Eduardo de Filippo - NATALE IN CASA CUPIELLO
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- Copione
- Eduardo de Filippo
Natale in casa Cupiello
Personaggio Interprete Recapito
Luca Cupiello Giovanni
Concetta sua moglie Susanna
Tommasino, loro figlio detto Nennillo Pietro
Ninuccia la figlia Stefania
Nicola suo marito Francesco
Pasqualino fratello di Luca Gennaro
Raffaele portiere Lisa
Vittorio Elia amico di tommasino Salvatore
Il dottore Sabrina
I casigliani
Carmela Carla
Olga Pastorelli
Luigi Pastorelli
Alberto Leo
Armida Romaniello Federica
Rita Eva
Commedia in 3 atti - 1931
Atto primo
In casa Cupiello. Un letto matrimoniale e un altro più piccolo, per un solo posto. Comune in fondo a destra. Balcone a sinistra. Su un tavolo, davanti al balcone, vi sarà un presepe in fabbricazione, e tutto l’occorrente necessario per realizzarlo: cartapesta, pennelli, sugheri, e un recipiente di latta con la colla Cervione. Tra il balcone e il lettino a un posto vi sarà un piccolo paravento con davanti un treppiedi di ferro con bacinella, ed un secchio smaltatato bianco; sul paravento è appoggiato un asciugamani. A ridosso della parete di destra un comò con sopra i santi e immagini religiose d’ogni specie con davanti candele e lumini spenti. Sono le nove del mattino del 23 dicembre. Luca dorme nel letto matrimoniale; il posto della moglie Concetta, è in disordine come se la donna l’avesse lasciato da poco. Nel lettino dorme Tommasino (detto Nennillo)
Concetta (entra dalla destra con passo cauto; indossa una sottana di cotone bianco e ha sulle spalle uno scialletto di lana; ai piedi un paio di pantofole realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito. Reca in mano una fumante tazza di caffè, e nell’altra una brocca d’acqua. Mezza assonnata si avvicina al comò, posa la tazza, poi va a mettere la brocca accanto al lavabo; va al balcone ed apre le imposte; torna al comò, prende la tazza e l’appoggia sul comodino. Con tono di voce monotono, abitudinario cerca di svegliare il marito) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove! (dopo una piccola pausa torna alla carica) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!. (Luca grugnisce e si rigira su se stesso, riprendendo sonno. La moglie insiste) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!.
Luca (svegliandosi di soprassalto) Ah! (farfuglia) songh’e nnove …..
Concetta Pigliate ‘o ccafè. (Luca, pigro e insonnolito, fa un gesto come per prendere la tazza del caffè, ma il sonno lo vince di nuovo. Imperterrita, Concetta riprende il lamentoso ritornello, con tono un po’ più forte mentre comincia a vestirsi davanti al comò) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!.
Luca (si siede in mezzo al letto e si toglie svolgendoli dalla testa, uno alla volta, due scialletti di lana e una sciarpa; poi guarda di sbiego la moglie) Ah, songh’e nnove? Già si sono fatte le nove! La sera sei privo di andare a letto che subito si fanno le nove del giorno appresso. Concè, fa freddo fuori?
Concetta Hai voglia! Si gela.
Luca Io me ne so accorto, stanotte, con la casa fredda, non potevo pigliare calore. Due maglie di lana, sciarpa, scialle …… I pedalini ‘e lana…. Te ricuorde, Cunce’, i pedalini e lana che compraste tu ca diciste: “sono di lana pura, aggi’ avuto na cumminazione, Te ricuorde, Cunce’? (Concetta continua a vestirsi senza raccogliere l’insinuazione del marito. Luca prende gli occhiali dal comodino e si mette a pulirli meticolosamente) Cunce’, Te ricuorde? Cunce’ …..? (la donna non risponde) Cunce’, te ne sei andata?
Conceta (infastidita) Sto ccà, Lucarie’, sto ccà
Luca ‘E pedalini ca cumpraste tu, che dicesti: “sono di lana pura”, qua lana pura …. Conce’, quella non è lana, t’hanno mbrugliata. E’ tutta na mistificazione. Tengo i piedi gelati. E poi, la lana pura quando si lava si restringe ……. Questi più si lavano più si allargano, si allungano …… so’ addiventate ddoje barche, tutta la notte a correr a press e pedalin rint o’ liett. ‘O ccafè, Cunce’
Concetta Sta n’copp a culunetta,
Luca Ah, già (prende la tazza, dopo avere inforcato gli occhiali. Sbadiglia) Conce’ fa freddo fuori?
Concetta Si, Lucarie’, te l’ho detto fa freddo. (spazientita) Fa freddo e basta. (ma che freddo fa)
Luca Eh ….. Questo Natale si è presentato come comanda Iddio. Co’ tutti i sentimenti si è presentato, d’altrone lo deve fare è il mese suo. (beve un sorso di caffè e subito lo sputa) Mamma do carmine, Concè ti sei immortalata, che bella schifezza che hai fatto, Conce’!
Concetta (risentita) E già, mo le facèvemo ‘a cioccolata! (alludendo al caffè) E’ nu poco lasco ma è tutto caffè.
Luca Ma perché vuoi dare la colpa al caffè, che in questa tazza non c’è mai stato?
Concetta (mentre cerca in un cassetto qualcosa di personale delle forcine un pettine un rocchetto di filo bianco) ah! Lucarie, ti sei svegliato spiritoso? Beato te
Luca Tu sei permalosa, sei diventata permalosa, Non ti piglià collera, Conce’. Tu sei una donna di casa e sai fare tante cose, come si deve. Pasta e faggioli, ‘a frittata c’ ’a cipolla, sei maestra, sei la reginetta della frittata c’a’ cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. Ma ‘o ccafè non è cosa per te.
Concetta (arrabiata) E nun t’ ‘o piglià ….. Tu a chi vuoi affligere.
Luca Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: questa fete ‘e scarrafone. (posa la tazza sul comodino) Concetta fa freddo fuori?
Concetta (irritatissima) Si, Lucarie’, fa freddo il freddo non l’ho creato io, ma il Padreterno perciò ti devi rassegnare, fa freddo! Fa freddo, fa freddo ahhhhhhhhh!!!!!
Luca Cunce’, ma che t’avesse data na mazzata ncapa? Ho solo chiesto: fa freddo fuori, come sei diventata aspra
Concetta Me l’he addimandata già tre volte !!
Luca Questo Natale si è presentato ……….
Concetta ……. Come comanda Iddio. Questo pure l’avete detto.
Luca E questo pure l’abbiamo detto ….. ( sbadiglia, si gauara intorno come per cercare qualcosa che lo interessi, non sa nemmeno lui precisamente cosa. Poi realizza a un tratto e come temendo una risposta spiacevole chiede allarmato) ‘O Presepio … Addò stà ‘o Presepio?
Concetta (esasperata) là, là, nessuno te lo tocca.
Luca (ammirando il suo lavoro) Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni. Pastorella, o’ terzo piano, mi ha incontrato per le scale e mi ha detto che lo fa pure lui il Presepio. Mi ha detto: “ facciamo la gara ”. Sta fresco …… Lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho fatto pure i disegni, i progetti. (alla moglie) Conce’ ‘a colla l’hai squagliata?
Concetta (sgarbata) Lucarie’, io adesso mi sono alzata. Se mi date il permesso di vestirmi per andare a fare la spesa, bene, e se no ci sediamo e ci mettiamo agli ordini del Sig Luca Cupiello (siede e incrocia le braccia) che comandate
Luca (aggressivo) non l’hai squagliata ancora?
Concetta No.
Luca E io aieressera che te dicette? “ domani mattina, appena ti svegli, prima di fare il caffè, squaglia la colla perché se no non posso lavorare e il Presepio non è pronto per domani”.
Concetta (si alza di scatto prende il barattolo della colla e si avvia per la sinistra) ecco pronto, andiamo a scarfare a’ colla, così stamattina mangiamo, colla! Quando viene Natale è un castigo di Dio! (esce e si sente la sua voce che si allontana) colla, pastori …. puzza e pittura!
Luca (gridando come per sopraffare gli apprezzamenti della moglie) sei vecchia, ti sei fatta vecchia! (finalmente decide di alzarsi; scende dal letto si avvicina alle sacre immagini sul comò, e facendo un piccolo inchino e sollevando lo sguardo mistico verso i santi, si fa il segno della croce; si avvicina alla sedia ai piedi del letto, prende i pantaloni lisi e se li infila non senza difficoltà; poi torna verso il comodino, si mette in testa il berretto appeso alla testata del letto, tenta di bere il caffè, ma il cattivo sapore lo costringe a sputare il sorso; ancora tremante per il freddo, si rimbocca le maniche della camicia sbadiglia e si avvia verso il lavabo; intona la stessa litania con cui Concetta ha svegliato lui, per svegliare il figlio Tommasino) Tummasi’, Tummasi scètate songh’e nnove (tommasino non risponde) Io lo so che stai svegliato, è inutile che fai finta di dormire (rieme la bacinella di acqua, si insapona le mani e di tanto in tanto si rivolge ancora a Tommasino) Tummasi scètate songh’e nnove. E’ questo che vuoi fare! Vedete se è possibile: nu cetrulo luongo luongo che dorme fino a chest’ora! Io, alla tua età, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo per accompagnare mio padre che andava a lavorare. Lo accompagnavo fino alla porta, ci baciavo la mano ….. perché allora c’era il rispetto per il genitore si baciava la mano, chiudevo la porta e poi me ne tornavo e mi coricavo un’altra volta. (ora si insapona la faccia e si lava il viso abbondantemente. Non trova l’asciugamani e fa sforzi incredibili perché i rivoli d’acqua non gli corrano per la schena. Finalmente trova l’asciugamani e si asciuga il volto. Si rivolge al figlio con più autorità) Hai capito, svegliati? (visto che tommasino non gli risponde, abbozza, per quieto vivere) E’ meglio ca nun te dongo retta, se no ci facciamo la croce a prima mattina.
Tommasino (raggomitolato e sprofondato sotto le coperte reclama) ‘A zuppa ‘e latte!
Luca E’ questa la sola cosa che pensi: “ ‘a zuppa ‘e latte, ‘a cena, ‘a culazione, ‘o pranzo” …. Alzati, ‘a zuppa e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori.
Tommasini Se non me la portate dentro al letto non mi sòso.
Luca No, tu ti sòsi, se non ti faccio andare a coricare all’ospedale.
Concetta (tornando con il barattolo di colla fumante) ‘A colla … (raggiunge il tavolo dov’è il Presepe per collocarvi sopra il barattolo della colla) Io nun capisco che ‘o faie a ffa, stu Presebbio. Na casa con nguaiata, denare ca se ne vanno… E almeno venesse bbuono!
Tommasino (con aria volutamente distratta) Non viene neanche bene.
Luca E già, come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi ….. venivano da me a chiedere consigli ….. mo viene lui e dice che non viene bene.
Tommasino (testardo) A me non mi piace
Luca Questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio…. Il superuomo. Il presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti…..
Tommasino (testardo) A me non mi piace. Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza?
Luca (per ritorsione, scuote violentemente la spalliera del letto, intimando al figlio) Sùsete! Hai capito sùsete?
Tommasino (dispettoso) ‘a zuppa e latte!
Concetta (indifferente all’atteggiamento del marito, si rivolge dolcemente al figlio) Alzati, bello di mammà, alzati!
Luca (a Concetta) Embè, si le puorte ‘a zuppa ‘e latte dint’ ‘o lietto ve mengo ‘a coppa abbascio a tutte e due! (alludendo alla cattiva educazione che Concetta dà a Tommasino) Lo stai crescendo per la galera!
Concetta (conciliante) quello mo si alza! (e con gesti mimici, curando di non farsi scorgere da Luca, invoglia Tommasino ad alzrsi; il dialogo muto tra Concetta e Nennillo viene sorpreso e interrotto da Luca)
Luca E’ incominciato il telegrafo senza fili.
Tommasino (spudorato insiste) ‘a zuppa ‘e latte
Luca (irritato) embè, mo te mengo a’ colla nfaccia.
Concetta Alzati, bello ‘e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepra nu bello zuppone.
Luca Niente affatto. ‘O zuppone s’ ‘o va a piglia in cucina. (a Tommasino) che l’hai presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve! (ha indossato il gilè, la giacca e una sciarpa di lana al collo e ora inizia il suo lavoro al presepe, incollando sugheri inchiodando pezzi di legno. Dopo una piccola pausa chiede a sua moglie) Pasqualino si è alzato?
Concetta Sì, sì, si è alzato quello scocciante di tuo fratello! Cu’ nu raffreddore che ha tenuto, è stato capace di stare una settimana a letto.
Tommasino (allarmato intimamente, chiede a conferma) s’è alzato? E sapete se esce?
Concetta Sì. Ha detto che si vuole fare una passeggiata, perché dopo la febbre che ha avuto vò piglià nu poco d’aria ‘e matina e poi si ritira.
Tommasino E sapete se si veste?
Luca Giesù, e che esce nudo?
Tommasino No, dico…… sapete se si vuole mettere il cappotto?
Luca E si capisce, ‘o mese ‘e dicembre esce senza cappotto?
Concetta (sospettosa per quelle strane domande) ma pecchè? Che d’è?
Tommasino (eludendo) No, nente. Io decesse che è meglio che non esce. Può essere che piglia la ricaduta.
Pasquale (Dall’interno, batte dei colpettini alla porta di fondo e chiede discreto) Lucariè, è permesso?
Luca Vieni, Pasquali’ entra.
Pasquale (apre la porta e entra. E’ vestito di tutto punto, gli mancano solo le scarpe; è in pantofole. Tommasino si sprofonda sotto le coperte) Buongiorno, donna Concetta.
Concetta Buongiorno.
Luca (si avvicina al fratello e gli chiede con interesse) Come ti senti?
Pasquale Meglio, meglio ….. un poco debole.
Luca (tastandogli il polso) Me credevo proprio ca te passave Natale dint’ ‘o lietto. Il polso è buono.
