ricevi, Lara?
- Perfettamente, Teresa.
- Provo ad attivare il video, allora.
- Sono pronta.
Lara batté le palpebre per adattarsi alla luce improvvisa. Le immagini presero a formarsi,
prima simili a forme scure che emergessero dalla nebbia, poi sempre più nidite.
Il visore le procurava un formicolio leggero intorno alle tempie, ma per il resto l'illusione era
perfetta. Teresa era una decina di centimetri più alta di lei, per cui la prospettiva le era insolita.
Tutto sommato, però, le occorse solo qualche istante perché la visione le risultasse naturale.
Il giardino della clinica era una macchia di verde assediata dai massicci palazzi del Vomero.
Un vecchio olmo si ergeva con pervicacia a sfidare le muraglie di cemento. Gli faceva corte un
drappello di alberi più giovani, qualche ulivo, e una quercia dal tronco grottescamente contorto. Più
lontano, una siepe di pitosfori di un intenso color smeraldo faceva cortina al cancello d'ingresso.
I rami ondeggiavano alla brezza. Cirri sottili si ricorrevano in cielo. La cacofonia dei clacson
dalla vicina tangenziale si stemperava contro le barriere sonore curve sul giardino come madri che
proteggessero i loro piccoli.
- Quando sei pronta, io entro.
- Te lo dico ancora una volta, Teresa. Non sei obbligata a correre questi rischi per me. Non
ho nessun diritto di chiedertelo.
Lara sentì il sorriso dell'altra come un contrarsi degli attuatori interni al casco.
- Il debito che noi tutti abbiamo nei tuoi confronti è troppo grande perché io riesca a saldarlo,
Lara. Non lo faccio per riconoscenza, non ci provo neppure. Lo faccio perché posso.
- Ma è pericoloso. Lei sarà certamente sorvegliata.
- Io sono un'infermiera. - obiettò Teresa - La mia presenza qui è perfettamente naturale.
Lara si morse le labbra. - Sì, ma...
- E poi... - aggiunse Teresa - dobbiamo provare il Coax20. Quale occasione migliore?
- E... se intercettassero il segnale?
- Impossibile.
- Perché?
- Jacques dice che non possono. Lo ha spiegato, ricordi? Dopo che lui e i compagni lo hanno
riprogrammato, il trasmettitore cambia portante due volte al secondo, seguendo schemi... come li
ha chiamati? Markoviani?
Lara scosse la testa, facendo tintinnare il visore. La facilità con cui i lazzari si impadronivano
degli strumenti e dei concetti scientifici propri dei loro avversari non finiva di stupirla.
Eppure, considerò, era meno sorprendente di quanto sembrava. La gente di Napoli, meditò
pensierosa, era sempre stata maestra nell'arte dell'imitazione e della contraffazione. In quel
frangente, semplicemente, i suoi compagni di lotta avevano volto la loro tradizionale abilità in un
"modello giapponese", e avevano dato il via a un'analisi (artigianale, ma non per questo meno
efficace) delle armi e dei dispositivi tecnici del nemico. Forse non sarebbero riusciti a pareggiare le
forze in campo, ma almeno ci provavano. E forse, rifletté, ci voleva proprio una rivoluzione per
dare il "la" a quel massiccio trasferimento di tecnologia che chi governava la città e il continente
aveva sempre negato.
L'immagine tremolò, e Lara capì che Teresa stava sistemandosi le stanghette degli occhiali
che ospitavano i sensori del Coax.
- D'ora in avanti dovrò proseguire in silenzio - sussurrò la giovane infermiera - Tu, però,
continua a parlarmi... Io vedrò di risponderti, in qualche modo...
2038: la rivolta Francesco Grasso
129
- Come?
- Vediamo... Darò un colpo di tosse per dire "sì", e deglutirò per dire "no". Ti sta bene?
- D'accordo. - approvò Lara.
- Attenzione, entro.