Pasquale La lingua, guardami la lingua. (tira fuori la lingua e la mostra)
Luca (dopo averla guardata attentamente) E’ pulita, è pulita. Mo devi stare a sentire tuo fratello: mangia forte, carne al sangue e vino rosso; e fatti delle passeggiate ‘a parte ‘o mare. Così si fa pure una pulizia nella stanza. E’ stata sette giorni chiusa….. (alla moglie) Hai capito, Conce’: una bella pulizia!
Concetta Sì, si
Pasquale Infatti voglio uscire. Arrivo fino al Banco Lotto e torno. (con sospetto intimo mal celato) donna Conce’, non ho potuto trovare le scarpe mie
Concetta E ‘e vulite ‘a me?
Pasquale (paziente) non le voglio da voi, ma io sono stato a letto sette giorni con la febbre ….. Ho domandato se le avete viste.
Luca Ma tu quando ti coricasti dove le mettesti?
Pasquale Addò l’aveva mettere, Lucarie’? sotto il letto.
Concetta E vedete bene che là stanno.
Pasquale Non c’è niente, donna Conce’: le scarpe sono sparite. (indicando il letto di tommasino) domandate a Nennillo..…
Tommasino (siede di scatto in mezzo al letto e affronta tutti con audacia spudorata, come per prevenire l’accusa di suo zio, che egli sa di meritare) nun accumminciammo! Io non ero il tipo che mi vendevo le scarpe sue!
Luca (che conosce il modo di difendersi di suo figlio quando è in colpa, annunzia convinto) S’ha vennuto ‘e scarpe.
Pasquale (avvilito) Tu che dice? E io come faccio?
Concetta (che vuole scagionare il figlio) ma nossignora!
Luca (convinto) E’ ladro, è ladro matricolato
Tommasino Io nun m’aggio vennuto niente!
Luca Non dire bugie!
Pasquale Confessa.
Luca Confessa.
Tommasino (dispettoso) nun me piace ‘o Presepe!
Luca Oh vi chillo parl a vanvera
Tommasino Mo vedimmo! Dint’a sta casa, ogne cosa ca succede è colpa mia
Concetta Avimmo accuminciato a primma matina
Tommasino ‘A zuppa ‘e latte!
Luca (esasperato, con il martello in pugno) mo te lasso int’ ‘o lietto! (accusando Concetta) per la galera l’hai cresciuto, per la galera!
Pasquale E io come esco? Io sono stato sette giorni a letto con febbre …… e quello si vende le scarpe mie.
Luca Pasca, fammi la carità dopo Natale trovati una camera mobiliata ….. e te ne vai
Pasquale Sì, sì me ne vado
Luca Non possiamo stare auniti. Con questo ladro in casa io non posso prendere responsabilità. Miettete cheste scarpe qua …. (prende un paio di scarpe da sotto il letto e le porge a Pasquale) Dopo le feste te ne compri un altro paio e le pago io.
Pasquale Sia fatta la volontà di Dio …. Ma perché non lo chiudete?
Concetta Ma perché non ve ne andate
Pasquale Mettetelo ‘o serraglio! Questo è un delinquente. Ma che aspettate, ca va mettendo ‘a fune ‘a notte? Uno se cocca cu ‘a febbre e se sceta senza scarpe! Perché ti sei venduto le scarpe mie? Perché?
Luca Che bisogno avevi di venderti le scarpe?
Tommasino Io ho ragione
Pasquale Comme, tu te vinne ‘e scarpe e hai ragione?
Tommasino Sì, ho ragione da vendere …. Lo confesso, Io le scarpe me le sono vendute … perché mi credevo che non ti alzavi più.
Pasquale Uh, mamma mia! Voi lo sentite? Insomma, io avev’ ‘a murì?
Luca Zio Pasquale doveva morire?
Tommasino Tu che vuo’ ‘a me? Campasse, murese ….. quando il medico ti è venuto a visitare ha parlato chiaro.
Pasquale Ha parlato chiaro? E con chi? (rivolgendosi un po’ a tutti) che mi si nasconde qua?
Luca Nun ‘o da’ retta!
Tommasino Sì, nun ‘o da’ retta! Il medico disse che ci era pericolo. Eh, guè …. Io m’aggio vennuto pure o’ cappotto!
Pasquale Neh, Lucarie’, tu ‘o ssiente? Chillo s’ha vennuto pure ‘o cappotto …. ‘O cappotto nucella.
Luca (a Concetta) ‘O cappotto nucella.
Pasquale Chello c’ ‘o collo e pelliccia…..
Luca (a Concetta) Cu chella pellicchiella ….. (a Pasquale) ‘O cappotto tujo
Pasquale Chello c’ ‘a fodera scozzese.
Luca Eh, il cappotto tuo.
Pasquale Chillo c’ ‘a martingana …..
Luca Pasqua’ tu uno ne tieni! (esasperato) E chillo se venne o cappotto e Pasquale!
Pasquale (con un gesto di rabbia, getta violentemente le scarpe a terra) E nun ascimmo! (e si siede)
Luca Pasca’ ….. trovate na camera mobiliata e vattenne
Pasquale M’ ‘a trovo, m’ ‘a trovo! Ve lo tolgo il fastidio …. Quello si vende la roba primma ca io moro: aspetta ca moro e poi te la vendi!
Luca (con senso di giustizia) E con quale auorità? Chi è lui che si permette di decidere? Tu sei mio fratello: la roba tua spetta a me.
Pasquale (nauseato) chi se la deve vendere la roba mia? Mettiteve d’accordo ….. Misericordia! Io mi trovo in mezzo ai cannibali. E tu sei mio fratello? Tu sei Caino, questo sei ! Nun tengo niente, non vi illudete, non tengo niente. Che bei parenti! Aspettano ‘a morta mia ….. (considerando l’inospitalità di quella casa) Quando poi la gente parla ….. “ Beato voi, state in casa con vostro fratello….. Vi accudiscono, vi vogliono bene “ …. L’avessero sapè quello che passo in questa casa, e quanta pizzeche ncopp’ ‘a panza mi devo dare dalla mattina alla sera!
Luca (punto dalle considerazioni fatte dal fratello) io odio contrastarmi con mio fratello, però… Pasquali’, tu sei l’eterno scontento.
Pasquale (trasecolato) so’ scuntento?
Luca Sì! Lo diceva anche la buonanima di nostro padre. Se gli amici dicono che hai avuto una fortuna a stare in casa con i parenti, mi pare che hanno ragione. (risoluto) Pasqua’, parliamo chiaro!
Pasquale (combattivo) e parliamo chiaro!
Luca Tu paghi cinque lire al giorno: ‘a tazza ‘e cafè ‘a matina, ‘a colazione, ‘o pranzo, ‘a cena …… Mia moglie lava, stira…. Mo, pè via c’ ‘o ragazzo ha scherzato ……..
Pasquale ha scherzato!!!!!! Ha scherzato ……..
Luca (come per significare la sua impotenza contro la natura ribelle del figlio) E che faccio Pascali’, che faccio? L’accido? Mi volete armare la mano? (esagerando, per rabbia impotente) scusate tanto, abbiate pazienza se il ragazzo si è permettuto di manomettere il guardaroba di vostra Eccellenza.
Pasquale (esagerando anche lui) no, scusate voi se mi sono preso l’ardire di domandare dove stavano le scarpe mie.
Luca (togliendosi il cappello fino a terra) vi chiedo scusa
Pasquale (si inchina con lo stesso gesto ironico del fratello) Vi chiedo perdono.
Luca (trasportato dal tono esasperatamente ironico preso dalla lite) M’inginocchio ai vostri piedi…. (E si inginocchia)
Pasquale Mi metto con la faccia per terra! (e si inginocchia a sua volta)
Luca (si alza di scatto e risolve quell’increscioso dibattito salutando Pasquale con tutte e due le mani) stateve bbuono, don Pasquali’
Pasquale (imitando il gesto) statevi bene! (E mentre Luca torna innervosito al suo lavoro, Pasquale esce dalla stanza sbraitando) I parenti? Iddio ne scampi e liberi! Che belli pariente …..
Concetta Siente, sie’ quant’è pesante.
Luca Me pare che ‘ave ragione. (perentorio a Tommasino) Sùsete. He capito, sùsete! (con gesto repentino gli strappa le coperte di dosso)
Concetta (prontissima interviene) Lucarie’ Lo vuoi fa’ piglia’ nu colpo d’aria?
Luca Cunce’, pè chisto ce vonno ‘e colpe ‘e revolvere!
Concetta (a Tommasino con dolcezza) Viene dint’’a cucina ca te preparo ‘o latte (ed esce per la sinistra, esortando mimicamente tommasino ad alzarsi).
Luca (scorgendo i gesti) la nemica della casa sei, la nemica della casa! (torna al lavoro sul Presepe; si rivolge a Tommasino che finalmente ha deciso di scendere dal letto e si sta infilando i pantaloni) tieni un carattere insopportabile. Io ti voglio bene, ma certe volte non so io stesso come ti devo far capire certe cose. (Nennillo si avvicina al lavabo, prende la bacinella piena di acqua sporca e la svuota nel secchio. Poi la riempie di nuovo di acqua pulita e s’insapona sommariamente le mani e la faccia) Tu sei un bravo ragazzo. I sentimenti sono buoni, lo so. Ma tieni un caratteraccio selvaggio. Nessuno ti può fare capire niente. (Tommasino si asciuga). Ma io dico, il giudizio! Tu te vinne ‘o cappotto ‘e Pasquale al mese di dicembre!
Tommasino E ad agosto chi se lo comprava
Luca Dove siamo arrivati? Oramai sei un giovanotto, non sei più un bambino. Io non sono eterno. I soldi ci vogliono. Dopo Natale, viene il sarto, porta i campioni e ti fai un bel vestito di stoffa pesante, questo che tieni addosso ormai è partito. Ti faccio pure due camicie. Un vestito e due camicie. (indica il presepio, ammiccando) Te piace, eh? Te piace!
Tommasino (annodandosi la cravatta) No
Luca Bè, certo adesso è abbozzato, non si può dare un giudizio, è giusto. Ti compro pure due cravatte, E per Natale ti regalo dieci lire, così se ti trovi con gli amici, puoi offrire pure tu qualche cosa, e fai bella figura. (indicando un altro punto del presepe) Qua faccio il laghetto e dalla montagna faccio l’acqua vera!
Tommasino (scettico) Già, l’acqua vera!
Luca Sì, l’acqua vera. Metto l’interoclisemo dietro, apro la chiavetta e scende l’acqua. Te piace, eh?
Tommasino No
Luca E’ questione che tu vuoi fare il giovane moderno… ti vuoi sentire superiore. Come si può dire: “non mi piace”, se quello non è finito ancora?
Tommasino Ma pure quando è finito non mi piace
Luca (arrabbiato) E allora vattènne, in casa mia non ti voglio.
Tommasino E me ne vado
Luca Trovati un lavoro qualunque e non mettere più piede qua.
Tommasino (alludendo al presepe) Ma guarda un poco, quello non mi piace, mi deve piacere per forza?
Luca Ma dalla casa mia te ne vai.
Tommasino Ma il presepe non mi piace
Luca (furibondo) E vattènne, perché in questa casa si fanno i presepi.
Tommasino Me ne vado. (entra Concetta recando una scodella piena di latte e pane) Mo mi mangio ‘a zuppa ‘e latte e poi me ne vado.
Concetta (dopo avere appoggiato la ciotola col latte sul comodino si avvicina al comò e rovista in un cassetto) Lucariè, che vuo’ mangià stamattina?
Luca E questa è un’altra tortura mattutina. Ogni mattina: “ Lucariè, che vuoi mangiare “. Che t’ ‘o ddico a fa’? Io ti dico una cosa, tu poi ne fai un’altra…. Sa’ che vuo’ fa’? domani è vigilia, poi vengono tutte queste feste, e dobbiamo mangiare assai: è meglio che ci manteniamo leggeri. Fai un poco di brodo vegetale che tu lo fai bene, e nce mine trecento grammi di tubetti.
Tommasino (pronto) A me ‘e tubette nun me piacene….
Luca Tu te ne devi andare. Sono tubetti che non ti riguardano.
Concetta (ha preso dei soldi dal cassetto e li ha divisi: una parte li ha messi in una logora borsa di pelle, e un biglietto da cinque lire lo ha stretto nel pugno destro; ora indossa un cappottino liso e un cappello rimediato) E senza frutta! So io i soldi che se vanno durante questi giorni di festa. Venti lire per la spesa e cinque te le tieni tu dint’ ‘a sacca, che ti possono servire. Qualche pastore…. (poggia il biglietto da cinque lire sul tavolo del presepe).
Tommasino (ha divorato pane e latte) Ecco fatto. L’ultima colazione nella casa paterna. Me ne vado! Questo padre snaturato ha avuto il coraggio di cacciarmi via dal focolare proprio nei giorni del Santo Natale. So io quello che devo fare …. Mi trovo un lavoro, ma qua non ci vengo più!
Concetta Tu che stai dicendo?
Tommasino Che sto dicendo? (si avvicina al tavolo dove il padre sta lavorando e furtivamente si impossessa del biglietto da cinque lire) Lo vedrai (ambiguo) la tua creatura non la troverai più! (si avvicina verso l’uscita) E’ sparita! (ed esce).
Concetta Nenni’, viene ccà…..
Luca (finalmente capisce l’allusione e s’accorge della mancanza del biglietto da cinque) S’ha pigliata ‘a cinche lire…. (gridando dietro a Tommasino) Basta ca nun ce viene cchiù dint’ a sta casa, t’ ‘a benedico sta cinque lire, fa conto che sia la tua liquidazione!
Concetta Nenni’, bell’ ‘ e mammà, viene ccà … (poi con malagrazia , a Luca) Ma ch’è successo?
Luca (tornando al suo lavoro) Nun ‘o da’ retta, ‘e pranzo ‘o vide arrivà
Concetta Chilo ha ditto ca se ne va d’ ‘a casa.