Come Lara si aspettava, c'era una guardia all'angolo del corridoio. Era di mezza età,
d'aspetto pingue e annoiato. La sua uniforme grigia e gialla era stazzonata, l'AIM regolamentare
pendeva impolverato dalla sua spalla.
Quella dimostrazione di scarsa marzialità non sorprese affatto Lara. Di certo, si disse, con la
rivolta in corso il comando della Sezione Speciale aveva disposto che tutti gli uomini validi fossero
di pattuglia per le strade. Il piantonamento dei sospetti doveva essere stato delegato alle riserve.
Una microcamera brillava all'angolo del soffitto, rivelata da una lama di luce proveniente dal
finestrone con le imposte a losanga che areava l'ambiente.
Forse ce n'erano altre, pensò Lara. Ma non costituivano un problema, concluse: Teresa non
aveva partecipato a nessuno scontro, e di certo non era schedata. Anche il suo momentaneo
abbandono del posto di lavoro al Cardarelli, del resto, non era insolito, in quella città e in quei
giorni di caos. Forse, considerò Lara, la sua assenza non era neppure stata notata.
Attraverso gli occhi di Teresa, Lara fece correre lo sguardo lungo la corsia.
Non tutte le brande erano occupate: un gruppetto di degenti era raccolto, chi in piedi, chi
seduto, chi reggendosi a un bastone, a formare un capannello vivace seppure composto.
- Vai laggiù, Teresa. - propose Lara - Voglio vedere.
La giovane infermiera diede un colpo di tosse. Avanzò lungo il corridoio di piastrelle bianche,
che risplendeva di quel candore opaco così tipico dei detergenti dei grandi ospedali. I suoi sandali
di legno echeggiavano piano contro la ceramica di poco prezzo.
Quando fu abbastanza vicina, i pazienti in cerchio sembrarono notarla. Alcuni assunsero
un'espressione imbarazzata, altri contrariata. Ma i più si fecero da parte, lasciando intravedere il
fulcro intorno a cui ruotava il capannello.
Lara sorrise. Dovevo immaginarlo, pensò.
La tinta turchese dei capelli era scomparsa. Le piccole cicatrici al mento e intorno all'occhio
destro avevano cancellato gli effetti del lifting e dato strada all'inevitabile ritorno delle rughe. La
gamba in trazione e le bende intorno alle mani la facevano sembrare fragile nonostante la
pienezza del corpo che si intravedeva oltre il lenzuolo.
Eppure, si disse Lara, sua madre appariva in forma: quella signora dai capelli d'argento e dai
segni profondi come abissi intorno agli occhi appariva vera, attiva e vitale, come se il simulacro di
plastica e ciglia finte avesse lasciato il posto all'originale, e si fosse dimostrato alla fine indegno di
sostituirlo.
- Che succede qui? - chiese Teresa, in tono professionale.
Dalla cerchia di malati si levò un coro di proteste.
- Andiamo, infermiera, non facciamo niente di male!
- Non diamo fastidio a nessuno!
- È il nostro turno! Abbiamo aspettato tanto! Non può rimandarci nella nostra corsia, adesso!
- Non sarebbe giusto!
- Sì. Se vuole, la signora lo farà anche a lei.
Lara, attraverso gli occhi di Teresa, inquadrò direttamente sua madre. Sembrava essersi
ripresa più che bene dallo shock dell'aggressione e della violenza subita. La cartella clinica
recitava, tra gli altri sintomi, "amnesia". Evidentemente, considerò con afflizione Lara, la mente di
sua madre aveva pietosamente rimosso il ricordo.
- Lei dovrebbe riposare, signora. - osservò Teresa.
- Oh, naturalmente, mia cara... - assentì l'altra. Nel sorriso sereno di sua madre, Lara vide
che la dentatura rifatta non era più perfetta, ma che tutto sommato l'effetto adesso era migliore,
perché più naturale.
- ...ma questi cari amici aspettano il loro oroscopo. - aggiunse - Come posso deluderli?
2038: la rivolta Francesco Grasso
130
Lara seguì lo sguardo sorpreso di Teresa. Si chiese come sua madre avesse potuto trovare
le figure dei tarocchi anche in ospedale. Scosse la testa, sorridendo: certe cose non erano
cambiate affatto.