Luca E sarebbe ora. Deve trovare una strada. Deve lavorare. In casa mia non lo voglio più.
Concetta (spingendo alle spalle il marito affinché si decida a chiarire il motivo di quella lite) ma se po’ sapè ch’è stato?
Luca (a quella spinta traballa, perde l’equilibrio e per poco non cade lungo disteso sul presepe. Fortunatamente si riprende in tempo e reagisce spazientito) Cuncè, mo me facile rompere ‘o presebbio. Ma insomma, mi volete lasciare tranquillo? (perde le staffe e grida furente) Non posso essere distratto! Aggia fa’ ‘o Presebbio
Concetta (sorpresa da quel tono insolito, osserva ironica) Lucarie’, tu stisse facendo a’ Cupola e San Pietro? (internamente suona il campanello d’ingresso). E miettece duie pasture ncoppa, come vanno vanno…. (esce per la porta di fondo. Dopo poco dall’interno, chiede con meraviglia). E tu che ffaie ccà, a chest’ora?
Entra Ninuccia seguita da Concetta che si ferma a guardarla preoccupata. Ninuccia è la prima figlia di Luca e Concetta. Veste un elegante abito invernale: cappello, guanti e borsetta; ostenta diversi bracciali d’oro massiccio. E’ furente e accaldata per un’ennesima lite avuta con il marito.
Luca Ninu’, tu staie ccà?
Ninuccia Bongiorno, papà. (prende una sedia e la colloca sgarbatamente al centro della stanza fra Luca e Concetta, e siede ingrugnita e torva).
I due genitori si guardano significativamente, ognuno per quello che pensa dell’altro, Concetta enigmatica nei confronti di Luca incassa le accuse che egli le rivolge. Cessato il gioco mimico, con una santa pazienza e con dolcezza, Luca si rivolge alla figlia.
Luca Ch’è stato? (Ninuccia tace). Te si’ appiccicata n’ata vota co’ tuo marito? (Ninuccia non risponde). Io non capisco… Quello è un uomo che ti adora. Non ti fa mancare niente: ti mantiene come una gran signora, t’ha miso quell’appartamento! E’ un uomo ch’adda faticà, ha bisogno della sua tranquillità. Tiene e pensieri e centinaia di operai che dipendono da lui! Perché vi siete contrastati? (Ninuccia rimane ostinatamente muta). Perché vi siete contrastati? (visto che la figlia non risponde, tenta di usare un tono più forte e risentito nel ripetere la domanda ma la domanda ottiene lo stesso risultato per cui Luca rivolgendosi a sua moglie e indicando la figlia, sentenzia convinto) Questo è un altro capolavoro tuo, il più riuscito!
Concetta, incurante di quell’apprezzamento, prende una sedia, la avvicina a quella della figlia e inizia con lei un dibattito sommesso e convenzionale che assomiglia più a un bisbiglio, a un farfugliare che a un vero e proprio discorso. Luca tende l’orecchio, ansioso di raccogliere almeno una di quelle frasi che lo possono mettere in condizione di ricostruire il filo misterioso dell’accaduto. Visto e considerato che il tentativo fallisce, esclama indignato:
Luca Insomma, io non devo sapere niente!
Concetta (quasi commiserandolo) ma che devi sapere! Che vuò sapè …. Fa’ ‘o presebbio, tu …..
Luca Tu sei la mia nemica! Te l’ho detto sempre. Aggia fa’ ‘o presebbio? E faccio ‘o presebbio! Che gente, Giesù, Giesù… In nun me faccio capace! Però se succedono guai, da me non ci venite. Se succedono guai, io faccio ‘o presebbio. (prende il barattolo con la colla) Mo vaco a scarfà ‘a colla…. (le due donne riprendono a parlare sottovoce, senza dare importanza a ciò che egli dice. Luca tende ancora l’orecchio, ma disarmato di fronte all’impossibilità di comprendere, rinunzia definitivamente) niente niente… fra madre e figlia è un altro linguaggio! (ed esce borbottando).
Concetta (libera dalla presenza del marito, chiede a Ninuccia la conclusione di ciò che le stava raccontando) E accussi?
Ninuccia Aggio avutate ‘e spalle e me ne sono andata.
Concetta (allarmata) Uh, mamma mia, ma che si’ pazza? E chilo mo viene qua.
Ninuccia Io non ne posso più! E’ un uomo che mi tormenta con la gelosia.
Concetta Ma cara mia, tu dovresti camminare un poco più diritta … Io te so’ mamma e t’ ‘o pozzo dicere.
Ninuccia Ma perché, che faccio io? Che faccio? (poco riguardosa verso la madre) Ma non mi fate ridere! Il fatto vero è che io sono una stupida. Questo sì! Faccio solamente chiacchiere. Devo fare i fatti? E io li faccio. (trae dalla borsetta una lettera e la mostra a sua madre) Ecco qua. Lo lascio, me ne scappo. (e legge l’intestazione della busta) “ Per il Signor Nicola Percuoco. Urgente”, (trae il foglietto dalla busta e ne legge il contenuto) Il nostro matrimonio fu un errore. Perdonami. Sono innamorata di Vittorio Elia e fuggo con lui questa sera. Addio Ninuccia”
Concetta (terrorizzata) ma che si’ pazza? E tu ‘o vuo’ fa’ murì a chilo pover’ommo…. (maternamente violenta) faccia tosta che sei! Damme sta lettera…. (e si avventa sulla figlia per strapparle la lettera di mano. Ninuccia resiste) damme sta lettera, te dico!
Ninuccia No, mammà! No!
Concetta (con un ultimo sforzo riesce a strappare la lettera alla figlia) lascia!
Ninuccia (indispettita) E va bene, pigliatavela! (siede rabbiosa).
Concetta (si avvicina al mobile e quasi piangendo si rivolge implorante all’immagine sacra della Madonna) Madonna mia, Madonna mia…. Trova tu na strada! (poi rivolgendosi a Ninuccia, afferma decisa) Beh, se dici un’altra volta quello che hai detto, l’uocchie mieie nun ‘e vvide cchiù! Chilo t’è marito, ch’è fatto, uno qualunque? Quanno nun ‘o vulive bbene, ce penzave primma.
Ninuccia Io nun ‘o vulevo! Voi m’ ‘o vulisteve da’ pè forza!
Concetta Ma mo è fatto e non c’è più rimedio.
Ninuccia E io me ne scappo.
Concetta E io te mengo na cosa nfaccia!
Ninuccia (inviperita) E a chi aspettate? Fatelo! Uccidetemi pure… (imprecando contro il suo destino) ma perché sono stata così disgraziata? Però ricordatevi che io non sono più stupida come una volta…. Adesso non potete fare di me tutto quello che volete. I nervi so’ nervi e io non li controllo più comme stongo mo cu ‘e nierve, scasso tutte cose!
Concetta (disarmata di fronte a quella insolita ribellione) neh, guè…!
Ninuccia Si scasso tutte cose! (e come una forsennata gira per la stanza e manda in frantumi tutto ciò che trova a portata di mano: la scodella che è servita per la zuppa di latte di Nennillo, il piatto che lo ricopriva, gli oggetti che sono sul comodino, perfino tre o quattro gingilli di gesso e terracotta che facevano bella mostra sul comò. Non contenta, raggiunge il presepe in costruzione e lo riduce in pezzi. Concetta, avvilita, siede ai piedi del letto grande e inavvertitamente lascia cadere la lettera in terra tra i cocci dei piatti e degli altri oggetti. L’ira di Ninuccia è placata. Scoppia a piangere e siede di nuovo, nascondendo il volto tra le mani) site contenta , mo?
Luca (entra dalla destra, tutto compreso nel rimescolare lentamente la colla sciolta nel barattolo. A due passi dalla porta si ferma perché ha urtato con il piede contro un coccio di piatto. Osserva intorno il danno arrecato da Ninuccia, vede la moglie che piagnucola, e chiede preoccupato) Ch’è stato?
Concetta Niente, niente….
Luca Niente?! Ccà pare Casamicciola……(solamente ora si accorge della fine pietosa del suo presepe. Trasale, sbarra gli occhi e con voce rotta dalla rabbia chiede alle donne) ‘O Presebbio?! Chi è stato che ha scassato ‘o Presebbio?
Concetta E’ stata figliata, ‘a vi? Pigliatela cu essa.
Luca Cu essa? Ma l’aggia piglià cu donna Cuncetta! Cunce’, te l’ho detto sempre: tu sei la mia nemica! Ecco l’educazione che hai dato ai tuoi figli, e questi sono i frutti che raccogli! (ora, sbraita senza riserve) Ma io me ne vado! Vi lascio a tutti quanti, vi saluto! Vado sopra una montagna a fare il romito!
Concetta (sentendosi vittima, calpestata, avvilita) Io …. Io …. E sempre cu me, tutte cu me… (come presa da una furia improvvisa, grida istericamente e gestisce come una folle) Nun ne pozzo cchiù ! Nun ne pozzo cchiù ! M’hanno distrutto! Marito, figli e parenti… Nun ne pozzo cchiù ! (finalmente, come presa da deliquio, lentamente si piega su se stessa, riversa ai piedi del letto, col capo contro i materassi) Aiutatemi …..
Luca E’ morta muglierema…..
Ninuccia Mammà, mammà, ch’è stato? (corre verso di lei e la soccorre)
Luca (passando davanti al comò ed ai santi, si toglie il berretto) Mado’, famme ‘a grazia! (poi corre verso il fondo e chiama) Pascalì, Pascalì, sta murenno muglierema! (si avvicina al letto dove ora giace Concetta) Cunce’, parla!
Pasquale (dal fondo) Ch’è stato, Lucarie’?
Luca Sta murenno muglierema ….
Pasquale Tu che staie dicenno?
Luca Vai a pigliare la bottiglia coll’aceto
Pasquale Non ti allarmare, è cosa ‘e niente. (esce per la destra)
Luca Cunce’, parla, fa’ un discorso … Parlà, Cunce’! (la scuote) Cunce’…
Ninuccia Piano, piano…
Pasquale (torna con la bottiglia dell’aceto e la porge a Luca) Ccà sta ‘acito…
Luca (prende la bottiglia e la mette sotto il naso di Concetta, dicendo al fratello) Accendi tute le candele! (Pasquale prende dalla tasca la scatola dei fiammiferi, ne accende uno e si accinge ad accostare la fiamma alla candela più vicina). Apri gli occhi, Conce’….
Concetta (reagisce all’odore dell’aceto, apre gli occhi e farfuglia) Sì, sì…
Luca (fermando il gesto di Pasquale) aspetta Pasca’ … spegni spegni : sta parlanno.
Pasquale rimette il candeliere a posto e si avvicina al letto.
Ninuccia Mammà, come vi sentite?
Concetta (con un filo di voce) Aiutateme, aiutateme….
Pasquale Ma se po’ sapè ch’è stato?
Concetta (evasiva) niente, niente….
Luca E’ inutile che domandi, perché qua non si può sapere niente
Pasquale (reggendosi a stento i pantaloni come ha fatto fino a quel momento) Lucarie’, tuo figlio s’ha arrubato pure ‘e bretelle…
Luca (repentinamente si sgancia la cinghia e la porge al fratello come per tacitarlo) pigliate a cinta mia.
Pasquale (accettando l’offerta di buon grado) ma come si deve fare con quel ragazzo?
Luca E’ mariuolo, Pasca’. E’ una cosa assodata, è inutile parlarne. Tròvate na camera mobiliata…
Pasquale Sì, m’ ‘a trovo…. Non si può vivere con questo incubo in casa. (si avvia per andarsene in camera sua, e continua a borbottare fra sé, convincendosi sempre più che presso i parenti non c’è posto per lui) Me ne devo andare …. Me ne devo andare (ed esce)
Luca (avvicinandosi al letto, chiede teneramente a sua moglie) Mo comme te siente?
Concetta (con un tono di voce più rassicurante) Eh.. nu poco meglio.
Luca Tu nun m’he ‘a fa’ mettere appura a me… (commosso) He ‘a vedè che paura me so’ miso! Conce’, ccà simme rimaste io e te solamente…. ‘E figlie nun ‘e dda’ retta, tanto se sape ‘a riuscita che fanno. Cunce’, penzammo a nuie. (con sincera amarezza, un nodo di pianto gli stringe la gola; si toglie gli occhiali e si asciuga una lacrima) come ti senti?
Concetta Meglio.
Luca (a Ninuccia) si vede: ha miso culore n’ata vota.
Ninuccia Sì, sta meglio.
Luca (ferma lo sguardo sul presepe distrutto e dopo una piccola pausa, dice quasi fra sé) Mo miettete a fa’ ‘o Presebbio n’ata vota….
Ninuccia Papà, voi pensate ‘o Presebbio?
Dall’interno squilla il campanello della porta d’ingresso
Luca Apro io, tu statti vicino a mammà. (si avvia per uscire; passando davanti al comò si toglie il berretto accennando un fuggevole ringraziamento verso le sacre immagini, ed esce) Grazie….
Ninuccia (implorante, come per chiedere scusa dello scatto di poc’anzi) mammà…..!
Concetta Tu me vuo’ vedè morta, a me. Ma comme, tu scrive chella lettera? Tu lo sai che tuo marito è un uomo positivo. Se quello ha la certezza di una cosa simile… chilo t’accide! Siente a mammà: giurami che questa lettera non ce la mandi, che ci fai pace e finisce questa storia.
Ninuccia (poco convinta) T’ ’o giuro, mammà.
Luca (entrando con Nicolino) Niculì, stava morendo mia moglie…
Nicolino (è un uomo sui quarantacinque anni; veste con eleganza vistosa, porta diversi anelli e una spilla d’oro alla cravatta; i suoi gesti sono lenti, compassati; è più furbo che intelligente; per correre dietro alla moglie dopo la lite in casa sua, si è vestito in fretta, per cui non ha badato ai dettagli della sua toletta: il panciotto è abbottonato storto, la cravatta annodata alla meglio, il lembo posteriore della camicia fuori dalla giacca) Voi che dite?
Luca Ce l’avimmo vista perza p’ ‘e mmane.
Nicolino (s’avvicina al letto affettuosamente) Mammà, ch’è stato?
Concetta Niente, nu giramento ‘e capa.
Luca Mangia poco, mangia come un uccellino. Pure i dispiaceri… E’ arrivata Ninuccia tutta turbata… Io l’ho capito che vi siete contrastati, ma non ho potuto sapere la ragione. Perché vi siete contrastati?
Nicolino No, niente…..
Luca (rivolto alle due donne) Permesso (trae il genero in disparte) no, sai che d’è, Niculì: quella Concetta mi mantiene all’oscuro, non mi dice mai niente per non darmi dispiaceri…. Lo fa per bene, povera donna. Ma fra uomini potiamo parlare. Perché vi siete contrastati?
Nicolino No, niente…..
Luca (esasperato dal ripetersi di quella risposta) Questa è una società….
Nicolino (alla moglie, conciliante) ma insomma, avimm’ ‘a fa’ l’opera? (e nel girarsi verso sua moglie, mostra a Luca lo stato in cui si trova la camicia. Luca se ne meraviglia, ma non osa richiamare l’attenzione degli altri) Dobbiamo fare storie come se fossimo due ragazzini. (rivolto a Luca) Io so’ n’ommo serio!
Luca (guardando la camicia) E io questo dico…
Concetta (con uno sguardo significativo a Ninuccia) E’ stato un malinteso, meh: facite pace.
Nicolino (cordiale) io pè me, so’ pronto. Chella è essa che non la potete capì ‘e nisciuna manera.
Luca Devi avere pazienza. (entra Tommasino, torvo e in grugnito e si siede sul letto in disparte) Ah, sei tornato? E’ finita la superbia.
Tommasino Faccio prima Natale e poi me ne vado.
Luca E io lo sapevo! (a Nicolino) Che ci vuoi fare, Niculì io sono stato disgraziato con i figli. ‘O masculo è peggio d’ ‘a femmina. Colpa tua Concè….. nun te piglià collera e nun te fa’ venì svenimente. Poi ti presentasti tu, per la domanda di matrimonio. Il colpo di grazia!
Nicolino Eh, addirittura!
Luca Niculì, qua fino al giorno del matrimonio, si piangeva notte e giorno.
Nicolino
E che si sposava un delinquente?
Luca Per carità! Io te voglio bene. E’ vero, Cunce’: io parlo sempre di Niculino.
Concetta Come no?
Luca E’ questione che tu dicesti: “io ho già comprato l’appartamento per il matrimonio”, noi invece pensavamo di fare una casa.
Nicolino Capirete, ci sono delle esigenze…. Le relazioni con gli altri commercianti…
Luca Certo. E voi fate sempre ricevimenti. Tu hai diritto. Ma vedi un padre che si vede toglire la figlia femmina che si sposa e se ne va…. (si commuove al pensiero) Che vuoi sapere…. Che vuoi sapere…. (fissando Tommasino, considera ed ammette il caso paradossale) Ti potevi sposare a quello. (indica Tommasino) Ti facevo una statua d’oro! (ne ride con gli altri).
Tommasino E già, io poi mi sposavo a lui.
Luca No, io dico se tu evi femmina.
Tommasino Non me lo sposavo
Luca Ma che discorso inutile. Scusa, Niculì. (al figlio) Se tu evi femmina…. Sei femmina, tu?
Tommasino No
Luca Se tu evi femmina, io, come padre che comanda e il figlio deve sottostare, io ti dicevo “sposate a Niculino”, tu te lo dovevi sposare.
Tommasino Se io evo femmina, ti rispondevo: “non mi piace”
Luca Ma tu capisci, quello mi deve contraddire pure con le cose impossibili!
Nicolino E’ carattere
Luca (taglia corto e ripiglia il discorso di prima) andiamo, su: fate pace, voi due, e nun ce facite sentì nuvità.
Concetta spinge Ninuccia verso Nicolino, e Luca spinge questi verso Ninuccia
Tommasino (nel girarsi, Nicolino ha mostrato il lembo di camicia che esce fuori dalla giacca) Uh, Niculino c’ ‘a pettola ‘a fore!
Nicolino se ne accorge e scappa in cucina per rimettersi a posto
Luca (a Ninuccia) Tu l’hai fatto perdere ‘a capa a quello. Per correre appresso a te, ha fatto una bella figura. (a Tommasino) Io pure me n’ero accorto, ma aspettavo il momento giusto per dircelo. Ma come, così si dice? “Niculino c’ ‘a pettola ‘a fore!
Tommasino E com si dice?
Luca Si chiama in disparte, e si dice: “senta, lei tiene la pettola da fuori”. (rientra Nicolino, e Luca lo singe verso Ninuccia) Non fate ridere la gente. Domani è quella santa giornata, e dovete stare in pace. Ve ne venite qua. Concetta ha preparato nu pranzo magnifico, non ci manca niente.
Nicolino Aggio ordinato quattro aragoste, v’ ‘e manno stasera.
Concetta Volevo fa’ ‘o ppoco ‘e spesa pè stamatina. Mo scendo nu momento.
Luca Addò vuo’ ji’? Cunce’, tu te si’ ntisa male, ma che te ne vuoi andare all’altro mondo? Mo scendo io.
Nicolino Ma niente affatto, ci penso io…. Vi mando tutto per un giovane mio.
Luca Sì, ma non esagerare. Noi ci vogliamo mantenere leggieri. Nu poco ‘e brodo vegetale…… Ninuccia conosce le verdure che ci vogliono….. e cinquecento grammi di tubetti.
Nicolino Ma che dovete fare e sto brodo vegetale? Mo vi mando una bella gallina!
Luca E certo, quello il brodo di gallina è sostanzioso…. Ma noi ci vogliamo mantenere leggieri. Brodo vegetale e cinquecento grammi di tubetti.
Nicolino Ma niente affatto, vi dovete sostenere. Io vi mando una bella gallina.
Luca (testardo) Tu mànneme a gallina, ma io mi faccio ‘o brodo vegetale.
Tommasino No, no tu mànnema a gallina che me la mangio io…….
Concetta e Ninuccia, parlano fra loro, sottovoce, escono dalla stanza
Nicolino Stateve buono, papà
Luca (alludendo alla figlia) devi avere pazienza… Io non so perché vi siete contrastati, ma ti dico: agge pacienza.
Nicolino (sincero) Ma ve pare, papà! Io ‘a voglio tanto bene e tanto bene…. (non osa aggiungere che sarebbe capace perfino di perdonare un tradimento)
Luca Grazie, grazie! (e dopo aver stretto significativamente la mano di Nicolino, la porta alle labbra e la bacia)
Nicolino (non fa in tempo a sottrarre la mano e ne rimane mortificato) Ma che fate? Sono io che devo baciare la mano a voi. (e gliela bacia)
Luca (fa per ritirare la mano, ma Nicolino, credendo che gliela voglia baciare di nuovo. Non la lascia andare, e così Luca esclama concitato) Lascia, Niculì, lascia ‘a mano!
Nicolino Ma niente affatto! (e la trattiene)
Luca (perentorio) Niculì, lassa! (e ritira la mano mostrando i pantaloni che a stento riesce a tenere su con la sinistra) Se ne cade ‘o cazone!
Nicolino E scusate, metteteve na cinta. Stateve bbuono.
Luca (si avvia con lui, sorridendo gli mostra i cocci sparsi per la stanza) Chella ha scassato meza casa.
Nicolino (avviandosi verso l’uscita) E fate una noticina, mi fate sapere quant’è.
Luca Ma che sì pazzo? Tutta roba vecchia. Nun ‘o dicere manco pè pazzia.
Nicolino A domani sera (ed esce)
Luca (nel raccogliere i cocci, trova per caso la lettera di Ninuccia che Concetta ha lasciato cadere per terra. Incuriosito la raccoglie, ne legge l’intestazione e chiama suo genero che non ha ancora raggiunto le scale) Niculì!
Nicolino (torna indietro e si affaccia alla porta di fondo) Dite, papà.
Luca Questa è roba tua
Nicolino (credendo di avere smarrito sul serio una sua lettera, ne legge l’indirizzo e poi l’intasca) Grazie, papà. A domani sera.
Luca Facciamo una bella vigilia, in grazia di Dio. (Nicolino esce, luca fila dritto verso il presepe danneggiato, mentre Tommasino, assente completamente a tutto ciò che si è svolto in quella camera intorno a lui, ha costruito un pulcinella di carta e lo fa muovere divertendosi un mondo. Luca raggiunge il Presepe e si accinge al lavoro) Mo miettete a fa’ ‘o Presebbio n’ata vota…..
Atto secondo
La stanza da pranzo di Casa Cupiello. Una porta comune in fondo e due laterali: quella i sinistra da in cucina, quella di destra nelle altre stanze dell’appartamento. In fondo a sinistra una credenza sulla quale trionfano tutte le specialità natalizie; non manca la rituale croccante, gli struffoli e la pasta reale.
Al centro, il tavolo da pranzo, ad angolo fra le due pareti, occupa il posto d’onore il presepe ultimato. Il lampadario centrale è addobbato con stelle d’argento e oggettini natalizi. Quattro lunghi festoni di carta velina colorata, partendo dal centro del lampadario raggiungono gli angoli della stanza. E’ sera, le ventuno circa. Si aspettano Ninuccia e Nicolino per fare onore al pranzo della Vigilia e per andare alla rituale messa di mezzanotte. Concetta siede accanto al tavolo, stacca le cime dai rigogliosi broccoli di Natale e le ammassava via via in una grossa insalatiera. Intanto conversava con Raffaele il portiere, il quale, con finto interesse, ascolta forse per l’ennesima volta le medesime cose.
Concetta Don Rafe’, mi credete, mi è venuto lo sconfido…….
Raffaele Ma che lo dite a fare io so tutto
Concetta C’avit’ ‘a sapè … che avit’ ‘ a sape’ ….. Io sono una povera martire. ‘O cielo m’ha voluto castigà cu nu marito ca nun ha saputo e nun ha voluto fa’ maie niente. In venticinque anni di matrimonio m’ha consumata, m’ha ridotto nu straccio.
Raffaele Io e mia moglie lo diciamo sempre: voi dovevate nascere con i pantaloni
Concetta Adesso avete detto una cosa santa. (indicando il presepe) Vedete se è possibile: n’ommo a chell’età se mette a fa ‘o Presebbio. So’ juta pè le dicere: “Ma che ‘o ffaie a fa’”…Voi capite, don Rafe’, nuie nun tenimmo criature, me pare na inutile …sapete che m’ha risposto? “O faccio pè me, ci voglio scherzare io!”. Che ne volete sapere …. Adesso è uscito.
Raffaele E come correva!
Concetta E’ andato a San Biagio dei Librai, diceva che doveva comprare certi pastori che si sono rotti.
Raffaele Vuie potevate stare nella pace degli angeli. Vostra figlia vosta si è sistemata bene. Tummasino …. Vi da qualche pensiero?
Concetta Fosse tutto p’’o masculo! Se capisce è giuvinotto, fa qualche pazzaria, ma è l’età: tutto è perdonabile. Don Rafè, ‘o guaio ‘e chesta casa è mio marito.
Raffaele (sorridendo) Ci vuole pazienza. E per Natale vostra figlia sta con voi?
Concetta Embè, se capisce. Più tardi viene assieme al marito.
Raffaele Per cent’anni con salute. Siete rimasta contenta dei capitoni?
Concetta Sì, so’ belle… A me me fanno schifo: Lucariello ce va pazzo.
Raffaele Tanti auguri, e se avete bisogno di me, chiamatemi.
Concetta Stateve bbuono.
Raffaele esce
Pasquale (sbraita dall’interno) E mo basta, mo! Chesta è na storia c’adda fernì. Mo me so’ stancato, mo!
Concetta (gridando) Ch’è stato?
Pasquale (entrando nervosissimo) E che deve essere, donna Concè? E’ sparita un’altra cinque lire. Ma sta vota ‘o trovo, ‘o mariulo. ‘O trovo, pecchè ieri sera feci un segno su tutti i soldi! Si trovo ‘a cinque lire cu ‘a croce ncoppa …..
Concetta (sulle sue) Ma chi volete ca s’ ‘a pigliava, sta cinque lire vostra?
Pasquale Donna Conce’, qua sti servizielli li fa Nennillo.
Concetta Don Pasquali’, badate come parlate. Nennillo danare dint’ ‘a casa nun ne tocca.
Pasquale ‘Onna Cunce’, chillo è nu brigante! Ma io non capisco, voi lo difendete pure! Vi pare, io sono lo zio, è figlio a mio fratello, ‘o pozzo vulè male?
Tommasino (dall’interno) Entra, Vitto’, entra.
Pasquale ‘O vvì lloco, stu bello mobile. (si prepara allo scontro che dovrà avere con suo nipote).
Tommasino (entrando) Viene, te staie n’atu ppoco cu me e poi te ne vai.
Vittorio (è un giovane sui venticinque anni, dall’aria seria e piuttosto malinconica. Veste con eleganza sobria, porta un cappotto invernale ed ha i guanti. Nell’entrare scorge Concetta e ne prova un certo disagio; abbassa gli occhi e riesce appena a dire confusamente un generico) Buonasera
Concetta (lo fulmina con uno sguardo e a denti stretti risponde) Buonasera.
Tommasino Mammà, ccà sta Vittorio, l’amico mio.
Concetta (evasiva) bravo, me fa tanto piacere.
Tommasino (insospettito dall’andirivieni di Pasquale, il quale non gli risparmia di tanto in tanto occhiatacce di minaccia, tasta il terreno) Zi’ Pasquali’ buonasera.
Pasquale (sostenuto) Buonasera. (gira per la stanza, poi di sorpresa affronta il nipote, puntandogli l’indice sul muso) Tu t’he pigliata ‘a cinque lire ‘a sopra ‘a culunnetta. Non negare!