- Vuole che legga le carte anche a lei, signorina? - propose la matrona.
- Accetta. - sussurrò Lara.
Teresa deglutì.
- Lo so, è una sciocchezza. - insistette Lara - Ma voglio assicurarmi che stia bene.
Teresa tossì. - D'accordo, signora. Cosa dice di me la sua sfera di cristallo?
L'altra assunse un aria compita, e cominciò a disporre i tarocchi in fila sul lenzuolo.
- Odio e amore. - disse seria, e Lara ne fu quasi deliziata - Due facce della stessa medaglia.
La strada per il cuore di chi le sta vicino è stata aspra, e lo sarà ancora in futuro. Ma lei è felice,
perché chi la ama... è un soldato, vero signorina? Finalmente le è accanto, e ha capito quanto lei
sia importante. Non la lascerà più andare.
Lara si rese conto che Teresa tratteneva il respiro, colpita.
- Non ce la puoi fare con mia madre. - l'assicurò - In queste cose è imbattibile.
- La ringrazio, signora. - mormorò Teresa - Adesso, però, mi permetta di sistemarle lo
schienale.
Incurante delle proteste, la giovane infermiera allontanò gli altri pazienti, impostò i comandi
del letto in modo che lo riportassero in posizione orizzontale, e infine sistemò il guanciale in
posizione più comoda.
Nell'ultimo movimento, quando le sue labbra furono accanto all'orecchio della matrona,
sussurrò poche parole. - Lara sta bene. Non deve preoccuparsi per lei... È al sicuro. Ah... le
manda questo.
Fece scivolare l'involto sotto il lenzuolo. Poi si allontanò con viso impassibile e incedere
professionale.
- Non avresti dovuto farlo. - la riprese Lara - Un rischio inutile. Vederla era già sufficiente, per
me.
Teresa non replicò. Neppure con un cenno. Non ce ne fu bisogno. Le bastò invece lanciare
un ultimo sguardo alla donna dai capelli d'argento, appena prima di varcare la soglia della corsia,
perché Lara si rendesse conto di avere torto.
Perché l'espressione radiosa che illuminava il viso di sua madre, mentre carezzava con le
dita i segni dello Zodiaco della collana di pietre orbitali, era qualcosa che la ripagava di ogni
dramma che entrambe, vittime prima che protagoniste di quella guerra, avevano dovuto subire.
Il coltello è un mezzo. Siamo noi a decidere cosa farne, se aprire una portiera
o chiudere una discussione.
Masaniello, Pensieri all'ombra del vulcano
Il cielo era plumbeo. Un gregge di nuvole gravide di pioggia e di presagi opprimeva la città.
Nell'aria, neppure un soffio di vento osava smuovere la minaccia incombente.
Poi un fulmine, di un candore acceso, si abbatté proprio sulla cima del vulcano, squarciando
la cortina di grigio. L'acquazzone venne giù con furia, allagando in un niente vicoli e terrazzi,
facendo oscillare i cornicioni, picchiettando avidamente sul tettuccio delle automobili, costringendo
i passanti a un'affannosa ricerca di riparo.
Altri strali luminosi saettarono tra le nubi, e lo scroscio d'acqua divenne torrenziale. Rivoli di
fango cominciarono a tracimare dai canali di scolo dei marciapiedi e a scorrere via, quasi che la
pioggia volesse mondare la città dalle sue lordure e dai suoi peccati.
Le sirene d'allarme dei veicoli presero a echeggiare il rombo dei tuoni.
- E si dice che a Napoli non piove mai... - commentò Lara, sbirciando dall'imposta socchiusa.
- La tempesta passerà. - replicò l'uomo dal viso coperto, a bassa voce - E tornerà 'o sole.
- Questo è fatalismo. - obiettò la giovane, sorridendo.
L'uomo non smise di esaminare lo schermo del computer. Era robusto, tarchiato, e odorava
di tabacco. La benda nera avvolta malamente intorno al viso ne celava i contorni.