Tommasino Io? Quando mai!
Pasquale O sputi le cinque lire o te ntosseco Natale!
Tommasino Io nun m’aggio pigliato niente…. So’ cose ‘e pazze! E’ possibile che io debbo essere offeso davanti agli amici? (si scioglie in un pianto dirotto, sproporzionato e incredibile)
Pasquale pos’ ‘a cinque lire!
Concetta (risentita e commossa) Don Pasquali’, mo me pare c’ ‘a putisseve ferni’. M’ ‘o facite chiagnere cu ‘e llacreme sta povera anema ‘e Dio. (accoglie “Nennillo” sul suo seno e lo accarezza maternamente) Viene ‘a ccà, bello ‘e mammà.
Pasquale E solo tua madre si può commuovere a questo pianto di sciacallo.
Tommasino (volgendosi torvo e minaccioso verso lo zio) chissà qua’ vota ‘e cheste….
Pasquale Neh, quello minaccia! Guè, io sono il fratello di tuo padre, sa’! E mo che viene gli dico tutte cose. Sputa le cinque lire.
Concetta Ma vedite bbuono. Fosse caduta nterra?
Pasquale Donna Cunce’, io aggio fatta ‘a cammera spingola spingola. Eppure ve voglio fa’ cuntenta. Adesso vado a vedere un’altra volta. Se non trovo le cinque lire ….
Tommasino Però ci andiamo insieme.
Pasquale Pecchè, se trovo la cinque lire, dico che non l’ho trovata?
Tommasino Non lo so, ma io devo stare presente. Se si trova la cinque lire, te lo giuro sull’anima santa di mia madre…..
Pasquale Giesù, quella è viva, chillo dice “sull’anima santa”!
Tommasino Perché, l’anima la tengono solo i morti? Te lo giuro sull’anima viva santa di mia madre: mi metto in mano all’avvocato.
Pasquale E io ti faccio un giuramento sacro, che se non trovo la cinque lire, ti faccio fare Natale al pronto soccorso.
Tommasino E mo vediamo
Pasquale E mo vediamo
Escono
Vittorio (commentando la freddezza con cui Concetta lo ha accolto) Donna Conce’, ho fatto proprio male a salire?
Concetta Voi ve ne dovete andare. Stasera viene mia figlia con il marito a fare Natale con noi e non ci vogliamo amareggiare la serata.
Vittorio Ma, perché?
Concetta E’ inutile che facite ‘o scemo. E stateve accorto, perché il marito sa tutto.
Vittorio Sa tutto?
Concetta Per una lettera che mio marito, senza sapere niente, ha consegnato nelle sue mani. So io quello che c’è voluto per farli fare pace un’altra volta. (quasi piangendo) Le mie lacrime…
Vittorio (dopo una breve pausa, commosso afferma con trasporto) Donna Cunce’, io ‘a figlia vosta ‘a voglio bene!
Concetta (come di fronte a una enormità incredibile) Uh, Madonna mia, chillo m’ ‘o dice nfaccia! Come se mia figlia non fosse sposata. E’ maritata, lo volete capire, si o no? Ma vuie a chi sìte venuto a nguaià
Vittorio (sincero) non vi amareggiate, me ne vado. (dopo breve pausa) voi non sapete quello che stiamo soffrendo io e vostra figlia. Nun ‘o vo’ bene ‘o marito, nun ‘o vo’ bene!
Concetta (sapendo di asserire il falso) ‘O vo’ bbene! E vi prego di andarvene. Uscite immediatamente. (ed esce svelta, precedendolo).
Vittorio gira sui tacchi e lentamente si avvia, ma si ferma perché Concetta ritorna allarmata, gli blocca il passo e gli fa dei segni incomprensibili. Dopo poco appare Luca, e non si accorge della presenza di Vittorio. Si libera del cappello che poggera su una sedia, poi entra.
Luca (a Concetta) dovevi scendere?
Concetta (confusa) No.
Luca E perché hai aperto la porta?
Concetta Mi credevo che tu avevi tuzzuliato
Luca No, io non ho tuzzuliato. Perché hai aperto la porta?
Concetta Aggio penzato che stive arrivando e aggio aperta ‘a porta.
Luca Hai pensato che io arrivavo e hai aperto la porta…. E io so’ arrivato veramente.
Concetta Eh!
Luca Telepatia.
Concetta (che non ha capito) Già…..
Luca Sai che cos’è la telepatia?
Concetta No.
Luca Quando io non busso e tu apri ‘a porta (nel girarsi vede Vittorio e chiede a Concetta) Chi è?
Concetta E’ n’amico ‘e Tommasino. Se ne stava andando. (e cerca di congedare alla svelta Vittorio) andate, andate.
Luca Un momento. (A Vittorio) Voi siete amico di mio figlio?
Vittorio Lo vedo speso.
Luca (presentandosi) Luca Cupiello, il padre
Vittorio Vittorio Elia
Luca Elia… Mi fa piacere che mio figlio tiene amici anche, diciamo, signori….. Si vede, vestito bene. Io ce lo dico sempre a mio figlio di scegliere le amicizie, perché alle volte un cattivo compagno guasta la pianta giovane.
Vittorio Certo…
Concetta Andate che fate tardi.
Luca Aspetta, stiamo parlando!
Concetta Ma chillo ‘ave che ffa’…..
Luca E tu pare che n’ ‘o vuo’ caccia! Hai offerto qualche cosa? Un rosolino, un caffè…..
Concetta Non ha voluto
Luca (a Vittorio) un dolce…. Una pasta reale?
Vittorio No, è meglio no.
Luca Come volete. (poi, a freddo) Avete visto ‘o presepio?
Vittorio No, veramente.
Luca (a Concetta) nun ce l’he fatto vedè?
Concetta (con sopportazione) Lucarie’……
Luca Ma allora che l’aggio fatto a ffa’? (mostra il Presepe a Vittorio) Eccolo qua. Mettetevi da lontano, così avete il colpo d’occhio. (lasciando Vittorio a qualche passo di distanza, si avvicina al Presepe, schiaccia un pulsante accendendo tante piccole “lucciole” natalizie sulla sacra composizione, poi esclama con orgoglio) Che?!
Vittorio Bello
Luca Questo l’ho fatto tutto io, sano, sano.
Vittorio (bonariamente ironico) senza aiuto di nessuno?
Luca (serio) anzi, contrastato in famiglia: io solo.
Vittorio Bravo, bravo!
Luca Visitate, visitate. Io sono appassionato. Quando viene Natale se non faccio il Presepio mi sembra un cattivo augurio. Abituato che la buonanima di mio padre lo faceva per me e mio fratello quando eravamo piccoli…. Poi l’ho fatto per i figli miei…..
Vittorio E quest’erba… l’avete messa pure voi, l’erba?
Luca Si
Vittorio Bravo, bravo.
Luca (dubbioso, a Concetta, in disparte) Chisto me pare ca me sfott…..
Concetta E se capisce!
Luca Come, se capisce! Io ‘o dongo nu piatto nfaccia…. (a Vittorio) Ma non vi piace? Non è che vi deve piacere per forza…. E poi il Presepio non si fa solo in casa mia, a Natale si fa in tutte le case di Napoli…. Ma non vi piace?
Vittorio Sì,sì!
Luca (mostrandogli un pacchetto) Adesso sono andato a comprare i Re Magi, perché quando ho aperto la scatola dove conservo i pastori, e se no a Natale è troppa spesa, ne ho trovato uno con la testa rotta…. Li ho cambiati tutti e tre, se no pareva brutto, uno nuovo e due vecchi! (scarta le tre statuette, con gran cura) Gaspare, Melchiorre e Baldassare Guardate le faccine.
Vittorio Bellissimi! E questi li avete scelti voi da solo?
Luca Sì, io solo
Vittorio Bravo!
Luca (ormai certo che Vittorio lo prende in giro, rimette i Re Magi nel pacchetto) voi siete amico di mio figlio, ho capito! (va a spegnere l’illuminazione del presepe, e si rivolge a Concetta) Ninuccia col marito, so’ venuti?
Concetta No ancora
Luca L’altra mia figlia maritata. Vengono a passare il Natale con noi. Quando viene Pasqua, Natale queste feste ricordevoli… Capodanno… allora ci rinuriamo, ci nuriniamo…. Ci uriniriamo… (non riesce a pronunciare l’espressione “ci riuniamo” sbaglia annaspa ci riprova….. inutilmente) insomma, voglio dire …. Mia figlia non abita con noi….
Vittorio Ah, no?
Luca E no! Quella ha sposato Nicola Percuoco, che sta bene. La Ditta Percuoco…. Forse l’avete leggiuta la licrama per la strada: DITTA PERCUOCO. Ha messo quell’appartamento! E’ overo, Cunce’?
Cncetta Bello, bello
Luca Quadri, tappeti, argenteria. Ogni pezzo di mobile è un capo d’opera. C’è anche il pianoforte. Non lo sanno suonare, ma c’è. Il pianoforte è un mobile che ci vuole in casa.
Vittorio E voi don Luca che lavoro fate?
Luca Tipografo
Vittorio Tipografo?
Luca No, uomo di fiducia. Ho preso il posto che teneva mio padre. Faccio pagamenti, mi affidano qualunque somma… Poi ci ho le chiavi… Le tengo conservate perché è una responsabilità…. Concetta, fagli vedere le chiavi.
Concetta Eh, che faccio vedè? So’ ‘e chiave grosse d’ ‘a tipografia…
Luca La sera chiudo, la mattina apro… e se no come entrano? E dunque, come vi dicevo, mesi e mesi non ci vediamo…. Ecco che quando viene Natale, Pasqua, queste feste ricordevoli….. Capodanno ci rinuchiamo… ci ruminiamo… (prova ancora un paio di volte, finalmente spazientito, decide di chiarire a modo suo quel concetto formulando un frase più comune) Vengono e mangiamo insieme. (dopo una breve pausa, chiede a Concetta) E Tommasino?
Concetta Sta dentro con tuo fratello, ‘o quale ha perduto cinque lire e dice ca se l’ha pigliate Nennillo nuosto.
Luca Già, come fosse una novità. Qua i soldi spariscono veramente. Fatemi il piacere, don Vittorio, ditecelo voi a Tommasino. Quello, ammacare, a un amico lo sta a sentire, alla famiglia no. Ma adesso ho fatto un accorgimento, ho messo una trappolina… Si ‘o ncoccio, a Tommasino, ‘o faccio fa’ marenna, perché ladro no!
Dall’interno giunge l’ancora animatissimo dibattito di Pasquale e Tommasino
Pasquale (internamente) come vedi non si è trovata.
Tommasino Io sono innocente
Pasquale (entrando scorge Luca, e incoraggiato dalla sua presenza si avvicina al fratello) Lucarie’, Lucarie’, chisto s’ha pigliato cinche lire!
Tommasino Non è vero
Luca Piano, piano, adesso assodiamo il fatto
Tommasino Io non ne so niente
Luca Statte zitto! (a Pasquale) Pasquali’, tu hai torto!
Pasquale Aggio torto?
Luca E perché non puoi accusare senza avere la prova irrefrenabile. Lo dici a me, io faccio l’indagine, e se è stato lui ti do la soddisfazione. ‘On Vitto’, state presente perché io lo devo mortificare davanti agli amici. (a Tommasino) Viene qua, tu, fammi vedè dint’ ‘e sacche.
Tommasino (indignato) Ma è cosa che io devo essere trattato come un ladro?
Luca Io sono tuo padre. Famme vedè. (lo trae a sé e gli rovista in tutte le tasche) Si trovo ‘a cinche lire…. (tira fuori una cravatta, da un’altra tasca una trottola e la cordicella per metterla in azione, poi, finalmente, il biglietto da cinque lire; in disparte al figlio) Eccola qua. Ma è possibile che devi fare queste figure? (mostra il biglietto al figlio avendo cura di non farsi scorgere dagli altri. Tommasino non reagisce, e come se fosse stato suo diritto compiere que gesto fissa spudoratamente i suoi occhi in quelli del padre; Luca ha un’idea e gli chiede bruscamente sottovoce) Te piace ‘o Presebbio?
Tommasino (coglie al volo l’ambiguità di quella domanda e capisce che arrendendosi guadagnerebbe la solidarietà del padre e il biglietto sarebbe suo. Rimane un attimo in riflessione e in lotta con se stesso, ma poi decide e afferma con fierezza) No.
Luca (mostrando a tutti il biglietto da cinque) Ecco le cinque lire! (la consegna a Pasquale)
Pasquale (esultante) E io lo sapevo!
Luca Vergogna…. Sei ladro
Tommasino (allusivo) Ma non mi piace, però
Pasquale (dopo avere osservato il biglietto da una parte e dall’altra, trova finalmente il segno convenzionale che vi aveva tracciato e, a riprova di quanto aveva intuito, vi punta l’indice sopra per mostrarlo a tutti) Ecco la croce….
Luca Fammè vedè. (prende il biglietto dalle mani di Pasquale e l’osserva) Bella figura! Quello ci ha fatto il segno e adesso non puoi negare. (scorge sul biglietto un altro segno quello che aveva tracciato lui per cogliere il figlio in flagrante. Per un attimo rimane dubbioso e perplesso. Poi trae in disparte il fratello e gli comunica la gravità della constatazione) Pasca’, qua ce sta ‘a stella che ci ho fatto io.
Pasquale Dove?
Luca Qua. Siccome spesso mi mancavano i soldi, io ci feci un segno
Pasquale Sarà stato…
Luca Allora tu arrobbe a me e isso arrobba a te….
Pasquale Aspetta nu momento…
Luca Pasca’, lascia stare i soldi miei. Io, Dio ‘o ssape!
Pasquale Sarà stata una coincidenza. Tu nce he fatta ‘a stella? E io nce aggio fatto….
Luca (interrompendolo) ‘A posta. N’ avutata d’uocchie, è sparita ‘a cinque lire. (Pasquale non obietta più nulla. Rimane come preso in trappola). Adesso non posso dire più niente al ragazzo. Chillo dice: “Ccà pure ‘o zio arrobba”…. E va bene: è Natale, non ne parliamo più
Pasquale (al nipote) non lo fare più
Luca (allusivo) non lo facciamo più
Vittorio Io me ne vado, vi tolgo il fastidio
Luca Già ve ne andate?
Concetta Sì, sì, se ne deve andare
Luca E Natale dove lo fate?
Vittorio Io sono solo a Napoli, la mia famiglia sta a Milano. Mo me ne vado in una trattoria e poi mi ritiro.
Luca E restate a mangiare con noi
Concetta (istintivamente protesta assestando un pugno sulla schiena del marito) Ne facisse una buona….
Luca (risentito) Cunce’, tu t’he ‘a sta’ cuieta! (massaggiandosi la schiena) Io soffro coi reni. (in disparte alla moglie) Tieni la faccia della miseria. Il pranzo è gia fatto, la roba ci sta…. Che si può mangiare? Quello è signore, mangia poco. (poi deciso rivolgendosi a Vittorio) sentite a me, restate con noi. Pensando che ve ne andate solo in una trattoria, di questa serata, mi fate venire malinconia…. (egli stesso, aiutato da Tommasino e Pasquale, toglie il cappotto a Vittorio, il quale protesta debolmente, ma poi si arrende)
Pasquale Senza cerimonie, mio fratello ve l’ha detto con tutto il cuore.
Vittorio Lo credo, ma sapete….
Luca Se ve andate mi piglio collera. Siete amico di mio figlio e non posso permettere che ve ne andate a fare Natale solo, (campanello interno) Mia figlia col marito! Tummasì, aràpe ‘a porta.
Tommasino esce svelto
Concetta (traendo in dispare Vittorio) siete un mascalone
Vittorio Signò, io non mi potevo rifiutare
Ninuccia (vestita elegantemente, porta un pacco di dolci che consegnerà a sua madre) Auguri! (abbraccia la madre)
Nicolino (consegnando un altro pacco di dolci a Luca) Auguri a tutti! (si avvicina a Concetta e Ninuccia)
Luca (aiuta il genero a togliersi il cappotto, lo piega e lo consegna a Pasqualino) Pasquali’, miettilo dint’ ‘o saluttino, ncopp’ o divano
Pasquale Mo ci penso io (si avvicina, poi approfittando del momento di confusione, lascia correre la mano lesta prima in una tasca poi nell’altra).
La manovra non sfugge a Luca, che s’avvicina al fratello allarmato, e gli strappa il cappotto, nella cui tasca è rimasta imprigionata la mano temeraria.
Luca Pascali’, e che siamo arrivati alla dogana!
Pasquale (confuso) stevo mettendo ‘e guante dint’ ‘a sacca
Luca Seh… va bene! (intanto nota che Tommasino si è avvicinato servizievole alla sorella e l’ha liberata del cappello e della borsa, e ora, palpeggiando quest’ultima con maestria fila diritto ed esce per la destra. Luca lo segue. Poco dopo Tommasino rientra in camera da pranzo e si rifugia presso la madre. Luca lo segue immediatamente, con la borsa in mano che poi porge a Concetta) Cunce’, chiudi!
Nicolino (si allontana dalle donne e si avvicina a Pasquale) Pasquali’, il Banco Lotto come va?
Pasquale Bene, bene: di queste giornate la povera gente giuoca. Sono giornate di punta. (e resta a parlare con lui)
Le due donne si sono appartate e parlano fra loro. Luca impartisce un’ennesima lezione di morale al figlio. Vittorio, rimasto inosservato fin dall’arrivo della coppia, osserva il Presepio.
Nicolino (avendo esaurito gli argomenti con Pasquale) Ci siamo tutti?
Luca (con gioia) tutti! Ah, ci sta pure un amico di mio figlio, che tiene la famiglia a Milano, allora io ci ho detto di restare a mangiare qua… ti dispiace?
Nicolino No, perché?
Luca Mo te lo faccio conoscere…. (lo sgomento delle due donne è evidente). Don Vitto’, vi voglio rappresentare mio genero. (Vittorio avanza, a occhi bassi) Niculi’, ti presento Vittorio Elia, fa Natale con noi. (indicando suo genero) Nicolino Percuoco, fabbricante di bottoni. Tiene centinaia di operai, Tiene i pensieri. (Nicolino vedendo Elia resta pietrificato. Gli si legge sul volto la piena di sdegno che vorrebbe traboccare… vittorio accenna un lieve saluto con il capo. Luca e Pasquale si guardano sorpresi di quella freddezza. Concetta, con la morte nel cuore, aggiusta qualcosa sulla credenza, per darsi un contegno e parla sottovoce con Tommasino. Luca, disorientato chiede al fratello) Ma che è stato?
Pasquale si stringe nelle spalle
Nicolino (trae in disparte Ninuccia, annichilita e sprofondata nel suo dramma, e le chiede con rabbia repressa) Nun ne sapive niente tu? (e attanaglia in una stretta potente la piccola mano di Ninuccia nella sua glida e tremante)
Ninuccia (non resiste alla stretta ed emette un grido acuto) Aaaaaaah! (libera la mano e massaggiandola con l’altra dice a denti stretti) e statte fermo, ca me faie male!
Luca (dopo avere interrogato gli altri con lo sguardo) Ch’è stato?
Ninuccia Niente…..
Luca Ch’è stato, Cunce’?
Concetta Niente, niente….
Luca (prende un piatto dal tavolo e lo agita minacciosamente facendolo tintinnare contro il piatto di sotto) Ch’è stato?
Concetta Niente, Lucarie’, niente….
Luca (stizzito) E vide si pozzo sapè niente!
Tommasino (scimmiottando il padre, chiede a Concetta) Ma ch’è stato?
Concetta Niente, nenni’ niente….
Tommasino (più forte) Ch’è stato? (e sbatte il piato su quello che sta sotto con tanta forza che li rompe tutti e due)
Concetta Madonna, ih che serata! Ninu’, vieneme a da’ na mano dint’ ‘a cucina.
Le due donne escono per la sinistra
Nicolino (è riuscito ad appartarsi con Vittorio e con voce sommessa l’apostrofa) Mi darete una spiegazione.
Vittorio Di che cosa?
Nicolino Voi lo sapete meglio di me
Vittorio Mi attribuite un potere divinatorio che non posseggo
Nicolino Ad ogni modo più tardi ci spiegheremo
Vittorio Sono a vostra disposizione
Luca (interrompe il dialogo intimo, andando a mostrare a Nicolino con fierezza i tre Re Magi che poco fa ha fatto vedere a Vittorio) Questi sono i Re Magi, tutti e tre: Gaspare, Melchiorre, e Baldassarre…
Nicolino (distratto, seguendo ancora il filo del suo pensiero) Mangiano con noi?
Luca (divertito) Niculì, tu comme staie stunato! (poi sghignazzando si rivolge al fratello e al figlio) Io ho detto: “ questi sono i Re Magi, tutti e tre: Gaspare, Melchiorre, e Baldassarre… “ e Niculino ha risposto: “mangiano con noi?” (Pasquale e Tommaso ridono). Sta distratto… (a Nicolino) Certamente hai fatto un’altra volta questione co’ Ninuccia: non vuole che lui mangi la pasta, perché dice che s’ingrassa… perciò vi siete contrastati? Questa è ‘a ragione?
Nicolino (prende a caso un coltello dalla tavola e ci giuoca simulando indifferenza) No, vi sbagliate… mai come adesso vedo che c’è un accordo completo. (e nel dire questo, col coltello indica uno per uno tutti i presenti, descrivendo lentamente un semicerchio, allungando poi la mano anche verso la cucina, per includere nel novero anche Concetta e Ninuccia)
Luca (intuisce qualcosa di torbido che amareggia suo genero, ma nell’incertezza afferma timidamente) E questo ci fa piacere…. Vuol dire che le cose vanno bene e che andate d’accordo. Io pure faccio sempre questione con mia moglie…. ‘E vote se sentono ‘e strille fin ‘abbascio ‘o palazzo…. Ma poi ci vogliamo bene. Parlate male di me a Concetta, seh! Vi mangia vivo….. (non finisce la frase che un rumore sordo fa sussultare tutti; Tommasino, preso da un irresistibile gusto vandalico, ha lanciato il torsolo della mela che ha divorato contro il Presepe; Luca si rende conto dell’accaduto e si avventa sul figlio per chiedergli conto di quell’azione così fuori posto) Ch’è fatto? Embè, te mannasse ‘o spitale!
Tommasino Quella ci stava una mosca ncapa a San Giuseppe.
Luca ‘A mosca… Và truvanno ‘a mosca ‘o mese ‘e dicembre… Ma io nun capisco, o Presebbio nun te piace, e ce staie sempre vicino… (a Nicolino) ‘O vvi, fa queste cose per dispetto, ma poi è affezionato e vuole bene alla famiglia. Quello mo è un giovanotto, non è più un bambino, eppure quando viene Natale scrive la lettera alla madre. E sono io che lo voglio. Per la madre i figli devono avere sempre lo stesso rispetto. (rivolgendosi al figlio con un senso di orgoglio) fai sentite la lettera che hai scritto a mammà
Tommasino (riluttante) che le faccio sentì. E’ una specie di quella degli altri anni.
Luca E va bene, Niculino la vuole sentire. Liegge
Pasquale Ogni anno nce avimmo sentere sta litania…
Luca Si nun ‘a vuo sentì, vattènne int’ ‘a camera tua. (al figlio) Leggi… (alludendo a Concetta) Chella mo sta dentro alla cucina e non sente: liegge. (a Nicolino) Senti, senti i sentimenti di questo ragzzo. (siede accanto al genero disponendosi ad ascoltare con attenzione).
Pasquale siede al lato opposto della stanza, ostile e scettico nei confronti di quell’omaggio filiale.
Tommasino (trae di tasca la lettera, mentre siede al centro del gruppo. Dopo avere dato un’occhiata significativa a Pasquale, inizia a leggere) “ Cara madre, tanti auguri per il santo Natale. Cara madre…”
Pasquale N’ata votà?
Luca Pascà, statte zitto. Lo sai che il ragazzo, ha avuto la malattia io non posso prendere responsabilità: si chilo te mena nu piatto in faccia, addò arrivammo… lo sai è nervoso. Guarda la gamba.
Infatti Tommasino agita una gamba minacciosamente.
Pasquale La vedo, la vedo…
Luca (a Tommasino) vai avanti
Tommasino “cara madre, da oggi in poi voglio diventare un bravo giovane. Ho deciso: mi voglio cambiare. Prepararmi…”
Pasquale (interviene pronto e ironico) … ‘a cammisa, ‘a maglia e ‘e cazettine. (come tutta risposta Tommasino lancia violentemente un piatto che va a frantumarsi in mille pezzi ai piedi di Pasqualino; questi si alza di scatto e guarda esterrefatto i cocci sparsi intorno a lui, spaventato di quello che gli poteva capitare se il piatto l’avesse preso in pieno) Neh, Lucarie’, chilo m’ha menato nu piatto!
Luca E io ti avevo avvertito che il ragazzo è nervoso.
Tommasino Guarda la gamba, guarda la gamba
Luca Pascalì, t’he ‘a sta’ zitto. Dobbiamo mangiare, i piatti ce ne stanno pochi.
Pasquale Sì, me sto zitto, me sto zitto. Un delinquente, questo sei! (gira la sedia e siede di spalle, borbottando) liegge, liegge… Io non ti curo
Luca (a Tommasino) Vai avanti
Tommasino (soddisfatto del suo “eroismo”, si dispone a leggere di nuovo) “ cara madre, ho deciso: mi voglio cambiare. Preparami un bel regalo. Questo te lo dissi l’anno scorso e questo te lo dico anche adesso”
Luca E questo lo diciamo ogni anno
Tommasino (leggendo) “ cara madre, che il signore ti deve fare vivere cento anni, assieme a papà, a Ninuccia, a Nicolino e a me… cara madre”
Pasquale Io non c’entro, è vero?
Luca (a Tommasino) vai avanti
Pasquale Nu monumento, debbo chiarire una cosa
Luca Io lo so quello che vuoi chiarire, ma è meglio che andiamo avanti
Pasquale Nu momento (a Tommasino) Perché non m’hai messo pure a me nella nota della salute?
Luca Va bbuò, Pasqualì, abbozza
Pasquale Ma c’aggia abbozzà… Io sono suo zio, m’ha da mettere pure a me
Tommasino Non posso
Pasquale Perché non puoi?
Tommasino Perché non posso. Non c’è lo spazio
Pasquale Tu tieni in mano nu foglio ‘e carta che è un manifesto e non c’è lo spazio? M’he ‘a mettere pure a me. (via via si riscalda fino ad uscire fuori dalla grazia di Dio) Guaglio’ mietteme pure a me, si no stasera ce ntussecammo Natale.
Luca (esterefatto) Pascalì, ma tu faie overamente?
Pasquale Faccio overamente!
Luca (imitando caricaturalmente il fratello) Piglia ‘a furchetta, minaccia ‘o guaglione….. Aveva ragione nostro padre ca te chiamava “ ‘o fiammifero”
Pasquale E me fido d’essere “fiammifero”
Luca Ma famme sentì: se quello ti mette pure a te nella nota, tu veramente campi cent’anne?
Pasquale No
Luca E allora…?
Pasquale E’ per principio!
Luca Va bene, ho capito. (poi si rivolge al figlio con un tono autorevole che non ammette repliche) Miette cient’anne pure a isso
Tommasino Ma come faccio?
Luca T’aggio ditto miette cient’anne pure a zi’ Pasqualino. Che il Padreterno sa quello che deve fare
Pasquale (esasperato) farisei, siete, farisei! (a Tommasino con superiorità) Nun me mettere, nun m’importa.