2038: la rivolta Francesco Grasso
131
- Al contrario. È speranza.
Lara, nonostante l'impazienza, si trattenne finché gli occhi dell'altro non raggiunsero l'ultima
riga.
- Allora? - disse infine - Che te ne sembra?
- Che aggio 'a di', giurnalist'? - ammise l'altro, impressionato - I tuoi proclami sono fantastici.
Uno migliore dell'altro.
- Ti ringrazio. Ma volevo sapere se...
- Aspetta. - l'uomo si slacciò il nodo sotto il mento e svolse la benda, liberando il naso e la
bocca. Sembrò respirare di sollievo.
- Non dovresti farlo, Salvatore. - lo redarguì Lara - Potrebbe entrare qualcuno che non sa.
- Song' io che non so. - replicò sbuffando l'uomo - Come faceva a respirare, il ragazzo? Io
soffoco!
La donna fece per insistere. Rinunciò. Si staccò dalla finestra e raggiunse l'uomo. Afferrò i
capi della benda e ne saggiò l'elasticità.
- Lascia stare: te la sistemo io.
L'altro abbozzò un tentativo di sottrarsi all'operazione. Poi sembrò rassegnarsi. Chinò
docilmente il capo e lo offrì a Lara.
- Tu sei capace di sistemare tutto, vero? - disse in tono blandamente sarcastico.
Lei fissò il nodo e rimase un attimo a contemplare il risultato del suo lavoro. Non ne sembrò
particolarmente soddisfatta, ma decise che era comunque sufficiente.
- Sistemare tutto? - ripeté - Magari fosse così...
Il registro serio, sincero, di quelle poche parole sembrò colpire l'uomo. La fissò a lungo,
come se cercasse delle risposte ai suoi dubbi. Il silenzio, tra loro due, era colmato soltanto dal
ronzio della pioggia.
- Cosa pensi, giurnalist'? - chiese alla fine - Cosa ne pensi, pe' 'o vero? Ce la faremo?
Vinceremo?
Lara rimase taciturna. Si voltò, si accostò nuovamente alla finestra e guardò il panorama,
quasi a cercare fuori di sé il responso che dentro non aveva.
La luce vivida dei lampi rischiarava a tratti i toni plumbei del cielo, dando tocchi di colore
impressionista a un quadro altrimenti cupo, fiammingo. La sagoma del vulcano, ovattata dalle
nubi, chiudeva brutalmente l'orizzonte a sud; a ovest, lontano, la superficie del golfo era increspata
dalle onde e flagellata dalla grandine; a est e a nord, la metropoli si offriva ai suoi occhi col suo
usuale, caotico, folle scenario di cemento.
Lara abbassò lo sguardo. E, all'improvviso, senza neppure rendersi conto di averlo cercato,
lo trovò.
Al riparo di un vecchio porticato consunto dagli anni e dallo smog, un gruppo di scugnizzi di
quartiere giocava ignorando il temporale.
Era un pugno di ragazzini magri, minuscoli, d'aspetto rapido e nervoso. Avevano messo da
parte, a causa della pioggia, l'eterno pallone di cuoio sdrucito, e avevano variato il gioco in una
sorta di pantomima bellica, una di quelle sfide tra bande a metà strada tra la sceneggiata
napoletana e I ragazzi della via Paal che Lara aveva veduto altre volte svolgersi nei rioni popolari
della città.
Questa volta, però, lei vide qualcosa di diverso. I ragazzi erano scalzi, ma questo non era
insolito. Vestivano delle casacche bianche, ma neppure questo la sorprese.
Era la benda con cui si erano coperti il viso ad affascinarla. Nera, avvolta su se stessa, una
via di mezzo tra un turbante indiano e la maschera di Pulcinella, era un segnale, un simbolo sul cui
significato era impossibile ingannarsi.
- Sì. - disse all'uomo alle sue spalle, senza distogliere gli occhi dallo spettacolo - Vinceremo.
Fine.
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