Tommasino (avendo accomodato la nota, si dispone a leggere di nuovo) “ Cara madre che il cielo ti deve far vivere cento anni assieme a mio padre, a mia sorella, a Nicolino, a me e cento anni pure a zi’ Pascalino, però con qualche malattia…”
Pasquale Sei carogna, carogna sei…..
Tommasino (chiudendo la lettera con fierezza) Questa è la proposta
Luca (divertito per l’uscita del figlio) Chillo Pascalino’ s’ ‘a piglia veramente…. (poi a Nicolino) facciamo bubà, ma sono questioni senza rancore. Ci vogliamo bene e io, ogni anno, a costo di qualunque sacrificio, devo fare il regalo a mia moglie. Due anni fa gli regalai un taglio di stoffa per un cappotto. L’anno scorso le spegnoraie l’orecchine… Nce ‘e facette truvà a tavola… fuie accussì cuntenta… Quest’anno ho pegnorato l’orecchine e l’ho comprato un’altra cosa. Aspetta, t’’a voglio fa vede’ (esce per la destra)
Pasquale Voglio andare a prendere pure il regalo mio (ed esce per il fondo a sinistra)
Luca (dalla destra recando un ombrello da donna incartato. Si avvicina a Vittorio) Ecco qua. (mostra l’ombrello) Lei aveva perduto l’ombrello e io ce ne ho comprato un altro più bello. L’ho preso da un negoziante amico mio, che mi ha fatto anche risparmiare. Il fusto è fortissimo, e la copertura è di una stoffa speciale che è buona per l’acqua, per il sole, e per il vento. (si avvicina a Nicolino) Niculì, questo poi (indica il manico) è materia tua, tu te ne intendi: è corno vero
Pasquale (tornando si avvicina ai due e mostra loro una borsetta di finta pelle) E questo è il regalo mio
Luca Io ho pensato pure come ce li dobbiamo regalare… Niculi’, vedi se viene mia moglie, mi voglio mettere d’accordo per una sorpresa. (si apparta con Pasquale e Tommasino) Mo che ci mettiamo a tavola… L’idea mi è venuta quando sono andato a comprare i Re Magi…. Quando Concetta si mette a tavola, ci presentiamo come i Re Magi che portano i regali al bambino: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre…. Ho pensato pure come debbo dire. Io dico: “tu scendi dalle stelle, Concetta bella, e io t’aggio purtato chest’ombrella!”
Pasquale E io dico: “ tu scendi dalle stelle, o mia Concetta, e io t’aggio purtato sta bursetta!”
Tommasino (deluso) e io che dico?
Luca Niente…. Tu viene appriesso e faie: “ ta ra ta ra ra, ta ra ta ra ra”
Tommasino Io voglio purtà ‘a bursetta….
Luca Che c’entra, chillo è ‘o regalo ‘e Pascalino. Tu puorte ‘a lettera dint’ ‘o piatto.
Dall’interno giunge un tramestio di passi concitati, un tonfo sordo e un rumore di stoviglie fracassate, nonché il rotolio di qualche pentola e un grido acuto di Concetta.
Concetta (dall’interno, come chiedendo soccorso) Lucarie’, Lucarie’!
Luca (allarmato) Ch’è stato?
Ninuccia (entrando) se n’è scappato nu capitone pè tramente ‘o tagliàvemo!
Luca Nun sapevo che era…..
Ninuccia Ma chella mammà p’afferrà ‘o capitone ha tuzzato cu ‘a capa vicino ‘o fucolare.
Lucca (allarmato) E s’è fatta male? (esce di corsa per la sinistra)
Pasquale Voi vedete…. (esce appresso a Luca)
Tommasino Mammà, ve site fatta male? (e corre in soccorso della madre)
Dall’interno giungono le voci dei quattro. Concetta si lamenta, Luca si rammarica, Tommasino e Pasqualino si dannò da fare per soccorrere la donna. Dopo un poco appare Concetta sorretta da Luca. Pasqualino e Tommasino vorrebbero rendersi conto dell’entità del danno subito da Concetta.
Luca (entra sorreggendo Concetta, la fa sedere su una sedia al centro della stanza) Assèttate ccà, Cunce’ tu cierti cose nun ‘e può ffà cchiù. ‘O vuo’ capi’ ca tiene n’età? Te si’ fatta male assaie? (Concetta è un po’ intontita, risponde vagamente un po’ a tutti e i massaggia il bozzo in mezzo alla fronte. Luca indicando il bozzo) guardate ccà, se era la tempia, te ne andavi all’altro mondo.
Ninuccia ha piegato un tovaglioli trasversalmente, a guisa di fascia, e lo annoda intorno alla testa di sua madre.
Luca ‘O capitone addò se n’è scappato?
Concetta (con voce lamentosa) Miez’ ‘e gravune, sott’ ‘o focolare.
Luca Vedimmo si ‘o putimmo acchiappà. (esce dalla sinistra, seguito da Pasquale e Tommasino).
Dopo un poco dall’interno giunge il fracasso della battaglia ingaggiata dai tre contro l’indocile anguilla. Rumore di pentole rotolanti, stoviglie che si frantumano a terra. Finalmente lo schianto e il fragore di un mobile caduto. Le donne sono costernate.
Tommasino (entra di corsa per annunciare) E’caduta ‘a credenza! (e scappa di nuovo in cucina)
Altri rumori si susseguono. Finalmente tornano i tre, malconci trafelati. Luca zoppica, Pasquale si massaggia la schiena. Il solo incolume è Tommasino, il quale è riuscito nella mischia ad arraffare qualche poco di cibo e se lo sta mangiando furtivamente.
Luca Che vue’ piglia’ capitone…. S’è menato ‘a coppa ‘a fenestra è gghiuto a fernì dint’ ‘a loggia abbascio
Concetta Va buono, mettimmece a tavula. Io vaco dint’ ‘a cucina (esce per la sinistra)
Nicolino Mi vorrei lavare le mani (va con Concetta)
Luca Andiamoci a lavare le mani. Pascalì, ‘a tiene na preta ‘e sapone?
Pasquale Viene dint’ ‘a cammera mia (ed esce per il fondo a sinistra)
Luca (a Tommasino) Viene pure tu. Prima di metterti a tavola ti devi lavare le mani. (Tommasino esce per il fondo a sinistra) Don Vitto’, mo ci vediamo. Ninu’ fai compagnia a Don Vittorio. (ed esce anche lui per il fondo a sinistra)
Vittorio (dopo una breve pausa durante la quale si è accorto della freddezza di Ninuccia) Io non volevo rimanere, è stato tuo padre che ha insistito. E me ne posso pure andare.
Ninuccia Adesso sarebbe peggio… Ma io ho capito perché tu agisci così: hai deciso di fare succedere quello che non deve succedere.
Vittorio (con amarezza) Hai ragione. (trae di tasca una lettera e la mostra) E’ mia madre. Vuole sapere perché non vado a passare Natale con lei…
Ninuccia (con voluta indifferenza) E perché non sei partito?
Vittorio Embè, quanno parli accussì me faciarrisse fa’ cos’ ‘e pazze. (con trasporto) Insomma, io per te nun songo niente cchiù?
Ninuccia (crollando) Vittò, io nun saccio io stessa c’aggia dicere….
Vittorio la trae a sé, la stringe e la bacia con infinito desiderio
Nicolino (è entrato qualche momento prima; ora si avvicina ai due, li stacca dall’abbraccio e asesta uno schiaffo a Vittorio, gridandogli con voce strozzata) Tu si n’ommo ‘e niente!
Vittorio Carogna
Nicolino (ha brandito un coltello e si è messo sulla difesa, addossandosi alla credenza) Scinne abbascio. Mo he ‘a scennere, mo!
Vittorio (accettando l’invito minaccia a sua volta) E qquanno?
Ninuccia (schierandosi contro il marito in difesa di Vittorio) No, Vitto’, nun scennere! (e gli si para davanti come per difenderlo)
Vittorio Nun te vo’ bene mugliereta! Nun te vo’ bene!
Concetta (appare ignara. Reca una fumante insalatiera di broccoli natalizi) Jamme a tavola, ngrazia ‘e Dio. (nel vedere i tre si rende subito conto dell’accaduto e rimane inchiodata a terra)
Nicolino (mostrando a Concetta il quadro poco edificante dei due amanti a denti stretti) Chesta è ‘a figlia vosta ‘a vedite? Difende l’innamorato suo, e voi sapevate tutto! Ruffiana…
Concetta A me….!
Vittorio (sempre minacciosa a Nicolino) Jamme! (ed esce svelto per il fondo)
Nicolino (minaccioso alla moglie) Cu tte parlammo doppo. (ed esce dietro a Vittorio)
Ninuccia (stravolta alla mamma) Mammà, chille s’accideno! (ma Concetta è come inebetita. E’ caduta a sedere su una sedia accanto alla tavola e riesce solo a far capire alla figlia che le gambe si sono come paralizzzate) mammà, mammà! (poi decide) Eh! Mo se move, mammà…. (esce correndo per il fondo)
Dopo una piccola pausa, dal fondo entrano Luca, Tommasino e Pasquale: con indumenti di fortuna variopinti tappeti e corone di carta costruite alla buona si sono camuffati da Re Magi. Luca reca l’ombrello, Pasquale la borsetta e Tommasino il piatto con la lettera. Ognuno agita nell’aria una stellina accesa per l’occasione, e tutti e tre intonano la canzone di Natale:
I TRE: tu scendi dalle stelle, Concetta bella, e io t’aggio purtata quest’ombrella….
Pasquale dà alla canzone la sua versione per la borsetta e Tommasino li accompagna.Dopo un mezzo giro intorno alla tavola, si fermano, si inginocchiano davanti a Concetta, che li guarda allucinata, e depositano i doni ai suoi piedi
TERZO ATTO
Ancora la camera da letto di Luca Cupiello. Tre giorni dopo quella disastrosa Vigilia di Natale. Luca è a letto, quasi privo di sensi. La realtà dei fatti ha piegato come un giunco il provato fisico dell’uomo che per anni ha vissuto nell’ingenuo candore della sua ignoranza. Con la schiena sostenuta da quattro cinque guanciali, col mento puntellato al centro del petto, Luca Cupiello si è da poco appisolato, dopo una notte passata completamente in bianco. Concetta siede a destra sulla poltrona, circondata da donna Carmela, Olga e la Signora Armida Romaniello, tutte amiche del palazzo, che evidentemente l’hanno confortata per tutta la notte. A sinistra seduti sul letto di Tommasino, si troveranno Rita, Maria e Alberto, anch’essi coinquilini volenterosi e solidali. Mentre le donne raggruppate a destra parlano sommessamente dell’accaduto con interesse e comprensione, il gruppo di giovani, a sinistra, bisbiglia qualche cosa di superficiale e generico che evidentemente interessa loro personalmente. Dopo una breve pausa, la porta di fondo si apre e appare Raffaele il portiere. Reca una guantiera con sei tazze spaiate, cucchiaini e piattini. Avanza con passo accorto, perché stringe nell’altra mano una caffettiera colma di caffè, il cui manico è stato ricoperto da un piccolo straccio che funziona da isolatore. Raffaele si avvicina al gruppo di destra per iniziare la distribuzione della bevanda.
Raffaele Questo l’ho fatto fresco
Carmela Stiamo andando avanti a caffè
Raffaele (ad Olga) M’ha chiamato vostro marito da sopra la finestra d’ ‘a cucina
Olga Che vuole?
Raffaele Non ho capito bene, perché proprio in quel momento stavo girando la caffettiera. Ha detto che adesso scende. (porgendo una tazzina a Concetta) ‘Onna Conce’, un ssorso.
Concetta (affranta, distrutta) non posso, non posso
Carmela Ma un sorso di caffè ve lo dovete prendere, se no come vi sostenete
Concetta assaggia appena e allontana subito da sé la tazza
Armida (rivolgendosi sommessamente al gruppo di sinistra) Piccere’, pigliateve nu poco ‘e cafè
Raffaele muove verso il gruppo, lo raggiunge, e serve il caffè.
Alberto
Io si nun me piglio niu poco ‘e cafè, m’addormo all’erta
Nella guantiera vi sono due tazze; una la prende Rita, Maria vorrebbe prendere la seconda.
Raffaele Aspettate, chesta ‘a dammo a Don Pasqualino. (si avvicina a Pasquale che si è isolato al balcone chiuso e guarda fuori attraverso i vetri) Don Pasquli’, o ccafè
Pasquale prende la tazza dalle mani di Raffaele e, sempre guardando fuori sorseggia il liquido.
Alberto (a Raffaele) Porta altre due tazze
Raffaele Addo’ ‘e ppiglio? Dint’ ‘a cucina quattro ce ne stèvano… due ne ho portato io perché due ne tengo….
Rita (mostrando la sua tazza) Bevi qua, io ho finito.
Raffaele riempie di nuovo la tazza offerta da Rita
Luigi (è il marito di Olga Pastorelli, un uomo anziano, dabbene. Entra svelto perché ha fretta, deve raggiungere l’ufficio, uno studio di rappresentanze) Bongiorno. (si avvicina al gruppo delle donne) Donna Concetta Bongiorno
Concetta accenna un saluto col capo
Olga (alludendo all’ambasciata che le ha fatto il portiere) Che volevi?
Luigi Volevo sapere se resti qua, se sali… Io me ne debbo scappare. (porgendo una chiave alla moglie) Questa è la chiave di casa. Nun m’aggio pigliato manco ‘o ccafè
Raffaele (mostrando la caffettiera a Luigi, lasciando in asso Alberto che in quel momento gli porgeva la tazza che era servita a Maria, per farla riempire di nuovo) Qua, qua… (si avvicina al gruppo di destra, prende la tazza dalle mani di Olga e la riempie) Qua ci ha bevuto vostra moglie.
Luigi beve.
Alberto (reclamando la parte di caffè che toccherebbe a lui) Rafe’…..
Raffaele E’ finito (capovolge la caffettiera perché Alberto si convinca di ciò che ha affermato) Mo ne vaco a fa’ na macchinetta piccola per voi.
Alberto si rassegna. Ripiglia a conversare con le ragazze; Raffaele esce per il fondo
Luigi Donna Concetta, don Luca come passa?
Concetta Ieri sera venne il Dottore, ‘o guardaie e facette na brutta faccia.
Luigi Ma la notte come l’ha passata?
Concetta E chi ha dormito? Chiamava Nicolino, voleva a Nicolino…
Luigi Ma riconosce?
Concetta Qualche volta sì e qualche volta no. Ieri sera me so’ avvicinata, l’aggio ditto: “Lucarie’, so’ io, sono Concetta tua” Indovinate pè chi me pigliaie? M’ ‘a guardato nu poco e po’ dicette: “Tu sei Don Basilio!” E’ rimasto impressionato perché na ventina di giorni fa, jetteme a vedè ‘o Barbiere ‘e Siviglia ‘o San Carlo. (il gruppetto di sinistra ride per ciò che ha detto Concetta) Ce regalaine cierti bigliette…..
Alberto (piano alle ragazze) E chella overo me pare don Basilio….
Le ragazze ridono più forte; il gruppo di destra rileva e sottolinea con la mimica quella inopportuna risata.
Armida Piccere’, ch’è stato?
Ninuccia (entra da sinistra con una scodella di brodo fumante nelle mani. Reca sul volto i segni inconfondibili di un dolore recente e profondo) Mammà, ce ‘o vulimmo da’ nu poco ‘e brodo ‘e pollo? E’ caldo caldo.
Concetta Io diciarrìa lassammo sta: quello mo s’è assopito nu poco…Vuie che ne dicite, donna carme’?
Carmela E’ meglio che lo fate riposare
Olga Quando si sveglia, glielo riscaldate un’altra volta
Ninuccia mette via la scodella, coprendola con un piatto
Concetta ‘O duttore quando ha da venì?
Ninuccia Già avessa avuto sta ccà
Concetta E Tommasino?
Ninuccia E’ gghiuto a fa’ n’ato telegramma a Nicolino. Mo ‘o vedite ‘e venì
Luigi (guardando l’orologio) io dovrei scappare, ma vorrei aspettare che si svelia don Luca. Mo aspetto ca se sveglia, e poi me ne vaco
Concetta (a Ninuccia in tono di rimprovero) Mo si’ cuntenta, mo…. A chisto posto ccà t’ ‘o dicette: “Giurame ca faie pace con tuo marito e fernesce tutte cose”… he visto ch’he fatto succedere?
Ninuccia abbassa lo sguardo avvilita
Carmela E nun ce ‘o dicite cchiù… chella poteva maie immaginà che succedeva hello ch’è succieso….
Concetta Ha tenuto ‘a capa tosta. E siccome io a Lucariello non gli avevo fatto sapere mai niente, ‘o fatto ‘e tre sere fa è stato come na mazzata ncapa…. Se sentette male e mo sta dint’ ‘o lietto, cchiù ‘a llà che ‘a ccà. Non fa altro che chiamare nicolino. Vuole vedere Nicolino, e intanto è ‘o terzo tellegramma c’avimmo fatto, e Nicolino non si vede…..
Carmela Ma perché, il marito l’ha lasciata?
Concetta Immediatamente. Se n’è andato da certi parenti suoi a Roma e ha detto che non la vuole vedere più. (piagnucolando) Na casa distrutta….
Carmela Avete ragione…
Luigi Io me n’avessa scappà
Olga E che aspetti? Se te ne devi andare, vattene. Sei sempre l’eterno indeciso
Tommasino (dal fondo a destra. Entra svelto e fila diritto verso sua madre) Aggio fatto ‘o telegramma… (consegna a Concetta la ricevuta del telegrafo e degli spiccioli) Caà sta ‘o riesto. Comme sta papà?
Concetta Sta riposando nu poco, non ti fare sentire. (esaltando l’attaccamento che suo figlio ha dimostrato verso il padre nella tragica circostanza) E sta criatura… sul’isso m’aggio truvato! Guardate che faccia tiene. So’ tre notti che sta svegliato vicino al letto del padre. Nun ‘ave cchiù che fa…. ‘E scale d’ ‘o palazzo ‘e fa venti, trenta volte al giorno… add’ ‘o farmacista, add’ ‘o duttore… Figlio mio! E dicevano ch’era disamorato….!
Infatti Tommasino si è seduto ai piedi del letto, accanto al padre
Luigi Basta, mo me ne scappo
Luca (si sveglia di soprassalto e chiede balbettando) Niculino è venuto?
Tutti si fanno attenti e muovono verso il letto come per circondarlo
Concetta S’è scetato. C’ha ditto?
Carmela Vò sapè si è venuto don Niculino
Concetta E sempre cu Niculino sbarèa…. (poi rivolgendosi a Luca dolcemente) Mo vene Niculino, più tardi arriva.
Ninuccia Papà, pigliateve nu poco ‘e brodo
Concetta E riscaldalo, che s’è fatto freddo
Ninuccia prende la scodella ed esce per la sinistra
Tommasino (premuroso) papà, ‘a bevanda…
Concetta Più tardi, il dottore ha detto ogni ora
Tommasino E mo è passata
Pasquale (con sufficienza) nossignora, ce vuo’ tiempo
Tommasino (sempre ostile nei confronti di suo zio) tu statte zitto
Pasquale Io sono il fratello e posso parlare
Tommasino (minaccioso) mo vedimmo
Pasquale (di rimando e con lo stesso tono minaccioso) mo vedimmo
Carmela Ma ve pare chisto ‘o mumento ‘e v’appiccecà?
Raffaele (dal fondo, recando una guantiera con due tazze e una piccola caffettiera) Donna Cunce’, ‘o duttore
Dottore (entrando) bongiorno a tutti, bongiorno. Come si va?
Concetta Dotto’, aspettavamo a voi con ansia. (intanto Raffaele ha riempito la tazza di caffè e la sta porgendo ad Alberto) Rafè, ‘o ccafè ‘o dottore
Raffaele sottrae la tazza dalle mani di Alberto, si avvicina al dottore ed esegue l’ordine di Concetta.
Dottore Grazie, lo piglio volentieri pechè sono uscito in fretta. (e beve)
Raffaele muove verso Alberto, ma Tommasino lo ferma, porgendogli a sua volta una tazza
Concetta Bive, Tummasi’, bive ca te fa bene
Alberto (alle due ragazze) io mo scengo e m’ ‘o vado a piglia’ ‘o bar
Dottore (porgendo la tazza vuota a Concetta) Ha riposato stanotte?
Concetta Ci ha tenuti svegli a tutti quanti…. (prende un foglietto dal comodino e lo porge al dottore) Questa è la febbre (stayn’live)
Dottore (dando una scorsa al foglietto, chiede all’infermo) Don Luca, come andiamo? Voi state na bellezza…
Luca (articolando con difficoltà le parole, ribatte ironico) Così spero di sentire di voi. (poi fissa lo sguardo su Luigi ed esclama felice) Niculì….
Concetta Non è Nicolino, è Pastorelli, don Luigi Pastorelli… Ci sta pure donna Carmela, la signora Armida con la figlia… La signora Olga, don Alberto, ‘a signorina Rita… Ti sono venuti a trovare tutti quanti!
Tutti si avvicinano al letto
Alberto Don luca, dovete fare presto a stare bene!
Luigi Ci dobbiamo fare una scampagnata
Rita Ci andiamo tutti quanti
Carmela Dobbiamo fare una festa
Olga Una festa grande quando starà bene don Luca!
Armida Sì,sì
Le effusioni sono andate crescendo di tono fino a diventare assordanti, e il dottore si ribella
Dottore (battendo le mani) Eh! Eh! Basta! (a Concetta) C’è troppa gente qua dentro, ve lo dissi pure ieri
Carmela No, ma queste signore sono venute da poco: io sola ho fatto compagnia a donna Concetta, stanotte
Armida E usciamo, usciamo
Dottore Sì, è meglio sfollare
Tutti gli inquilini si avvicinano verso l’uscita
Alberto Io me vaco a piglià na tazza ‘e cafè abbascio
Rita Aspetta, damme na sigaretta
Alberto distribuisce le sigarette ed esce seguito dalle ragazze
Luigi (avviandosi all’uscita con sua moglie) Mo aspetto quello che dice il dottore e poi me ne scappo
Escono insieme
Ninuccia (dalla sinistra, recando di nuovo la scodella con il brodo) mammà…
Concetta (chiede consiglio al dottore) Dotto’, nu poco di brodo di pollo….?
Dottore Aspettate, voglio visitarlo prima. (osserva le pupille di Luca, poi solleva le coperte e le lenzuola per altre osservazioni del caso, ma si ferma interdetto perché le sue mani hanno toccato qualche cosa di insolito. Cerca di capire al tatto, poi si decide e tira fuori un paio di scarpe e le mostra come per chiedere una spiegazione)
Concetta (mortificata) Uh!, scusate, dotto’
Pasquale Le ha nascoste perché se no il figlio se le vende
Dottore Addirittura?
Tommasino Già, io po’ me vennevo ‘e scarpe ‘e papà….
Pasquale Perché, te mettive paura?
Questa volta la lite fra i due si risolve mimicamente
Dottore (dopo avere ascoltato il cuore di Luca, poco convinto, dice un po’ a tutti) bene, bene, andiamo meglio
Luca … Ma Niculino quando viene?
Concetta Mo viene, Lucarie’, mo viene.
Luca Ma ‘o telegramma l’avete fatto?
Concetta Sì, sì.
Dottore Io me ne vado perché ho delle visite importanti
Il dottore si alza mentre Concetta si adopera per aggiustare il letto del marito aiutata da Carmela.
Pasquale (che ha ascoltato il dottore assieme a Ninuccia) E domani non venite?
Dottore Solo un miracolo… ma non ce la può fare. Ad ogni modo, se ci sono novità mi mandate chiamare. (rivolto a tutti) Buona giornata
Tutti rispondono al saluto e accompagnano il dottore sino alla porta di fondo
Concetta (alla vista di Vittorio rimane allibita. Dopo una breve pausa l’affronta) e voi che fate qua’
Vittorio (sinceramente addolorato) donna Concetta, non me ne cacciate. Voi non sapete da tre giorni quello che sto soffrendo. Lo so tutta la colpa è mia… ma credetemi, me vularrìa truvà sotto terra. Da tre notti passeggio sotto il palazzo.. mo è sceso il dottore… volevo baciare la mano a don Luca. Donna Concetta, non mi negate questa grazia!
Luca (nel delirio della febbre ha ravvisato nelle sembianze di Vittorio quelle di suo genero Nicolino. Con un lampo di gioia negli occhi eslama) guè, Niculì! (si sporge dal letto e riesce ad afferrare il braccio di Vittorio) E’ arrivato Niculino…. Che piacere che mi hai fatto! Qua tutti dicevano che non venivi…. (nessuno osa intervenire. Lo stesso Vittorio rimane immobile, con gli occhi a terra. Ora Luca trae a sé vittorio per parlargli con tenera intimità) Chillo Niculino me vò bene a me, è overo? (Ninuccia riversa sul letto è come trasognata Tommasino è il solo a comprendere tutta la tragedia: sul suo volto passa dolore e di tanto in tanto la collera) addò sta Ninuccia?
Ninuccia (in lacrime) sto qua, papà….
Luca Damme ‘a mano… (riesce a prendere la mano di Ninuccia e la unisce aquella di Vittorio. Il suo volto si rischiara, riesce a parlare con più forza e chiarezza) Fate pace in presenza mia, e giurate che non vi lasciate più. (e visto che i due non parlano insiste) Giurate, giurate!
Dall’interno giunge un parlottare sommesso e concitato, poi si sente la voce di Nicolino
Concetta è la prima ad accorrere terrorizzata verso l’uscita; gli altri la seguono nello stesso stato d’animo
Raffaele (si affaccia alla porta e annunzia grave) Don Nicolino
Infatti appare Nicolino il quale muove diritto verso il letto. Nel vedere sua moglie e Vittorio e Luca in quella scena patetica, ha come una furia di sangue al cervello. Vorrebbe scagliarsi furente, ma viene trattenuto e sospinto a viva forza dai famigliari. Intanto il gruppo degli inquilini si è riversato alle spalle di Nicolino e con parole sommesse esortano l’uomo ad avere comprensione per quel caso singolare e tragico.tutti insieme riescono ad allontanare Nicolino, il quale a volte si lascia trasportare via, a volte si ribella.
Luca (felice che sia riuscito a far fare la pace a Ninuccia e il marito, ride soddisfatto) Hanno fatto pace, laggio fatto fa’ pace… Ha visto, Conce’? (a Ninuccia e Vittorio) Voi siete nati l’uno per l’altro. Vi dovete voler bene. Non fate prendere collera a Concetta che ha sofferto assai… (Ninuccia e Vittorio allentano la stretta della mano: ora Luca delirante farfuglia qualcosa di incomprensibile, agitando lentamente il braccio destro come per afferrare qualcosa in aria. E’ soddisfatto, vaga con lo sguardo intorno e chiede) Tommasi’, Tommasi’…
Tommasino (sprofondato nel suo dolore si avvicina al padre mormorando appena) Sto qua
Luca (mostra al figlio il braccio inerte, lo solleva con l’altra mano e lo fa cadere pesantemente come per dimostrare l’invalidità dell’arto. Poi chiede supplichevole) Tommasi’, te piace’ ‘o Presebbio?
Tommasino (superando il nodo di pianto che gli stringe la gola, riesce solamente a dire) Sì
Ottenuto il sospirato “si”, Luca disperde lo sguardo lontano, come per inseguire una visione incantevole: un Presepe grande come il mondo, sul quale scorge il brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un dà fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch’essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo…
Luca (perduto dietro quella visione, annuncia a se stesso il privilegio) Ma che bellu Presebbio! Quanto è bello!
Cala la tela.
>>> INFINITAMENTE, PER L'ETERNITA'<<<
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